Già tre mesi prima, il 10 marzo del 1946 le donne avevano esercitato il diritto di voto durante le elezioni amministrative in alcuni comuni. E il voto al referendum è il punto di approdo di un lungo percorso e di una storia che segna il Novecento, ma che trae origini nelle spinte “suffragiste” dell’Ottocento e nella battaglia di donne come Anna Maria Mozzoni o Anna Kuliscioff.
Il voto delle donne è un momento chiave del processo di ricostruzione dell’Italia e una svolta radicale nella storia del paese: l’emergere della soggettività femminile contribuisce non solo a cambiare la natura della democrazia italiana, ma anche quella dell’ordine familiare, delle relazioni tra i sessi. Il 2 giugno la percentuale delle votanti fu quasi uguale a quella maschile, 89% le donne e 89,2% gli uomini, e nelle amministrative furono elette quasi 2 mila consigliere comunali. All’assemblea Costituente furono 21 le donne elette. Eppure si parla di padri costituenti e non di “madri”.
Ma il voto alle donne del ’46 è il primo passo verso altre conquiste. Fino al 1953 le donne non potevano far parte di una giuria popolare, fino al ’63 non potevano entrare in magistratura. Il nuovo Diritto di Famiglia è del 1975…
Bella quell’estate del ’46. La seconda dopo la fine della guerra, ma la prima era ancora troppo vicina agli ultimi colpi di cannone e di mitragliatrice, troppo forte ancora nel ’45 il puzzo di bruciato e di cadaveri, di benzina, troppo alti ancora i cumuli d macerie da spalare, troppe le mine ancora disseminate nelle strade e nei campi . Il ’46 era già un’altra storia. C’era voglia di ripartire, un po’ come adesso dopo l’emergenza covid, c’era voglia di andare a ballare. Di prendere una macchina o la Vespa, lo scooter appena nato che motorizzò gli italiani.. C’era anche la voglia di mandare a quel paese, il più lontano possibile il Re e la sua corte di traditori, che non avevano esitato a scappare nel momento più tragico, c’era voglia di veder sventolare il tricolore, ma anche le bandiere rosse, perché senza i comunisti, i socialisti e gli azionisti la Resistenza non ci sarebbe stata e neanche la vittoria. Strade polverose, Coppi e Bartali che si danno battaglia al Giro d’Italia ritrovato, il Grande Torino che vince il campionato di nuovo a girone unico a 20 squadre, con una media di 3 gol a partita… Ce l’ha raccontata bene Paolo Conte quella stagione e quell’estate indimenticabile:
Oggi la benzina è rincarata
è l’estate del ’46
un litro vale un chilo d’insalata,
ma chi ci rinuncia? A piedi chi va?
L’auto: che comodità!
Sulla Topolino amaranto
dai, siedimi accanto,
che adesso si va.
Se le lascio sciolta un po’ la briglia
mi sembra un’Aprilia
e rivali non ha.
E stringe i denti la bionda
si sente una fionda
e abbozza un sorriso
con la fifa che c’è in lei
ma sulla Topolino amaranto
si sta ch’è un incanto
nel quarantasei
Sulla Topolino amaranto
si va ch’è un incanto
nel quarantasei
Bionda, non guardar dal finestrino
che c’è un paesaggio che non va:
è appena finito il temporale
e sei case su dieci sono andate giù.
Meglio che tu apri la capote
e con i tuoi occhioni guardi in su
beviti ‘sto cielo azzurro e alto
che sembra di smalto
e corre con noi..
Un affresco, con chitarra, pianoforte, armonica e batteria a fare da cornice.
Paolo Conte con quel brano ha fatto rivivere quel tempo. Gli animi ancora gonfi di dolore e rabbia, ma la mente già guardava al futuro, alla riscossa.