IL DIRETTORE DEGLI UFFIZI SCHMIDT: “I MUSEI STATALI RESTITUISCANO I DIPINTI ALLE CHIESE”. SIAMO CONVINTI CHE SIA UNA BUONA IDEA?
«Credo che il momento sia giunto: i musei statali compiano un atto di coraggio e restituiscano dipinti alle chiese per i quali furono originariamente creati. Il caso forse più importante di un capolavoro sottratto al suo contesto originale si trova proprio agli Uffizi: la Pala Rucellai di Duccio di Buoninsegna, che nel 1948 fu portata via dalla basilica di Santa Maria Novella».
Lo ha detto ieri il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, a margine della riapertura di Palazzo Pitti a Firenze. Secondo Schmidt «il modo più concreto per ripristinare il principio del ‘museo diffuso’, secondo la felice espressione di Antonio Paolucci, è che i musei statali comincino a riportare nei luoghi sacri i dipinti che per essi furono creati».
Nella loro sede originale ritroverebbero il giusto contesto architettonico-spaziale e il rapporto con le altre opere d’arte, con una ‘valorizzazione virtuosa’ dal punto di vista storico e artistico.
Secondo la proposta del direttore Schmidt, dunque anche un importante dipinto di Raffaello dovrebbe tornare a casa sua, ovvero in Umbria, precisamente nella Chiesa di San Francesco a Città di Castello: si tratta dello Sposalizio della Vergine realizzato dal grande urbinate nel 1504, praticamente in concomitanza con l’identico soggetto opera del suo Maestro Pietro Vannucci detto il Perugino che realizzò uno “sposalizio della vergine” altrettanto famoso per il Duomo di Perugia, esattamente per la cappella del Santo Anello, giusto a celebrare quella reliquia che nel 1473 fu rubata da un frate tedesco dalla chiesa di San Francesco a Chiusi e portata appunto a Perugia, dove è tutt’ora custodita.Il dipinto del Perugino invece si trova a Caen in Francia.
Abbiamo citato qualche esempio emblematico, ma sarebbero decine, centinaia i dipinti e le opere d’arte che i musei statali dovrebbe restituire alle chiese per le quali furono realizzate.
“Trovo che la proposta lanciata da Eike Schmidt sia di grande interesse e intelligenza. E la trovo soprattutto in sintonia con un orientamento che la Regione ha sempre avuto ben chiaro: la chiave è valorizzare i presidi della cultura diffusa nel territorio, anche perché così diventa più facile costruire un rapporto solido e consapevole con le comunità”. Così ha commentato la proposta del direttore Schmidt, la vicepresidente della Regione Toscana e assessora alla cultura, Monica Barni. La quale precisa che “naturalmente un’idea come questa richiede che si valutino e si studino accuratamente tutte le questioni relative alla sicurezza delle opere e alle condizioni della loro fruibilità. Ma è una prospettiva di lavoro seria, e tanto più lo è adesso dovendo fare i conti con la realtà creata dalla pandemia, che così pesantemente sta incidendo sulla vita culturale e sulle istituzioni della cultura. Dovremo insomma sempre di più studiare forme che consentano ai cittadini di avvicinarsi al patrimonio culturale facendo i conti con queste nuove esigenze di sicurezza individuale”.
Ma in questo modo si svuoterebbero i musei stessi, riducendone la “dotazione” e limitandone l’attrattività, spostando quindi risorse e “richiami” verso strutture private come le Chiese, che sono di competenza vaticana e non statale.
E perché restituire dipinti alle Chiese e non, ad esempio, i pezzi che si trovano presso grandi musei, ma provengono da piccole realtà?
Come primapagina, negli anni ’90 provammo a fare una battaglia per riportare a Chiusi il famoso “Vaso Francois”, custodito al Museo Nazionale Archeologico di Firenze, ma proveniente appunto da Chiusi, dove esiste comunque un Museo Archeologico Nazionale, uno dei 4 della Toscana. L’allora Soprintendente Francesco Nicosia rispose molto gentilmente e amichevolmente che “proprio per valorizzare il reperto e anche la provenienza, cioè per promuovere il nome di Chiusi e la sua storia millenaria era molto meglio che il Vaso restasse a Firenze, dove poteva avere oggettivamente almeno 10 volte il visitatori che avrebbe avuto a Chiusi”. Il ragionamento in effetti non faceva una piega. E infatti il Vaso Francois è rimasto a Firenze. Così come altri reperti chiusini sono rimasti in altri musei sparsi in tutto il mondo. E anche il “Santo anello” dello sposalizio della vergine rubato a Chiusi nel 1473 è rimasto e rimane a Perugia.
In via di principio sarebbe forse giusto che ogni opera potesse essere ammirata nel suo specifico contesto, e non altrove, ma svuotare i musei statali, per rimpinguare le chiese è una buona idea? E siamo sicuri che vada nella direzione di una fruizione più contestualizzata, più consapevole e rispettosa?
In un Museo o in una Galleria (come la Galleria Nazionale dell’Umbria e quella di Siena) i dipinti di Raffaello, Pinturicchio, Perugino, o Duccio di Buoninsengna, Simone Martini e Beccafumi si possono ammirare e confrontare con altre opere coeve, precedenti o successive. Forse in un contesto del genere è più facile apprezzarne gli aspetti più prettamente tecnici e artistici. Rendersi conto delle evoluzioni, del peso delle “scuole” (quella senese, quella umbra, quella lombarda ecc…) o delle “botteghe” dove gli artisti si forgiavano.
E nei musei e nelle gallerie, la cura e la tutela di essi è affidata allo Stato che diventa il primo custode del patrimonio artistico della nazione. Le chiese sono del Vaticano, che rispetto all’Italia è uno Stato estero.
Insomma la proposta del Direttore degli Uffizi Schmidt, che non sembra una boutade, merita senza dubbio considerazione, ma va anche valutata attentamente. E il commento dell’assessore alla cultura della Regione Toscana ci sembra un tantino frettoloso e parziale. Se ne parli pure, dunque, ma… noi, nel nostro piccolo, da questo punto di osservazione periferico, pur avendoci forse il territorio qualcosa da guadagnare in quanto potrebbe recuperare alcuni tesori, crediamo sia meglio che i dipinti restino dove sono, e soprattutto restino nelle mani dello Stato.
In tempi di “distanziamento” e protocolli si sicurezza causa coronavirus, qualche “delocalizzazione” e qualche ritorno a casa di opere famose potrebbe aiutare il turismo di prossimità e potrebbe anche dare una mano alla “ripartenza” di luoghi meno noti e celebrati, ma una cosa è decentrare opere tra musei e gallerie statali, altra cosa è “restituirle” alle chiese (che non pagano nemmeno l’Imu).
m.l.
Teoricamente il discorso non farebbe una grinza ma forse se facessimo una statistica dei beni -certamente quelli di una certa importanza- andati in rovina perchè esposti dentro le Chiese credo che la lista sarebbe lunga, per non parlare poi dei furti e degli impianti di sicurezza che dovrebbero essere impiantati con i relativi costi. Magari allora per la stessa ragione ogni pezzo esposto nei Musei che sia anche stato portato in Italia da paesi diversi,in base allo stesso discorso dovrebbe ritornare patrimonio del paese d’origine.Per ospitare allora la quantità di dipinti italiani e non solo che si trovano al Louvre,al British Museum,al Metropolitan od al Puskin o all’Hermitage dovremmo creare una struttura incredibilmente grande e dispensiva in maniera sconcertante per poter ospitare tutte le opere che si trovano in detti musei, se fosse seguito solo quel principio.Napoleone per esempio in Italia fece man bassa come la fece in Egitto.Così gli Inglesi con le colonie che amministravano se dovessero far ritornare in India gli oggetti ed i reperti che si trovano al Victoria Albert Museum ci vorrebbero navi intere.Come navi intere ci vorrebbero per riportare in Cina gli oggetti più importanti e di gran lunga i più preziosi che si trovavano nel territorio cinese che Chang Kai Shek prima del 1947 quando scappò dalla Cina ormai conquistata da Mao, trafugò, riposti in 2500 casse imbarcate sulle navi che facevano la spola fra la Cina e Formosa( oggi Taiwan) e che si trovano al Museo di Taipei.Signori, sono tempi questi che alla mattina uno si sveglia ed a seconda di ciò che ha mangiato la sera con una pesante cena, mostra che l’indigeribilità faccia molti scherzi durante il sonno procurando fumosità mentali.Il bello è che l’apparato mediatico dà seguito con tutta normalità a queste uscite,caratterizzandole anche come affatto gratuite vista la competenza dei personaggi che le emettono.Anche perchè se si facessero bene i conti sul piano della materialità dei soldi dati e ricevuti,mi domando chi fra Stato e Chiesa sarebbe in debito od in credito l’uno verso l’altro.A tal proposito visto che l’hai nominato tu Marco il fatto del mancato pagamento dell’IMU sui beni immobili del Vaticano,occorre far notare che il concetto ”luoghi di culto” per cui non venga espletato il pagamento e che non venga riconosciuto come cespite reddituale è un fatto come suol dirsi paragonabile ”all’elastico delle mutande” che detto brutalmente che dove lo tiri arriva.E’ sufficiente metterci una effige sacra, una statua della Vergine Maria, dichiararla come luogo di culto ed organizzare l’osservanza periodica dei fedeli per poter scantonare il pagamento allo Stato. A questo punto,mi domando se sia più urgente la revisione e/o la creazione di una disposizione come quella pensata ed espressa dal Direttore Schmidt, oppure quella di mettere in pista una prospettiva di revisione del Concordato fra Stato e Chiesa.Come si vede, e lo dimostrano anche le dichiarazioni che hai riportato al riguardo della fruibilità delle opere rispetto al problema della Pandemia,si avverte che la tendenza di menti molto più raffinate di quelle dei funzionari statali,alberghino al dilà del Tevere, dove si progettano basilarmente gli avvenimenti ed i comportamenti tenendo presente la lunga scadenza, perchè è a lunga scadenza che si risulta vincitori alla fine.Daltra parte il confronto è impari e lo dice la storia,non lo dico io.Sopravvissuti al crollo di imperi per almeno 2 millenni. Qualche diversità di qualità di pensiero in chi guida le due entità Stato e Chiesa ancor oggi mi sembra che si dovrebbe notare….Siamo un paese dove si fanno leggi, si emettono disposizioni anche non avendo la quantità dei preposti al controllo di tali leggi e disposizioni(lo abbiamo visto appunto con la pandemia quante persone se ne sono infischiate mettendone al rischio tante altre)ma una cosa è certa: in italia non è possibile in nessun modo far pagare alla Chiesa Cattolica le tasse che sarebbe doveroso che debba pagare. E pensare che su tale materia si è espresso anche Papa Francesco riconoscendo che sia giusto il principio della reciprocità e dell’obbedienza alle leggi fiscali dello stato italiano per gli immobili che si trovano sul suo territorio.Non sono un esperto di agenzia delle entrate ma vorrei essere una mosca per andare a vedere e controllare che siano state rispettate tutte le disposizioni che esigono sulla carta il pagamento delle imposte e poter osservare le motivazioni od i casi per i quali siano state scantonati: ma attenzione, tutto secondo la legge chiaramente,sennò sarebbe troppo facile ! Talvolta ad essere-come dire- malpensanti, ci si indovina…..Comunque- eppoi mi cheto-sarei curioso di sentire cosa ne pensano i lettori su tali motivazioni, per esempio anche sul fatto che sulla dichiarazione dei redditi in mancanza delle disposizioni impartite dal dichiarante quando non si abbia una precisa destinazione di chi far fruire le somme previste in percentuale, come mai uno dei destinatari risulti permanentemente una organizzazione ecclesiale.Vediamo chi mi possa dare tale spiegazione su come abbia fatto lo stato laico a far immettere nei suoi modelli tali eventualità fatte a forza di legge.Certo, con politica e con gli accordi questo lo capisco anche da me,ma vorrei che mi si chiarisse in base a quale principio di laicità, perchè è di laicità che parliamo in questo caso ed anchi di chi dentro lo Stato non riconosce ed osserva tale principio nelle disposizioni che vanno a crearsi.Attendo fiducioso.
Carlo, la proposta Schmidt riguarda solo le opere custodite nei musei statali italiani da restituire -dice lui- alle chiese per le quali furono realizzate. Senza divagare, sei d’accordo o no? Io no. Per quello che conta la mia opinione, ovviamente…
Credo che di sostanza il ” Museo Allargato” sia una idea da valutare e non da scartare,ma se questo si faccia con la finalità dell’incremento del turismo e delle entrate allora anche tanti aspetti che possano riguardare la socialità credo che vengano ridimensionati giocoforza poichè attualmente nella fotografia della situazione i Musei contengono moltissime opere importanti e si prestano alle possibilità pratiche e logistiche dei visitatori che arrivano nelle nostre città impiegando il loro tempo che è quasi sempre un tempo limitato, perchè dedicato anche ad altre visite od iniziative,poichè il fatto di poter fruire delle opere in un ambiente dove queste siano concentrate consente un grosso risparmio di tempo ma anche di denaro.In una quantità di zone sparse e magari anche distanziate l’una dall’altra, Il visitatore ed il turista sarebbe sempre più alle prese con il tempo dedicato alla cultura e quindi tendenzialmente in un ”Museo allargato” le occasioni oltre che ad essere minori come numero diminuirebbero sensibilmente anche gli introiti dello Stato che ha investito fino ad oggi comunque forze economiche per costruire strutture, dare stipendi e permettere alle famiglie di andare avanti.Non secondario sarebbe poi il problema che riguarderebbe le assunzioni poichè una cosa è la fruizione di un personale da parte di una struttura privata o comunque diversa dalla stato italiano- che essendo appunt ben altro chè lo Stato- sarebbe più legata ad interessi particolari nel fornire lavoro,assumendo personale che si confaccia più ” alla vicinanza scelta con criteri politici”in quel caso, mentre teoricamente lo Stato non funziona così, poichè mette in campo concorsi e vaglia le domande di impiego con una metodologia dove la politica-almeno formalmente- non influenza le scelte almeno sula carta.Con l’impiego da parte di una struttura privata o comunque diversa da quella dello Stato Italiano tutto questo non vi sarebbe e nemmeno i criteri di scelta che invece verrebbero fatti con criteri dove peserebbero altre nature di decisioni.In sostanza quindi esaminato quanto ho riportato e tenuto conto ancvhe di ciò che ho scritto nel precedente intervento, anch’io propenderei per il NO con decisione! Sono tempi in cui l’alienazione del patrimonio pubblico riguardante soprattutto gli immobili, porta inevitabilmente anche assieme a tanti altri aspetti che si dipanano nel tempo, allo sgretolamento dello stato come lo abbiamo conosciuto soprattutto nel ‘900.Quando un patrimonio, non solo fatto di opere, ma fatto anche di fondamentalità valoriali viene disperso poco a poco,le generazioni ne perdono la memoria e quindi anche l’essenza. Dovrebbe essere esattamente il contrario di tutto questo ed il patrimonio-soprattutto quello artistico- dovrebbe essere di tutti, alla portta di tutti, e non sottoposto alla fruizione di pochi.Un elemento questo non slegato dal concetto di democrazia.Oggi questo patrimonio di tutti è sottoposto a rischio sparizione, poichè spesso proprio amministrato con una disparità e diversità di trattamento anche da parte degli stessi organi dello stato. Saper mantenere nel tempo la cultura ha un costo senza dubbio ma alla lunga e forse oggi anche nel breve periodo ripaga la collettività, elevandone le conoscenze ed anche facendo dialogare ed avvicinare le questioni stesse della politica che nel tempo hanno prodotto steccati insuperabili in una società basata esclusivamente sul profitto e sul suo mantenimento. La finalità della cultura è non solo l’elevazione dell’individuo ma la lotta per farlo campare in maniera migliore.E tutto questo non da solo !
X Marco Lorenzoni. Preciso che la mia risposta non porta divagazione come dici ; ho solo spiegato il perchè anch’io a tale proposta non sia favorevole.Non credo che nelle cose occorra rispondere con un Si o con un NO se non se ne spiegano i motivi di tali Si e di tali NO ! Io ho spiegato i miei per sommi capi ma ce ne sarebbero anche tanti altri e codesta materia non è una materia che si possa affrontare solo dicendo un SI od un NO ma ciò che veramente credo che valga è il principio che ne stà alla base: i beni culturali amministrati dallo Stato devono essere materia per la quale e con la quale lo Stato con i suoi cittadini debba poterne disporre e fruirne. Quando un bene,indipendentemente dal suo percorso storico e che si trova nel territorio italiano è amministrato da un altra natura di ente, chi ne ha la proprietà conserva il diritto di farne fruire chi vuole teoricamente , potrebbe perfino alienarlo se ci fossero le necessità anche superando i vincoli dello stato stesso e questo mi si insegna che le ragioni di tali superamenti se non ci sono si creano anche e soprattutto con la politica.Sono tantissime le opere che si trovano nella proprietà dello Stato e che erano state create sotto e durante l’amministrazione ecclesiale, ma perchè tale proposta riguarda solo i musei italiani ed è circoscritta solo ad essi?.Con tale istanza se permetti mi si fa vedere che si creeino dei percorsi a seconda di ciò che si voglia raggiungere non tenendo conto dei princìpi generali e più allargati alla cultura universale.L’esempio allora che ho fatto citando gli altri Musei del mondo non varrebbe per questi ultimi ? Ripeto,- non la voglio fare tanto ”brodosa” anche se a me riesce bene- ma ciò che ho detto riguardo alle persone che la mattina aprono gli occhi e vedono che possano ” partire nuovi treni” dovrebbero trovare altre ragioni chè quelle del ” Museo Allargato”. l’Italia è già di per se stessa un ” Museo Allargato” ed un progetto del genere che riguardasse solo ed esclusivamente i beni della Chiesa contenuti nei Musei Italiani sarebbe secondo il mio avviso come minimo pretestuoso.Ma non mi meraviglio che al giorno d’oogi sortano fuori queste istanze.sai secondo me cosa vuol dire? Si dice brevemente pensandi a quanto abbiamo di fronte ed a quante idee abbiamo messo in campo,soprattutto che la stessa politica ha messo in campo:” La raschiatura del fondo del barile”soprattutto riguardo anche alle idee e non solo all’economia, che è in diretta connessione con chi amministra tali beni in un contesto sia di scarsità di risorse ma anche in voler produrre ad ogni costo cose bollate e fatte apparire come ”novità” e delle quali proprio non se ne sente l’esigenza,anzi….