IL DIRETTORE DEGLI UFFIZI SCHMIDT: “I MUSEI STATALI RESTITUISCANO I DIPINTI ALLE CHIESE”. SIAMO CONVINTI CHE SIA UNA BUONA IDEA?

venerdì 29th, maggio 2020 / 11:40
IL DIRETTORE DEGLI UFFIZI SCHMIDT: “I MUSEI STATALI RESTITUISCANO I DIPINTI ALLE CHIESE”. SIAMO CONVINTI CHE SIA UNA BUONA IDEA?
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«Credo che il momento sia giunto: i musei statali compiano un atto di coraggio e restituiscano dipinti alle chiese per i quali furono originariamente creati. Il caso forse più importante di un capolavoro sottratto al suo contesto originale si trova proprio agli Uffizi: la Pala Rucellai di Duccio di Buoninsegna, che nel 1948 fu portata via dalla basilica di Santa Maria Novella».

Lo ha detto ieri il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, a margine della riapertura di Palazzo Pitti a Firenze. Secondo Schmidt «il modo più concreto per ripristinare il principio del ‘museo diffuso’, secondo la felice espressione di Antonio Paolucci, è che i musei statali comincino a riportare nei luoghi sacri i dipinti che per essi furono creati».

Nella loro sede originale ritroverebbero il giusto contesto architettonico-spaziale e il rapporto con le altre opere d’arte, con una ‘valorizzazione virtuosa’ dal punto di vista storico e artistico.

Secondo la proposta del direttore Schmidt, dunque anche un importante dipinto di Raffaello dovrebbe tornare a casa sua, ovvero in Umbria, precisamente nella Chiesa di San Francesco a Città di Castello: si tratta dello Sposalizio della Vergine realizzato dal grande urbinate nel 1504, praticamente in concomitanza con l’identico soggetto opera del suo Maestro Pietro Vannucci detto il Perugino che realizzò uno “sposalizio della vergine” altrettanto famoso per il Duomo di Perugia, esattamente per la cappella del Santo Anello, giusto a celebrare quella reliquia che  nel 1473 fu rubata da un frate tedesco dalla chiesa di San Francesco a Chiusi e portata appunto a Perugia, dove è tutt’ora custodita.Il dipinto del Perugino invece si trova a Caen in Francia.

Abbiamo citato qualche esempio emblematico, ma sarebbero decine, centinaia i dipinti e le opere d’arte che i musei statali dovrebbe restituire alle chiese per le quali furono realizzate.

“Trovo che la proposta lanciata da Eike Schmidt sia di grande interesse e intelligenza. E la trovo soprattutto in sintonia con un orientamento che la Regione ha sempre avuto ben chiaro: la chiave è valorizzare i presidi della cultura diffusa nel territorio, anche perché così  diventa più facile costruire un rapporto solido e consapevole con le comunità”. Così ha commentato la proposta del direttore Schmidt,  la vicepresidente della Regione Toscana e assessora alla cultura, Monica Barni. La quale precisa che “naturalmente un’idea come questa richiede che si valutino e si studino accuratamente tutte le questioni relative alla sicurezza delle opere e alle condizioni della loro fruibilità. Ma è una prospettiva di lavoro seria, e tanto più lo è adesso dovendo fare i conti con la realtà creata dalla pandemia, che così pesantemente sta incidendo sulla vita culturale e sulle istituzioni della cultura. Dovremo insomma sempre di più studiare forme che consentano ai cittadini di avvicinarsi al patrimonio culturale facendo i conti con queste nuove esigenze di sicurezza individuale”.

Ma in questo modo si svuoterebbero i musei stessi, riducendone la “dotazione” e limitandone l’attrattività, spostando quindi risorse e “richiami” verso strutture private come le Chiese, che sono di competenza vaticana e non statale.

E perché restituire dipinti alle Chiese e non, ad esempio, i pezzi che si trovano presso grandi musei, ma provengono da piccole realtà?

Come primapagina, negli anni ’90 provammo a fare una battaglia per riportare a Chiusi il famoso “Vaso Francois”, custodito al Museo Nazionale Archeologico di Firenze, ma proveniente appunto da Chiusi, dove esiste comunque un Museo Archeologico Nazionale, uno dei 4 della Toscana.  L’allora Soprintendente Francesco Nicosia rispose molto gentilmente e amichevolmente che “proprio per valorizzare il reperto e anche la provenienza, cioè per promuovere il nome di Chiusi e la sua storia millenaria era molto meglio che il Vaso restasse a Firenze, dove poteva avere oggettivamente almeno 10 volte il visitatori che avrebbe avuto a Chiusi”. Il ragionamento in effetti non faceva una piega. E infatti il Vaso Francois è rimasto a Firenze. Così come altri reperti chiusini sono rimasti in altri  musei sparsi in tutto il mondo. E anche il “Santo anello” dello sposalizio della vergine rubato a Chiusi nel 1473 è rimasto e rimane a Perugia.

In via di principio sarebbe forse giusto che ogni opera potesse essere ammirata nel suo specifico contesto, e non altrove, ma svuotare i musei statali, per rimpinguare le chiese è una buona idea? E siamo sicuri che vada nella direzione di una fruizione più contestualizzata, più consapevole e rispettosa?

In un Museo o in una Galleria (come la Galleria Nazionale dell’Umbria e quella di Siena) i dipinti di Raffaello, Pinturicchio, Perugino, o Duccio di Buoninsengna, Simone Martini e Beccafumi si possono ammirare e confrontare con altre opere coeve, precedenti o successive. Forse in un contesto del genere è più facile apprezzarne gli aspetti più prettamente tecnici e artistici. Rendersi conto delle evoluzioni, del peso delle “scuole” (quella senese, quella umbra, quella lombarda ecc…) o delle “botteghe” dove gli artisti si forgiavano.

E nei musei e nelle gallerie, la cura e la tutela di essi è affidata allo Stato che diventa il primo custode del patrimonio artistico della nazione. Le chiese sono del Vaticano, che rispetto all’Italia è uno Stato estero.

Insomma la proposta del Direttore degli Uffizi Schmidt, che non sembra una boutade, merita senza dubbio considerazione, ma va anche valutata attentamente. E il commento dell’assessore alla cultura della Regione Toscana ci sembra un tantino frettoloso e parziale. Se ne parli pure, dunque, ma…  noi, nel nostro piccolo, da questo punto di osservazione periferico, pur avendoci forse il territorio qualcosa da guadagnare in quanto potrebbe recuperare alcuni tesori, crediamo sia meglio che i dipinti restino dove sono, e soprattutto restino nelle mani dello Stato.

In tempi di “distanziamento” e protocolli si sicurezza causa coronavirus, qualche “delocalizzazione” e qualche ritorno a casa di opere famose  potrebbe aiutare il turismo di prossimità e potrebbe anche dare una mano alla “ripartenza” di  luoghi meno noti e celebrati, ma una cosa è decentrare opere tra musei e gallerie statali, altra cosa è “restituirle” alle chiese (che non pagano nemmeno l’Imu).

 

m.l. 

 

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