CHIUSI: E’ MORTO SERGIO FEDI, MITICO PORTIERE ANNI ’50-’60
CHIUSI – Non si muore di solo Covid 19. E oggi a Chiusi è un giorno triste, perché è morto un gigante. Un gigante buono. Per stazza fisica, statura e per il fatto di essere stato il più grande portiere del calcio locale. Una specie di leggenda. Parliamo di Sergio Fedi, classe 1936, stroncato da problemi cardiaci, all’ospedale delle Scotte di Siena.
Macchinista ferroviere come l’anarchico della Locomotiva di Guccini, anche Sergio Fedi ha militato nella sinistra, è stato negli organismi dirigenti dei Ds, poi del Pd a Chiusi Scalo. Ma a Chiusi e in tutta la zona, sia sul versante toscano che su quello umbro,tutti lo conoscevano per il suo passato di portiere volante e poi per aver insegnato l’arte di parare a centinaia di ragazzi: a Chiusi, a Po’ Bandino, a Città della Pieve, a Sinalunga.
Negli anni ’50, da ragazzino se la giocò con Sarti per fare il n.1 della Fiorentina. Vinse Sarti, che poi vinse anche lo scudetto con i viola nel 1955-56. E con l’Inter di Herrera diventò anche una leggenda vera, la prima parola di una poesia: Sarti, Burgnich, Facchetti, Tagnin, Guarnieri, Picchi…
Sergio Fedi se ne tornò a Chiusi e fu il portiere di quel Chiusi spettacolare del 1958-59, una delle prime squadre “sponsorizzate” d’Italia, dalla Special Brodo di San Marino, per la precisione. Ditta scovata da quella mente vulcanica che era Mario Barzanti. Una squadra stellare quel Chiusi che arrivò a giocarsi l’accesso alla quarta serie dopo una partita memorabile con il Montevarchi finita in rissa in campo e fuori. Fedi era il numero 1. Il portierone. Poi c’erano Valdarchi in mediana, l’ex Lazio Forliti, e Gori, Gentini, Cipriani e il 10 Mario Misticoni che – dicevano – somigliava a Montuori. Allenatore un certo Naldi che era un dottore, un intellettuale, non solo un uomo di pallone. Dipingeva pure…
Quel Chiusi sarebbe piaciuto di sicuro a Osvaldo Soriano, perché somigliava molto alla sia Estrella Polar, laggiù a Cipolletti, in Patagonia… E Sergio Fedi era el Gato Diaz in biancorosso. Con la sua maglia grigia. O nera. Perché all’epoca i portieri la maglia la portavano nera o grigia. Il giallo e il rosa erano lontani da venire.
Finì a tarallucci e vino, anzi con una gran mangiata di pesce a Senigallia… Il Chiusi la quarta serie la vedrà solo agli inizi degli anni 2000. Ma quella squadra e quella stagione è rimasta nei ricordi e nell’immaginario collettivo dei chiusini, si tramanda di generazione in generazione, come certi racconti epici e cavallereschi…
Poi Sergio Fedi giocò a lungo, fino ai 40 anni, non solo a Chiusi. E nei tornei estivi che allora andavano di moda. Ha allenato diverse squadre e soprattutto i portieri, alcuni anni fa scrisse una sorta di manuale (autoprodotto e auto pubblicato) del portiere. Lo presentammo come primapagina al Bar del Bersagliere di Chiusi Scalo, con Riccardo Lorenzetti, fu una serata piacevolissima…
Con Sergio Fedi se ne va non solo un grande portiere, ma un pezzo di storia sportiva di Chiusi e dintorni. Se ne va un testimone diretto di un calcio che non c’è più e che però è rimasto nei cuori di molti. Il calcio dei tempi di Sarti, Albertosi, Cudicini, Julinho, Hamrin, Sivori, Altafini, e poi Mazzola e Rivera, Corso, De Sisti…
Sergio Fedi quel calcio lo ha vissuto e lo ha attraversato, ma aggiornandosi, senza mai rimanerne prigioniero. Ha allenato i portieri fino a pochi anni fa… lui che era già vicino agli 80. Ma non li dimostrava 80 anni, il fisico possente e sportivo ne facevano una sorta di eroe senza tempo, immarcescibile e immortale.
Invece oggi se n’è andato, volando a prendere quella palla lassù, nel sette che non era in alcun modo parabile… Vola Sergio… il vento sia con te. E se incontri Mario Misticoni e il Gori, sai che risate su quella mitica squadra del ’59…
Marco Lorenzoni
In questo momento di ”soggiorno obbligato” come tutti ho letto l’annuncio della sua morte sul tuo giornale ed ho avuto un tuffo al cuore perchè anche a me sembrava che fosse una figura immortale, e sono esatte le tue parole e gli si addicono moltissimo, alla persona, al suo carattere, ed anche alla sua etica di sportivo e se posso dire anche di uomo politico aperto,che guardava il mondo restando in disparte e che spesso quasi da filosofo traeva le proprie conclusioni.Pur non essendo appassionato di pallone, io quei tempi me li ricordo benissimo ed ho diverse foto scattate da mio padre in quegli anni dove figura logicamente anche lui. Anni veramente di gloria nei quali tutti aspettavamo la domenica per andare a veder giocare il Chiusi o dai cori di gioia o di sconforto da Piazza della Stazione immaginavamo i goal fatti o subiti a seconda dell’intensità dei gridi della folla che udivamo a distanza.Mi ricordo perfino di suo padre,di stazza anche più grande della sua, ed anche lui mi sembra facesse il ferroviere e ricoprisse qualche carica sindacale nella categoria.Molte volte quando penso a tutte queste persone che abbiamo conosciuto e delle quali abbiamo apprezzato il carattere, rifletto che sono vecchio e se guardo le foto del mio archivio scattate da mio padre come quella che tu Marco hai pubblicato in testa al Post dove conosco tutti ,rifletto che è tanto tempo è passato e con esso le persone.E mi sembra di essere un superfortunato solo per il fatto che nel corso della vita ne abbia potuto conoscere così tante che poi il tempo ha portato via.In quella fotografia si nota sul retro dei giocatori la macchina di Mario Barsanti con la pubblicità della ”Dulcis” che era una azienda che a Serravalle di San Marino produceva dolciumi e caramelle dalla fine degli anni ’50.Lo dico con sicurezza poichè in quegli anni ho abitato per due anni nella Repubblica di San Marino dove ho frequentato la prima e la seconda classe della scuola media e spesso vedevo mio padre che parlava con Mario Barzanti e Paolo Paolucci dell’Hotel Longobardi di Chiusi Scalo quando venivano a Serravalle per il loro lavoro.Anni del boom economico in cui l’italia uscita dalla guerra aveva già iniziato ad alzare la testa, e di quel periodo le prime emozioni legate alle persone ed anche alla loro vita non te le puoi dimenticare più.E Sergio Fedi è di sicuro fra queste persone.Ciao Sergio.
Alla famiglia di Sergio le mie più sincere e profonde condoglianze per la scomparsa dell’amico, del compagno di battaglia politiche e dell’esempio dello sport del paese.
Sergio era soprattutto un grande uomo, il suo aspetto e la sua indole erano quella del gigante buono, nonostante il suo vocione che ti incuteva istintivamente rispetto. Mi capitava ogni tanto di fermarmi a parlare con lui per strada o al campo sportivo, si iniziava sempre con la politica, con il pd non era scoppiato un grande amore e soprattutto negli ultimi tempi era molto critico, a questo proposito vorrei ricordare che aveva militato e coperto incarichi da dirigente anche nel PCI. Di calcio ne parlavamo poco, soprattutto di calcio giovanile, perché saggiamente, dall’alto della sua esperienza, spesso
diceva semplicemente di far divertire i ragazzi poi chi è più bravino si vedrà. A proposito della sua carriera nel ricordo scritto nell’articolo manca la sua militanza a Perugia, è ricordato anche lì, tant’è vero che alcuni organi di stampa di perugia hanno ricordato la sua figura, tra i ricordi sportivi va anche citata una partita al Prater di Vienna con la nazionale giovanile di cui mi aveva raccontato l’esperienza qualche tempo fa. Quando potremo tornare a camminare liberamente per le strade, Sergio sarà una persona che mi mancherà tanto incontrare.
Purtroppo, date le circostanze, non potrà neppure essere celebrato come meritava.
Voglio dare il mio modesto contributo per rendere onore ad un grande personaggio, sportivo e umano, che ci ha lasciato in questi giorni.
Ho conosciuto personalmente Sergio Fedi soprattutto in ambito politico, quando facevamo parte degli organismi direttivi del PDS prima e dei DS poi.
Però, indirettamente, è entrato anche nella mia vita sportiva quando, prima di dedicarmi alla pallavolo, che ho praticato per circa 40 anni, prima come giocatore e poi come allenatore, giocavo nel ruolo di portiere nella squadra giovanile dell’Azione Cattolica di Chiusi Città, allenata da Francesco Crezzini e Franco Rosati.
Partecipavamo al campionato del Centro Sportivo Italiano, era l’aprile del 1968, avevo 14 anni e giocavamo al famoso “sterro” di Montepulciano contro la squadra del Collegio Magnanet.
Non so nemmeno io come successe, ma quel giorno parai due rigori a quello che era il capocannoniere del torneo che, alla fine della partita venne a stringermi la mano e mi disse: “Complimenti, sarai l’erede del Fedi”.
Io, che non avevo mai sentito parlare di questo Fedi, andai da Francesco Crezzini e gli chiesi chi fosse costui e lui mi disse chi era.
Chiaramente io non sono diventato il suo erede, anche perché dopo poco ho cambiato sport, ma credo che mai lo sarei diventato.
Poi ne ho sentito sempre parlare nei discorsi del bar ma non l’ho mai visto all’opera né conosciuto personalmente, fino a che non ci siamo poi incontrati alle riunioni politiche, ma erano già gli anni ’90 e devo dire che abbiamo condiviso molto spesso le stesse idee.
Nel 2011, quando mi candidai alle elezioni comunali come sindaco per la lista “La Primavera di Chiusi”, in alternativa a quella del PD, mi contattò e mi disse che capiva la mia scelta, anche se non la condivideva.
Negli anni successivi anche lui era diventato molto critico nei confronti della linea assunta dal PD e spesso, camminando per Chiusi Scalo, mi sentivo chiamare da lontano con quel suo vocione inconfondibile: “Cioncoloni – mi diceva- cosa possiamo fare per riportare questo partito nei giusti binari?”
E io, sorridendo: “Ma se non lo sai te che eri ferroviere, come posso saperlo io?”
Anche lui sorrideva alla battuta e poi, in mezzo alla strada, cominciavamo a parlare con passione delle passate esperienze politiche, quando essere di sinistra aveva precisi significati e comportamenti e non era solo un modo per raccogliere voti, come oggi.
Ciao, Sergio.
Le miei conversazioni con Sergio Fedi hanno riguardato la ferrovia. Era IL MACCHINISTA della Chiusi Siena, la conosceva traversina dopo traversina.