FESTIVAL ORIZZONTI 2019, BILANCIO CULTURALE POSITIVO. SU ALTRE COSE CI SARA’ DA LAVORARE…

venerdì 16th, agosto 2019 / 17:05
FESTIVAL ORIZZONTI 2019, BILANCIO CULTURALE POSITIVO. SU ALTRE COSE CI SARA’ DA LAVORARE…
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CHIUSI -Si è concluso domenica 11 agosto il Festival Orizzonti 2019. Per i bilanci economici ci sarà tempo. Ma un primo bilancio “culturale” forse si può già fare. E’ stata – ma lo avevamo già scritto –  una edizione ridotta nei tempi (solo 5 giorni) e anche nel numero degli spettacoli. Pure nel budget. Una edizione insomma con la cinghia tirata e stretta all’ultimo buco. Ed esclusivamente teatrale. Il direttore artistico Gianni Poliziani che è uomo di teatro e non di musica o danza, ha scelto il terreno che gli è più congeniale. Quello che conosce meglio e che frequenta.  In questo modo ha dato un’impronta, una connotazione precisa, definita, al suo festival Orizzonti. Non ha chiamato grandi nomi, né di richiamo televisivo (tipo Rocco Papaleo o Brachetti o Bacalov) né di nicchia (Pippo Del Bono, Moni Ovadia, Walter Malosti, Celestini o la compagnia Ricci-Forte…). Ha chiamato i suoi “fratelli”. Ovvero attori, registi, registi-attori, musicisti professionisti, ma cresciuti come lui nel territorio. In questo territorio. Ha offerto loro un palcoscenico e una tribuna, ha ricevuto in cambio una serie di performance di qualità, che segnalano come ciò che è stato seminato in zona qualche frutto lo ha dato.

E così, il Festival Orizzonti ha messo in vetrina Manfredi Rutelli, Livia Castellana, Laura Fatini, Silvia Frasson, Valentina Bischi. Alessandro Waldergan, lo stesso Poliziani. Può sembrare un passo indietro rispetto al passato. Forse invece è un passo avanti. Perché è la riprova di cosa voglia dire creare un humus, un “giacimento” culturale a cui attingere…

Ci poteva stare un po’ di musica in più, a lato o oltre il teatro. Musica di vario genere: dal pop al rock alla classica, al jazz… Sarà per la prossima volta. E’ un dettaglio su cui magari lavorare. Così come ci poteva stare forse almeno uno spettacolo di danza… Ma vale lo stesso ragionamento. Del resto questa che si è appena conclusa è la prima edizione a firma Poliziani.

Altra cosa non secondaria, a nostro avviso, è il fatto che Poliziani abbia tenuto, come nella stagione invernale, la barra ben piantata in una direzione. Cioè a sinistra. A noi non dispiace, anzi. Lo ha fatto proponendo spettacoli teatrali non banali, non di cassetta, alcuni dei quali  su temi forti e attuali, come la precarietà nel lavoro e l’incertezza di futuro nelle nuove generazioni (Controcanto teatro), oppure l’incomunicabilità tra le persone, la prevaricazione del forte sul debole, del ricco o arricchito e spregiudicato sullo sfigato che fa il turno di notte in una stazione e vive solo con la madre; dell’uomo sulla donna considerata proprietà privata da esibire come un orologio di lusso… O il tema della violenza sulle donne e del fardello che esse si portano dietro, dopo, come nello spettacolo de Le Coche incentrato sulla figura di Artemisia Gentileschi, pittrice del ‘600, ma protofemminista ed esempio immortale di emancipazione femminile attraverso l’arte e la… “tigna” che solo le donne sanno sfoderare…

Con i laboratori di Alessandro Manzini e Francis Pardeilhan, Gianni Poliziani ci ha fatto vedere e toccare con mano come il teatro possa diventare una forma di socialità, di crescita e di ricerca interiore per adulti e ragazzi. Perfino per i bambini… E queste sono cose che restano, che creano l’humus di cui sopra, che abituano la gente al teatro, alla cultura. Addirittura alla conoscenza e all’uso di spazi della città…

Si è visto, anche stavolta, che la gente va volentieri e in massa a veder recitare amici, parenti e conoscenti. Ci va meno se sul palco c’è una compagnia di fuori, magari composta da attori bravissimi, ma poco conosciuta. E questo si sapeva, non è una novità. Però è un altro aspetto su cui lavorare per il futuro.

Il fatto che si siano avvicinate al teatro, nonostante i 40° di temperatura, decine e decine di persone che normalmente non lo frequentano è un altro segnale positivo. Molti erano lì per i parenti e gli amici, ma non è escluso che tornino anche in altre occasioni. Ci si abitua piano piano…

Il festival Orizzonti, dopo la discussa gestione Cigni e la sfortunata parentesi Carloncelli, aveva bisogno per prima cosa di recuperare un rapporto con i chiusini. Con la città. In parte ciò è avvenuto, in parte no. A Chiusi Scalo per esempio non vi era percezione che ci fosse un festival in atto. Nel centro storico i bar chiusi sono stati una caduta di tono. Così come il dopofestival un po’ fiacco. Ma anche su questi aspetti si potrà ragionare e intervenire, per migliorare.

Chiaro che senza nomi eclatanti e di richiamo è difficile, forse impossibile, attrarre gente da fuori, anche dai paesi limitrofi, di questo Gianni Poliziani e la Fondazione Orizzonti crediamo fossero pienamente coscienti. Ma Gianni il suo lavoro lo ha fatto e lo ha fatto bene.

Se il festival Orizzonti, anche nei prossimi anni, si caratterizzerà come una vetrina importante per compagnie emergenti provenienti da varie parti d’Italia e per le eccellenze (o le cose buone) che escono dal territorio avrà non solo successo, ma anche una  funzione. Quella di promuovere compagnie meritevoli e anche i prodotti culturali locali (che non sono da meno del vino o dell’olio o della ceramica), creare attenzione e abitudine, aiutare a crescere le professionalità nel settore, offrire un’opportunità a chi  propone cose di qualità ma non ha le spalle abbastanza larghe e robuste per arrivare al Sistina.

Finita la stagione delle lacrime e sangue per i debiti pregressi, verranno anche tempi migliori dal punto di vista del budget e, potendo spendere qualcosa in più, si potranno trovare soluzioni capaci anche di richiamare un pubblico più vasto e una maggiore presenza della critica e dei media… Oltre ad accorgimenti tecnici necessari, come l’aria condizionata nel Teatro Mascagni. Senza, come quest’anno, il luogo d’agosto, inutile dirlo, è poco invitante.

Detto questo, se dovessimo dare un voto ad Orizzonti 2019 e a Gianni Poliziani come direttore artistico – date le condizioni di partenza, le ristrettezze economiche, il  gran caldo e tutto il resto – noi una sufficienza piena, anzi un bel 6 e mezzo, che a scuola e anche nel calcio non tutti lo prendono, lo diamo volentieri…

m.l.

 

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