IL VOTO DI SABATO E DOMENICA, IL FASCISMO E LA COSTITUZIONE, I DICIOTTENNI: SEGNALI NON BUONI

mercoledì 05th, giugno 2024 / 14:39
IL VOTO DI SABATO E DOMENICA, IL FASCISMO E LA COSTITUZIONE, I DICIOTTENNI: SEGNALI NON BUONI
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CETONA – E’ stata senza dubbio una due giorni significativa quella della Festa della Costituzione, svoltasi a Cetona il 1 e 2 giugno. Purtroppo non molto partecipata, in rapporto alla qualità dei dibattiti, ai temi proposti e anche al livello degli oratori. Si è parlato di guerra, di lavoro, di nuove povertà, di welfare e diritti civili e sociali. E anche di nuovi fascismi e anfifascismo. Non poteva essere altrimenti, essendo la Festa organizzata dall’Anpi Valdichiana.

Per esempio è stato di livello molto alto l’incontro sul tema dei temi, ovvero quello della pace e della guerra condotto dal giornalista del Corriere della Sera Paolo Franchi (che a Cetona è di casa), con Rosy Bindi, il presidente nazionale dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo, Filippo Miraglia dell’Arci e un rappresentante nazionale di Acli venuto in sostituzione del presidente Manfredonia. Parole chiare, chiarissime sulla guerra in Ucraina e anche sul genocidio di Gaza, sull’invio di armi e sulla escalation militare imposta anche dalla Nato, non solo dalla Russia; sull’assenza di inizativa politico-diplomatica da parte dell’Unione Europa e dell’Italia, sulla necessità di arrivare quanto prima al cessate il fuoco e a negoziati di pace. Tutti hanno concordato sul fatto che Natanyahu va fermato, che Israele non solo sta portando avanti una vera e properia pulizia etnica con l’obiettivo della eliminazione del popolo palestinese, ma si è anche “mangiata” i territori palestinesi che dovrebbero, secondo le stesse risoluzioni dell’Onu, costituire il territorio dello Stato di Palestina. Senza territorio non può esserci uno stato, quindi parlare oggi di due popoloi due stati è alla luce dei fatti e della situazione data, un modo per non risolvere il problema, perché  uno dei due Stati non ha lo spazio vitale. Così sulla guerra Russo-Ucraina tutti hanno ribadito che il conflitto non è cominciato il 22 febbraio del 2022, ma almeno nel 2014, che una escalation con allargamento del conflitto e il coinvolgimento di truppe Nato è una aberrazione e che la Nato non può decidere al posto degli stati sovrani. L’Italia nella sua Costituzione ripudia la guerra e non è in guerra con nessuno. Rosy Bindi ha ricordato di essere stata favorevole all’invio di armi all’Ucraina dopo l’invasione russa, per consentire la difesa, ma che adesso non lo è più, perché più armi si inviano e più morti si fanno, senza possibilità di una inversione dell’andamento del conflitto. Tutte le guerre finiscono con un armistizio. Quindi con un compromesso. Si trovi la via di un compromesso che ponga fine al massacro dei giovani ucraini reclutati a forza e mandati al fronte a fare la carne da cannone…

Evocativo il fatto che il palco dei dibattiti fosse piazzato proprio sotto la grande lapide che ricorda i caduti di Cetona nella Seconda Guerra Mondiale: militari, partigiani e civili morti in combattimento, sotto le bombe o per le mine, per malattie contratte in seguito a ferite e infezioni o per fucilazione o strage… Quei nomi stessi sembravano dire: ce lo avevate promesso, 80 anni fa, mai più guerre, e invece siete ancora lì,  a riempire gli arsenali, a inviare missili, carri armati e truppe, ad assistere a massacri senza fine di soldati e di civili, incapaci di trattare… Non era questo che volevamo nel ’44…

Peccato che la politica intesa anche come dirigenti di partito (tutti i partiti) e come ammministratori locali si sia fatta vedere a Cetona col contagocce… Pochi i sindaci presenti per esempio. Anche all’incontro con TUTTI I candidati antifascisti, dei sindaci candidati o in carica ce n’erano solo tre: Agnese Carletti di San Casciano Bagni, Roberto Cottini di Cetona e quindi padrone di casa e Andrea Francini di Trequanda. Il sindaco di Montepulciano, ricandidato anche lui, è intervenuto in video.

In contemporanea all’iniziativa cetonese, a Chiusi il 2 giugno il sindaco Sonnini ha consegnato, in piazza Garibaldi, la Costituzione della Repubblica ai neo 18enni. Una tradizione che stavolta ha segnato un po’ il passo. Numerosi, un buon terzo, le ragazze e i ragazzi che non si sono presentati. Non è buon segno. E’ vero che molti, se non la metà poco ci manca, sono di origine straniera e quindi è comprensibile che in casa non abbiano mai parlato della Costituzione, della Resistenza, di come è nata la Repubblica Italiana. Ma forse qualche “falla” c’è anche in altri ambiti. Nella scuola per esempio. C’è stato un minimo di preparazione di tale appuntamento nelle aule delle superiori? Sarebbe stato necessario, no?

Poi c’è la politica che non parla più, da tempo, alle nuove generazioni. Non solo non parla, ma proprio non le vede e non le sente. I neo 18enni sabato e domenica prossima voteranno. Lì in piazza sembravano spaesati nel ricevere in mano una copia della Costituzione, avevano l’espressione di chi riceve uno spartito musicale, ma non ha mai preso in mano uno strumento.

Che effetto farà a quei ragazzi la prima scheda elettorale? Qualche giorno fa un noto rapper italiano diceva in Tv che quelli che conosce e frequenta lui non vanno né a votare né a messa… Questo è il quadro.

Il sindaco Sonnini ha fatto un discorso appassionato e condivisibile sulla pace, sull’Europa che vorremmo (e che servirebbe), sulle fondamenta della nostra Carta Costituzionale, sulla rappresentatività parlamentare… Condivisibile da parte di chi la pensa in un certo modo e di elezioni ne ha già vissute parecchie. Dalla platea che era fatta per lo più da pensionati o comunque da cittadini adulti.

Quei ragazzi e quelle ragazze con i jeans strappati, l’ombelico al vento e tatuaggi in bella vista parlano altri linguaggi, forse addirittura un’altra lingua (non quella d’origine nel caso degli stranieri), certe cose fanno fatica anche solo ad ascoltarle. Le sentono lontane, quasi incomprensibili, come se fossero raccontate in una lingua antica. Morta.

Per i 18 enni di oggi, che a guardarli sembrano i 15enni di 20-30 anni fa, noi tutti parliamo in etrusco…  Chi aveva 18 anni nel 1975 (quando fu istituito il voto ai 18enni) vedeva nella possibilità di votare una specie di patente di persona adulta, un passaggio epocale per entrare nel mondo dei grandi. Per dire la propria. Per pesare politicamente nella società. Oggi è ancora così? L’impressione è che per i 18 enni la tessera elettorale valga meno della ricarica del cellulare.

Ma la colpa non è dei 18enni. E’ di una società di plastica che ha cambiato l’ordine delle priorità. Il fatto che siano diventate rarissime, quasi inesistenti, le possibilità e le occasioni di confronto tra generazioni diverse ha fatto il resto. Il confronto generazionale non è mai stato facile. Né indolore. Spesso è stato motivo di conflitto, di rivolta addirittura (si pensi al ’68 o al movimento del ’77). Si litigava in casa tra genitori e figli, nelle sezioni di partito tra vecchia guardia e nouvelle vague; a scuola tra studenti e professori; ma litigando si cresceva, ci si formava, si costruiva la “scorza” necessaria ad affrontare la vita, il lavoro, gli ostacoli… Oggi il conflitto è scomparso dalla scena. E si cresce più piano, si vota anche molto meno. E tra quelli che votano meno, i giovani e i giovanissimi sono una buona percentuale. Bisognerebbe rifletterci: e quando si parla di nuovi fascismi e di antifascismo forse è da qui che bisognerebbe partire, dalla disaffezione o disabitudine a partecipare, a dire la propria. Dall’assuefazione alla plastica, al nulla, alla banalità.

m.l.

 

 

 

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