SABATO 3 FEBBRAIO, RICCARDO CUCCHI A CHIUSI SCALO: UN ALTRO CALCIO E’ ANCORA POSSIBILE?

venerdì 02nd, febbraio 2024 / 12:39
SABATO 3 FEBBRAIO, RICCARDO CUCCHI A CHIUSI SCALO: UN ALTRO CALCIO E’ ANCORA POSSIBILE?
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“Il calcio è immerso nella vita, ne è parte stessa, è una delle tante attività umane. Immaginarlo isolato dal contesto sociale, politico ed economico è pura illusione.Il calcio è una sorta di carta assorbente che si impregna di tutto ciò di cui è impregnata a sua volta la società. Ma ha un obbligo etico imprescindibile: deve promuovere valori. Non può rinunciarvi senza pagare il prezzo di smarrire la sua stessa identità”. 
Scrive così Riccardo Cucchi, noto giornalista sportivo, storica voce di Tutto il calcio minuto per minuto, poi anche conduttore della Domenica Sportiva, nel suo libro “Un altro calcio, è ancora possibile” (People, 113 pagine) che in copertina ha un’immagine di altri tempi: ragazzini che giocano a pallone in un cortile, in mezzo ai palazzi. E’ così che si imparava a giocare a pallone un tempo. Nei cortili e anche per strada, con le porte disegnate su un muro o fatte con le cartelle di scuola, due sassi o due maglioni a segnare la distanza tra un palo e l’altro… Si imparava a giocare, ma anche a stare insieme, a fare squadra, a dribblare le avversità, si imparava a perdere, si imparava a rialzarsi dopo uno scivolone o un calcione in uno stinco… 
Oggi del calcio si racconta per lo più il lato peggiore: tifoserie violente, cori razzisti, scontri dentro e fuori dagli stadi, bilanci truccati, plusvalenze, penalizzazioni, milioni di euro che volano come fossero bruscolini e spesso nelle trattative tra le società sono come i soldi del Monopoli. Più carta che sostanza. Si parla di un calcio senza piùfrontiere e senza più bandiere. I Rivera, i Riva, i Mazzola che hanno giocato in pratica in una sola squadra non ci sono più. Neanche i Totti.  Oggi anche i big vanno a giocare in Arabia perché lì hanno i petrodollari e pagano dieci volte tanto…
“Eppure, ci sarebbe tanto altro – si legge nella nota della casa editrice che presenta il libro – se solo ci si concentrasse sui valori e si facesse a meno dell’insaziabile fame di profitto che sta macinando diritti e speranze. Basterebbe ricordare com’era calciare un pallone da bambine o bambini. Cominciare da lì e riappropriarsi di quella dimensione popolare che sfruttava l’occasione sportiva per parlare della società, alla società. Ripartire dal rito del gioco e dalle persone che vi prendono parte, in campo e in tribuna, per guadagnarne in solidarietà, rispetto, amicizia, vicinanza”. Di queste suggestioni parla Riccardo Cucchi  narrandole con l’occhio e la voce del grande giornalista sportivo ripoprtando in superficie il lato buono del calcio, quello che potrebbe davvero essere…  Domani, sabato 3 febbraio, Riccardo Cucchi sarà a Chiusi Scalo, a parlare del suo libro: Bar Il Bersagliere, ore 18,00. Introduzione a cura di Luca Scaramelli, intervista a Cucchi a cura di Gianluca Lorenzoni, uno che ha scritto abbastanza sul calcio e i calciatori prendedoli sempre da una angolazione diversa, rispetto al semplice terreno di gioco…
L’iniziativa è ghiotta per vari motivi: 1) perché arriva proprio dopo l’ennesimo episodio di calcio sbagliato e negativo che domenica scorsa ha coinvolto la squadra locale del Chiusi, a Cesa nel cuore della Valdichiana aretina: insulti razzisti ad un giocatore biancorosso, dal nome italianissimo (Baracchini), ma “di colore”, come Balotelli, per capirci., più – se non bastassero gli insulti – anche un gol viziato da atteggiamento antisportivo e, come conseguenza di entrambe le cose, rissa sugli spalti, partita sospesa dall’arbitro e tutti a casa a 5 minuti dal novantesimo;  2) perché il Bar Il Bersagliere è stato per anni il “quartier generale” della seconda squadra chiusina, quella degli “autarchici” della Asd Città di Chiusi che provò a fare come l’Athletic Bilbao, fondandosi porprio su valori antichi di socialità, appartenenza, forte radicamento sociale (venne a intervistarli anche il collega di Cucchi, Luca Cardinalini per la trasmisisone Dribbling di Rai 2); 3 perché quella squadra l’anno scorso si è di nuovo “fusa” con l’altra compagine chiusina, la più blasonata Polisportiva (due stagioni in serie D e 17 anni in Eccellenza), cercando un nuovo inizio, dopo la retrocessione di entrambe, proprio nei valori di un tempo, ma la scorsa stagione si è salvata alla fine e quest’anno è penultima e rischia la retrocessione diretta in Seconda categoria. Il che vuol dire che nel calcio di oggi i valori e la socialità possono non bastare e si rischiano capitomboli rovinosi, che possono mettere in discussione tutto, anche la sopravvivenza stessa del pallone.
Chiusi e il Chiusi come paradigma di un calcio che non è più quello di una volta, nemmeno in territori periferici che pure hanno avuto un passato se non glorioso, quantomeno più che dignitoso. Sarà interessante confrontare lo stato attuale del pallone in questo angolo di Toscana del sud con le “buone pratiche” di cui parla Riccardo Cucchi nel suo libro. Per vedere se c’è una via d’uscita in positivo. Lo dicono tutti che il calcio è una metafora della vita e quindi sarà molto utile parlare della società di oggi, partendo dal calcio. Cucchi lo sa fare da maestro.
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