CHIUSI SCALO, DA MECCA DEL COMMERCIO A DESERTO DEI TARTARI. SERVE FANTASIA PER INVERTIRE LA TENDENZA
CHIUSI SCALO – La chiusura della storica edicola di Via Leonardo da Vinci ha riacceso i riflettori sul drammatico e progressivo impoverimento del tessuto commerciale e potremmo dire del tessuto vitale a Chiusi Scalo. Un impoverimento che è cominciato da una decina d’anni, ma che negli ultimi due, dopo la pandemia, ha avuto un’accelerazione devastante. Senza scomodare gli anni 50-’60-70, quando Chiusi Scalo era l’unico paese del comprensorio che aveva caratteristiche di città ed era anche il punto di riferimento per gli acquisti, di un’area vasta che comprendeva anche i comuni di Cetona, Sarteano, San Casciano, Città della Pieve, Castiglione del Lago, Paciano, Panicale e Tavernelle, fino ai paesi dell’Amiata, quella senese e anche quella grossetana, basta andare indietro, da oggi a 10 anni fa per rendersi conto della differenza e della caduta verticale. Nel 2015, per dire, c’erano ancora 4 edicole; c’erano 12 bar e tutti (tranne quello della stazione e una pasticceria) stavano aperti anche dopo le 21,00.
Adesso di edicole ne è rimasta una (che è un negozio di giocattoli e chiude la domenica), i bar sono rimasti 7, ma dopo le 21,00 sono aperti solo due. Più, in estate, una gelateria, che però non fa servizio bar e un ristorante che fa servizio bar, ma non è un bar. Hanno chiuso locali storici come il Bar Italia in piazza Dante e il Dopolavoro Ferroviario, ma anche il Golosia e il Cin Cin. Il “triangolo” dello Scalo è rimasto praticamente sguarnito.
Intendiamoci, non è che a Chiusi Scalo non ci sia più niente. Nel “triangolo” (via Leonardo da Vinci, via Cassia Aurelia e via Buonarroti) e nelle immediate vicinanze (via Pasubio, via Isonzo, Piazza Dante, Piazza Matteotti, via Piave, via Mameli…) ci sono ancora aperte circa 80 attività commerciali e di servizi. Se appena ti sposti di 150 metri ne trovi altre 20 in via Mario Morgantini, via Fabio Filzi, via Carlo Pisacane…
Solo che 10 anni fa ce ne erano quasi il doppio. Ed è calata l’offerta. Di negozi di scarpe ne è rimasto uno. Alcune attività storiche, presenti per decenni, o hanno abbassato la saracinesca o sono emigrate altrove (la Sanitaria, Nigi, Mencaglia…). Non ci sono più negozi di elettrodomestici e materiali per la casa. Hanno chiuso quasi tutti i piccoli supermarket di quartiere (resiste solo il Co-Chi, che fu il primo ad aprire nel 1968 e adesso ha il marchio Carrefour); ha chiuso il Discount Hurrà. Hanno chiuso i battenti librerie, armerie e pure un negozio aperto dai cinesi, hanno chiuso negozi specifici (oggettistica per la casa, abbigliamento per bambini, stoffe e tendaggi, cura degli animali ecc.).
Resistono una decina di negozi di abbigliamento e lingerie, 8 tra pizzerie e ristoranti, un Kebab; 4-5 negozi di ottica e telefonia, 4 gioiellerie, diverse agenzie di assicurazioni, due di viaggi, tre di noleggio auto, uno store cinese, diversi negozi di barbiere e parrucchiere, un paio di fiorai, un magazzino ricambi per auto, un negozio di biciclette, due farmacie, due-tre mesticherie.
Sul fronte alimentare: tre punti vendita di frutta e verdura, una pescheria (che fa anche mensa), il citato Carrefour e due-tre negozi di vicinato, ma di fascia piuttosto alta, un bazaar pakistano, uno di prodotti romeni e balcanici, tre panifici (aperti però solo la mattina).
Certo l’offerta non è proprio minima, altri paesi stanno pure peggio. Ma Chiusi Scalo era un’altra storia. Solo 10 anni fa l’offerta era decisamente maggiore. A Chiusi Scalo si trovava di tutto. Adesso si trova molto meno e solo certe cose. Per altre, anche di largo consumo, devi andare altrove. A Po’ Bandino, per esempio, che non è lontano, è vero, ma non è Chiusi, è… Città della Pieve.
E quello che preoccupa di più è il trend a scendere. Sono più le attività che chiudono di quelle che aprono. Non solo: chiudono attività storiche e negozi grandi e aprono attività “minime” e chi prova l’intrapresa viene guardato come un marziano o come una persona temeraria. Ma non si capisce bene se lo sguardo è di ammirazione per il coraggio oppure di commiserazione. Come a dire: ma chi te lo fa fare?
Oggi a Chiusi scalo non c’è più un’edicola vera, non c’è una libreria, non c’ è un negozio di articoli musicali, non c’è più un negozio di elettromestici. Un tempo (anni ’60-70) c’era l’Emporio della Gomma, il negozio che vendeva solo cappelli e quello che vendeva solo camicie e cravatte, c’era il negozio che vendeva uccelli e pesci rossi da compagnia e quello in cui trovavi i dischi di Caterina Caselli e Janis Joplin, c’era il ricenditore di jeans Levi’s che non trovavi da nessun’altra parte o i chiodi per appendere qualsiasi quadro…
Oggi, la sera dopo le 21,00, è complicato anche andare a prendere un caffè. C’è gente che scende dal treno ed è come se scendesse nel deserto dei Tartari. Anche l’atmosfera generale è “buiccia”, con i lampioni di Piazza Dante che illuminano a malapena sé stessi.
Non è il caso di fare piagnistei, ma anche queste feste hanno segnato un gap impietoso tra la realtà di Chiusi Scalo, che era la mecca commerciale fino a 10-15 anni fa, e certi paesi dei dintorni che erano poca cosa e adesso fanno fatica a contenere le orde di turisti – vedi Montepulciano o Castiglione del Lago – mentre Chiusi Scalo stenta a far uscire di casa i suoi stessi abitanti…
Si può pensare di mettere una toppa a questo andazzo? Senza un prodotto trainante (il vino) o un “brand” di richiamo (il lago) non è semplice. Ci vuole inventiva. Ma il successo dei mercatini di Natale di Montepulciano e dell’albero in acqua di Castiglione del Lago ci dice che un’idea – anche piuttosto trash – applicata al contesto può diventare geniale e può portare a risultati che possono apparire inspiegabili.
Chiusi Scalo, per un secolo circa è stata la città più americana della Valdichiana e della Provincia di Siena (ma anche della vicina Umbria). E’ stata una realtà innovativa dove si potevano trovare cose che altrove non si trovavano, favorita anche dalle “connessioni”: la ferrovia prima, l’autostrada poi…
Chiusi Scalo deve riappropriarsi di un ruolo, di una funzione che non può essere solo quella del dormitorio… Serve fantasia. Inventiva. Serve uno sforzo collettivo della politica, dell’amministrazione, dei corpi sociali, della cultura per tirar fuori qualche idea e su quella lavorare e remare. Come hanno fatto e stanno facendo altri comuni. Qualche anno fa da queste colonne proponemmo di trasformare Chiusi Scalo in una “galleria d’arte a cielo aperto” facendo dipingere facciate e pareti con opere di street art… Adesso lo fanno tutti, non sarebbe più nemmeno una grande novità. Ma potrebbe comunque funzionare se le opere fossero di qualità (e possono essere di qualità).
Chiusi ha anche un centro storico ricco di storia e di tesori. E di tesori ne ha più di molti altri paesi che pure volano decisamente più in alto dal punto di vista turistico. Anche il centro storico va valorizzato di più e meglio di quanto è stato fatto fino ad ora, ma questo è un discorso diverso rispetto al rilancio di Chiusi Scalo. Si tratta di due realtà che possono essere complementari, ma nessuna delle due può vivere sperando sul trascinamento dell’altra.
m.l.
Serve una AMMINISTRAZIONE COMUNALE, da più di dieci anni il comune è gestito da persone che credono che amministrare sia sinonimo di manutenzione: strade , lampioni piccole opere pubbliche, ma per queste cose basta l’ufficio tecnico. Amministrare significa innanzitutto quali sono le risorse del proprio comune e capire come possono essere utilizzate e valorizzate, ma per questo servono capacità, voglia di aggiornarsi, viaggiare, vedere cosa succede da altre parti, merce rara per i nostri amministratori che pensano di risollevare Chiusi accodandosi a qualche baraccone di promozione turistica a livello provinciale o postando foto di inutili iniziative sui social.
Proprio nei giorni scorsi, a commento dell’ articolo sull’ edicola, scrivevo del mostruoso affollamento turistico di San Marino, con tutti, ma proprio tutti, negozi ed esercizi di vario genere aperti. Acclarato che la differenza di patrimonio artistico e culturale è abissale, emerge in ogni caso uma capacità di valorizzazione incredibile rispetto a quanto vediamo dalle nostre parti. Un po’ come se a suonare la chitarra ci si mette David Gilmour o mi ci metto io. Ma chiamare qualcuno di quelle parti, o di posto con simili caratteristiche, esperto in materia, per incaricarlo di un piano di rilancio, sarebbe una bestemmia? Io dico di no. Servono idee, e le idee vengono alle persone. Se sul territorio non emergono figure a cui vengono le idee, dobbiamo “importarle”.
Non è vero che la differenza di patrimonio culturale tra Chiusi e San Marino è abissale. Quella forse potrebbe essere a vantaggio di Chiusi. La differenza sta nel fatto che San Marino fa “Repubblica per conto suo” ed è pure vicina a Rimini, a Riccione, alla riviera romagnola che di turismo ne macina a milioni di presenze. Lì hanno creato un business sulla piadina, e intorno ala piadina hanno creato quello che chiamavano il “divertimentificio”. A Chiusi non è pensabile che si crei un divertimentificio, non ne ha le caratteristiche e non ne avrà mai la necessaria massa critica. Però Chiusi potrebbe tranquillamente inventarsi cose come quelle che si sono inventati Montepulciano, Castiglione del Lago, Orvieto o Città della Pieve…
Anche nei paesi citati non è tutto oro quello che luccica, in alcuni casi il trend è in calo, in altri c’è il problema inverso dell’overturism, con tutto ciò che ne consegue in termini di disagi e costi per i residenti, di “tenuta” del tessuto urbanistico non abituato a certe masse… La soluzione come spesso accade sta nel mezzo.
Ma ci vorrebbero “attori” che abbiano fantasia, curiosità, voglia, inventiva… a Chiusi da anni questa è merce scomparsa dagli scaffali. Ma se un dibattito come quello che sta avvenendo qui, si facesse in una sala, tutti intorno ad un tavolo, faccia a faccia, in pubblico, sarebbe un gran bel passo avanti.
Mi sembra decisamente ottimistico ipotizzare che il patrimonio artistico e culturale di Chiusi possa essere paragonabile o addirittura superiore a quello di San Marino, ma tale ipotesi sarebbe in ogni caso peggiorativa nei confronti della collettività che lo gestisce. Poi per quanto sia vicina a Rimini e Riccione, l’ impostazione turistica e commerciale non è molto somigliante, dato che San Marino non è certo un divertimentificio. Sì, ci sta che se in riviera fanno milioni di presenze, non pochi quando sono lì si fermano anche a San Marino, ad ogni modo si percepisce una cura del territorio e una capacità di valorizzazione a noi completamente sconosciute. Condivido pienamente comunque sulla necessità di portare un simile dibattito nelle sedi opportune, alla ricerca di soluzioni efficaci.
Voglio solo sottolineare che di negozi di scarpe, allo scalo ce ne sono TRE ed un negozio di Sanitaria è in Piazza Dante, il nostro
Solo per essere più
precisi sul tessuto
commerciale esistente a Chiusi Scalo
Infatti nell’articolo si legge che nel centro di Chiusi Scalo ci sono ancora più di 80 attività… che non non sono poche. Ma che 10-15 anni fa fossero il doppio è un fatto. E che il trend sia a scendere, anche. Tre negozi di scarpe, dici. Quali sarebbero?
Credo che occorra che si impari a ragionare mettendo in evidenza cose e riferimenti che riguardano in primo luogo la cultura civica ma anche politica dei cittadini.Se facessimo tale comparazione fra questo e la natura delle amministrazioni indipendentemente dal loro colore politico ne deriverebbe una equazione dove verrebbe evidenziato che ”tali cittadini abbiano prodotto tali amministrazioni”.In tale raffronto c’è forse qualcosa che non và ? C’è forse qualche elemento che possa eliminare la responsabilità politica dei cittadini quando danno il loro assenso ai partiti politici che vengono votati e che poi formano le giunte ? Non mi sembrerebbe.Ed allora ecco apparirte quello che viene definito ”il deserto dei Tartari ” dove chi entra non riesce e le sue ossa imbiancate giacciono nelle lande dove una volta c’era l’acqua che dava la vita ad ogni cosa e che oggi esiste un sole che le calcina in maniera impietosa. In una tale situazione non credo che la cosa si possa risolvere portando elementi consapevoli e capaci al capezzale di un paese perchè i suoi abitanti hanno dimostrato di essere incurabili con i fatti.E’ soprattutto una questione di cultura politica anchilosatasi nella struttura di potere di partiti che sono la sorgente solo di parole e che non rappresentano gli interessi di una collettività checchè ne possano dire loro stessi ed i loro uomini spesso prezzolati da opportunismi politici di pessimo contenuto morale-politico, ma più che morale-politico di certo esiste il contenuto dell’inconsistenza dell’azione politica. In questa fase assistiamo anche ad un ulteriore sprofondamento della situazione con la presenza dei soliti volatili necrofili e saprofiti che da quando mondo è mondo approfittano delle varie situazioni per strutturarsi in maniera stabile nei territori per poter trarne dei vantaggi nel futuro cibandosi delle carogne di altri animali morti…..e mettere le mano in ampie porzioni di territori dove il pubblico ridotto al lumicino è talmente sguarnito di uomini, mezzi, istituzioni, per invertire tale processo ,riconoscerlo come tale e di conseguenza dell’impotenza a saperlo impedire.Ma in questo caso la cosa che più si nota è quella che non esistono nè volontà nè conoscenze delle procedure per opporsi a tale decadenza e non è chiaramente qualche Deus ex-machina che venga dal di fuori per poter studiare ed applicare strategie che possano fare meno impervia la risalita.Qui si tratta appunto di cultura politica e di volontà di non vedere dove si soggiaccia a tale processi,fatti ed organizzati da uomini in carne ed ossa,esclusivamente per le loro tasche che anche se non nel presente di certo nel futuro che si predispongano ad ingrassare. E’ sviluppo sbandierato davanti agli occhi per i soliti noti ed i soliti andazzi questo, oppure è il suo contrario ? Ed allora se mi si viene a dire che il partito guida rappresenti ideali e fatti di natura di sinistra rispondo che è parecchio che non rido.Ci sono aspetti dell’etologia che riguardano le tartarughe che venivano applicati per sollecitare la velocità di tali rettili durante il loro cammino: si applicava un fil di ferro sulla corazza della tartaruga rivolto in avanti e ripiegato davanti alla sua testa e nel fil di ferro ci infilavano una foglia di insalata che la tartaruga si trovava discendente davanti agli occhi ma si stava attenti al fatto che non la potesse mordere e quindi la tartaruga camminava più alla svelta possibile avendo i riflessi di poter prendere l’insalata che evidentemente non raggiungeva mai. Ecco, mi sembra di essere in un luogo dove esistono tate tartarughe che credono di poter escogitare possibilità di cibarsi a bizzeffe con etruschi,strutture, cibo, ambiente, culture autoctone e chi più ne ha più ne metta…delle quali se ne parla da anni ed anni ma nella realtà vengono inseguiti sogni che non si realizzerano mai mentre il tempo passa inesorabile, le generazioni cambiano, i giovani se ne vanno,rimangono gli anziani e le ossa si calcinano nel terreno.Il deserto di Atacama è più popolato.
Me ne sono andato via da Chiusi nel 1976 e dal 1980 vivo a Firenze. Seguo però sempre con affetto le vicende chiusine e vorrei proporre un punto di vista esterno. La Chiusi vivace e punto di riferimento del circondario me la ricordo bene. Da tempo Primapagina constata e denuncia il progressivo decadimento della Città, fino a prefigurare una vera e propria desertificazione. Non ho dati storici relativi al PIL (prodotto interno lordo) della sola città di Chiusi, ma sono convinto che sia in progressiva decrescita. E se diminuisce la ricchezza complessiva disponibile, diminuiscono ovviamente anche i soldi spesi nei negozi (anche se sul commercio hanno sicuramente inciso fattori specifici come centri commerciali ed e-commerce). Se diminuisce la ricchezza, diminuisce anche la forza di attrazione e quindi anche la popolazione. Che, se non erro, è in costante diminuzione. Quindi il punto è ricreare occasioni per produrre reddito. E’ da tempo finita la fase della piccola industrializzazione, dei cantieri autostradali, della centralità delle Ferrovie ed anche del Monte dei Paschi. Le Terme di Chianciano sono solo un ricordo. Chiusi non ha saputo riconvertirsi o cogliere le opportunità di nuove iniziative economiche, incentrate sul terziario e sul terziario avanzato. Sul turismo non so quanto possa puntare. Gli Etruschi non hanno tirato mai molto. Dal punto di vista architettonico e artistico può offrire qualcosa Chiusi Città, ma lo Scalo (dove sono nato) è decisamente “bruttino” (gli abitanti non me ne vogliano). Occorre allora pensare ad altre strade. Ho interrogato ChatGPT e, tra le altre cose, suggerisce di creare “una forte identità del marchio Chiusi”. Ecco il punto: Chiusi non ha una forte identità riconoscibile. Se non può puntare sul turismo, perché non riconnettersi a quel suo recente passato di piccola impresa e commercio? Ci sono due imprese di successo che mi vengono in mente, come la Emma Villas e la Ready Tec: sicuri che non sia possibile coinvolgerle per stimolare piccole imprese satelliti fornitrici di servizi? Da tempo Primapagina propone la realizzazione di un piano fotovoltaico. Ci sono città (come Peccioli) che hanno hanno arricchito i residenti con lo smaltimento dei rifiuti: non sarebbe ipotizzabile un piano per lo studio e la realizzazione di fonti energetiche alternative? Magari anche in collaborazione con le Università toscane? Ci sono paesi che agevolano l’offerta di immobili a prezzi calmierati per attrarre smart – worker che possono ormai lavorare anche a distanza di migliaia di chilomentri. Sono solo alcuni esempi. Non vado oltre perché ho già occupato troppo spazio. E’ certo che il centro propulsore dovrebbe essere l’Amministrazione Comunale, ma se questa non riesce ad assolvere a questo compito, perché non ci provano le forze migliori e più vive della città, magari cercando di fare sistema tra di loro?
In risposta a Giangiacomo Rossi e a Raffaello Battilana: a proposito del “dibattito su questi temi”, in passato c’era: in passato non solo la politica (cioè i partiti e le amministrazioni) dibatteva e in qualche caso proponeva, lo facevano anche i sindacati, le associazioni di categoria degli industriali, degli artigiani, dei commercianti. Ricordo, anche per averci lavorato una decina d’anni, una serie di iniziative e proposte della Cna, per esempio, negli anni ’80. Da quanto tempo a Chiusi (ma non solo a Chiiusi, questo va detto) non esce un’idea, una proposta, una richiesta da parte della Cna o della Confcommercio? Neanche sul tema cruciale della salvaguardia della stazione è uscita mezza parola… La decadenza, il declino, la desertificazione passano anche da questi silenzi. Ma anche questo è un tema che su queste colonne abbiamo già sollevato. Senza ottenere risposte peraltro. Purtroppo non c’è una debolezza dell’amministrazione e della politica e una ricchezza o dinamicità del tessuto produttivo e imprenditoriale che non trova riscontri, a Chiusi da tempo anche i “corpi sociali” sono assenti o distratti o disinteressanti e non propongono niente di niente che possa valere per tutti, per la crescita della città. La somma di più debolezze non fa una forza… E il guaio è che, oltretutto, quel poco che c’è viene sistematicamente “picconato” e smantellato: è successo con il Monte dei Paschi e anche con la Bcc. E’ successo con le scuole che hanno progressivamente perso appeal e iscritti senza che nessuno battesse ciglio. Sta succedendo con la stazione ferroviaria che è la risorsa principale di Chiusi. Anche il Museo (che è nazionale e non civico ed è l’unico con questo “status” nel territorio) viene non solo ignorato, ma addirittura penalizzato da chi ne ha la gestione, cioè il Ministero dei Beni Culturali, vedi la chiusura delle Tombe dal 2020… Poi succede anche che Chiusi si inventa un festival rock di rilevanza internazionale, che giochi il campionato di basket di A2, che abbia una “produzione culturale autoctona” non proprio irrisoria e pure aziende leader a livello nazionale in vari settori. Ma non riesce a fare sistema. E non ci riesce perché nemmeno ci prova.
Sì, quando qui ricordato è corretto. Preciso giusto che per quanto riguarda le banche, la collettività di Chiusi avrebbe potuto fare ben poco, in quanto si è trattato di processi troppo grandi, originati da lontano e impossibili da controllare su scala locale, sia il fallimento (perchè senza indorare la pillola di quello si tratta) del Monte, che le varie fusioni della Bcc, divenuta troppo piccola per sopravvivere nel contesto attuale. Il vero guaio sta proprio nell’ incapacità di fare sistema, dovuta alla scarsità di motivazioni da parte delle forze in gioco, come se a nessuno fregasse nulla del progressivo declino del paese, e nessuno si rendesse conto che piano piano (anzi, veloce, non piano, visto il dimezzamento dei negozi in meno di 10 anni…) si sta consumando il ramo su cui siamo seduti. E anche, come dice Carlo, l’incapacità della collettività di rendersi conto che il mondo e la società sono cambiati, ed è impensabile al giorno d’ oggi poter continuare a rifugiarsi beatamente nel “quieto vivere”, quello che ci fa pensare “meglio non farli venire i turisti, perchè danno fastidio”, “meglio non organizzare eventi, comcerti, ecc., perchè c’è da sbattersi e perchè creano confusione”, ecc. . Piaccia o non piaccia, il periodo in cui tutti venivano a Chiusi è finito, e se ciò a suo tempo effettivamente avveniva, non era per magia, ma perchè Chiusi offriva una serie di servizi e opportunità in più. Che oggi non offre più, pertanto, per tornare agli “antichi fasti”, occorre necessariamente creare, a partire da ciò che abbiamo, le motivazioni affinchè la gente, sia del posto che delle zone limitrofe, torni a riempire strade, piazze, bar e negozi. Si è sottolineato che mancano idee, fantasia e creatività, e persone che posseggano simili doti : ma non solo, anche qualora vengano delle idee, poi per metterle in pratica bisogna sbattersi, applicarsi e farsi il mazzo, mentre qui, l’ aria che si percepisce è che ci si limiti a fare il minimo sindacale per la propria attività, e guai al mondo se tocca tenere aperto un’ ora in più, non parliamo un giorno in più. E’ evidente che con questa mentalità non si va da nessuna parte. E infatti, come ricordato spesso su queste colonne, NON E’ NORMALE che in un paese come Chiusi non ci sia un pub, non ci sia un negozio di elettrodomestici, non ci sia un’ edicola, che la massima squadra di calcio militi in prima categoria col serio rischio di scivolare in seconda, che il museo funzioni a singhiozzo e le tombe siano chiuse, ecc ecc.
A complicare maledettamente il quadro, coesiste un fenomeno di livello nazionale, anzi, sovranazionale, che consiste nel progressivo e rapido invecchiamento della popolazione. Carlo nel suo precedente intervento ha detto che i giovani se ne vanno, io direi “quei pochi giovani se ne vanno”, perchè veniamo da decenni di denatalità allarmante : nel 1980 nasceva un milione di bambini l’ anno in Italia, oggi meno di 400.000, pertanto oggi ci sono milioni e milioni di bambini, ragazzi e giovani adulti in meno. Stiamo diventando un paese (e una nazione) di vecchi, con sempre meno capitale umano vitale e produttivo : certo che calano i negozi, i vecchi mica comprano vestiti, scarpe, elettrodomestici, ecc., comprano giusto le medicine, e infatti le farmacie non calano, anzi, a Magione ne hanno aperta una nuova enorme e va alla grande. Mi rendo conto di essere finito parzialmente fuori tema, ma se non viene invertito questo trend di rapido invecchiamento della popolazione, qualunque iniziativa venga presa per rivitalizzare le sorti del paese, nel lungo periodo verranno comunque a mancare le energie per sostenerla.
Verissimo Marco: ”la somma di più debolezze non fà una forza” ! Bisogna credo saper inserire la RAGIONE di questo stato di cose all’interno di un processo distruttivo della trama democratica della società, in primis partendo dall’economia ma parimenti anche partendo dalla cognizione politica dei processi e dalla loro collocazione all’interno di programmi di possibile sviluppo.Stiamo parlando quindi DI PERSONE e non di apparati industriali, di PERSONE e della loro cultura e della loro propensione ad indirizzare processi.Ma se non si ha cultura politica in primo luogo e conoscenza ad indirizzare questi processi vuol dire che le persone non sono all’altezza dei loro compiti.Attenzione che si stà parlando sempre di CULTURA però.E’ quella la base di tutto, è quella che fà la differenza fra il subire i processi oppure quella di programmare ed indirizzare i processi.E per quanto riguarda tutto questo non mi sembre nè che possano essere sufficienti ed all’altezza delle situazioni coloro che ha nominato Raffaele Battilana ipotizzati come ”agenti esterni” alla politica nè i processi che hai nominato tu Marco riferendoti ai cosiddetti ed inseguiti per qualche anno ”Tavoli della Cultura” che avrebbero messo insieme indirizzi, conoscenze culturali diverse che il paese in fondo non possiede soprattutto come ”visione collettiva”.A proposito di questi ultimi credo che sarebbe come cercare un ago in un pagliaio, sia come professionalità a disposizione,sia come esperienza e visione del futuro.La rena che è a disposizione serve solo a costruire castelli di sabbia che il mare del tempo e l’economia stessa se li mangiano a colazione.E una parte- non tutte beninteso – di tali ragioni sono contenute nella ”natura dell’arnese produttivo” che si chiama capitalismo per le cui ragioni oggi si deve produrre più di ieri e meno di domani pena l’essere superati e fatti fuori. E questa è una illusione che ha caratterizzato anni ed anni di false speranze, di tentativi di rialzare le sorti contando in cespiti e materie culturali che Chiusi non ha mai fornito nella sua storia politica dal dopoguerra ad oggi.La battuta, che battuta è, ma poi poi mica tanto alla fine quando qualcuno dice: ”Chiusi di nome e di fatto” sembra apparire una definizione che abbia in dispregio la nostra cittadina ma non credo sia così come qualcuno pensi perchè viviamo in un mondo dove i raffronti servono e servono paragoando ciò che era delle cittadine circonvicine e Chiusi una volta e riportare la situazione alla realtà odierna,capire i perchè, capire che chi ha pesato nello sviluppo o nel sottosviluppo siano state le persone e non tanto i singoli partiti politici (vedi per esempio Città della Pieve, Cetona ed altri) che sono poi i piccoli centri più vicini a noi.E questo l’ho detto più volte, anche in maniera forse un po’ denigratoria, ma uno degli elementi che politicamente e socialmente ha pesato in tale processo di affossamento è stata anche la ” forma mentis” storica che veniva da lontano di un partito egemone che ha raccolto nelle sue fila l’espressione e la cultura di una civiltà contadina che è stata per almeno 100-150 anni prona e sottomessa alla cultua fondiaria dei padron terrieri ed alla vita che migliaia e migliaia di persone di estrazione contadina hanno servito da supporto al mantenimento di un confronto politico interno sottoculturalmente pronunciato ed evidente.Le altre zone della stessa Toscana ad economia industriale o commerciale come per esempio Arezzo e/o Perugia hanno reagito nel tempo in maniera del tutto diversa ed hanno dimostrato un diverso e più ampio respiro e si sono collocate ben diversamente rispetto alle problematiche che sono state affrontate e questo è successo perchè una grande parte dei militanti dei partiti non erano nonostante le militanze dentro la sinistra di estrazione contadina ma di estrazione operaia e di estrazione artigiana e questo conta e pesa moltissimo sui mod e sulle visioni di come affrontare iproblemi all’interno della politica.Qui da noi c’è quella mentalità chiusa e retrogada che estremizzando i termini delle questioni fà ancor oggi dire a molti abitanti di Chiusi alla vista dei pochi turisti :”…ma chi ti ci porta a rompere i santissimi zibidei…” E’ la spinta nascosta dove si formano le istanze a chiudersi e ad arroccarsi pensando di mantenere intatto e non scalfito il proprio sistema di potere”nel tempo, il poter fruire sempre di uno splendido isolamento che faccia mantenere ancora la vivibilità della vita densa e produttiva come era una volta,lontana dai flussi esterni,che quando esistonoe si proflano all’orizzonte vengono vissuti da una buona parte della popolazione con ostracismo, con il rifiuto del diverso e non solo ma mostrando tutta quella acredine che si reprime a fatica dentro. Ma qui di tempo-come vediamo- purtroppo ne resta poco, anzi per niente e allora non mi si dica altro : tutto questo è un fatto prettamente di cultura politica ! Da quella parte tutto perchè si tratta di educazione a pensare.
Quello dell’invechiamento della popolazione e del calo demografico è un altro problema e bello grosso: Chiusi è ormai un paese per lo più di pensionati. E per fortuna di pensionati non al minimo: ex ferrovieri, ex bancari, ex insegnanti. Ma gli anziani hanno meno motivazioni, tendono più dei giovani a stare in casa, a coltivare il proprio orticello (se ne hanno uno, anche in senso metaforico). In generale tendono anche a spendere meno dei giovani. Solo che a Chiusi sono gli unici ad avere un po’ di soldi a disposizione. I giovani sono sempre più precari, molti sono costretti a lavorare fuori, i posti che un tempo garantivano redditi sicuri e abbastanza alti o comunque dignitosi (banca, ferrovie, scuole, ma anche le imprese artigiane) sono drasticamnnete diminuiti, in proporzione anche più delle attività commerciali. Quindi quello che serve – ma lo abbiamo scritto tante volte – è prima di tutto un’idea di futuro e di paese che tenga conto di queste mutate condizioni, sulla quale basare poi una programmazione di iniziative, eventi, incentivi pubblici, affinché si ricrei un po’ di movimento. Ma serviranno anche politiche abitative adeguate, posti di lavoro, perché senza quelli non si va da nessua parte, serve difendere con le unghie le risorse disponibili, prime fra tutte la stazione intesa come hub territoriale e la “centralità-accessiblità” della città. Noi, da queste colonne, negli annmi qualche proposta l’abbiamo fatta: il parco fotovoltaico nell’area industriale, il “treno per Nottola” trasformando la Chiusi-Siena in una sorta di metropolitana di superficie nel tratto Sinalunga-Montepulciano-Chiusi, utile anche a scopi turistici e scolastici; la galleria d’arte a cielo aperto con la Street-Art di qualità; la creazione di strutture ricettive a basso costo in alcuni contenitori dismessi (vedi l’ex dormitorio Fs); soluzioni di co-housing a favore di giovani coppie e anziani soli per favorire la socialità e dare una mano a chi fa fatica; riapertura delle tombe etrusche, ma anche promuovere altri aspetti storico culturali di cui Chiusi è ricca, anche di più rispetto alle testimionianze etrusche (catacombe e cattedrae per il turismo religioso; i longobardi, il ‘500 su cui abbiamo allestito pure uno spettacolo teatrale…). Abbiamo proposto più volte gli Stati generali della Cultura, per ragionare sui giacimenti e sulla produzione culturale locale, ma anche sull’uso e la fruizione degli spazi e delle strutture; abbiamo proposto tante volte politiche di area per fare sinergia e non mettersi in concorrenza con i paesi limitrofi… Abbiamo anche proposto l’esposizione temporanea dei bronzi di San Casciano nel museo di Chiusi, prima che trovino posto nel museo ad hoc che verrà realizzato; abbiamo spinto, senza successo, per la realizzazione di una sala polivalente a Chiusi Scalo che al momento non esiste ed è una carenza grave. Siamo sempre dell’idea che bisognerebbe aprirlo un confronto ampio e sincero su queste e altre proposte. Un confronto con l’ente pubbico, i partiti, i sindacati, le associazioni di categoria, quelle culturali, sportive, volontaristiche. Se si pensa di risolvere i problemi con la casina di Babbo Natale stiamo freschi… P.S. Chiusi un modello positivo cui ispirarsi ce l’ha in casa: è il Lars Rock Fest. Se le cose sono fatte bene funzionano, fanno audience e portano pure gente. POssibile che debba rimanere un fatto isolato e sostanzialmente episodico ed eccezionale?
Io più che di stati generali della cultura, parlerei di stati generali della cittadinanza in senso lato, ovvero, come è pure stato ipotizzato su queste colonne, dei tavoli di confronto ai quali siano presenti TUTTI. Dalla politica, all’ associazionismo di vario tipo, passando per le varie associazioni di categoria e lo sport. Però deve essere tassativo superare i confini dei propri orticelli e interessi vari di bottega, perché se io mi metto a pensare “questa idea può essere valida ma quello che la propone è di destra, o sinistra, allora la boccio”, oppure “io al tavolo con quelli là non ci voglio stare”, non si va da nessuna parte. Perché di cose che funzionano ne sono state fatte, quindi non è impossibile crearne di nuove.
Guarda se non sia io stesso che per visione politica complessiva non vorrei i cosiddetti ”Tavoli della Cultura”, ma per favore non mi far fare i nomi che è anche cosa disdicevole, ma pensi davvero che con ” la farina presente si possa fare il pane” ? La risposta a tale quesito nella realtà è quella che si ha guardando la già parecchio incancrenita situazione, il consumo non redditizio di denaro pubblico e quindi il suo sperpero , l’insistere su modelli obsoleti di ricreatività e di rappresentazione della cultura che ormai hanno fatto il loro tempo, tranne pochissime iniziative che si contano sulle dita di una sola mano e che sono apprezzabili. E se non si capisce questo che a fare certi discorsi siamo fuori strada e che da tali discorsi non possa venir fuori un coinvolgimento di qualità rivolto alla popolazione ancora insisteremmo alla ricerca dell’introvabile al punto che di certo possa essere forse migliore ed auspicabile ciò che dice Battilana riguardo al coinvolgimento di agenti esterni. Come viene ritenuto idoneo da qualsiasi indagine che si basi sul realismo del tener presente le mere cifre della quantità di popolazione presente,vediamo che i voli pindarici sono figli dell’irrealizzabile e sono anche figli evocati da un sistema cultural-politico asfittico che faccia sentire alle persone che vi sarebbero immense potenzialità, ma che purtroppo esista per una-guarda caso-
”sfortunata” combinazione di fattori una condizione che non faccia mai esprimere dette potenzialità. E mentre le risorse economiche-anche limitate e limitatissime- si disperdono in mille rivoli improduttivi per la cultura al fine di potersi assicurare i consensi politici (vedi finanziamenti ad associazionismi improduttivi sostanzialmente che sarebbe ora di poter cambiare di sana pianta e non eliminarli ma invertire certe forme di coinvolgimento che non hanno nulla a che vedere con la cultura,- non sò se ci siamo spiegati ?- ) la cultura-quella vera- langue e non si espleta in maniera garantita dal settore pubblico ma si pensa di sostituirla con soggetti privati che possano investire in rami redditizi (per loro come avviene per altre strutture nel territorio che ”cape fresche” abbiano programmato di mettere in piedi ) anche in settori come quello dello sport per esempio. Sai cosa ci vorrebbe per ritirare in sù le sorti di un paese di 8000 anime ridotto in questo stato ? Per assurdo forse nemmeno la scoperta del Tesoro di Porsenna perchè si troverebbe chi progetti iniziative che ne potessero derivare affinchè anche in tal campo nel tempo si degradi quello che sarebbe il polo attrattivo valorialmente che ne potesse derivare da tale incredibile e fantasiosa scoperta…
Ho fatto un esempio fantasioso ma legato alla realtà pregressa degli esperimenti fatti a Chiusi per i tentativi di valorizzazione culturale avutisi nel tempo e che oggi per situazione economica in cui versiamo vediamo che le possibilità sperate siano ancora minori di quelle avutesi nel tempo trascorso.Tocca arrendersi allora? Spererei che l’arrendersi sia l’ultima cosa da fare ma di sicuro i paletti che nella realtà esistono e che hanno fatto si che lo sviluppo di Chiusi si sia bloccato e che tutta l’economia langua al punto di non vederne la fine sia una realtà.Ma se vogliamo avere una flebile speranza di poter spiccare ancora un volo che ci porti fuori da questa ” Palude Stigia” credo che in primis la cittadinanza possa dare un segnale molto netto che non accetti le teste che ci hanno governato fin’ora e le ragioni di tale segnale sono ancora più autentiche oggi se si pensa a come si sono mossi i partiti egemoni con i loro sindaci dei territori circonvicini soprattutto sulla questione di Acea ed ultimamente anche su quella della Ferrovia e della Stazione. Ed appunto guardando a questi due ultime battaglie che i comitati hanno indetto si comprenda che in un epoca come questa dove tutto si restringe e si uniforma tendenzialmente ad ordini impartiti dall’alto sia talmente deleterio al punto che quando si intraveda la ”rovina da isolamento” si possa all’ultmo uscire fuori con considerazioni che rispecchiano le visioni che hanno avuto i comitati,tranne il fatto della condizione precedente sull’atteggiamento che la stessa politica ha avuto sul tema.Vengono ripresi sempre per i capelli,all’ultimo tuffo dall’ultimo scalino.Ed è anche per questo che non sono credibili.Ed allora diventa difficile viverli come amici devoti al benessere locale ed allo sviluppo ma non tanto per malcelata volontà persecutoria ma perchè totalmente impreparati a ragionare politicamente in maniera netta e chiara e quando nelle loro contraddizioni si trovano a mal partito mettono in atto la manfrina che ognuno siano contro l’altro e che la guerra dei mondi possa determinare i risultati.E’ questo uno dei meccanismi per i quali si disorientano i cittadini ed i simpatizzanti e gli si fà intendere che se non si faccia come dicono loro saremmo condannati alla recessione da immobilismo,come se il timone della barca lo avessero tenuto altri da decadi a questa parte.Il guaio è che anche tali ”altri” oggi siano come loro ed è per questo che è difficile uscire dal labirinto quando la cometa che pretende di indicare la via l’abbiano messa in cielo proprio loro. Ecco perchè a livello locale ma soprattutto a livello nazionale non mi sono mai stancato di ripetere quella famosa frase di Karl Marx che disse 150 anni or sono : ” Solo una rivoluzione, in ultima istanza, è capace di spezzare questo sistema”.E guarda caso che oggi i primi a non auspicarla siano proprio loro e che proprio loro siano diventati i più proni al fatto di non cambiare musica.Chiediamoci il perchè,perchè se ce lo domandassimo vedremmo che la loro nuova veste economica e sociale e quindi anche politica rispecchi in pieno e difenda le loro aspettative.Quelle che una volta giustamente denigravano….e se lo chiedi a qualcuno di loro o che voti per loro ti rispondono pavidamente che ” solo gli imbecilli non cambino”.Capito a quale punto sia arrivata la fottitura del sistema ? E gli artefici di questo sono dovunque,consapevoli ed inconsapevoli insieme a chi tale status lo subisce soprattutto inconsapevolmente,perchè vi sono anche questi ultimi che non si danno spiegazioni delle ragioni per le quali succeda tutto questo e non parlare loro di ” sistema ” perchè s’incazzano e ti mandano a quel paese. Espressione ed azione tipica del qualunquismo sciocco e della sottocultura politica ed anche umana. Ma a proposito di questo e della rinuncia a lottare rimane intatto il detto: ”Chi lotta può perdere ma chi non lotta ha già perso”.