CHIUSI SCALO, DA MECCA DEL COMMERCIO A DESERTO DEI TARTARI. SERVE FANTASIA PER INVERTIRE LA TENDENZA

mercoledì 03rd, gennaio 2024 / 18:26
CHIUSI SCALO, DA MECCA DEL COMMERCIO A DESERTO DEI TARTARI. SERVE FANTASIA PER INVERTIRE LA TENDENZA
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CHIUSI SCALO – La chiusura della storica edicola di Via Leonardo da Vinci ha riacceso i riflettori sul drammatico e progressivo impoverimento del tessuto commerciale e potremmo dire del tessuto vitale a Chiusi Scalo. Un impoverimento che è cominciato da una decina d’anni, ma che negli ultimi due, dopo la pandemia, ha avuto un’accelerazione devastante. Senza scomodare gli anni 50-’60-70, quando Chiusi Scalo era l’unico paese del comprensorio che aveva caratteristiche di città ed era anche il punto di riferimento per gli acquisti, di un’area vasta che comprendeva anche i comuni di Cetona, Sarteano, San Casciano, Città della Pieve, Castiglione del Lago, Paciano, Panicale e Tavernelle, fino ai paesi dell’Amiata, quella senese e anche quella grossetana, basta andare indietro, da oggi a 10 anni fa per rendersi conto della differenza e della caduta verticale. Nel 2015, per dire, c’erano ancora 4 edicole; c’erano 12 bar e tutti (tranne quello della stazione e una pasticceria) stavano aperti anche dopo le 21,00.

Adesso di edicole ne è rimasta una (che è un negozio di giocattoli e chiude la domenica), i bar sono rimasti 7, ma dopo le 21,00 sono aperti solo due. Più, in estate, una gelateria, che però non fa servizio bar e un ristorante che fa servizio bar, ma non è un bar. Hanno chiuso locali storici come il Bar Italia in piazza Dante e il Dopolavoro Ferroviario, ma anche il Golosia e il Cin Cin. Il “triangolo” dello Scalo è rimasto praticamente sguarnito.

Intendiamoci, non è che a Chiusi Scalo non ci sia più niente. Nel “triangolo” (via Leonardo da Vinci, via Cassia Aurelia e via Buonarroti) e nelle immediate vicinanze (via Pasubio, via Isonzo, Piazza Dante, Piazza Matteotti, via Piave, via Mameli…) ci sono ancora aperte circa 80 attività commerciali e di servizi. Se appena ti sposti di 150 metri ne trovi altre 20 in via Mario Morgantini, via Fabio Filzi, via Carlo Pisacane…

Solo che 10 anni fa ce ne erano quasi il doppio. Ed è calata l’offerta. Di negozi di scarpe ne è rimasto uno. Alcune attività storiche, presenti per decenni, o hanno abbassato la saracinesca o sono emigrate altrove (la Sanitaria, Nigi, Mencaglia…). Non ci sono più negozi di elettrodomestici e materiali per la casa. Hanno chiuso quasi tutti i piccoli supermarket di quartiere (resiste solo il Co-Chi, che fu il primo ad aprire nel 1968 e adesso ha il marchio Carrefour); ha chiuso il Discount Hurrà. Hanno chiuso i battenti librerie, armerie e pure un negozio aperto dai cinesi, hanno chiuso negozi specifici (oggettistica per la casa, abbigliamento per bambini, stoffe e tendaggi, cura degli animali ecc.).

Resistono una decina di negozi di abbigliamento e lingerie, 8 tra pizzerie e ristoranti, un Kebab; 4-5  negozi di ottica e telefonia, 4 gioiellerie, diverse agenzie di assicurazioni, due di viaggi, tre di noleggio auto, uno store cinese, diversi negozi di barbiere e parrucchiere, un paio di fiorai, un magazzino ricambi per auto, un negozio di biciclette, due farmacie, due-tre mesticherie.

Sul fronte alimentare: tre punti vendita di frutta e verdura, una pescheria (che fa anche mensa), il citato Carrefour e due-tre negozi di vicinato, ma di fascia piuttosto alta, un bazaar pakistano, uno di prodotti romeni e balcanici, tre panifici (aperti però solo la mattina).

Certo l’offerta non è proprio minima, altri paesi stanno pure peggio. Ma Chiusi Scalo era un’altra storia. Solo 10 anni fa l’offerta era decisamente maggiore. A Chiusi Scalo si trovava di tutto. Adesso si trova molto meno e solo certe cose. Per altre, anche di largo consumo, devi andare altrove. A Po’ Bandino, per esempio, che non è lontano, è vero, ma non è Chiusi, è… Città della Pieve.

E quello che preoccupa di più è il trend a scendere. Sono più le attività che chiudono di quelle che aprono. Non solo: chiudono attività storiche e negozi grandi e aprono attività “minime” e chi prova l’intrapresa viene guardato come un marziano o come una persona temeraria. Ma non si capisce bene se lo sguardo è di ammirazione per il coraggio oppure di commiserazione. Come a dire: ma chi te lo fa fare?

Oggi a Chiusi scalo non c’è più un’edicola vera, non c’è una libreria, non c’ è un negozio di articoli musicali, non c’è più un negozio di elettromestici. Un tempo (anni ’60-70) c’era l’Emporio della Gomma, il negozio che vendeva solo cappelli e quello che vendeva solo camicie e cravatte, c’era il negozio che vendeva uccelli e pesci rossi da compagnia e quello in cui trovavi i dischi di Caterina Caselli e Janis Joplin, c’era il ricenditore di jeans Levi’s che non trovavi da nessun’altra parte o i chiodi per appendere qualsiasi quadro…

Oggi, la sera dopo le 21,00, è complicato anche andare a prendere un caffè. C’è gente che scende dal treno ed è come se scendesse nel deserto dei Tartari. Anche l’atmosfera generale è “buiccia”, con i lampioni di Piazza Dante che illuminano a malapena sé stessi.

Non è il caso di fare piagnistei, ma anche queste feste hanno segnato un gap impietoso tra la realtà di Chiusi Scalo, che era la mecca commerciale fino a 10-15 anni fa, e certi paesi dei dintorni che erano poca cosa e adesso fanno fatica a contenere le orde di turisti – vedi Montepulciano o Castiglione del Lago – mentre Chiusi Scalo stenta a far uscire di casa i suoi stessi abitanti…

Si può pensare di mettere una toppa a questo andazzo? Senza un prodotto trainante (il vino) o un “brand” di richiamo (il lago) non è semplice. Ci vuole inventiva. Ma il successo dei mercatini di Natale di Montepulciano e dell’albero in acqua di Castiglione del Lago ci dice che un’idea – anche piuttosto trash – applicata al contesto può diventare geniale e può portare a risultati che possono apparire inspiegabili.

Chiusi Scalo, per un secolo circa è stata la città più americana della Valdichiana e della Provincia di Siena (ma anche della vicina Umbria). E’ stata una realtà innovativa dove si potevano trovare cose che altrove non si trovavano, favorita anche dalle “connessioni”: la ferrovia prima, l’autostrada poi…

Chiusi Scalo deve riappropriarsi di un ruolo, di una funzione che non può essere solo quella del dormitorio… Serve fantasia. Inventiva. Serve uno sforzo collettivo della politica, dell’amministrazione, dei corpi sociali, della cultura per tirar fuori qualche idea e su quella lavorare e remare.  Come hanno fatto e stanno facendo altri comuni. Qualche anno fa da queste colonne proponemmo di trasformare Chiusi Scalo in una “galleria d’arte a cielo aperto” facendo dipingere facciate e pareti con opere di street art… Adesso lo fanno tutti, non sarebbe più nemmeno una grande novità. Ma potrebbe comunque funzionare se le opere fossero di qualità (e possono essere di qualità).

Chiusi ha anche un centro storico ricco di storia e di tesori. E di tesori ne ha più di molti altri paesi che pure volano decisamente più in alto dal punto di vista turistico. Anche il centro storico va valorizzato di più e meglio di quanto è stato fatto fino ad ora, ma questo è un discorso diverso rispetto al rilancio di Chiusi Scalo. Si tratta di due realtà che possono essere complementari, ma nessuna delle due può vivere sperando sul trascinamento dell’altra.

m.l.

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