CHIUSI – Da un paio di settimane nel centro storico di Chiusi campeggiano qua e là delle grandi fotografie, in cui si vedono persone, uomini e donne, di pelle bianca e di pelle più scura che “giocano” con armi da guerra. Molte, moltissime armi da guerra: pistole, fucili mitragliatori, Ak47, mitragliette, perfino bazooka. E’ una mostra fotografica diffusa. La quarta allestina da un anno a questa parte dal Fotoclub I Flashati di Chiusi, con il patrocinio del Comune. Le altre tre riguardavano una la vita dei miliziani del battaglione Azov nel bunker di Azovstal a Mariupol (e fece molto discutere), una le discriminazioni e le difficoltà degli “albini” in Africa e una la transizione ecologica. Quella in corso si intitola “The Ameriguns” ed è un documentario, per immagini, che accende i riflettori sul femomeno del possesso di armi, anche da guerra, molto in voga tra i cittadini americani. L’autore degli scatti èun fotografo piuttosto noto e pluripremiato: Gabriele Galimberti.
“Di tutte le armi da fuoco al mondo possedute da privati cittadini per scopi non militari, la metà si trova negli Stati Uniti d’America. In numero superano la popolazione del paese: 393 milioni di armi per 372 milioni di persone. Non è una coincidenza, né una questione di mercato: è piuttosto una questione di tradizione e di garanzia costituzionale. È la storia del Secondo Emendamento, ratificato nel 1791 per rassicurare gli abitanti dei nuovi territori indipendenti che il loro governo federale non potrà un giorno abusare della sua autorità su di loro. Duecentocinquanta anni dopo, il Secondo Emendamento è ancora radicato in tutti gli aspetti della vita americana e questo libro inquadra il suo stato attuale attraverso quelli che sono visti come quattro valori fondamentali americani: Famiglia, Libertà, Passione, Stile.
Il fotografo ha viaggiato in ogni angolo degli Stati Uniti, da New York City a Honolulu, per incontrare orgogliosi possessori di armi e per vedere le loro collezioni di armi da fuoco. Ha fotografato persone e pistole nelle loro case e nei loro quartieri, anche in luoghi dove nessuno si aspetterebbe di trovare tali collezioni. Questi ritratti, spesso inquietanti, insieme alle storie che accompagnano i proprietari e le loro armi da fuoco, basati su interviste, forniscono una visione inaspettata e non comune di ciò che oggi è realmente rappresentato dall’istituzione del Secondo Emendamento”. Così si legge nella presentazone della mostra. Con la postilla che nel 2021 con il Progetto The Ameriguns, Galimberti ha vinto il primo premio della categoria ritratti del World Press Photo, il più importante premio di fotogiornalismo al mondo. E in effetti le foto che ha scattato rendono bene la portata del fenomeno e l’orgoglio con cui molti americani ostentano le armi che posseggono… Non si dice però nella presentazone che negli Usa ogni anno oltre 30.000 persone rimangono uccise dalle armi da fuoco, una media di trenta vittime al giorno. La metà sono giovani (tra i 18 e i 35 anni), un terzo sono giovanissimi (sotto i 20 anni). Le stragi compiute da squilibrati, da persone incattivite da qualche torto subito, nei supermercati, nelle scuole, nelle chiese, durante iniziative pubbliche sono decine ogni anno.
In questo senso la mostra allestita a Chiusi è interessante, ma lacunosa. Ogni foto ha una “spiegazione” a lato. Ma si tratta di spiegazioni che non spiegano tutto. Anzi, spiegano poco. E appaiono parziali. Si avverte un filo di disappuntoda parte dell’autore. Ma giusto un filo, molto labile, quasi impercettibile. Non c’è in nessuna foto, una presa di distanze netta, una chiara espressione di disapprovazione per un fenomeno non solo inquietante (gli Usa nel 2023 sono ancora il Far West di Wild Bill Hickock e più simili a Gotham City che a una grande nazione democratica), ma anche molto pericoloso, che è una delle principali cause di morte tra i gli americani.
In una delle foto la didascalia riporta il pensiero di una giovane ritratta in una vasca da bagno con una decina di armi da fuoco posate sul bordo: “Latoya è cresciuta nell’uffico dello sceriffo dove lavorava il padre, aveva 11 anni quando lui le ha insegnato a sparare,a 20 si è ritrovata in Iraq come membro dell’esercito. Oggi, da veretana, pensa anche che non debbano esserci differenze tra persone comuni e militari: “non ci sono armi che devono essere vietate all’acquisto dei cittadini, tutto quello che ha l’esercito deve poterlo avere il cittadino”.
Pubblicare una frase così, senza commenti, senza prendere le distanze da un pensiero aberrante è come mettere in mostra i soldati del Battaglione Azov senza dire che cosa è il Battaglione Azov. E in questo caso non c’è neanche l’alibi (fasullo) della resistenza all’invasore.
In un’altra didascalia, a fianco della foto di una certa Avery Skypalls si legge.
“Non avevo mai sparato prima, ma ho amato il mio fucile fin dal primo istante, mi ha fatto sentire perfettamente in controllo della situazione e da allora non ho mai smesso di sentirmi così”. Avery, si legge ancora, adesso
“tiene corsi di sicurezza sulle armi ad adulti e bambini (sì bambini, c’è scritto così),
i primi adaverli frequetati sono i sui figli di 10 e13 anni cui ha insegnato a maneggiare le pistole quando ne avevano 5 e 7…“. Anche qui nessun commento, nessuna chiosa, nessun cenno di critica.
Come nei casi delle mostre precedenti noi siamo favorevoli a mostrare qualunque tipo di immagine e a parlare di tutto ciò che faccia compredere la realtà. O, come in questo caso, fenomeni diffusi. Però riteniamo che le cose vadano accompagnate da una spiegazione chiara, in modo che anche il messaggio che le immagini in mostra trasmettono sia chiaro. Se il fenomeno è negativo, aberrante, pericoloso, va detto che è negativo, aberrante e pericoloso. Se non si dice, il rischio è che chi osserva pensi il contario. Cioè che per i promotori della mostra e per il Comune che la patrocina, sia un messaggio edificante o comunque non esecrabile.
Limitarsi a quel filo leggero leggero di disapprovazione che si avverte (molto debolmente) nei testi dell’autore, ci sembra un po’ troppo poco. Anche perché la mostra in questione è diffusa per la città, libera e gratuita, si vede anche non volendo. Non presuppone un biglietto, o l’ingresso in un luogo chiuso che è già una scelta.
I Flashati sono una associazione privata e possono legittimamente proporre ciò che vogliono e come vogliono. Il fotografo può fermarsi lì, alla foto documento. Il Comune no. Il Comune, un comune che si dichiara di sinistra, non può patrocinare una cosa del genere senza dire e sottolineare in maniera visibile e chiara che i soggetti ritratti nelle foto sono dei pazzi furiosi e che il fenomeno delle armi da guerra in casa dei semplici cittadini non può essere accettato come una fatto normale. Perché non è normale detenere decine di mitragliatori e farsene vanto, come fossero preziosi oggetti di porcellana.
Possibile che non ci si renda conto di questo e che solo a noi venga spontaneo ragionare sul messaggio che emerge da quelle foto affisse sui muri del centro storico?
Eppure, pur non essendoci a Chiusi folle oceaniche di turisti e di gente per strada qualcuno quelle foto le avrà viste. Ci si può fermare agli aspetti formali e alla bravura del fotografo?
C’è stata il 20 maggio una presentazione, presente l’autore, ma anche quella non basta a spiegare, perché chi vede quelle foto oggi, domani o tra un mese non sa, non può sapere, cosa è stato detto alla presentazione. E il problema, lo abbiamo già detto, riguarda non tanto l’autore e i promotori (i Flashati), quanto piuttosto il Comune, che in quanto Comune-casa di tutti ed istituzione democratica rappresentativa, può patrocinare la mostra, ma non può farlo acriticamente senza che la presa di distanze dai soggetti ritratti e dalla loro filosofia emerga chiaramente. E sia percepibile anche da parte di chi non ha assistito alla presentazione. Bastavano due righe, sempre le stesse, in fondo ad ogni didascalia.
m.l.
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Sarebbe interessante avere un parere ,una dichiarazione dell’assessorato alla cultura del comune di Chiusi e perché no …anche del sindaco
Ero presente alla presentazione della mostra,fatta bene e in modo origjinale, una presentazipne itinerante da una foto all’altra. In quell’occasione ho avuto modo di parlare con l’autore delle foto, chiaramente schierato contro l’uso delle armi, condanna che però ha affidato semplicemente alle immagini, le didascalie volutamente non spiegano, così come il libro che presenta le foto. Chi ha partecipato alla presentazione o ha una certa sensibilità comprende sicuramente ma sono daccordo sul fatto che il comune che ha dato il patrocinio avrebbe dovuto cogliere l’occasione per associare al semplice “timbro” un minimo di elaborazione sul tema, ma forse non sono interessati, forse non hanno un certo tipo di interesse al tema o più semplicemente non ne sono capaci.
Ho trascorso una piacevole domenica a Chiusi ed ho potuto apprezzarne il vasto patrimonio culturale, artistico, archeologico. Sono rimasto colpito (e con me le persone che mi accompagnavano) dalla mostra fotografica “diffusa” intitolata “Ameriguns”. L’efficacia estetica delle foto realizzate da Gabriele Galimberti è risultata, però, avvolta da una nebbia di ambiguità emanata dal testo di accompagnamento che completava la descrizione dei personaggi ritratti e circondati dalle armi in loro possesso. In quel testo, riportato nell’articolo, manca qualsiasi riferimento all’atmosfera di morte che avvolge la vita quotidiana negli Usa proprio per la facilità con cui è possibile detenere un’arma. Quell’atmosfera provoca la morte di 30.000 (trentamila!) persone ogni anno: tante sono le vittime dei “mass shooting” censiti da siti come shootingtracker.com e di “Mother Jones”.
In un’epoca in cui la confusione dei valori sembra prevalere non ci si può permettere una descrizione (apparentemente) imparziale come quella predisposta da chi ha organizzato la (pur interessante) iniziativa.
Un progetto culturale come quello del fotoclub “I Flashati” ha il vincolo di fornire tutti gli elementi principali sui contesti che vengono descritti… altrimenti diventa un’operazione con forti elementi di ambiguità che un’Amministrazione comunale accorta dovrebbe impegnarsi a superare.
X Andrea Chioini. Condivido la tua risposta ed il senso, ma la stessa risposta sottintende un dubbio e con il dubbio la domanda: ma si reputa logico che ogni mostra fotografica debba avere un commento che l’accompagni e che possa delineare una qualsivoglia etica che supporti le immagini ? La risposta che in questo caso potrebbero dare ”I Fleshati” a tale domanda forse può propendere per il” NO” perchè gli stessi-come è ogni risposta nei tempi in cui viviamo su un argomento di questo tipo-risente dell’impostazione della ”libertà ”e quindi a loro detto in soldoni piaccia evocare il problema e che lo stesso sia aperto ad ogni tipologia di critica.In questo modo risponderebbero che non sia la loro quella funzione di prendere parte all’eticità o meno sui ” valori mostrati” ,assumendo cosi da una parte uno scarico di responsabilità e dall’altro quello della funzione della promozione di una critica che possa servire a livello dell’informazione.Aspetto tecnico-fotografico escluso s’intende. Nulla da dire, ma una domanda la potrei porre a me stesso ed è quella che tutto questo quanto invece possa servire a coloro che osservano tali immagini e qui si cade nella perplessità. Dico questo perchè ho la consapevolezza che i tempi oggi anche su tali atteggiamenti siano cambiati e non sono più quelli sia dell’antimilitarismo totale degli anni ’70 della contestazione ma sono invece quelli disgraziatamente dell’assunzione di un rifiuto a contestare chi contesti; in pratica una reattività espressa ed una insopportabilità che si basa secondo molti su un percorso ”deja vu” dei risultati di un fallimento progressivo e globale dell’idea di sinistra e contestualmente e contemporaneamente dell’affermazione di contenuti di natura anarcoide proprio derivanti dalla ricerca della libertà individuale che facciano apparire cosa normale la difesa dell’individuo, dell’individualismo e della sua libertà dall’oppressione tendenziale dello stato e quindi della ”cosa pubblica”. Tutto questo la mostra prettamente non lo evidenzia ma -come riferisce l’autore del Post- lo contiene in maniera esplicita e raggiungibile con un minimo di ragionamento.In questo senso, ma solo in questo personalmente approvo la funzione della mostra nel senso che debba far muovere il cervello.D’altra parte se qualche lettore mi conosce e conosce il materiale che ho esposto nelle mostre fotografiche ricorderà senz’altro che ho sempre fatto precedere le immagini da didascalie o da plessi informativi talvolta anche con contenuto ”di parte” proprio finalizzato allo stimolo della discussione.Mi domando se il Comune abbia analizzato tale aspetto e tale funzione o sia solo venuto al seguito di proposte fornite dagli interessati.Lo scopo,dal momento che ne stiamo parlando, evidentemente è stato raggiunto se fosse stato all’origine tutto ciò che ho detto, ma comunque la riserva del dubbio in tal senso credo che ci debba essere.Riserva del dubbio non tanto dovuta al ”quoziente cerebrale” come qualcuno prima di me ha insinuato e non ne sono d’accordo con il modo di porre il problema, ma dovuta invece in direzione della politica che contestualmente stà passando nel paese Italia e quindi anche a Chiusi.Dico questo perchè lo status attuale che sentiamo ogni giorno ed ogni sera dai nostri TG è quello che si riferisce all’efficaca delle armi ed al loro uso, alla loro necessità di ”respingere l’ignominia che stà oscurando un popolo” ,affinchè-e questo è l’argomento principale- tutta la scena si colori del fatto che ” l’occidente è tutto buono e la Russia sia tutta malvagia”.Questo è l’argomento che la quasi totalità del mondo mediatico vuole far passare dentro le teste nel nostro corpo sociale, esimendosi ampiamente però di non far luce su aspetti che riguardano almeno la metà delle questioni, perchè la storia non inizia nel marzo 2022 come ci hanno voluto far credere, e questo già pone un problema sia di democrazia, sia dell’uso sibillino dei termini e delle questioni che ci vengono presentate. Basterebbe avere la memoria un pochino più lunga per ricordarsi che l’Italia in ogni occasione di guerra portata dalle potenze occidentali in altri paesi del mondo ha fatto la propria parte in termini di partecipazione, messa a disposizione di basi logistiche,armi, rifornimenti e propaganda inclusa nel proprio territorio sulla validità dei motivi delle aggressioni che ha prodotto insieme ad altri.Vogliamo ricordarne un piccolo ma breve elenco di tutto questo ? : a cominciare dalla Guerra del Viet-Nam sia sotto l’occupazione Francese dell’Indocina sia su quella Americana, sia in quasi tutta la decolonizzazione del mondo e non solo di un continente, Guerra civle in Libano ,La Guerra del Golfo, Siria, Irak, Yemen, compartecipazione logistica alla guerra francese contro la Libia e relativo suo smembramento seguente ai bombaramenti francesi ed americani, riapertura delle relazioni economiche di forniture militari con l’Egitto chiuse a causa del caso Regeni,le magre figure fatte dal nostro governo a seguito del comportamento dei nostri militari poi liberati dal governo indiano sulla morte accidentale dell’equipaggio del peschereccio scambiato per imbarcazione pirata e mitragliato…ma ce ne sarebbero anche tantissime altrte da portare a conoscenza dei lettori.Se uno guardasse la storia anche di tutto il ‘900 ci vedrebbe partecipi diretti ed indiretti dei principali eccidi che ci sono stati in ogni parte del mondo a seguito del capovolgimento del diritto dei popoli per la loro autodeterminazione tanto osteggiata dalle alleanze occidentali in ogni luogo,oltre a quelli che ho scritto sopra, Croazia e caso foibe comprese,perchè quest’ultime non ci sono state solo da parte dei comunisti titini ma anche da parte di un esercito fascista invasore italiano che in precedenza ha prodotto ben 35000 morti nei villaggi della Croazia ( vedi Gen.italiani Roatta e Robotti e loro affini in Dalmazia e Croazia: ”si ammazza troppo poco” …..questo tanto per ricordarlo al ministro della Cultura Sangiuliano ed anche ad altri al di sopra di lui che non perdono occasione per dire solo un pezzo della verità ) Allora,se la domanda in relazione alla mostra è quella di chiedersi :”ma che alleanza del nostro paese sia quella in corso e che riguardi direttamente od indirettamente la fornitura delle armi ad un paese invaso- perchè non tutti sono disposti a subire le cause provocate da una nazione che è divenuta già da quasi venti anni il bastone con il quale si tenta continuamente di affibbiare botte ad altri sperando che tali altri cedano e deflagrino dall’interno (speranza vana per quanto riguardi la Russia perchè se qualcuno lo pensa credo che si possa proprio sbagliare) mentre il tutto faccia rischiare una guerra nucleare che distruggerebbe ogni cosa ? Se la finalità di una mostra fotografica sia quella di sviluppare tale discussione su tale argomento ben venga ed anche nello stesso tempo ben venga se possa mettere a nudo che genere di paese siano gli Stati Uniti d’America e perchè in base a quell’articolo della legge citato da Lorenzoni venga disposta la libertà ai cittadini di armarsi contro le possibili violenze di uno stato che vissuto come nemico penetri nella vita di ogni persona, allora mi chiedo-ed è una domanda plausibile- quale possa essere la concezione dello stato da parte di un cittadino di media istruzione degli stati uniti d’America e se questa non sia forse una concezione sovversiva. E’ chiaro che una tale concezione mostra e porti con sè una forte carica di individualismo e di vivere gli altri come possibli nemici, pronti in ogni momento a penetrare nella vita di ognuno.Da qui l’isolamento culturale e politico di una concezione del vivere arcaica e violenta, quasi rispondente alla difesa di ogni aspetto dove si mostri l’anarchia dell’individuo e del proprio individualismo corroborato dalla richiesta di una libertà che in un campo sociale termina dove inizia quella degli altri. E’ possibile che tale concezione sia quella adatta e portatrice di benessere alle persone che facciano parte di quella società ? Infatti tale concezione è distante anni luce per fortuna da quella presente in un contesto culturale europeo,che anche se dipendente ed influenzato dalla politica e dal modo di vivere americanizzato ne è fondamentalmente e per fortuna molto distante fino ad adesso, ma per il futuro non si sà.Non a caso siamo- pur con tutte le nostre contraddizioni e pecche-una entità culturale sotto il profilo della cultura dell’umanesimo, del romanticismo e soprattutto dell’illuminismo i portatori di concetti di base che non sono molto scalfibili se non con una deliberata e subdola azione sottoculturale portata avanti da governi di destra favoriti dall’inettitudine della sedicente sinistra(agenti e causa che appaiono opposti l’uno all’altro ma che nello stesso tempo tengono tutti e due ad evidenziare la diversità, raggiungono la stessa produttiva finalità….) . Non vuole essere un concetto ed una espressione di stampo ”razzista” anche se capisco che lo possa sembrare ma guardando la storia iniziale degli Stati Uniti d’America e di come si siano formati,non siamo i soli in Europa a propendere per un giudizio che è una battuta forse sarcastica ma quando si voglia offendere un americano parecchi gli si rivolgono con l’epiteto di”British Penal Colony” affermazione questa che la dice lunga sulle origini della violenza e dei suoi perchè forse molto ”Lombrosiani”….Non è senz’altro cosi come ho detto la situazione odierna, ma in relazione al problema delle armi bisognerebbe chiederselo il perchè di tali differenza fra noi Europei e loro Statunitensi.E mi ripeto- se tale mostra-abbia il privilegio di far chiedere il perchè di tutto questo ai visitatori allora credo che abbia raggiunto uno scopo, che a mia vista è sempre ”politico” checchè se ne dica e checchè possano dire i Flashati e lo stesso autore delle foto.Comunque se il Comune desiderasse per un senso di ” equità”-che sinceramente credo che nemmeno si sia posto tale problema perchè è invalsa l’abitudine di apporre marchi di fabbrica su quasi ogni cosa al giorno d’oggi venga proposta e presentata(e questo la dice lunga su e con chi abbiamo a che fare) -percorrere una storia fotografica per mostre fotografiche documentanti la violenza perpetrata scientemente e portata in casa d’altri dal mondo occidentale,Italia compresa,credo che troverebbe nel mio archivio una diffusa quantità di documentazione sia fotografica chè libraria.Dovrebbe solo proporsi su questo, perchè non stà a me offrire in pasto certi temi,anche se poi questi beninteso possano benissimo essere oggetto di discussione a 360 gradi. E credo che in questo stia lo scopo della cultura : osservare, conoscere e partecipare incontrandosi.In questo modo si perviene ad assumere le fondamenta per decidere ognuno di noi da quale parte stare,e questa dovrebbe essere intesa come ”cultura” con la C maiuscola. Personalmente – a proposito delle armi- vi dico per quanto la cosa possa interessare o meno- che oggi ho depositato la mia firma al tavolo presente a Chiusi Scalo ogni lunedi mattina nei pressi della pescheria ed accanto al negozio ”Stefy Frutta” per un referendum di tre quesiti riguardanti l’abrogazione della normativa eccezionale voluta dal Governo Draghi e prorogata poi dall’attuale Governo Meloni,fino al 31 Dicembre 2023 in forza della quale si autorizza la fornitura di mezzi,materiali ed equipaggiamenti militari a favore dell’Ucraina e ciò in pieno contrasto con l’art.11 della Costituzione che dichiara che ”L’Italia ripudia la guerra”. L’esito favorevole di tale referendum comporta l’arresto dell’invio di quanto sopra in Ucraina.L’altro Referendun riguarda la derogabilità del regime di divieto di esportazione di armi in territori belligeranti e cioè quella per la quale il Governo si possa servire della facoltà data dall’articolo di servirsi di emanazioni eccezionali volute dal Governo Draghi e prorogata da quello Meloni riguardanti la derogabilità dal regime di divieto di esportazione di armi in territori belligeranti.L’esito positivo di tale Referendum comporterebbe l’impossibilità per i nostri governi di emanare dispositivi normativi che autorizzino la fornitura di materiali di armamento a paesi in stato di conflitto armato. Il terzo Referendum si prefigge di tutelare e di garantire il servizio pubblico a beneficio della salute collettiva ed individuale di tutti i cittadini.L’esito favorevole di questo referendum comporterebbe infatti l’esclusione dalla partecipazione,prevista attualmente dalla legge 502/1992 dei soggetti privati come protagonisti della pianificazione sanitaria,consentendo in assenza di conflitto di interesse un più libero investimento di risorse adeguate nelle politiche sanitarie che vanno decise unicamente nel pubblico interesse. Tale Referendum lo considero molto importante vista l’attuale situazione che mostra tale fotografia per l’anno corrente in quanto il governo ha ridotto di 2 mliardi la spesa sanitaria ed ha aumentato di 12 miliardi la spesa militare. Per il 2024 ha aumentato di 2 miliardi la spesa militare e diminuito di 2 miliardi la spesa sanitaria. In pratica cresce l’investmento per strumenti di morte che forniamo a paesi in guerra, a discapito del miglioramento della salute e della qualità della vita. Credo che sia l’ora di dire BASTA DAVVERO !
Carlo, nell’aticolo non si chiede un chiarimento-spiegazione ai flashati o all’autore. Si dice solo che a nostro avviso la spiegazione avrebbe dovuto fornirla il Comune. Per non ingenerare equivoci, fraitendimenti o equazioni troppo semplicistiche. E che non basta averla fornita -se ciò è avvenuto -in occasione della presentazione. Perché chi vede le foto adesso non può sapere cosa è stato detto nella presentazione. Stop
Guarda che ho nominato i Flashati ma non ho chiesto loro di spiegare alcunchè ed infatti ho ipotizzato le loro risposte come potevano essere ed ho detto che avrei potuto anche condividerle ed ho anche citato a tal proposito in fondo anche la loro strategia quale avrebbe potuto essere, anche quella di non dare risposte.e così anche per l’autore. Ho detto che le didascalie e le presentazioni alle mie mostre io le ho fatte sempre, quindi si può ritenere che io pensi che questa sia una cosa giusta e doverosa,soprattutto a scopo didascalico.Non lo sò se il Comune abbia o non abba dato spiegazioni al momento della presentazione e sul perchè abbia messo il proprio timbro ma sinceramente credo che a questo punto chi osservi la mostra non si crei tanto il pensiero se il significato che ne stia dietro possa o non possa essere quello che ho cercato di spiegare io sull’etica e sul costume degli Stati Uniti.Io ho scritto il pezzo perchè credo che la mia interpretazione di quella realta sia condivisa dalla maggior parte della gente a Chiusi ed anche fuori Chiusi, poi senz’altro mi posso anche sbagliare e chi vuole può dire la sua, contestando le mie affermazioni e portando argomenti storicamente e politicamente validi se crede servano.Sono abbastanza sicuro che per quanto riguarda il Comune sia stato apprezzato il fatto di aver fatto la mostra ma credo ugualmente che fosse dovuto almeno un approfondimento ed una analisi della natura di quella che ho cercato di fare io con quanto poco fà ho scritto,che potrebbe essere stata a favore o a discapito degli stessi Stati Uniti d’America ma ad un visitatore credo che debba essere offerta materia per riflettere sulle immagini.E la materia non può rimanere fra color che son sospesi proprio per il fatto dell’apposizione di un marchio patrocinante che secondo me significa minimo minimo condivisione.E’ per questo che il silenzio ” neque affirmat” secondo alcuni ma che possa essere inteso che invece ”affirmat” eccome secondo altri. E come al solito se ne esce bianchi come panni lavati….