CENTRO COMMERCIALE ETRUSCO E CLEV VILLAGE HANNO ANCORA UN FUTURO? POLITICA E COMUNI NON NE PARLANO, MA…

giovedì 02nd, marzo 2023 / 13:07
CENTRO COMMERCIALE ETRUSCO E CLEV VILLAGE HANNO ANCORA UN FUTURO? POLITICA E COMUNI NON NE PARLANO, MA…
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CHIUSI – Per decenni, dai primi del ‘900 a tutti gli anni ’80, Chiusi, o meglio Chiusi Scalo, è stata la cittadina più “commerciale” del comprensorio. Prima della crisi del ’29 era anche una realtà industriale, poi il crollo di Wall Street e la guerra cancellarono quasi totalmente quel tessuto produttivo. Rimasero in piedi poche aziende, alcune anche di quelle impiantate nel dopoguerra saltarono definitivamente negli anni ’60-70, quando le industrie furono sostituite da una miriade di imprese artigiane e negozi.

Delle vecchie industrie è rimasta la memoria, qualche edificio malmesso e quei tombini ancora in uso con la scritta “Officine Fonderie Chiusi”. C’erano imprese come il pastificio Pianigiani che avevano pure i binari che dall’aarea della stazione entravano direttamente nell’opificio. I primi supermercati della zona fecero la loro comparsa proprio a Chiusi Scalo tra il 1968 e il ’70… 

Chiusi Scalo brulicava di gente e di attività. Decine e decine di negozi in cui si trovava di tutto, poi officine per auto, moto e biciclette, laboratori e botteghe artigiane ti tutti i tipi: sarti, calzolai, barbieri e parrucchiere, fornai, falegnami, ebanisti, fabbri, orologiai, noleggiatori, tassisti.  Tutti nel cuore dell’abitato. Ce n’erano 3-4-5, in alcuni casi anche più, per ogni tipologia… Poi, dall’inizio degli anni ’80, anche per motivi di sicurezza, di inquinamento, di spazio, molte aziende cominciarono spostarsi nelle zone deputate: la zona industriale-artigianale delle Biffe e quelle produttive e commerciali della Fontina e Boncia Bassa. Sempre nel Comune. Qualcuno varcò il confine della Chianetta, andando a insediarsi a Po’ Bandino.

Nel 1991 nacque a Chiusi (primo caso ancora una volta nella zona) il Centro Commerciale Etrusco nei pressi del Casello Autostradale, una grande struttura integrata tra superstore e negozi di contorno. Il progetto prevedeva anche un centro espositivo e sala congressi, ma nessuna di queste due strutture è stata mai realizzata. Lo spazio che doveva ospitarle è rimasto incompiuto. La nascita dell’Etrusco fu il primo vero colpo mortale al tessuto commerciale fino ad allora piuttosto vivace di Chiusi Scalo, perché ne spostava il baricentro altrove. Un po’ la stessa cosa che è successa con i quartieri periferici di Poggio Gallina, Santa Caterina, Porto o Vigna Grande che hanno spopolato sia Chiusi Scalo che il centro storico, portando la popolazione fuori dai vecchi centri abitati, verso quartieri dormitorio.

Chiusi aveva pure tre sale cinematografiche, due a Chiusi Scalo (il famoso Cavallino Bianco con circa 1000 posti) e la sala parrocchiale Eden) e una a Chiusi Città (il cinema Astra). Nel 1990 di fatto ne era rimasta una sola, quella del centro storico. Le altre due già erano utilizzate per altre funzioni: come sala per eventi l’Eden come locale a luci rosse di rinomanza nazionale il Cavallino Bianco.

Nel 2009 anche il cinema però si è spostato fuori città, ancora una volta nei pressi del Casello, praticamente a 200 metri dall’Etrusco. Nasce il Clev Village: 6 sale, ristorante-pizzeria, bar, negozi, sala bowling. Una struttura sontuosa che punta al pubblico di Chiusi, ma anche di Chianciano (che ha perso sia il mitico Garden che l’Astoria), di Sarteano, di Montepulciano, ma anche di Fabro (con l’autostrada ci vogliono dieci minuti), magari di Orvieto (meno di mezz’ora). Non a quello della Valdichiana nord e dell’Umbria perché una sala simile c’è anche a Sinalunga e a Perugia più di una… 

Negli anni tra il 1990 e il 2010 Chiusi con l’Etrusco e il Clev sembra voler stare al passo coi tempi. Si americanizza sempre più, ache se un po’ “american” Chiusi lo è sempre stata, basti pensare che nel 1926 a Chiusi Scalo c’era già una concessionaria della Harley Davidson, unica della provincia di Siena e forse in Toscana…

Oggi, marzo 2023 (ma la tendenza era visibile da un paio d’anni almeno, già da prima della pandemia) il Centro Commerciale Etrusco appare come una struttura in disarmo, con parecchie saracinesche abbassate, una affluenza di pubblico molto ridotta rispetto agli passati, una minor scelta dei prodotti… Più di 20 attività ci sono ancora e non sono pochissime. Ma la sensazione che si ha entrando, è una sensazione di disagio che si coglie ad occhio nudo, senza essere degli analisti delle dinamiche economiche. E si riaffacciano pure tendenze al ritorno verso i negozi di quartiere e di vicinato, anche nelle città. Insomma sembra che anche l’Etrusco (come molti centri commerciali) abbia ormai fatto il suo tempo e sia una storia superata.

Il più recente Clev Village idem. Anche lì dentro sale e attività chiuse, saracinesche abbassate, spazi vuoti, pannelli di truciolato a chiudere vetrine dismesse e spente, cartelli “affittasi”… E poco pubblico anche nelle sale cinematografiche. Certo la pandemia ha dato un colpo durissimo. Ma anche adesso che sostanzialmente non c’è più, o comunque non ci sono più le restrizioni, di gente al cinema ce ne va poca. Colpa anche del cinema che produce pochi film “imperdibili”. Sono meno, da un po’ di tempo, anche i film di cassetta. Quelli di nicchia o d’essai magari sono belli e da vedere, ma non richiamano folle oceaniche. Anche il Clev insomma promana una sensazione di tristezza. E  sono comprensibili le difficoltà della gestione con le bollette per il riscaldamento e l’energia elettrica ai livelli di adesso…  Già tanto che la multisala resti aperta. Sembra una resistenza eroica, in un contesto generalmente in crisi e con una “massa critica” di riferimento piuttosto esigua.

Però per Chiusi la situazione dell’Etrusco e del Clev è un problema. E non da poco.

Perché se una delle due grandi strutture, o addirittura entrambe dovessero chiudere i battenti sarebbe un colpo micidiale all’immagine della città e al suo “richiamo commerciale”. Il Clev è anche un contenitore culturale, non solo un luogo di svago, perché il cinema è cultura e le 6 sale possono ospitare eventi di vario genere, e in varie occasioni è successo. Hanno varie dimensioni e capienza diversa, possono essere utilizzate per iniziative con 100 o 500 persone. Piange il cuore a vedere un complesso del genere che non ha ancora 15 anni già in equilibrio precario e con troppe luci spente.

Da osservatori esterni non notiamo neanche la necessaria attenzione e preoccupazione per il futuro prossimo sia del Clev che dell’Etrusco, da parte della politica, e della stessa amministrazione comunale. Anzi, delle amministrazioni comunali, comprendendoci, minimo, anche quelle di Chianciano e Sarteano, oltre quella di Chiusi. Niente, neanche un segnale di allarme. E anche i cittadini di Chiusi e dei dintorni forse potrebbero farci mente locale e, magari, ricominciare a frequentare sia l’uo che l’altro.

Se Clev ed Etrusco dovessero chiudere, non è che poi il fulcro del commercio tornerebbe automaticamente a Chiusi Scalo, né nascerebbe  un “nuovo cinema Paradiso” laddove c’erano l’Eden o il Cavallino Bianco. Questo deve essere chiaro anche alle associazioni di categoria, silenti e assenti pure loro. 

L’aria che tira a Querce al Pino non è bella. Il fatto che il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, dopo la mega stall, l’antica fattoria San Polo  e la squadra di basket in A2, abbia deciso di investire ancora a Chiusi, rilevando anche l’Hotel Patriarca, compreso il ristorante stellato e tutto il resto, proprio lì tra Clev ed Etrusco, potrebbe essere una iniezione di fiducia, un segnale da cogliere al volo per non far chiudere i due grandi contenitori. Destinare una o più sale del Clev a centro congressi, quello che doveva nascere all’Etrusco e non è mai nato, con un albergo di lusso e altri alberghi a poche decine di metri e con Chianciano a due passi potrebbe essere un’idea su cui puntare. Ma dovrebbero essere la politica e le istituzioni a spingere.

m.l.

 

 

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