L’INCONTRO SU OTTIERI E BIANCIARDI, UN CONTRIBUTO ALLA RISCOPERTA DI DUE NOTISSIMI SCONOSCIUTI

lunedì 16th, gennaio 2023 / 12:41
L’INCONTRO SU OTTIERI E BIANCIARDI, UN CONTRIBUTO ALLA RISCOPERTA DI DUE NOTISSIMI SCONOSCIUTI
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CHIUSI – Finalmente, dopo vari tentativi e rinvii per cause di forza maggiore, sabato scorso si è tenuto l’incontro letterario sugli scrittori Ottiero Ottieri e Luciano Bianciardi.  Incontro che è stato sì un omaggio ai due autori, uno di famiglia chiusina e l’altro grossetano, entrambi trapiantati per un periodo a Milano, che in quel periodo era la capitale pulsante dell’Italia del boom, l’Italia delle fabbriche del nord che si riempivano di operai meridionali, dei primi grandi magazzini, della 500, della televisione  e della lavatrice che facevano pensare ad un futuro di benessere e sviluppo… Due scrittori che quel periodo l’hanno raccontato magistralmente nei loro libri, tanto da essere considerati entrambi tra i più importanti di quel filone che passa sotto la definizione di “letteratura industriale”. Gli altri sono Calvino, Volponi, Mastronardi… Ottieri nell’industria ci lavorò pure, come funzionario della Olivetti, che non era una “azienda qualunque”, ma esprimeva l’utopia di Adriano Olivetti, la fabbrica dal volto umano.

Il pomeriggio chiusino, cui hanno partecipato Maria Pace Ottieri, scrittrice anche lei e figlia di Ottiero Orrieri e, in collegamento da Grosseto, Massimiliano Marcucci, presidente della Fondazione Bianciardi ha messo in luce i molti punti di contatto, le analogie tra i due scrittori e anche le differenze. Di estrazione sociale, certamente, ma anche nell’aproccio politico-culturale: più barricadero, radicale, anarcoide Bianciardi; più morbido (ma non troppo) nel linguaggio e più spostato verso il riformismo socialista, molto influenzato dal pensiero di Olivetti, Ottieri… Entrambi però lucidissimi e sarcastici critici del capitalismo rampante, del consumismo che stava già allora, tra la metà degli anni ’50 e la fine dei 60 prendendo il sopravvento… Ed entrambi molto disincantati anche verso la modernità industriale, la grande città, “piena di strade e di negozi/E di vetrine piene di luce/Con tanta gente che lavora/Con tanta gente che produce/Con le réclames sempre più grandi/Coi magazzini le scale mobili/Coi grattacieli sempre più alti/ e tante macchine sempre di più…” Questo è Gaber. Ma il senso di molte pagine di Ottieri e di Bianciardi è identico…

Nei vari interventi sono stati letti dei brani, alcuni “folgoranti” per l’asciuttezza del linguaggio e  la capacità di sintesi dell’uno e dell’altro; sono stati raccontati aneddoti della vita privata, ma anche di quella professionale dei due scrittori che hanno lavorato nelle redazioni e nelle case editrici (Ottieri alla Bompiani, dopo aver sposato la figlia di Valentino Bompiani), Bianciardi alla Feltrinelli, entrambi furono licenziati per carso rendimento, ma questo avvenne perché nessuno dei due ci stava bene in quell’ambiente.

Bianciardi è durissimo sui “mestieranti” delle redazioni: i nuovi PR, i trombettieri del capitalismo, li vede come coloro che ti indorano la pillola amara da mandar giù, anzi usando parole più crude , come “vaselina pura”…  E quelli come lui, costretti a fare traduzioni per sbarcare il lunario li paragona a dei forzati, ai minatori di Ribolla… Quelli che lui voleva vendicare facendo saltare in aria il palazzo della Montecatini (cosa per la quale decise di andare a Milano, ma non fee mai).

E’ stata letta anche una lettera che Ottieri scrisse a Bianciardi, ma che probabilmente non spedì mai.

Si è parlato dei film tratti uno da un libro di Bianciardi (La vita agra) e uno da un libro di Ottieri (Donnarumma all’assalto)  del rapporto non facile tra Bianciardi e Giangiacomo Feltrinelli e anche di un articolo che Ottieri scrisse per un giornale, sul concerto dei Beatles al Vigorelli di Milano nel ’67 e al quale partecipò insieme alla figlia Maria Pace… Ne parlò malissimo. Non capiva, Ottiero Ottieri, intellettuale “industriale”, ma poco musicale evidentemente, tutto quel “visibilio”, quelle ragazzine osannati per  quattro ragazzi che cantavano delle canzonette…

Insomma è stato un pomeriggio piacevole che oltre a dare un giusto riconoscimento (e un risarcimento) a due scrittori importanti, ma anche a due “irregolari” a due “non allineati”, a due “notissimi sconosciuti”, ci auguriamo abbia contribuito in qualche modo a farli riscoprire entrambi. Un invito a farli rileggere. Bianciardi e Ottieri non hanno scritto solo sulla tematica “industriale”, hanno scritto anche di altre cose: dei loro territori di origine per esempio, la Maremma western e Chiusi. Ottieri ha scritto di psicanalisi e pure un “poema osceno” in versi sulle pulsioni carnali, Bianciardi ha all’attivo diversi libri sul Risorgimento, una sua vera passione.  La Biblioteca comunale di Chiusi, intitolata a Ottiero Ottieri, che figurava tra i promotori dell’evento insiene al Comune e a Primapagina, ce li ha praticamente tutti, anche quelli che è difficile ormai trovare in commercio.

Ci piacerebbe che anche i docenti delle scuole superiori riscoprissero questi due autori, li facessero conoscere ai loro studenti.

Avrebbero cent’anni oggi Bianciardi e Ottieri, ma dall’incontro di sabato è emerso chiaramente che i libri che hanno lasciato sono molto moderni, molto contemporanei, molto avanti: parlano di un’Italia che non c’è più, ma le riflessioni che facevano sul boom economico, su quella Milano o sull’hinterland napoletano, nel caso di Ottieri,  sono tutt’ora applicabili al mondo contemporaneo, perfino al boom degli influencer… E sono scritti con un lessico così asciutto, da apparire quasi ruvido. A tratti feroce. D’altra parte entrambi pur essendosi interessati alla modernità, al rumore della fabbrica, non amavano l’olio lubrificante, né la vaselina, cose che servono a limitare gli attriti…

m.l.

 

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