COSA MANGIAVANO GLI ETRUSCHI. QUANDO CHIUSI DETTAVA LEGGE ANCHE SULLE TENDENZE ALIMENTARI

martedì 22nd, novembre 2022 / 17:35
COSA MANGIAVANO GLI ETRUSCHI. QUANDO CHIUSI DETTAVA LEGGE ANCHE SULLE TENDENZE ALIMENTARI
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CHIUSI – Si fa un gran parlare, da un paio di settimane a questa parte, della straordinaria scoperta dei bronzi del Bagno Grande, il santuario ritrovato a San Casciano dei Bagni. Un luogo di culto e di benessere, consacrato alla fertilità e – pare – alla pace e alla serenità, in un’epoca di passaggio in cui invece le guerre erano all’ordine del giorno. L’epoca di passaggio tra l’era etrusca e quella romana, con l’evidenza di una “resilienza” etrusca andata ben oltre il limite fin qui conosciuto e tramandato dagli storici…

Che gli etruschi fossero un popolo più gaudente e dedito al buon vivere che all’arte della guerra è cosa nota e sottolineata dagli archeologi. Ciò si evincerebbe anche dagli oggetti e dalle pitture che testimoniano scene di vita quotidiana. Per esempio i banchetti e i simposi. In sostanza le cene e i dopocena, come oggi si potrebbero definire convivi familiari e poi, magari, il seguito, al pub…

Molti poeti e prosatori dell’antichità hanno celebrato gli splendori e i fasti dei banchetti degli etruschi. Diodoro Siculo, per esempio,  citando Posidonio, descrive così l’atmposfera di un opulento banchetto etrusco: “preparano due volte al giorno tavole sontuose e tutte le altre cose appropriate a un lusso eccessivo, allestendo banchetti con biancheria e ricami colorati, coppe d’argento di vario tipo, ed hanno pronto e a disposizione un numero non piccolo di domestici per servirli, alcuni di questi ultimi di straordinaria avvenenza, mentre altri sono adorni di vesti più sontuose di quanto spetterebbe alla loro condizione di servi”.  La differenza tra banchetto e simposio consisteva nel fatto che durante il simposio si beveva soltanto, mentre in occasione del banchetto si beveva e si mangiava, e solitamente il simposio seguiva il banchetto.  Il simposio era dedicato al divertimento: esattamente come noi, oggi, andiamo al pub a vedere un concerto di musica dal vivo sorseggiando un bicchiere di birra, allo stesso modo gli etruschi, dopo cena, gradivano assistere a spettacoli di musica o di danza brindando generosamente con buon vino.

Dalle raffigurazioni che ci sono pervenute sappiamo anche come doveva svolgersi un banchetto. I partecipanti si disponevano attorno alla tavola sdraiandosi su appositi letti da banchetto, detti klínai, tipici dell’antica Grecia: tuttavia, a differenza di quanto avveniva in Grecia, dove il convivio era riservato ai soli uomini, in Etruria anche le donne potevano sdraiarsi sulle klínai e partecipare al banchetto.

La più antica rappresentazione di un banchetto con figure sdraiate sulle klínai si trova in una delle lastre del fregio di Murlo (Siena) risalente alla prima metà del sesto secolo avanti Cristo. La lastra di Murlo, oltre a essere la più antica rappresentazione di un banchetto etrusco “sdraiato”, sarebbe anche la prima rappresentazione a includere una donna in tale contesto: segno che già in epoche molto antiche gli etruschi concedevano alle donne un ruolo o una rilevanza che non avevano eguali nelle società a loro contemporanee.

Scene simili si trovano anche negli affreschi della tomba del Colle a Chiusi dove è raffigurata invece una scena di simposio, con i partecipanti tutti impegnati a bere (frammenti custoditi al Museo Nazionale Archeologico della città), oppure nelle lastre di Acquarossa, conservate presso il Museo Nazionale Etrusco di Viterbo, o ancora negli affreschi delle tombe di Tarquinia, dove assistiamo a un simposio animato da musicanti, Al Museo Archeologico di Chianciano Terme è visibile invece una  ricostruzione della sala di un’abitazione etrusca allestita per un banchetto, con tanto di klínai e tavole imbandite (foto).

I banchetti erano, ovviamente occasioni riservate esclusivamente alle classi sociali più elevate che, com’è lecito attendersi, avevano anche abitudini alimentari molto diverse rispetto a quelle degli strati più bassi della società etrusca. Ciò nonostante, i romani hanno tramandato la convinzione che gli etruschi passassero la vita a mangiare e bere, tanto che era diffuso lo stereotipo dell’etrusco obeso, tramandato per esempio da poeti come Catullo o Virgilio.

In effetti i sarcofagi degli etruschi talvolta presentano figurazioni di personaggi in evidente sovrappeso, peraltro quasi sempre disposti sul sarcofago come se stessero banchettando.  Il più famoso “obesus etruscus” è sicuramente, appunto, il cosiddetto Obeso del Museo Archeologico Nazionale di Firenze: il personaggio, che decora il coperchio di un sarcofago della prima metà del terzo secolo avanti Cristo, è un esponente dell’aristocrazia di Chiusi, che dimostra evidenti segni di ricchezza (non soltanto le rotondità del suo corpo, ma anche la vistosa ghirlanda al collo e il grande anello all’anulare sinistro).

Ma cosa si poteva trovare sulla tavola di un banchetto etrusco? Intanto una serie di recipienti, vasi, brocche. Per lo più realizzati  in ceramica, ma ne sono stati rinvenuti anche in bronzo. Tipicamente etrusco era il vasellame in bucchero, una ceramica a corpo nero, molto raffinata, che veniva realizzata con impasti d’argilla finissima, cotti in forni adatti per una cottura riducente, cioè a basso livello d’ossigeno. Questo tipo di cottura garantiva reazioni chimiche che portavano alla caratteristica colorazione nera e lucida che contraddistingue i buccheri etruschi. Infine, è interessante sottolineare che, per mangiare, gli etruschi adoperavano i piatti, ma non facevano uso di posate: prendevano gli alimenti direttamente con le dita e, nelle case dei più ricchi, inservienti erano pronti alla bisogna con recipienti d’acqua e salviette. Sono state rinvenute forchette, a dimostrazione che comunque gli etruschi conoscevano questo strumento che però veniva utilizzato in cucina per afferrare e “sporzionare” il cibo e non compariva sulla tavola. Sulla tavola degli etruschi non erano presenti neppure coltelli (anch’essi erano adoperati esclusivamente in cucina). Lo stesso vale per i cucchiai: il loro uso a tavola non era contemplato.

Ma cosa mangiavano di preciso gli etruschi, quali erano le loro ricette preferite? Le classi più alte avevano accesso a tanti alimenti, e i loro membri consumavano grandi quantità di carne di ogni tipo. Dai tanti spiedi ritrovati, possiamo immaginare che gli etruschi gradissero molto gli arrosti: la carne più diffusa era quella di maiale, animale dal quale si ottenevano anche salumi (la suinicoltura, lo sappiamo dalle fonti letterarie latine, era molto praticata in Etruria). Ma gli etruschi allevavano anche ovini, col latte dei quali  venivano prodotti ottimi formaggi, e pure equini e bovini, benché questi ultimi fossero utilizzati soprattutto per le attività agricole e raramente venissero macellati.

Molto apprezzata anche la cacciagione che, come accade oggi, veniva insaporita con foglie d’alloro: caprioli, cinghiali, cervi e lepri non di rado comparivano sulle tavole degli etruschi con maggiori disponibilità economiche. I meno ricchi invece si dovevano accontentare  di selvaggina meno pregiata, che poteva essere cacciata con minor dispendio di denaro: soprattutto uccelli.

Le popolazioni della costa praticavano la pesca, il pesce preferito degli etruschi della costa toscana era il tonno (come testimoniano diversi scrittori dell’antichità), nelle zone lacustri e fluviali i pesci di acqua dolce… Si dice che il “brustico” che si fa nella zona di Chiusi con il pesce di piccola taglia appena pescato, arrostito su fuoco di canna lacustre, sia proprio un piatto tipico dei pescatori fin dall’antichità. Viene sicuramente da lontano, ma che sia di origine etrusca non è certo…

Tra le peculiarità della cucina etrusca che col tempo sono andate perdute e non tramandate figurava invece il consumo della carne di ghiro: i simpatici roditori venivano messi all’ingrasso, in appositi grandi orci bucherellati per consentire il passaggio d’aria. L’otre per l’allevamento del ghiro era detto glirarium: uno di quelli meglio conservati (foto) si trova al Museo Nazionale Etrusco di Chiusi. Il ghiro  veniva poi utilizzato per arrosti allo spiedo. Si trattava di una carne molto apprezzata. 

Il condimento principale (oltre, ovviamente, al sale) era l’olio d’oliva. Si utilizzavano inoltre spezie e aromi per insaporire le carni.

La cucina delle fasce più basse della popolazione conosceva invece, ovviamente, una minor varietà. Piatti poveri tipici della tradizione etrusca erano la puls, una polenta di farro molto diffusa, originaria di Chiusi ma consumata anche in altre zone dell’Etruria (si trattava probabilmente del piatto base dell’alimentazione etrusca) e che poteva essere condita con sughi di carne o di verdure, e la farrago, una minestra di farro, cereali e legumi. Insomma Chiusi dettava legge anche sulle tendenze alimentari. 

Molto diffusi poi i pani e le focacce, prodotti con farine di vario tipo, ottenute da cereali o da legumi, e i prodotti caseari, che si ottenevano dal latte di ovini, caprini e bovini: particolarmente rinomati e citati dagli autori latini erano i formaggi prodotti nella zona di Luni, al confine tra Liguria e Toscana. Dagli scavi è inoltre emerso che gli etruschi erano grandi consumatori di frutta: fichi, prugne, melograni, pere e frutta secca come nocciole, noci e castagne erano alimenti spesso presenti sulle tavole degli etruschi.

Gli etruschi, si è capito, mangiavano moltissimi legumi: ceci, fagioli, lenticchie, fave. Le uova, altro alimento molto consumato dagli etruschi, potevano essere mangiate da sole, magari lessate, oppure usate come base per diverse ricette, per esempio per frittate salate, o per torte che venivano poi dolcificate con l’aggiunta di miele, che gli etruschi, abili apicoltori, producevano in abbondanza e usavano su molte pietanze. Anche insieme alle carni, ai formaggi (usanza rimasta in voga anche oggi), al vino…

Il vino era la bevanda preferita degli etruschi. La viticoltura era largamente praticata, e del vino etrusco scrissero molti autori antichi. Tuttavia, il vino bevuto dagli antichi abitanti dell’Etruria era diverso rispetto a quello che beviamo oggi: era più denso e di maggior gradazione alcolica (ed è per tale motivo che veniva annacquato prima d’essere consumato), e tipicamente era aromatizzato (per esempio col miele o, come avveniva in Grecia, con la resina). Era così buono e la produzione così abbondante, che veniva esportato anche in Sicilia, in Corsica, e nella Gallia meridionale: si trattava di uno dei prodotti in assoluto più esportati dagli etruschi. Ed è forse superfluo specificare come il vino fosse il grande protagonista di banchetti e simposi, sia che avessero scopo conviviale, sia che fossero indetti a scopo rituale per omaggiare un qualche dio: e forse nessun altro alimento arrivò a toccare l’importanza che il vino ricoprì per la cultura etrusca.

E se guardiamo oggi al successo turistico di Montalcino e Montepulciano o delle terre del Chianti viene da dire che non hanno inventato niente. L’oro rosso che si ricava dal Sangiovese è un prodotto da esportazione che tirava anche 2.500 anni fa…

m.l.

*Fonte: Federico Giannini e Ilaria Baratta, finestresullarte.info

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