UCCISA GIORNALISTA IN PALESTINA: NON CI SONO CRIMINI PIU’ CRIMINI DI ALTRI, TENIAMOLO PRESENTE

giovedì 12th, maggio 2022 / 12:18
UCCISA GIORNALISTA IN PALESTINA: NON CI SONO CRIMINI PIU’ CRIMINI DI ALTRI, TENIAMOLO PRESENTE
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CHIUSI – Nel 2010 al Forum nazionale “Cronache Italiane” a Città della Pieve, come primapagina allestimmo una mostra fotografica e una conferenza intitolate “Penne spezzate – Tributo ai giornalisti e fotoreporter caduti sul lavoro”. Solo sul manifesto c’erano 25 foto. Tutti italiani, tranne una, quella posta al centro e incorniciata in un riquadro rosso: Anna Politkovskaja, russa, fatta assassinare da Putin nel 2006.

Ecco, a distanza di 12 anni siamo ancora a parlare di giornalisti ammazzati. E’ successo anche di recente nel conflitto in corso in Ucraina dove hanno perso la vita il cameraman di Fox Tv Pierre Zakrzewski, la giornalista ucraina Oleksandra Kuvshynova, il reporter statunitense Brent Renaud… Nel 2014 nel Donbass era toccato all’italiano Andy Rocchelli

Ieri invece è stata uccisa la giornalista palestinese Shireen Abu Akleh di Al Jazeera. Ma non in Ucraina. E’ successo in Cisgiordania, durante un’operazione dell’esercito israeliano nel campo profughi di Jenin, nei territori occupati. Shiren indossava il giubbotto con la scritta “Press”: era difficile non riconoscerla. Della sua morte circolano dei video che mostrano chiaramente che non era in corso nessun «conflitto a fuoco». Il proiettile che l’ha colpita si è piantato nell’unico posto non protetto dal giubbotto e dall’elmetto. Ciò starebbe a dimostrare la precisa volontà di uccidere da parte di chi ha sparato.

Sulla rivista Left si legge: “Le forze israeliane hanno occupato l’abitazione di Shireen Abu Akleh parlando di «assembramento non autorizzato». Perfino piangere i morti è vietato, se si è palestinesi. Israele dal canto suo ha prima parlato di un «proiettile vagante sparato da palestinesi» (che ricorda molto il sasso che avrebbe ucciso Carlo Giuliani a Genova durante il G8). Poi, resosi conto dell’assurdità degna di un Putin qualsiasi, il tenente generale Aviv Kochavi ha detto che ora non è chiaro chi abbia sparato il colpo che ha ucciso Abu Akleh. Omar Shakir, direttore israeliano e palestinese di Human rights watch, ha detto che l’organizzazione sta esaminando l’uccisione di Abu Akleh, ma ha denunciato le indagini israeliane come «tentativi di despistaggio». 

Anche di Rocchelli, l’italiano morto nel Donbass 8 anni fa, si è sempre parlato poco, ma la notizia della giornalista palestinese caduta ieri sotto il piombo israeliano, colpita a bruciapelo o quasi, sui media italiani è stata data con molta timidezza, quasi sottovoce, eppure uccidere i giornalisti mentre fanno il loro lavoro in aree di guerra è considerato un crimine di guerra. E dovrebbe essere così sempre, sia che a sparare siano i russi, gli ucraini o gli israeliani. Anche nei territori occupati della Cisgiordania siamo in presenza di un aggressore e un aggredito, di un esercito occupante che spesso spara sui civili, i quali talvolta si difendono o contrattaccano. E siamo in un territorio martoriato dai bombardamenti e dai raid aerei.

“Per fortuna ci sono i video dell’accaduto, altrimenti qualcuno avrebbe raccontato che Shiren Abu Akleh sarebbe morta cadendo dalle scale”, ha commentato sarcastico Giulio Cavalli su Left. In effetti i tentativi di minimizzare le responsabilità del soldato israeliano e di descrivere il contesto dell’assassinio in modo diverso dalla realtà, ricordano il detto popolare  usato per smascherare le mistificazioni:  “Come dire che Cristo è morto di freddo”. Che poi era palestinese pure lui.

Sabato 14, alla manifestazione “Ridiamo la parola alla Pace – Dialogo sì armi no” che si terrà a Chiusi Scalo e che come Primapagina stiamo organizzando insieme a Possiamo, M5S, Sinistra Italiana e Sinistra Civica ed Ecologista, questo tema dei crimini di guerra a danno dei giornalisti lo terremo presente per ribadire che non ci sono crimini più crimini di altri, che noi siamo per la libertà di informazione sempre e comunque, contro la guerra e contro le occupazioni militari, sempre, comunque e dovunque.

Marco Lorenzoni

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