CHIUSI: POPOLAZIONE IN CALO E QUALCHE TIMIDO SEGNALE DI RIPRESA
CHIUSI – Due settimane fa su queste stesse colonne ci siamo soffermati su quella che abbiamo definito l’emergenza numero uno dei nostri paesi, ovvero lo spopolamento, unito all’invecchiamento della popolazione. Due giorni fa abbiamo provato ad analizzare invece le “molle” che muovono i flussi turistici e quindi sono o possono essere volano per la ripresa economica… Le due questioni non sono affatto disgiunte e separate. Anzi, al contrario sono fortemente intrecciate, perché è difficile, assai difficile, che un paese spopolato e pressoché desertificato possa attrarre visitatori, anche se bello e ricco di storia. E’ la gente che chiama la gente. E i primi turisti sono o dovrebbero essere proprio gli abitanti del luogo e quelli dei paesi limitrofi. In qualche caso succede. Città della Pieve per esempio gode da anni della frequentazione del centro storico da parte di chiusini, cetonesi, castiglionesi. Castiglione del Lago e i paesi rivieraschi del Trasimeno di quella dei perugini e degli aretini… Ma in entrambi i casi è facile trovare nei bar e nei locali anche gente del posto (cosa più rara a Montepulciano e Pienza, per esempio).
Chiusi viene dipinta da molti come una città in declino inesorabile, incapace di trovare una sua strada verso un minimo di sviluppo turistico nonostante abbia ingenti risorse storico-archeologiche, paesaggistiche e culturali… Anche noi, su primapagina, abbiamo parlato spesso di ghost town… e non solo in tempi di lockdown causa covid. Anche prima. Perché questa è l’immagine della città.
Nella recente campagna elettorale tutte e tre le liste in corsa hanno pigiato sul tasto della ripartenza, del rilancio, dopo un periodo buio (intendendo non solo quello della pandemia), dipingendo la realtà come appunto una sorta di buco nero senza contorni definiti e senza prospettive, salvo appunto una decisa inversione di tendenza. Quello di Chiusi è un caso anomalo rispetto alle altre località a vocazione turistica. Perché la città di Porsenna ha sì grandi risorse che altri non hanno (un museo nazionale, un museo civico e uno religioso, una Cattedrale di prim’ordine e le catacombe paleocristiane, le tombe etrusche e il labirinto sotterraneo, più un bel parco storico, una fortezza, il lago, un percorso ciclabile che arriva fino ad Arezzo da una parte e a Orvieto dall’altra), è ben collegata via autostrada e via treno, è centralissima come posizione geografica, ha pure eventi di qualità, ma non ha mai sciolto un nodo decisivo, cioè non ha mai fatto una scelta precisa tra il puntare a diventare una città turistica o a mantenere il ruolo di snodo commerciale, industriale, di servizi e di trasporti. Al momento non è nell’una, né l’altra, perché anche come snodo commerciale e di servizi ha perso molti punti per strada.
Però, per analizzare la situazione è sempre bene partire dai fatti. E dai dati.
La popolazione cala. Questo è un dato di fatto. Al 31.12 2019 era di 8.369 abitanti. Un anno dopo, 31.12.2020, di 8.190 (-179).
Nel 2019 i nati sono stati 47, i morti 126, quasi uno a 3. Nel 2020 l’anno del covid i nati sono stati 33, i deceduti 115, più di uno a 3. Il saldo naturale negli ultimi due anni è 80/241 (-161).
Nel 2019, gli immigrati sono stati 303 (75 dall’estero) e 284 gli emigrati (16 verso l’estero).
Nel 2020 gli immigrati sono stati 240, di cui 41 dall’estero; gli emigrati 337, solo 16 verso l’estero, 191 verso altri comuni.
Anche il flusso migratorio insomma segna un saldo negativo negli ultimi due anni (-78).
Chi grida all’invasione degli stranieri lo fa a vanvera, sulla base di una percezione che non trova riscontro nella realtà. Anche se qui si parla di persone iscritte all’anagrafe non di tutte quelle che si incontrano per strada.
Che lo spopolamento-invecchiamento della popolazione sia una emergenza vera a Chiusi (ma anche altrove) è incontrovertibile, lo dicono i dati. Però c’è, anche a Chiusi, qualche piccolo segnale che induce a sperare nell’inversione di tendenza.
Prendiamo in esame il centro storico, cioè la parte vecchia della città, quella “vocata al turismo” e che viene visitata dai turisti, intendendo per centro storico solo la parte “dentro le mura” (escludendo quindi la zona della Violella, Rione Carducci, ma anche via Pietriccia, via Torri del Fornello e Asso di Picche). Fino agli anni ’90 c’erano ancora parecchi negozi, due edicole, diverse botteghe artigiane. Oggi di quel tessuto c’è rimasto ben poco.
Nel 2001 nel centro storico propriamente detto abitavano comunque solo 67 persone. Nel 2011, 84. Oggi (novembre 2021) i residenti sono 114. Dal 2001 la popolazione nella parte vecchia della città è dunque quasi raddoppiata. E ringiovanita, perché i nuovi abitanti sono per lo più giovani.
Sono numeri piccoli, certo. Ma il segnale è chiaro ed è un segnale positivo. Come è un segnale positivo il successo di certi ristoranti, che indubbiamente costituiscono un buon richiamo. Chiaro che sono abitanti e frequentatori del centro storico anche i residenti in via Pietriccia, via Torri del Fornello, zona Violella… Ma il dato precedente lo abbiamo segnalato per sottolineare come anche un centro storico non grande come quello di Chiusi, con soli 100 abitanti non può che apparire come una ghost town. E’ inevitabile, perché la maggior parte delle finestre risultano chiuse. Con 67 era peggio, però.
Quindi la strada del ripopolamento è quella giusta, e va perseguita, perché gente chiama gente, e se c’è gente poi servono anche i servizi, i negozi, le botteghe artigiane. Non tutto si può comprare su Amazon e in altre realtà anche più grandi la tendenza alla riapertura di negozi di vicinato e attività di servizio è già in atto. Se poi le attività che riaprono sono anche di qualità può davvero scattare la scintilla.
Servono, ovviamente, anche politiche mirate e incentivi da parte della pubblica amministrazione. Servirebbe un “patto” tra pubblica amministrazione, privati proprietari di immobili, banche per facilitare la residenza con agevolazioni all’acquisto o sugli affitti per abitazioni e attività… E servono anche interventi pubblici per ciò che riguarda posteggi e mobilità interna, arredo urbano, e mantenimento di servizi essenziali, oltre ad una programmazione efficace di eventi e iniziative che facciano vivere il luogo e lo rendano appetibile e piacevole a starci. Il discorso naturalmente vale per Chiusi, ma anche per tutti gli altri comuni che hanno più o meno le stesse dimensioni e gli stessi identici problemi.
M.L.
Ad ulteriore conferma di ciò che è scritto nell’articolo, con riferimento a Chiusi, arrivano i dati relativi all’andamento demografico nelle aree contigue al centro storico propriamente detto. Eccoli:
Via Violella: nel 2001, 18 abitanti; nel 2011, 26, nel 2021, 31. Via Pietriccia: nel 2001 36 abitanti; nel 2011 42; nel 2021, 56. Via Torri del Fornello: nel 2001, 50 abitanti; nel 2011, 60; nel 2021, 81. Insomma Chiusi città registra un trend di crescita dopo lo “spopolamento” sia dentro le mura che nella fascia immediatamente contigua e un ritorno di residenti consistente. Nelle tre vie: +63 residenti con un incremento del 62%. Sempre numeri piccoli, per carità… Ma l’inversione di tendenza c’è. Ed è costante da 20 anni a questa parte. Se mai è lenta e non tale da far gridare al miracolo, ma che ci sia è fuori di dubbio.
Chiusi città all’inizio degli anni 2000 rischiò pure di perdere le scuole elementari, per mancanza di numero legale. Quelle furono salvate dagli immigrati. Adesso la scuola elementare del centro storico ha una sezione per classe, per un totale di circa 100 studenti (una media vicina ai 20 alunni per classe).