BIMBO UCCISO, CONVALIDATO IL FERMO DELLA MADRE. I CC CERCANO LA LAMA SPEZZATA DEL COLTELLO E RISCONTRI SULLE ORE PRECEDENTI…
CITTA’ DELLA PIEVE – Si attende l’esito dell’autopsia sul corpicino straziato del piccolo Alex, il bimbo di 2 anni ucciso a coltellate che la madre ha poi portato in un supermercato a Po’ Bandino, adagiandolo sul nastro della cassa. L’esame medico legale stabilirà l’ora del decesso, e quindi anche se il bambino era già morto o meno quando la madre lo ha posto sul nastro della cassa del supermercato.
Nel frattempo, oggi 5 ottobre, nella trasmissione “Ore 14” su Rai 2 condotta da Milo Infante, è stata data la notizia che i carabinieri di Perugia, stanno setacciando palmo a palmo, anche con l’l’ausilio di esperti e di metal detector l’area adiacente alla vecchia cabina della Terni, abbandonata da decenni, alla ricerca dell’arma del delitto. In realtà nella borsa che la donna aveva con sé all’interno del supermercato, è stato rinvenuto un coltello da cucina, che però ha la lama spezzata. Le forze speciali dei CC starebbero cercando la parte mancante.
Intanto il Tribunale di Perugia ha convalidato il fermo della donna, che ora è nel Carcere di Capanne, con l’accusa di omicidio volontario e precisamente per aver colpito più volte al collo e al torace il piccolo con un’arma da taglio. E gli inquirenti sembrano non avere dubbi. Nel provvedimento di convalida del fermo si legge infatti che contro di lei ci sono le «immagini dei sistemi di videosorveglianza», le «tracce trovate nei pressi del rudere» e le «dichiarazioni dei testimoni», tutti elementi che confermerebbero che venerdì 1 ottobre «la donna è sempre stata da sola con il bambino nei momenti precedenti e immediatamente successivi alla commissione dell’omicidio».
Un altro elemento questo che per il Gip, certifica «la presenza della donna al momento del fatto» ma anche «l’inverosimiglianza di un omicidio commesso da terzi estranei». E fa propendere gli inquirenti stessi per l’ipotesi di un atto compiuto per vendetta, da parte della donna nei confronti del compagno, al quale il 24 settembre doveva consegnare il bambino, in Ungheria.
Infine c’è «il coltello con la lama spezzata» sequestrato dai carabinieri nella borsa della straniera «verosimilmente pare essere proprio l’arma dell’efferato delitto». E la lama spezzata potrebbe significare che i colpi inferti al bimbo siano stati di particolare violenza, con “chiara volontà omicidiaria”… così si è espressa la criminologa Francesca Bruzzone nella citata trasmissione di Rai 2.
Emerge insomma un quadro inquietante: una donna di 44 anni che uccide il figlioletto per vendetta verso il padre dello stesso e lo fa in maniera brutale. Ma emerge anche una situazione psicologica e sociale della donna piuttosto precaria e problematica. Da tempo, dato che le era stato tolto anche il figlio maggiore. Sembra molto problematico anche il rapporto tra la donna e il compagno, il quale in una intervista ha dichiarato di aver richiesto il test del Dna per riconoscere il piccolo Alex, in quanto non era sicuro che fosse figlio suo, per poi dire che lo amava moltissimo. Il padre del bambino dice anche che Katalin aveva lavorato, fino a non molto tempo fa, nel mondo del porno (per questo non era sicuro della paternità) e in effetti pare che avesse lavorato anche come entreneuse al Cavallino Bianco di Chiusi, quando il locale era una delle sale a luci rosse più famose d’Italia. Ma è chiuso da anni. La donna avrebbe anche precedenti penali per ricettazione, sfruttamento della prostituzione e altri reati. Al momento del fermo aveva la carta di identità italiana scaduta nel 2020.
Resta da capire se nei giorni e nelle ore precedenti l’omicidio a Chiusi dove era alloggiata presso un conoscente, insieme al figlio, qualcuno avesse notato situazioni anomale che potessero far pensare a gesti inconsulti (qualche testimonianza avvalorerebbe questa tesi) e se, come pare, fosse già “attenzionata” dai Carabinieri che mentre setacciano l’area della vecchia Terni, stanno anche mettendo in fila testimonianze, riscontri, tasselli di verità. Perché era attenzionata? era stata segnalata? Ovvio che i CC devono fare il loro lavoro e non stare a spiegare, ma il “pregresso” può avere una certa importanza.
Sia Chiusi Scalo che Po’ Bandino non sono New York, il tratto di strada che le collega è breve (meno di 1 km) e frequentato da pedoni, ciclisti e automobilisti. Qualcuno avrà visto qualcosa, notato qualcosa. Tutto, anche un dettaglio può servire a far luce su un fatto terribile, che però, da quanto ha scritto il tribunale di Perugia, sembra ormai piuttosto chiaro. Anche se la donna non ha ammesso l’omicidio e ha parlato di presunte aggressioni, a questo punto l’unico dubbio sembra essere se si sia trattato di un gesto d’impulso, di un raptus, o di un omicidio pianificato, magari per vendetta. Katalin Bradacs non ha cercato la fuga, ha atteso la polizia, è apparsa confusa, ma non sprovveduta. E anche questo è un classico nei casi del genere.
Sulla vicenda si sono accesi i riflettori dei media, la Tv del dolore si è messa subito in moto, troupe dei canali mainstream stazionano giorno e notte a Po’ Bandino e naturalmente non manca chi prova a ritagliarsi 2 minuti di visibilità e chi a tirar su due soldi per rilasciare un’intervista… Questo è il secondo classico. Il terzo sarà un libro di Katalin Bradacs fra qualche anno… Tutti film già visti decine di volte, purtroppo.
m.l.
Nella foto (Ansa): qualcuno ha posto dei fiori sul cancello della vecchia cabina ella Terni abbandonata, dove forse è avvenuto l’omicidio del piccolo Alex.