LA SPIGOLATRICE DESNUDA: IL PROBLEMA E’ IL CULO DI UNA STATUA O COME CI HANNO RACCONTATO LA STORIA?

mercoledì 29th, settembre 2021 / 17:50
LA SPIGOLATRICE DESNUDA: IL PROBLEMA E’ IL CULO DI UNA STATUA O COME CI HANNO RACCONTATO LA STORIA?
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«Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Me ne andava al mattino a spigolare quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore, e alzava una bandiera tricolore.
All’isola di Ponza si è fermata, è stata un poco e poi si è ritornata;
s’è ritornata ed è venuta a terra; sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!…

La recente inaugurazione a Sapri di una statua bronzea dedicata alla famosa “spigolatrice”, citata nella poesia di Luigi Mercatini sulla fallita insurrezione popolare tentata da Carlo Pisacane nel 1857, ha scatenato polemiche sulla stampa e sui social. Motivo del contendere la raffigurazione della spigolatrice di Sapri in abiti succinti e trasparenti, che ne mettono in evidenza le forme e in particolare i glutei scolpiti… Una immagine ritenuta sessista e fuori luogo.

Ora è ovvio che una lavoratrice dei campi nel 1857, nella Campania borbonica, non andava certo a lavorare con gli abiti bagnati o trasparenti e senza mutande…  Ma nel bailamme mediatico che si è scatenato tutti si sono soffermati sul culo in bella mostra della figura scolpita dall’artista Emanuele Stifano, e nessuno o pochissimi sulla storia che ci sta dietro. Cioè su quella spedizione certo velleitaria, ma anche antesignana di ciò che verrà dopo, tentata da Carlo Pisacane, uno dei giovanissimi eroi della Repubblica Romana, che più dei garibaldini della spedizione dei Mille di 3 anni dopo, provò a mettere in pratica una delle primissime “insurrezioni socialiste” della storia.

La vicenda mi ha fatto tornare alla memoria un episodio. Era il 1976, a Chiusi al Festival della Gioventù Comunista  che quell’anno propose anche un concerto di Tony Esposito, venne proiettato un film, uscito da poco nelle sale: “Quanto è bello lu murire acciso”, di Ennio Lorenzini. Titolo tratto da una canzone popolare rielaborata da Roberto De Simone, il guru del folk revival napoletano che negli anni ’70 fece riscoprire molte cose…

Quel film raccontava appunto l’impresa di Carlo Pisacane organizzata alla maniera mazziniana, badando cioè più all’entusiasmo patriottico e all’ideale che ad una severa preparazione. Imbarcatosi a Genova con ventiquattro volontari con lo scopo di avviare una rivolta, anzi una “rivoluzione” dei contadini meridionali, fece dirottare la nave, diretta a Tunisi all’isola di Ponza dove liberò 300 detenuti e si rifornì di armi.

Dopo lo sbarco a Sapri, Pisacane si rese subito conto del mancato aiuto dei liberali napoletani che non vollero avere a che fare con quella spedizione mista con ergastolani che i contadini temevano come una banda di briganti e dai contorni un po’ troppo socialisteggianti negli intenti…

Nonostante tutto Pisacane volle proseguire nell’impresa, convinto che sarebbe bastato accendere la scintilla perché la rivoluzione divampasse in tutto il Sud d’Italia. Furono invece proprio i contadini ad attaccare e costringere alla fuga i congiurati che vennero circondati presi a fucilate e forconate.. Venticinque di loro finirono massacrati. Gli altri, per un totale di 150, vennero catturati e consegnati ai gendarmi.

Così come la Repubblica Romana del 1849 fu repressa nel sangue dai francesi chiamati dal Papa, anche la spedizione romantica e idealistica di Pisacane di 8 anni dopo finì male. Come quella dell’anarchico Giulio Manieri a Città ella Pieve, nel film San Michele aveva un gallo, dei fratelli Taviani, che hanno affrontato lo stesso argomento anche con Allonsanfàn del ’74. 

Ecco, “Quanto è bello lu murire acciso“, Allonsanfàn e “San Michele aveva un gallo”  ambientato e girato a Città della Pieve nel ’72  sono tre film di quel filone “politico” che a quel tempo andava di moda e, partendo dal Risorgimento,  cercava di ragionare e far ragionare sui tempi del momento, quelli posti dalla grande contestazione del’68, dall’autunno caldo del ’69,  sulla dicotomia ancora irrisolta tra democrazia e socialismo, tra anarchismo velleitario e socialismo scientifico, tra via parlamentare e democratica e lotta armata.

Alcuni critici vollero vedere nel film di Lorenzini sull’impresa fallita di Pisacane una metafora sulla fine di Che Guevara in Bolivia “che i rivoluzionari scientifici deplorarono per tanta cecità spontaneistica mentre i libertari ne fecero un mito”. Ma in quel film come in quelli dei Taviani c’è forse anche un altro assunto: quello che il Risorgimento italiano aveva in sé non solo aneliti patriottici, ma anche i germi di una rivolta sociale e politica, aspetto questo che a scuola non ci è stato raccontato. Pisacane fu un esempio tangibile di tutto ciò e infatti di lui si parla poco. Troppo poco. 

Il dibattito che si è aperto sulla statua della spigolatrice con il culo velato ma ostentato, ha offuscato ancora una volta il nocciolo della questione spostando l’attenzione sull’immagine sessista o meno… quando invece il nodo è come ci è stato raccontato e insegnato il Risorgimento, come ci è stata raccontata e insegnata l’Unità d’Italia, quanto c’era di rivoluzionario (e non solo di velleitario) nelle idee e nelle iniziative di personaggi come Mazzini e Pisacane.

Nel 1976, anche a Chiusi, i giovani di allora provavano a capire… Quantomeno a interrogarsi proponendo film non proprio di cassetta in contesti di massa…

I giovani di oggi, anche quelli che sono candidati alle elezioni comunali, lo fanno o si fermano a quel culo velato e al giudizio sulla bellezza o bruttezza di quella statua inaugurata a Sapri? Mi piacerebbe saperlo.

Marco Lorenzoni

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