LA BOMBA ATOMICA? NOT IN MY NAME. FRANCO RASETTI, LO SCIENZIATO CHE FECE IL GRAN RIFIUTO…
POZZUOLO UMBRO – Oggi, 27 dicembre, a Pozzuolo Umbro è in programma la presentazione di un libro su uno dei personaggi più illustri del territorio. Il libro si intitola “Franco Rasetti. Lo scienziato che disse no alla bomba” curato da Danielle Ouillet che lo ha pubblicato in Canada e tradotto per l’Italia da Saverio Braccini e Olga Bobrowska Braccini. Il personaggio in questione è, appunto Franco Rasetti. E il fatto che l’evento si tenga a Pozzuolo non è casuale. Tutt’altro. La frazione del comune di Castiglione del Lago infatti è il paese di nascita dello scienziato e l’evento è promosso dall’Associazione Franco Rasetti Aps che ne cura la memoria.
L’iniziativa e il sottotitolo stesso del libro appaiono molto attuali. E così come è certamente rilevante la figura di Franco Rasetti, è rilevante anche parlare oggi, mentre il mondo è di nuovo sull’orlo di una guerra mondiale che stavolta sarebbe nucleare, di uno scienziato che alla bomba nucleare disse di no e fece un passo indietro rispetto ai suoi studi, al su stesso lavoro. Sì perché Franco Rasetti era uno di quel gruppo di giovani studiosi che negli anni ’30 venne definito “I ragazzi di Via Panisperna”. Una pattuglia di scienziati, giovanissimi, che operava nell’Istituto di Fisica dell’Università di Roma, fondato da Orso Mario Corbino ed ubicato (fino al 1935) appunto in via Panisperna n.90 nella capitale. Si devono a quel gruppo gli studi che portarono alla scoperta della “proprietà dei neutroni lenti” che diede avvio alla realizzazione del “primo reattore artificiale a fissione nucleare a catena” e poco dopo della bomba atomica. Il coordinatore del gruppo Enrico Fermi ottenne per tale scoperta il Premio Nobel nel 1938. Con lui c’erano Franco Rasetti, Edoardo Amaldi, Emilio Segrè, poi Ettore Majorana, Bruno Pontecorvo e il chimico Oscar D’Agostino. Fermi, Rasetti e D’Agostino erano del 1901, Segrè del 1905, Majorana del 1906, Amaldi del 1908 e Pontecorvo del 1913. Ragazzi che in quel periodo avevano insomma dai 20 ai 35 anni.
Franco Rasetti aveva studiato all’Università di Pisa (con Fermi) e poi in California. Si laureò a 21 anni. Nel 1928 aderì e si iscrisse al Partito Nazionale Fascista e nel 1938 ottenne il Premio Mussolini per le scienze. Ma dopo la promulgazione delle Leggi Razziali, pur non essendo ebreo lasciò l’Italia come furono costretti a fare anche Fermi, Segrè e Pontecorvo. Emigrò in Canada e all’Università del Quebec si dedicò alla ricerca sui raggi cosmici e agli studi di spettroscopia nucleare. Contrario al coinvolgimento degli scienziati nelle ricerche a scopo bellico (“la guerra è una cosa idiota”, diceva) non volle però contribuire alla costruzione della bomba atomica e si rifiutò di partecipare al “Progetto Manhattan” che poi porterà alla realizzazione concreta dell’ordigno nucelare che fu sganciato nel 1945 su Hiroshima e Nagasaki. Scelta che fecero anche altri scienziati sia nel gruppo di via Panisperna che in altre parti del mondo: da Josef Rotblat ad Albert Einstein, da Leo Szilard a Robert Hoppenheimer.
La decisione di non collaborare alla bomba atomica fece sparire Rasetti dai radar. In verità rimase in Canada fino al 1947 per dedicarsi ad altri studi. Il suo nome e la sua figura compaiono nel romanzo Lessico famigliare di Natalia Ginzburg.
Dei Ragazzi di Via Panisperna, come dicevamo, non fu l’unico a eclissarsi. Ettore Majorana sparì nel nulla il 26 marzo del 1938. Suicidio, allontanamento volontario? Non si è mai saputo e il “caso Majorana” è rimasto fino ad oggi uno dei tanti misteri italiani. Bruno Pontevorvo, il più giovane del gruppo e fratello del regista Gillo Pontecorvo, nel 1950 si dileguò anche lui, espatriando clandestinamente in Unione Sovietica (passando dalla Finlandia) dove continuò le sue ricerche “sui neutrini e il decadimento del muone”. Ma per la parte avversa. Una scelta che in piena guerra fredda fece non poco scalpore. Fermi rimase negli Usa diventando anche cittadino americano.
Tornando a Rasetti, va detto che dopo l’abbandono della fisica, per non rischiare convolgimenti in cose spiacevoli, si dedicò, con altrettanto grande profitto, alle scienze naturali. Del resto in questo campo era figlio e nipote d’arte, come s suol dire. Era infatti figlio di Giovanni Emilio Rasetti docente di agricoltura e specializzato in chimica, entomologia, botanica e geologia e di Adele Galeotti, pittrice e appassionata anche lei di scienze naturali come suo padre, Gino Galeotti, medico patologo autore di importanti ricerche sulla peste bubbonica. Franco Rasetti risulta ad oggi uno degli studiosi più autorevoli dell’era geologica del Cambriano. È stato il primo a fotografare una pianta talmente difficile da osservare che si dubitava perfino della sua effettiva esistenza.
E’ morto dopo aver compiuto da poco 100 anni, nel 2001 a Waremme in Belgio. E’ sepolto a Pozzuolo dal 2002. Il Comune di Castiglione del Lago gli ha intitolato gli istituti scolastici di primo e secondo grado, anche nella frazione pozzolese ed intitolata a suo nome anche la Centrale Enel di Pietrafitta (Piegaro). Nei giardini pubblici di Pozzuolo nel 2008 è stato inaugurato un busto bronzeo dello scienziato. A Palazzo Moretti a Pozzuolo è allestita una mostra permanente sulla figura e l’opera di Rasetti.
Edoardo Amaldi, l’unico dei ragazzi di Via Panisperna insieme a D’Agostino a rimanere in Italia è uno de fondatori del CERN.
Insomma la ricerca scientifica al massimo livello del ‘900, con Franco Rasetti passa anche da questo territorio a cavallo tra Umbria e Toscana. La sua è stata una vita lunga tutto un secolo, punteggiata da ricerche in vari campi di altissimo valore. Ma quel “gran rifiuto” di prestarsi alla costruzione della macchina di morte più potente che sia mai stata costruita e utilizzata, ne fa anche un gigante di umanità. E di dedizione alla scienza come strumento per capire e migliorare la vita delle persone, non come strumento a servizio della guerra. Una lezione che – come dicevamo in apertura – oggi appare ancora attuale e pregnante. E ancora più radicale di quella che fece il suo giovane compagno di ricerche Pontecorvo, che decise di passare dall’altra parte della cortina di ferro.
La figura di Rasetti è una di quelle che andrebbe studiata, riletta, approfondita, soprattutto in questo territorio. Una di quelle figure di cui andare orgogliosi. Aveva aderito al Fascismo, certo. Come quasi tutti all’epoca. D’altra parte era di estrazione borghese e veniva da una una zona in cui gli agrari dettavano legge. Ma non esitò, rinunciando anche alla “gloria” e alla fama, a fare un passo indietro, quando si rese conto che i suoi studi e i risultati di quegli studi potevano servire alla guerra, non al progresso. Qualcuno ricordi il Not in my name di Rasetti a Ursula Von del Leyen, a Giorgia Meloni, ai ministri Crosetto e Tajani, ad Elly Schlein, ai trombettieri e tamburini della propaganda bellicista formato mainstream che da tre anni a questa parte non si sono fermati un secondo, neanche per Natale, a tutti coloro che vogliono aumentare le spese militari e trasformare le fabbriche di frigoriferi e automobili in industrie belliche. E magari anche agli scienziati e agli studiosi di oggi. Quanti Oppenheimer, quanti Einstein, quanti Rasetti ci sono in giro oggi?
M.L.
Nella foto: Franco Rasetti (secondo da destra) con gli altri “ragazzi di via Pamisperna”.
La tua domanda su quanti ci siano in giro di Rasetti,di Oppenheimer e di Einstein e di altri come loro è calzante per inquadrare i tempi nei quali viviamo. Si, senza meno il numero che ne deriverebbe sarebbe una ”misura illuminante dei tempi” attuali che siamo destinati a vivere.Credo che in confronto alla totalità degli studiosi e degli scienziati,oggi i nomi che ne deriverebbero e che potrebbero ricalcare quelle orme sarebbero proprio pochi. Anche se potenzialmente ce ne potrebbero essere parecchi di tali uomini di scienza, ritengo comunque che la stragrande maggioranza spesso siano asserviti alla logica del successo cattedratico e quindi assoggettati alla logica del sistema.Questi ultimi -bada bene- tengono un comportamento di solito appartato e quando appaiono nei media per illustrare i loro lavori hanno comportamenti evanescenti ed è difficile che di fronte ai temi che il tuo post solleva prendano una posizione schietta e ben definita,poichè sanno bene che la ”politica” spesso nei loro settori possa essere sia premiante ma anche altrettanto vendicativa tanto da inquadrarli automaticamente nell’ingranaggio che ne decreti il successo e l’avanzamento oppure la relegazione nel dimenticatoio. E questo ancor oggi, dopo tutta l’acqua che è passata sotto i ponti al riguardo dei contrasti internazionali la dice lunga anche su un tema come quello della ”libertà” tanto sventolato in occidente e che poi da non dimenticare anche il fatto di coloro i quali per la prima volta nella storia, di quelle bombe ne ha fatto uso a guerra mondiale che stava per terminare con la vittoria sul nazifascismo ormai certa e decretata,uccidento circa 150.000 persone in un solo attimo fra Hiroshima e Ngasaki e tale fatto occorrerebbe anche considerarlo da un punto di vista etico,umanitario ed infine politico.E tutto questo-non lo si dimentichi- per dare un monito di rilevanza mondiale a quella che era l’Unione Sovietica di quel tempo, fra l’altro anch’essa vincitrice sul nazismo pagandone il prezzo superiore ad ogni nazione belligerante, con 20 milioni di morti. Questo tanto per inciso e ribadire un po’ la storia per sommi capi che oggi molte persone non considerano perchè il comparto mediatico tali avvenimenti gliele ha fatti dimenticare. Rileggendo il tuo post nelle persone che tu nomini,mi piace ricordare che un allievo del gruppo della Scuola di Via Panisperna è stato anche un mio zio che tu credo abbia conosciuto il quale ha avuto come docente di matematica,fisica e meccanica razionale proprio Luigi Amaldi,del quale esimio professore adesso conservo gelosamente i suoi appunti che proprio questo mio zio di nome Lodovico Longo- spentosi a Città della Pieve nel 1997- mi ha lasciato in eredità e che conservo come una reliquia nel mio archivio librario.Qualche anno fa ci fu una commemorazione di Lodovico Longo fatta a Palazzo della Cornia in Città della Pieve alla quale fui chiamato a partecipare da parte di ricercatori della storia del cinema di Roma poichè Longo-che aveva una passione grandissima per la matematica-si era laureato in ingegneria alla Sapienza di Roma e fu un grande sportivo di pugilato-combattè per il campionato italiano arrivando secondo ma l’anno quale fosse non me lo ricordo- sollevamento pesi e di rugby ed oltre che a partecipare al progetto di costruzione dell’Andrea Doria dei cantieri Ansaldo di Genova.Fu attore principale del film Harlem con Massimo Girotti ed Amedeo Nazzari.Ricordo che quando ero ragazzino voleva in tutti i modi spiegarmi funzioni di matematica che per lui erano facilissime ma per me risultavano come suol dirsi come la lingua araba….Prese anche parte-e questo l’ho scoperto successivamente- alla ricostruzione del braccio mancante del Lacoonte conservato nei Musei Vaticani meritandosi un encomio solenne da parte del curatore di quel restauro Prof.Ernesto Vergara Caffarelli (pag.67 della sua citazione)che si inspirò al modello fisico di Longo che posò lungamente e con molta pazienza per consentire quel lavoro.Di quella scuola di Via Panisperna parlava spesso mio zio ed un rimorso grande prima della sua scomparsa avvenuta nel 1997 è stato per me non avergli carpito i nomi di personaggi che ritengo appartenessero a quella scuola e che risultano in sua compagnia nelle foto che ritengo che risalgano agli anni ’40 del 900.La sua abitazione a Chiusi fu acquistata dal geometra Rossi, padre di Giangiacomo Rossi che spesso interviene su questo giornale.Altra cosa che mi salta in mente adesso che stò scrivendo riguardo a Via Panisperna e tanto per mettere l’accento sulla grande passione che attraeva mio zio riguardo alla matematica, oltre al deposito notarile sulla presunta risoluzione del teorema di Fermat che è rimasto un vero mistero, è quella che tale passione gli fu immessa da una sua zia,tale Carlotta Longo docente all’Università di Padova che ha formulato una teoria fisica che porta oggi il suo nome che è parallela a quella di Einstein: ”la legge elettrostatica elementare nella teoria di Einstein”. Ricordo ai lettori che per una informazione più vasta di questo alunno della Scuola di Via Panisperna può essere letta cliccando su Google e scrivendo ”Lodovico Longo Corriere Pievese” e leggere una breve storia da me comunicata alla redazione di tale giornale nel 2021.
Quella di via Panisperna però non era una scuola con alunni, ma un istituto dell’università di Roma, un centro di ricerca. I “ragazzi” che vi operavano non erano studenti, ma ricercatori, alcuni già docenti con cattedra e con esperienze all’estero. Il fondatore Corbino era stato senatore e ministro. Le leggi razziali del ’38 cambiarono lo scenario e di fatto ruppero il giocattolo. E – come scritto nell’articolo – scompaginarono quella pattuglia di scienziati.
Infatti io non scritto che zlodovico Longo abbia frequentato la scuola ma ho detto che fra i suoi docentii universitari c’è” stato anche Luigi Amaldi della scuola di via Panisperna.
è il termine “scuola” che non quadra e non è esatto. Tutto qui.
X Marco Lorenzoni.Si,certamente hai ragione oltre al termine ”scuola” c’era indiscutibilmente e sicuramente una differenza di età fra quegli scienziati denominati ”i ragazzi di Via Panisperna” e l’età di Lodovico Longo.Fra l’altro, ho errato – chissà perchè -anche il nome di Amaldi scrivendo Luigi che nulla c’entrava ed era un cognome che solo io avevo in testa ma invece trattavasi di Edoardo Amaldi-appunto uno di questi ragazzi di Via Panisperna che era nato nel 1908 e nulla c’entrava con la ”meccanica razionale”che ho citato nell’altro intervento e che invece era uno degli studi di suo padre Ugo Amaldi insieme a Levi-Civita. Fra l’altro tali appunti a cui mi riferivo-e lo dico con sicurezza poichè sono andato a controllare proprio nei volumi di appunti – sono quelli di Ugo Amaldi (padre di Edoardo) e non di Edoardo. Difatti Ugo era nato nel 1875 mentre il figlio Edoardo nel 1908 e quindi sarebbe stato un po’ difficile che appunto Edoardo potesse essere stato insegnante di Lodovico Longo all’Università della Sapienza poichè mio zio era nato nel 1912 ad Ysambi nel Congo Belga(odierno Zaire) e le due età pressappoco concidevano e la differenza di 4 anni non avrebbe potuto significare che l’uno fosse lo studente e l’altro il docente.Quindi per correttezza di informazione rettifico tutto quanto ho scritto, poichè sono stato tratto in inganno dal cognome ”Amaldi’ che è riferibile a tutti e due i celeberrimi gli studiosi padre e figlio e mi scuso con i lettori per questo e la cosiddetta ” Scuola di via Panisperna” nulla c’entra con la frequentazione universitaria di mio zio Lodovico Longo.