IL POPOLO PD MORIRA’ DEMOCRISTIANO? MA PERCHE’ I DEM NON PROVANO UNO SCATTO DI FANTASIA? A CHIUSI C’E’ CHI PARLA DI AZZERAMENTO DEL GRUPPO DIRIGENTE
Abbiamo scritto tante volte su queste colonne non solo negli ultimi giorni che il Pd è u partito nato male e cresciuto peggio, che adesso sembra arrivato addirittura al capolinea. I difetti di fabbrica sono arrivati a scadenza e come tutti gli oggetti ad “obsolescenza programmata” anche il Pd si sta disfacendo, come una mozzarella scaduta, come un’automobile che, ad un certo punto, vede rompersi un pezzo dopo l’altro e alla fine fa fatica viaggiare ed è tutta un rumore, che sembra una banda di paese stonata e raffazzonata. Le dimissioni di Zingaretti da segretario sono solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, sono l’effetto della crisi di identità e di progetto del Pd, non la causa. In molti anche tra i commentatori Tv, i giornalisti e gli stessi dirigenti Dem danno il partito nato nel 2007 come un organismo già morto… E come un mostro che divora i suoi stessi dirigenti. In effetti, in meno di 14 anni di segretari ne ha cambiati 7, fagocitati uno dopo l’altro: Veltroni, quello della nefasta vocazione maggioritaria, poi Franceschini, Bersani, Epifani, Renzi (due volte), Martina e Zingaretti… Il Pci dal 1944 al 1984 solo 3: Togliatti, Longo e Berlinguer. Ma quella è un’altra storia.
Adesso l’assemblea nazionale del 13 e 14 marzo proverà a trovare una soluzione, almeno una soluzione ponte, per evitare lo scioglimento del partito, il dissolvimento e mettere una toppa alla falla aperta da Zingaretti. Il nome che circola con maggiore insistenza è quello dell’ex premier giubilato da Renzi, Enrico Letta, detto Enricostaisereno…
Una persona per bene, un dirigente pacato e preparato, docente alla Sorbona di Parigi… Ma anche un cattolico liberale e pure “liberista”, fautore di un liberismo non spinto, mitigato dal solidarismo cattolico, ma non certo una figura ascrivibile alla storia e alla tradizione della sinistra. Neanche di quella più riformista e socialdemocratica. In sostanza un democristiano, di quelli bravi e sinceramente democratici. Non un arrampicatore della politica e nemmeno un leader spregiudicato e senza scrupoli come Renzi. Ma pur sempre un democristiano. Moderato. Amico dei e apprezzato dai salotti buoni. Per il Pd, in un momento come questo, sarebbe, con tutto il rispetto per la persona, il timbro sulla fine. Con quella profezia che Pintor voleva evitare “non “non moriremo democristiani”) che invece per il popolo Pd, diventerebbe l’ultimo approdo.
Certo, se il Pd vuol marcare una distanza e una rottura con il renzismo anche quello che gli è rimasto incollato dentro), Enrico Letta sotto questo aspetto è al di sopra di ogni sospetto, ma se vuole ridarsi o darsi una identità, se vuol riconquistare militanti ed elettori smarriti, anche per il fatto di ritrovarsi al governo insieme a Berlusconi e a Salvini, sotto la guida di un banchiere, beh, no, allora Letta non è la figura adatta.
Può essere un buon premier, un buon ministro, ma forse come segretario del partito più grande della sinistra (anche se ai minimi termini) servirebbe un’altro profilo. Vorrebbe dire fare una scelta moderata e tutta dentro le logiche dell’estabilsment, lasciando al proprio destino gli operai, i precari, le periferie e perfino le sardine…
Tanto più in un momento complicato anche dalla pandemia, dalla crisi sanitaria ed economica, dal senso di smarrimento generale di mancanza di prospettiva il Pd dovrebbe cercare uno scatto, non un semplice riposizionamento, una mossa di fantasia, un dribbling, un tiro da posizione impossibile per provare a sorprendere gli avversai e se stesso… I giocatori più fantasiosi a volte lo fanno.
E allora forse ha ragione Elly Schlein, vicepresidente dell’Emila Romagna, già eurodeputata eletta con il Pd e poi uscita dal Pd, ma non lontanissima dai Dem. “Ora però, dopo la nascita del governo di Mario Draghi appoggiato da una maggioranza larghissima, bisogna costruire un campo nuovo a sinistra. La crisi del Pd ci riguarda da vicino, chiarisce il bivio di fronte a cui ci troviamo tutti, facciamola questa riflessione, il Pd non può farla da solo. C’è una ragione per cui noi non siamo nel Pd, ma sono le ragioni su cui lavorare per ricucire. In tante e in tanti la pensiamo nello stesso modo, su come ricostruire il futuro, sulla transizione ecologica, sul contrasto alle diseguaglianze. Dobbiamo dare risposte a chi sta pagando maggiormente questa crisi, cioè le donne e i giovani, che hanno ereditato dalla fase precedente contratti precari”… “Se fosse proprio questo il momento buono per immaginare una cosa inedita, diversa, un’operazione pirata? Mi sembra che il quadro politico schiacci le forze più fresche della società, come possono mobilitarsi oggi tutti i ragazzi che riempiono le piazze? La soluzione non è rientrare in un Pd in grande confusione, ma ricostruire l’intero campo su basi più coerenti. Diamoci un appuntamento, la politica oggi si ostina a dividere quello che sta già pensando insieme” dice Elly Schlein.
Ecco: perché il Pd invece di pensare a Enrico Letta, non pensa ad una figura come Elly Schlein? Donna, giovane, con un nome strano… sarebbe lo scatto sulla salita decisiva, il dribbling secco, il tiro al sette da quell’angolo da cui nessuno avrebbe mai tirato. Due anni fa quando il Pd poi elesse Zingaretti, su primapagina ci chiedevamo come mai il Pd non facesse segretario Pif . Una provocazione ovviamente. Non molto diversa però dall’appello di Elli Schlein di oggi.
Ma, a leggere le cronache dal Nazareno e dintorni sembra che il Pd da quest’orecchio ci senta poco o niente. E intanto il Pd si sfalda e rischia l’implosione anche nei territori. L’incertezza stessa sul nome del segretario e l’ipotesi dominante che possa essere Letta, apre praterie piene di nebbia e paludi, anche laddove il Pd ha ancora un certo radicamento e una certa consistenza.
Certo chi anche in periferia ha ingaggiato una guerra senza quartiere all’ala ex renziana, autodefinendosi più di sinistra e cercando alleanze con la sinistra a sinistra del Pd e coi 5S, come è successo a Chiusi, potrebbe trovare in Letta una figura di conferma, ma poi dovrebbe trovare una spiegazione plausibile alla democristianizzazione conclamata. E forse dovrebbe anche rivedere la strategia sulle alleanze perché Letta con la sinistra più radicale ed ecologista c’entra poco… Questo per dire che situazioni come quella di Chiusi, una delle città che voteranno in autunno, possono esplodere e naufragare in un mare di nulla, con un partito di maggioranza che nei prossimi mesi potrebbe far fatica a riconoscersi allo specchio…
In questi giorni, da quando Zingaretti si è dimesso, i dirigenti locali del Pd hanno mantenuto la solita “consegna del silenzio”, nessuno si è esposto, tranne per qualche timido attestato di stima verso il segretario. Adesso che succederà? Qualche giorno fa in altro articolo aleggiava la domanda se il Pd ci sarà ancora quando si voterà per le amministrative. Oggi noi la certezza che ci sia non ce l’abbiamo. E forse – a sentire la gente qui dove il Pd è maggioranza – non ce l’hanno neanche i militanti e gli elettori Pd. Pensare di trovare un candidato a sindaco, aprire confronti e trattative con altre forze, stilare programmi e stringere alleanze con un partito in questo stato è roba da far tremare i polsi. E c’è chi, ancora sottovoce, ma sempre più insistentemente, parla di azzeramento del gruppo dirigente e di ripartenza su basi e recinti del tutto diversi, per arrivare al voto a settembre-ottobre in altre condizioni. Farlo adesso potrebbe avere un senso, farlo dopo aver perso per la prima volta le elezioni, ne avrebbe un altro.
m.l.
ELLY SCHLEIN, ENRICO LETTA, Juri Bettollini, Nicola Zingaretti, pd
Al Pd serve non ridarsi, ma darsi una identità che non ha mai avuto e fin dal nome, deve far capire a tutti da che parte sta. Partito Democratico, è troppo vago, come ebbe a dire D’Alema, “democratici siamo tutti”. Io nel mentre davo il mio modesto contributo per farlo nascere, mi battevo senza alcuna esitazione, contro questa mancanza di identità. Chiedevo al nuovo partito nascente, di dire chiaramente quale era il modello economico di riferimento e per il quale ci saremmo battuti. Io mi dichiaravo per una economia di stampo social democratico, un economia di mercato a base solidaristica. In Federazione mi dicevano che erano idee vecchie oramai superate. Così come molti sostenevano che le acciaierie erano tecnologie che dovevano essere per forza di cose, trasferite nei Paesi emergenti, noi dovevamo concentrarsi sul terziario avanzato. Cavolo, quante idiozie ho dovuto sentire in quegli anni. Insomma in linea con il Dettato Costituzionale, volevo che lo Stato fosse uno degli attori protagonisti della teatralità sociale. Le risposte che mi giungevano erano molto deludenti, del tipo: “Di queste cose se ne parlerà dopo, ora bisogna fare l’unificazione”. Risposte dallo scarsissimo valore politico strategico e facevano presagire quello che da anni tutti hanno capito: il PD non è in grado allo stato attuale, di indicare nessuna strada da seguire, non è capace di dettare nessuna agenda politica al Paese, non riesce a dire una sola parola dinnanzi allo smantellamento dell’apparato industriale nazionale, messo in atto dalle multinazionali. Poi la scuola, poi la sanità, siamo stati noi a chiamare gli Ospedali, Aziende Ospedaliere. Un autentico ossimoro. E ancora l’Europa, quale il suo ruolo internazionale: protagonista o eterna subalterna. L’economia liberista che sta strozzando tutto il sud del pianeta, in Africa si è tornati a praticare lo schiavismo da parte delle multinazionali. Ecco dinnanzi a questi drammatici fatti, non si sente nessuno a sinistra alzare la voce per denunciare, per indicare una possibile altra strada da perseguire. Nessuno parla più di cooperazione, tutti si sono adeguati, piegati a questo liberismo.
Ecco ora si affaccia Letta. Io non credo che sia la figura politica giusta per il PD, per far si che questa espressione politica torni ad essere un soggetto politico in grado di far scaldare i cuori alla gente. E’ un ottimo amministratore, come ho sempre sostenuti di Zingaretti, ma per fare il leader politico, ci vuole ben altra stoffa, altro spessore. In questo senso la Prima Repubblica, con tutte le contraddizioni, gli elementi corruttivi, però seppe dare all’Italia classi dirigenti all’altezza del compito. Il populismo, saremo in grado di sconfiggerlo, solamente se tornerà la grande politica .
Cottarelli in queste ultime ore, ha rilasciato diverse dichiarazioni . A proposito di economia ha detto senza tanti giri di parole, che bisogna costruire un’economia che risponda alle logiche del mercato, ma che contenga pure principi solidaristici, Così come la società deve essere fondata sul merito, ma costruendo le condizioni per una partita di partenza, una società dei Diritti. Ha detto chiaramente che scuola e sanità, devono essere pubbliche se si vogliono creare le condizioni di parità. Io dico queste cose da quando portavo i pantaloni corti. A sinistra questi discorsi sono decenni che non si sentono.