CHIUSI: CON BETTOLLINI OUT, ADESSO SONO I PARTITI CHE DEVONO FARE LA PARTITA. AL PD L’ONERE DELLA PRIMA MOSSA

martedì 23rd, febbraio 2021 / 10:18
CHIUSI: CON BETTOLLINI OUT, ADESSO SONO I PARTITI CHE DEVONO FARE LA PARTITA. AL PD L’ONERE DELLA PRIMA MOSSA
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CHIUSI –  Con una intervista a La Nazione, il sindaco Bettollini conferma il suo giudizio pessimo su come si è mosso il Pd e sgombra il campo anche dalle illazioni su possibili ed eventuali ripensamenti. “Non ci saranno”, dice Bettollini, che poi chiosa: “Ora la politica può pensare a costruire e nona distruggermi, mi auguro che non perdano questa occasione. Juri è fuori. Buon lavoro a tutti i partiti”. Quindi il sindaco esce dal campo e lascia la palla al Pd e a tutti gli altri. Che adesso – con il terreno di gioco sgombro dal macigno Bettollini –  possono dedicarsi alla stesura di programmi, a tessere alleanze e a cercare un candidato o una candidata che non lo faccia rimpiangere.

Il Pd però non potrà muoversi se non dentro il recinto fissato dall’ultima assemblea dell’Unione Comunale. Oppure dovrà riunire di nuovo l’organismo dirigente e prendere altre decisioni. Bettollini nell’intervista richiama un comunicato del partito, nel quale sarebbe stato scritto che a sostenerlo sarebbe una esigua minoranza. Non è così. Non è vero che il nome di Bettollini, come candidato, è stato fatto da una parte minoritaria del partito. Il 9 febbraio scorso la maggioranza dell’Unione Comunale si espresse per la sua ricandidatura. E durante le consultazioni da novembre in poi, almeno la metà degli iscritti al partito ha chiesto che si ricucisse lo strappo e che il sindaco potesse candidarsi per un secondo mandato. Alcuni subordinando la cosa al rinnovo della tessera. Ma senza alcun ostracismo. In ogni caso questo ormai è un problema superato. Bettollini si è chiamato fuori da solo. Non è più un ostacolo, uno scoglio da aggirare. Resta invece sul tappeto la pretesa discontinuità con l’attuale amministrazione  – di cui ha parlato il referente provinciale Alessio Pianigiani e che è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, inducendo Bettollini al lancio della spugna.

La “discontinuità con l’amministrazione” nessuno l’ha mai chiesta. Ma se questa è la linea del Pd senese, allora la linea taglia fuori non solo il sindaco, ma anche gli altri componenti la giunta e la maggioranza che l’ha sostenuta. In particolare taglia fuori i nomi di Andrea Micheletti, Sara Marchini e Chiara Lanari che la segretaria Cardaioli aveva indicato nella rosa di 7, presentata all’assemblea del 9 febbraio. Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti. E in questo caso sono pietre.

Il discorso vale all’interno del Pd, ma anche fuori. Alcuni nel gruppo dirigente del Pd chiusino sperano di poter aprire confronto per una possibile coalizione con il M5S e con Possiamo, le due forze attualmente all’opposizione, che nei 5 anni sono state spesso feroci con Bettollini, ma mai tenere con gli assessori, definiti più volte come figure deboli, succubi del capo, sempre allineate e coperte… Giudizio tranchant che ha riguardato più volte anche il capogruppo Simone Agostinelli, che alcuni oppositori parafrasando un personaggio un po’ così di Panariello, chiamavano  “Simone Power Ranger”…

Certo la linea nazionale del Pd è quella di provare laddove possibile, nei comuni, l’alleanza organica coi 5 Stelle e la sinistra, ma a livello locale i rospi da ingoiare, da una parte e dall’altra sarebbero belli grossi. Vedremo.

Probabilmente a Chiusi il ragionamento che fa il Pd in questo senso è anche di tipo utilitaristico. E cioè rimpiazzare coi voti dei 5 Stelle e dei Podemos l’eventuale diaspora bettolliniana. Perché una diaspora è probabile che ci sia. C’è sempre quando si creano situazioni di questo genere. In politica le equazioni tropo facili, però non tornano mai. Intanto non si sa quale sia oggi la consistenza elettorale sia del M5S che dei Podemos, a giudicare dal trend delle ultime elezioni, non è quella del 2016 e del 2018, ma molto più esigua. I 5 Stelle per esempio erano più entusiasti del governo con Salvini che non di quello con il Pd., per dire. Una parte di movimento non ha gradito le giravolte e i salti mortali carpiati di Grillo & C. che hanno portato all’ok al Governo Draghi,il quale Draghi prima era il babau a guardia dell’Europa delle banche e dei poteri forti.

Però adesso, come dice Bettolini, il campo è libero. Ai partiti e movimenti l’onere e l’onore della prima mossa. Adesso, senza più il nemico da demolire, non possono più giocare di rimessa. Adesso sono loro che devono fare la partita, come si suol dire… Dovranno uscire dal guscio e tirar fuori nomi, idee, programmi, strategie pr i prossimi 5 anni, tenendo conto – naturalmente – che siamo ancora in piena pandemia e in un clima di restrizioni e di crisi sanitaria, sociale ed economica. Si gioca in un campo piccolo e malmesso e con il pallone sgonfio. 

Abbiamo scritto ieri che la la destra sta aspettando il cadavere del Pd suicida sulla sponda del fiume di merda che scorre… Ed è così. Ma paradossalmente, e sebbene stia lavorando sottotraccia, la destra forse è più avanti nel lavoro, rispetto al centro sinistra. Dei nomi ce li ha già e un abbozzo di coalizione pure. Stavolta a Chiusi può vincere davvero, come ha vinto nel 2019 a Città della Pieve e nel 2014 a Chianciano. L’occasione è ghiotta e proverà a non farsela sfuggire. Con il sindaco uscente in ballo, avrebbe faticato. Senza e con un Pd dilaniato e “diviso a metà” (parole del referente senese Pianigiani) potrebbe avere la strada spianata.

Può darsi che il Pd, adesso che si è liberato del convitato di pietra, stupisca tutti con effetti speciali e metta in campo una figura capace di rilanciare la sinistra e un modello nuovo di politica e di amministrazione. C’è da augurarselo. Perché la destra, dove è andata a governare non è che abbia fatto meglio, anzi. 

Per la segretaria Cardaioli e il gruppo dirigente che l’ha appoggiata ritrovarsi all’opposizione ed essere ricordati come coloro che hanno regalato per la prima volta dalla Liberazione il Comune alle destre, non sarebbe una gran bella prospettiva. Però Simona Cardaioli potrebbe scriverci un libro: “Come perdere le elezioni in tre mosse”.

m.l. 

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