TORNA IN BALLO IL TEMPIO CREMATORIO DI ZONA? NO, A CHIUSI NON SI PUO’ FARE

martedì 05th, gennaio 2021 / 11:08
TORNA IN BALLO IL TEMPIO CREMATORIO DI ZONA? NO, A CHIUSI NON SI PUO’ FARE
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CHIUSI –  Era il 2017 e prima che scoppiasse e deflagrasse il caso Acea, a Chiusi si discusse per un po’ anche di un altro progetto, quello di realizzare un “Tempio crematorio” di area all’interno del cimitero. O in altra zona, magari vicina al casello autostradale, facilmente raggiungibile e tranquilla, lontana da abitazioni e agglomerati urbani. Secondo l’amministrazione comunale il “Tempio crematorio” sarebbe stato una risposta di civiltà, anche in relazione alla necessità di ampliare continuamente i cimiteri, per molti invece sarebbe stato l’ennesimo scempio ambientale, con ricadute negative sull’aria e quindi sulla salute dei cittadini, ma anche – come tale – un elemento di disturbo e di svalorizzazione del centro storico e delle colline limitrofe, con pregiudizio anche per il turismo.

La questione però finì in un nulla di fatto. Adesso, su Chiusiblog, Paolo Scattoni scrive che il progetto continua a figurare nell’elenco delle opere pubbliche da realizzare, approvato il 23 dicembre scorso in Consiglio Comunale e che quindi il progetto non sarebbe affatto tramontato.

Da quanto sappiamo però il progetto, anche se figura nel Piano triennale delle opere pubbliche, che è quello approvato appunto nel 2017, sfrondato delle opere realizzate, si è arenato e non si farà, perché a Chiusi non si può fare.

Il motivo è semplice. La legge regionale che regolamenta la materia prevede che i crematori possono essere costruiti solamente nelle aree cimiteriali. Nel cimitero di Chiusi, l’unica area in cui si potrebbe costruire è un area geomorfologicamente problematica e classificata come ‘area in frana’. Lì non ci si può realizzare alcunché. Il sindaco Bettollini, d’accordo con l’amministrazione, a suo tempo provò a chiedere alla regione una deroga alle legge, individuando un’area idonea vicina all’autostrada, ma la Regione ha non ha fornito risposte e ha fatto capire di non avere alcuna intenzione di cambiare la legge. La ditta privata che aveva proposto il progetto ha capito, dal canto suo, che a Chiusi la strada era sbarrata o comunque molto in salita e se ne è andata ad investire altrove. Fine della storia.

Anche in questo caso, come nel caso degli impianti per il trattamento dei rifiuti e dei fanghi che nessuno vuole, ma che da qualche parte vanno fatti, il problema prima o poi si riproporrà, perché le aree cimiteriali non possono crescere a dismisura e se anche viene praticata la rotazione, smantellando i campi di sepoltura a terra ogni 10-15 anni, alla fine il terreno sarà comunque insufficiente e la cremazione, oltre che una “risposta di civiltà” sarà una necessità.

E da qualche parte i templi crematori andranno realizzati. Qualcuno la definisce “economia della morte”. Ma anche quella dei funerali, delle lapidi e delle cappelle cimiteriali allora è economia della morte.

Al di là dei timori per possibili problemi di inquinamento dovuti alle emissioni degli impianti al fondo delle diatribe sulla realizzazione dei templi crematori c’è anche un retaggio culturale che affonda le radici nell’ostilità verso la cremazione da parte della Chiesa cattolica, che per secoli vi intravedeva una scelta antireligiosa, anticristiana, quasi una professione di ateismo anche nell’ultimo atto. Non a caso la usavano i massoni e gli anticlericali ottocenteschi, proprio come forma di protesta e di “distanza” dalla Chiesa.

In realtà la Chiesa almeno dal Concilio Vaticano II del 1963, non condanna più la cremazione e lascia libertà di scelta ai fedeli: «La cremazione non è cosa intrinsecamente cattiva o di per sé contraria alla religione cattolica». Soprattutto se è richiesta «per ragioni igieniche, economiche o di altro genere, di ordine pubblico o privato». Però, «Per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista per la chiesa “non deve essere permessa la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo oppure la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti, tenendo presente che per tali modi di procedere non possono essere addotte le ragioni igieniche, sociali o economiche che possono motivare la scelta della cremazione» e infine «nel caso che il defunto avesse notoriamente disposto la cremazione e la dispersione in natura delle proprie ceneri per ragioni contrarie alla fede cristiana, si devono negare le esequie a norma del diritto». Così recita l’ultimo articolo del documento della Congregazione per la dottrina della fede. Insomma la cremazione non è vietata, è ammessa anche dalla Chiesa, ma con parecchi distinguo…

La laicità dello stato e delle istituzioni dovrebbero invece consigliare valutazioni di altro genere, scevre da considerazioni religiose.

Detto questo è anche normale che certi impianti possano essere realizzati solo nelle aree cimiteriali e possibilmente il più lontano possibile dai nuclei abitati. Difficile ipotizzare, per ragioni economiche, un impianto per ogni comune. Un territorio come quello della Valdichiana senese (ma vale anche per l’area del Trasimeno o altre aree sia del senese che dell’Umbria e di tutta Italia) il problema dovrà cominciare a porselo. Meglio se senza pregiudizi.

M.L.

 

 

 

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