DEPOSITO RIFIUTI RADIOATTIVI: IL MINISTRO COSTA PRECISA, MA NON SPIEGA I CRITERI ADOTTATI PER STILARE LA MAPPA. E INTANTO CRESCE IL FRONTE DEL NO
Il ministro dell’ambiente Sergio Costa è intervenuto ieri per spiegare e precisare la questione del Deposito nazionale di rifiuti radioattivi e dei 67 siti individuati nella carta delle aree considerate idonee (Cnapi). Ecco cosa scrive Costa:
Il tema del deposito nazionale di rifiuti radioattivi ha suscitato una forte discussione. Come è giusto che sia, visto che è una questione importantissima e tocca ciascuno di noi. Chiariamo subito che non è iniziata nessuna costruzione, proprio perché prima verranno ascoltati i territori: il 5 gennaio infatti è stato tolto il segreto alla Cnapi, la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito nazionale di rifiuti radioattivi ed è iniziata la più grande consultazione pubblica degli ultimi anni: un processo che durerà almeno 44 mesi, circa tre anni e mezzo e che con estrema trasparenza coinvolgerà amministratori, università, associazioni di categoria e tutti i cittadini.
L’abbiamo pubblicata scegliendo di mettere la faccia su una scelta impopolare per un unico motivo: andava fatto. Da troppi anni i rifiuti radioattivi sono stoccati in luoghi provvisori e pertanto poco sicuri. È un’opera necessaria e bisogna realizzarla con la massima partecipazione e trasparenza. Nel resto d’Europa esistono altri dieci depositi simili, in esercizio. Anche l’Italia deve averne uno per stoccare i propri rifiuti radioattivi a bassa e media attività. Cosa sono? Si tratta soprattutto di rifiuti provenienti da attività mediche (terapie antitumorali, radioterapie, ricerca scientifica e medica) o da quelle industriali (come, per esempio, quelle legate alla verifica dello spessore della struttura dei manufatti, come gli aerei).
Pubblicare questa carta tecnica è stato un gesto di responsabilità nei confronti del Paese. Chi ci ha preceduto se n’è guardato bene perché elettoralmente non paga. Ma governare significa anche questo: assumersi la responsabilità delle scelte.
La Carta è frutto di anni di lavoro da parte di enti di ricerca, Ispra, Isin, l’ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare, e la Sogin, che hanno utilizzato mappe sismiche e geologiche, mappe idriche, criteri di esclusione e di approfondimento e hanno individuato la lista di 67 possibili aree. Tra i criteri di esclusione vi erano siti Unesco e zone particolarmente protette come i Parchi Nazionali: nessun sito si trova in queste aree.
Si tratta di criteri tecnici: nessuna scelta politica. Io stesso, come ministro, ho conosciuto la mappa insieme a tutti voi, nel momento in cui è stata pubblicata e quindi non era più segreta. Ora è il momento del dibattito: invito tutti voi, amministratori, comitati, associazioni di categoria, ad andare sul sito depositonazionale.it e a partecipare. Presentate le osservazioni, rilievi e tutto quanto possa contribuire.
Lasciatemi però sfatare alcune fake news: il dibattito, per quanto possa essere acceso, deve sempre poter essere basato sulle verità.
1) Ho letto che il governo vorrebbe costruire 67 depositi in giro per l’Italia: FALSO. Il deposito è nazionale e unico.
2) “Conterrà le scorie delle centrali nucleari estere o addirittura armi nucleari”: FALSO. Siamo noi italiani che abbiamo mandato le nostre scorie delle ex centrali all’estero per riprocessarle.
3) “Gli enti locali non sono stati consultati”: FALSO. L’ho già detto e voglio ribadirlo: la consultazione è appena iniziata.
4) Decisione presa “nel cuore della notte”: FALSO. Nessuna decisione, come ho spiegato. Abbiamo solo pubblicato la carta il primo giorno utile dopo il nulla osta che la “liberava”. Appena il giorno è iniziato, cioè a mezzanotte, l’abbiamo resa accessibile.
5) Leggo che alcuni sindaci di città non presenti nella lista si stanno candidando: se non si è nella lista, il proprio territorio non possiede le caratteristiche tecniche per ospitare il deposito.
Capisco le proteste e le preoccupazioni, ma non accetto la diffusione delle fake news, soprattutto da chi riveste ruoli istituzionali. Bisogna lavorare sempre in trasparenza, per il bene e l’interesse dei cittadini: questa è la politica, anche se alle volte ciò comporta metterci la faccia nell’affrontare le questioni più impopolari e complesse.
Ha fatto bene il ministro a precisare e siamo d’accordo sul fatto che già aver pubblicato la carta, desecretandola, è un passo avanti, rispetto ai silenzi precedenti. Per quanto riguarda la questione delle fake news, partite a raffica su social e media, ci fa piacere constatare che Primapagina non ha diffuso fake news, avendo scritto a proposito dei siti indicati e delle caratteristiche che dovrebbe avere il Deposito nazionale, esattamente ciò che dice il ministro.
Resta a nostro avviso il mistero, che il Ministro non scioglie, su quali criteri siano stati adottati dagli esperti che hanno stilato la carta, per inserirvi aree sensibili e di alto pregio paesaggistico, storico, ambientale e agricolo come l’area tra Pienza e Trequanda e quella di Campagnatico in Maremma, o aree altamente sismiche come quelle di Tuscania, Tarquinia e Montalto di Castro. E citiamo i siti che conosciamo meglio e che ci riguardano più da vicino.
Tra l’altro, è notizia di ieri anche questa, i proprietari dei terreni individuati nei pressi dell’ex monastero di Sant’Anna in Camprena (al confine tra i comuni di Pienza e Trequanda) hanno dichiarato di non aver mai ricevuto visite per sopralluoghi da parte di tecnici o altro personale della Sogin, l’agenzia incaricata di redigere la mappa dei siti idonei. Dice il ministro Costa che tra i 67 siti individuati non ci sono siti Unesco o parchi nazionali.
Questa è quasi una fake news, perché la zona di Sant’Anna in Camprena è nel comune di Pienza, che è patrimonio Unesco. E se il sito fosse appena fuiori lo sarebbe di pochissimo, al confine.
Su quale base e per quali ragioni specifiche sia stata decisa tale idoneità e siano stati scelti e indicati quei luoghi, e non altri, non è dato sapere. Lo sapremo – forse – quando avverrà “la consultazione pubblica che dovrà coinvolgere enti locali, università, associazioni di categoria e cittadini”. Per adesso, rimane il mistero.
Rimane anche la contrarietà già espressa a chiarissime lettere non solo dai sindaci interessati, da amministratori regionali e provinciali, ma anche delle stesse associazioni di categoria. In provincia di Siena per esempio si sono già mobilitati la Confederazione Italiana Agricoltori (Cia) e la Confederazione Nazionale Artigianato (Cna) e molte associazioni e comitati locali della Valdorcia, della Valdichiana, dell’Amiata. I sindaci hanno chiesto anche l’intervento dell’Unesco, in quanto Pienza e la Valdorcia sono “Patrimonio dell’Umanità”.
Un fronte più ampio, dunque, di quello che si mobilitò, esattamente un anno fa, contro il progetto di carbonizzatore idrotermale di Acea a Chiusi e anche di quello che si oppone alle centrali geotermiche sull’Amiata e in Val di Paglia.
La cosa non stupisce, perché un conto è un impianto regionale per il trattamento e la trasformazione di fanghi biologici di depurazione, altra cosa un deposito unico nazionale di rifiuti radioattivi, sia pure a bassa e media attività che sarebbe, anche nelle dimensioni, 100 volte più grande. Il carbonizzatore sarebbe sorto in una area industriale dismessa e da riattivare, il deposito sorgerebbe in mezzo alla campagna in un’area che è patrimonio Unesco: 1 ettaro contro 150 ettari.
Il Ministro Costa è sulla linea della deputata Angela Raffa (entrambi M5S), o viceversa. E la linea è quella per cui “questi rifiuti li produciamo e li dobbiamo smaltire e ‘tombare’ da qualche parte; meglio un sito unico controllato e fatto con tutti i crismi, che tanti siti sparsi per l’Italia, e spesso precari”.
Che poi è la stessa linea, alla fine dei conti, di chi diceva e dice che anche i rifiuti organici e i fanghi di depurazione si producono e da qualche parte si devono smaltire e trattare per renderli innocui o addirittura per renderli materia riutilizzabile, scontrandosi però con i sostenitori del NIMBY (“non nel mio giardino”).
Ora, come abbiamo già scritto, ieri, il No al deposito in aree sensibili come Sant’Anna in Camprena o Tuscania, va oltre la sindrome Nimby, perché in questo caso non c’è logica che tenga, e se mai ce n’è una contraria data dalla sismicità elevata e dalla vocazione al turismo e alle produzioni agricole di pregio. La curiosità di sapere quali criteri abbiano adottato gli scienziati che hanno redatto la mappa, ci assale.
m.l.
LA REGIONE TOSCANA DICE NO. Così scrive sul suo profilo fb il consigliere regionale Stefano Scaramelli (12.01.2020): La #Toscana ha fatto la Toscana. Ha detto No. No al deposito delle #scorie radioattive e nucleari nel territorio toscano. In modo unanime e compatto tutte le forze politiche presenti in Consiglio Regionale hanno detto #No. Mi sono fatto carico con coraggio e determinazione, per primo a livello toscano, di portare questa discussione in Consiglio regionale depositando fin dalle prime ore di Martedì una mozione e chiedendo iscrizione urgente in Aula. La raccolta di firme, la petizione sottoscritta da oltre 1300 persone in poche ore. Un lavoro costante, la ricerca ossessiva della condivisione di un consenso diffuso. Oggi l’accordo con tutte le forze politiche e in questo momento il voto all’unanimità. Il coraggio delle idee e la forza della poltiica al centro della mia azione politica. La difesa del nostro territorio, fatta in modo bipartisan, la notizia più importante che arriva adesso dal Consiglio regionale attualmente in corso.