ORIZZONTI: LO SPORT E LA PROVINCIA PROFONDA SECONDO LORENZETTI

domenica 09th, agosto 2020 / 11:24
ORIZZONTI: LO SPORT E LA PROVINCIA PROFONDA SECONDO LORENZETTI
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CHIUSI – Riccardo Lorenzetti è uno di quelli che se si mette a parlare di sport staresti lì ad ascoltarlo per ore. Se scrive è anche meglio. E’ uno di quelli che racconta storie di sport (che poi non è mai solo sport) con una passione che va oltre. Lorenzetti parla e scrive come se stesse parlando o scrivendo di Barcellona-Real Madrid o di Italia-Germania anche quando parla di Petroio-Quercegrossa o di quel famoso Acquaviva- Sarteano del ’69…  Ti parla dei gol di Gabriele Panfi come se parlasse di Cristiano Ronaldo o di Schiaffino e non gli dire che non sai chi sia ‘sto Gabriele Panfi, se no ti toglie il saluto.

Ma non parla solo di calcio e ci mette la stessa enfasi anche quando ti racconta di quella volta che il Bragiola di Trequanda scollinò terzo,  al Gran Premio della Montagna di Chianciano, alla Coppa Bologna del ’71 e ti sembra che stia parlando dell’arrivo all’Izoard al Tour de France, sempre del ’71…

Oppure di quella finale di biliardo al bar dell’Ofelia che non finiva mai, come il rigore più lungo del mondo di Soriano a Cipoletti in Patagonia…  E’ così Riccardinho Lorenzetti e ieri sera al Festival Orizzonti è andato in scena uno spettacolo tratto da un suo testo: Il paese più sportivo del mondo. Che non esiste. O meglio è quel paese che era come erano tutti i paesi 40-50 anni fa…  Un bar dell’Ofelia c’era dappertutto. A Petroio, certo, ma anche ad Asciano, a Cetona e a Radicofani, e a Monteleone d’Orvieto o a Tavernelle… Anche a Chiusi naturalmente. Magari l’Ofelia si chiamava Natalina o Adriana, ma la sostanza era sempre quella. Un biliardo c’era sempre e c’erano sempre quelli che litigavano su Gimondi e Merckx (prima su Coppi e Bartali), sull’Inter e la Juventus, e tra una sigaretta (dopo l’altra) e un Cinzano si sfidavano a stecca su quel tappeto verde che aveva sempre una magagna di cui dovevi tener conto nel preparare il tiro… E c’era sempre un maestro elementare o un medico condotto che dava lezioni di biliardo, di vita e di… costume. Sapendone sempre una più degli altri, i quali altri avevano studiato meno, e si fidavano…

Il paese più sportivo del mondo è uno spettacolo minimal. Due attori sul palco e qualche oggetto per creare il clima, l’atmosfera. Come quella Bianchi del ’73 con cui Gimondi vinse il mondiale al Montjuic , “ma quella vera”, che poi ce l’avevano tutti una Bianchi del ’73… Ed è una carrellata di ricordi, di personaggi di paese che però in un paese piccolo, che è anche il più sportivo del mondo, diventano miti assoluti come la coppia gol della squadra locale, una coppia venuta da lontano, come gli oriundi, ma non dal sudamerica: il centravanti arrivato come direttore della banca e il suo “gemello del gol” invece un pregiudicato in soggiorno obbligato che il comandante dei Carabinieri aveva “raccomandato” al presidente…  E poi i due ciclisti che corrono la coppa Bologna, il bambino sardo che vince la campestre ai giochi della Gioventù ed era figlio di uno di quei sardi che dagli anni ’60 cominciarono a ripopolare le colline senesi abbandonate dai mezzadri… Colline che con la storia dei sequestri di persona diventarono il…  Sardistan. E nel racconto del’impresa di quel “giapponesino” , (perché la Sardegna, nel Paese più sportivo del mondo era considerata lontana quanto il Giappone) si avverte, in sottofondo qualcosa che richiama l’arrivo degli immigrati di adesso…

C’è nello spettacolo, diretto da Manfredi Rutelli, un altro che ci sa fare, molto dell’humus di queste terre, a cominciare dal dialetto, da certi intercalari… e c’è la vita com’era un po’ di tempo fa, quando le partite si ascoltavano alla radio la domenica e si vedeva solo un tempo in bianco e nero alle 7 e mezzo di sera… Gli attori Alessandro Waldergan e Lorenzo Bartoli, si rincorrono e si spalleggiano, raccontano, come farebbe, appunto, Lorenzetti…

Un’oretta piacevolissima. Con quel pizzico di nostalgia per un’Italia che non c’è più, che però non intristisce. Perché il mondo va avanti e anche se è peggio, non si può guardare solo indietro…

Diciamolo, attori bravi e sul pezzo, ma non una piece di teatro memorabile, forse, per impianto,  un pelino sotto “Massischermo” l’altro lavoro di Lorenzetti, che coglieva un aspetto più specifico e particolare della solita vita di paese.

In ogni caso uno spettacolo godibilissimo che al Festival Orizzonti ci stava bene e ci voleva pure, per dare una pennellata di leggerezza dopo due piece “dure” nel testo e nella recitazione e certamente più dure da masticare come quelle di Silvia Frasson e Livia Castellana. In un festival, anche se ridotto e ridimensionato nel budget e nell’allestimento, causa misure anticovid, serve l’una e l’altra cosa. Roba forte che faccia riflettere, pensare e anche piangere e roba più leggera, che strappi un sorriso, senza abbassare la guardia e la soglia della qualità. Quando si parla di sport e della provincia profonda Riccardo Lorenzetti è una garanzia.  E  soldi del biglietto sono sempre ben spesi.

m.l.

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