IL PASSATO CHE NON PASSA: BOMBA A MANO INESPLOSA A PASSIGNANO. RIAFFIORANO I RICORDI DEL “FRONTE” NEL ’44. E CHIUSI RENDERA’ OMAGGIO A PARTIGIANI E MILITARI

mercoledì 24th, giugno 2020 / 12:02
IL PASSATO CHE NON PASSA: BOMBA A MANO INESPLOSA A PASSIGNANO. RIAFFIORANO I RICORDI DEL “FRONTE” NEL ’44.  E CHIUSI RENDERA’ OMAGGIO A PARTIGIANI E MILITARI
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Lunedì scorso, 22 giugno, a Passignano sul Trasimeno, un bagnante ha trovato una bomba a mano nell’area verde di una struttura ricettiva. Sono subito intervenuti i carabinieri di zona per isolare l’area fino a 100 metri di distanza, collocare sacchi di sabbia intorno all’ordigno e informare la prefettura di Perugia per attivare i protocolli del caso. Probabilmente si tratta di una bomba a mano sia inesplosa e risalente alla Seconda guerra mondiale. Il sindaco Sandro Pasquali nella serata di lunedì ha firmato una ordinanza per lo «sgombero urgente dell’area in attesa della messa in sicurezza», disponendo il «divieto a chiunque di approssimarsi, permanere e sostare nelle vicinanze dalla zona delimitata». Contestualmente con il provvedimento il primo cittadino ha anche dato mandato «al personale volontario della locale associazione di Protezione civile “Cover Odv” di presidiare e vigilare l’area fino al momento della rimozione o brillamento dell’ordigno».

Un ordigno che con tutta probabilità sta lì da 76 anni o è riaffiorata dopo esser stato sommerso, magari in una pozza di fango in quell’estate piovosa del ’44.

Proprio dalla metà alla fine di giugno del ’44 appunto il fronte passò violentemente sulle rive del Trasimeno.

Passignano fu liberata il 2 luglio, due giorni dopo Castiglione del Lago, 9 giorni dopo Chiusi. Furono giorni di battaglie, sparatorie, nei centri abitati e nelle campagne, coi tedeschi in ritirata e gli Alleati che avanzavano. Di ordigni inesplosi è piano il territorio. Ogni tanto qualcuno riaffiora.  Da segnalare che un mese e mezzo prima della liberazione, Passignano fu teatro di un violento bombardamento aereo.

E’ il 16 maggio, alle 13,05 di una limpida giornata di primavera uno squadrone di bombardieri dell’esercito alleato sorvola il paese riversando su di esso grappoli di bombe. Il loro obiettivo è colpire il tunnel della ferrovia con l’intento di rallentare la ritirata dell’esercito tedesco. Nonostante parte delle bombe finiscono nel lago, inabissandosi in acqua, quelle che raggiungono il bersaglio producono esplosioni che sconquassano il paese e distruggono diverse abitazioni, causando la morte di 46 civili e 2 persone originarie di Villa Barrea, in quel periodo sfollate a Passignano insieme a tanti loro concittadini. In ricordo di quel tragico evento, nel 2004, è stato realizzato questo monumento, composto da un bassorilievo del lago Trasimeno sormontato da una lapide che riporta i nomi delle vittime. A pochi passi da esso, in una teca di vetro incastonata nella parete, un frammento degli ordigni utilizzati nel bombardamento.

Il bombardamento di Passignano resta una delle pagine più drammatiche della Seconda Guerra mondiale in questo territorio. Ricorda quello di Chiusi del 21 novembre ’43, anche quello fatto per eliminare un convoglio di rifornimenti tedesco e per interrompere la linea ferroviaria…

Sono passati 76 anni, ma è un passato che non passa… E in questi giorni di giugno, le celebrazioni che si tengono qua e là riportano la memoria a quell’anno fatidico, all’Italia che si liberava dal fascismo e dall’occupazione nazista, grazie agli anglo-americani, che poi erano anche indiani, sudafricani, neozelandesi, canadesi, francesi, marocchini. E grazie anche ai partigiani e ai militari italiani che si unirono ai partigiani o agli alleati e continuarono a combattere, ma dalla parte opposta. I tedeschi in ritirata non fecero sconti, minarono strade e paesi, fecero saltare in aria tutto ciò che poterono far saltare per rallentare l’avanzata alleata e prendere tempo e vantaggio nella corsa verso il nord, oltre la linea Gotica, dove pensavano di essere al sicuro… Non solo  fecero saltare ponti, porte e mura medievali, ma fecero pagare un prezzo altissimo ai civili, spesso uccisi per rappresaglia o per dare un segnale al resto della popolazione: colpirne uno per educarne cento…

A Chiusi per esempio il 14 giugno tre contadini, Luigi Perugini e i due figli Dino e Oreste, accusati di essere in combutta coi partigiani vengono arrestati e condotti a Chianciano, sottoposti a processo sommario e fucilati nel piazzale delle Terme. Prima di essere falciati dai colpi del plotone di esecuzione i tedeschi fanno scavare loro la fossa e uno dei due figli con la pala colpisce un soldato germanico.  Un gesto estremo di ribellione, emulato anche dal padre… Come per morire combattendo e non fucilati ingiustamente.

E il 22 giugno, sempre a Chiusi, mentre fanno operazioni volte a ripulire la zona per preparare la ritirata verso nord ai tedeschi catturano altri cinque contadini che si erano nascosti nella macchia intorno alla Fornace della Stazione di Chiusi. I cinque vengono condotti al comando, ma uno fugge durante il tragitto ed i militari tedeschi fucilano i restanti quattro: Bruno Benicchi di 45 anni, Mario Benicchi di 20 anni,  Lionello Mazzetti di 49 anni, Giovani Perugini Giovanni di 34 anni.

Il 23 giugno i tedeschi catturano a Chiusi il militare siciliano Giuseppe Marino, 20 anni. Anche lui accusato di essere un partigiano, viene condotto a Montepulciano e impiccato ad un lampione il 23 giugno. Con un cartello addosso: “così muoiono i partigiani”. Ma l’accusa non è suffragata da prove certe.

Forse l’unica colpa del giovane soldato italiano è quella di non aver aderito alla Repubblica di Salò e di far parte dell’esercito che con l’armistizio è passato dall’altra parte.

Tre episodi feroci, senza alcuna ragione specifica. Un atto di rappresaglia e due atti di guerra alla popolazione civile considerata “nemica” a prescindere. Fucilazioni come monito.

Settantasei anni sono tanti. I protagonisti e i testimoni dei quei giorni non ci sono più, o sono ormai piuttosto avanti con l’età. I partigiani e i militari che avevano almeno 20 anni nel ’44 per esempio, oggi ne hanno o avrebbero 95-96. Ma è giusto, doveroso ricordare cosa avvenne, il prezzo che quelle generazioni pagarono er riconquistare la pace, la democrazia e la libertà. Giusto ricordare, nel giorno della ricorrenza della liberazione, chi perse la vita o la rischiò per dare un futuro migliore a questo Paese e alle generazioni future.

Chiusi lo farà il 26 giugno con una visita al cimitero cittadino per rendere omaggio ai partigiani e ai militari chiusini che diedero il loro contributo alla guerra di liberazione. Lo farà, dopo che dal 2014 (e dal 2016 in forma ufficiale e istituzionale) ha visitato i cimiteri militari del Commonwealth di Orvieto, Foiano della Chiana, Assisi e Bolsena per rendere omaggio ai “liberators” alleati.

m.l.

Nelle foto: in alto soldati britannici in azione a Castiglione del Lago; in basso i partigiani chiusini Pliamo Pennecchi, Alberto Laurini e Fernando Fanciulli davanti alla bandiera dell’Anpi.

 

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