CHIUSI, COMMEMORARE LA LIBERAZIONE E’ UNA COSA PER VECCHI?
CHIUSI – Incontro un amico per strada e mi fa “ho visto sul tuo giornale che oggi a Chiusi si celebra la Liberazione. Con omaggio ai partigiani. Ma ancora state lì a baloccarvi con una storia di 80 anni fa? Non vi è venuta a noia?”
L’amico è molto più giovane. E magari era solo una battuta, tanto per pizzicare un po’… Ma a pensarci bene è vero che non è facile mantenere in piedi la memoria. E’ un esercizio faticoso perché la memoria, con il passare del tempo, si scolora come le facciate dei palazzi…
Sono passati 76 anni da quel 26 giugno del ’44, quando le truppe alleate dichiararono Chiusi finalmente liberata. dopo 6 giorni durissimi di battaglia. Di Chiusi come città c’era rimasto poco. Il 92% delle case era lesionato o distrutto. La Porta San Pietro i tedeschi in ritirata l’avevano fatta saltare in aria per spregio. Le strade, erano minate. Anche il corso principale. Più di 100 morti tra i civili. Partigiani o presunti tali fucilati…
Non so quanta gente parteciperà, oggi alla cerimonia indetta dal Comune davanti al monumento ai partigiani di Largo Cacioli. Spero sia un buon numero, e spero anche che non siano solo anziani. Ma capisco che per molti la guerra di liberazione sia una storia lontana. Che ha poco a che fare con il presente e con la guerra attuale imposta dal Coronavirus.
‘ vero, chi c’era allora oggi ha più di 75 anni, i protagonisti, quelli che combatterono o si diedero da fare, se sono ancora vivi ne hanno almeno 95. I più se ne son ormai andati. Settantasei anni sono un tempo lungo.
A pensarci per un ragazzo di oggi, parlare della resistenza, della Liberazione avvenuta nel ’44 è come per per noi ragazzi degli anni ’70 parlare delle cannonate sulla folla del generale Bava Beccaris. Come parlare della Guerra di Libia del 1911. Già la grande guerra era più vicina… Quelli come me, che non c’erano nel ’44 ma sono nati 10, 15, 20 anni dopo, la guerra e la resistenza non le hanno vissute, i partigiani, i sudafricani non li hanno visti in faccia, ma ne hanno sentito parlare. Anzi li hanno sentiti parlare. Molti un partigiano o un militare che dopo l’8 settembre ’43 continuò a combattere insieme agli alleati, lo avevano in casa. Ci si incontrava al bar, nelle sezioni di partito. Tutti i partiti: il Pci, il Psi, la Dc, il Partito Repubblicano, il Partito Liberale…
C’è stata certo anche della retorica nel racconto della vicenda resistenziale. E anche qualche verità taciuta. Ma le generazioni nate negli anni ’50 e ’60 sono cresciute con la cultura della Resistenza. Oggi no. Non è più così.
Oggi il distacco con cui i trentenni, i ventenni e soprattutto i quindicenni vedono un evento come può essere la celebrazione della liberazione della città, è comprensibile, perché i giovani tendono sempre a vedere e a considerare interessante solo ciò che li riguarda da vicino… Il resto è out. Anche i loro genitori (che siamo noi e persone più giovani di noi) sono venuti dopo gli anni della guerra. E se questi non sono stati ragazzi impegnati e immersi nella politica e nello scontro ideologico degli anni ’70, è probabile che non ne abbiano nemmeno mai sentito parlare in famiglia…
Leggere i nomi dei partigiani su una stele, su un monumento o vedere il cartello di una via intitolata ad un partigiano, per i ragazzi di oggi è come leggere una lapide che ricorda Garibaldi o Zanardelli o Filippo Turati.
Eppure nonostante siano passati 76 anni – e proprio perché il tempo annacqua tutto, anche i ricordi – è giusto ed è bene ricordare, celebrare, commemorare chi prese il fucile e scelse di combattere per far finire la guerra, la dittatura e l’occupazione straniera.
Ed è giusto ricordare i poveri cristi che accusati di essere combattenti o in combutta coi partigiani, furono arrestati e passati per e armi davanti ad un muro. E’ successo anche a Chiusi. Erano solo contadini, alcuni di 20 anni. Fucilati dopo processo sommario di 5 minuti, per dare l’esempio alla popolazione, per far capire chi comandava..
E’ comprensibile, dicevo che i ragazzi di oggi sentano lontanissime da loro queste storie. Ma riuscissimo a farli soffermare un attimo a riflettere sul fatto che quei contadini fucilati, quei ragazzi che presero il fucile e andarono in montagna, i soldati sudafricani che si scannarono con i tedeschi dentro al Teatro e per le strade di Chiusi avevano nella maggior parte dei casi 19, 20 e 21 anni e molti ci lasciarono la pelle, allora forse anche i venti-trentenni di oggi avrebbero una percezione diversa.
Oggi 26 giugno 2020, la commemorazione della Liberazione ci sarà alle 18,30. E’ venerdì, e a quell’ora soprattutto il venerdì, i giovani si ritrovano pr l’aperitivo. Il monumento davanti al quale il sindaco e l’Anpi renderanno omaggio ai partigiani e ai soldati chiusini, si trova davanti al Museo Nazionale, a 15 metri dal bar con giardino che è il bar dell’aperitivo per eccellenza. Mi piacerebbe che i ragazzi, anche con lo spritz in mano, facessero qualche passo e si avvicinassero. L’esercizio della memoria non è una cosa per vecchi. Chiusi a volte sembra che lo sia, ma non è un paese per vecchi.
m.l.
Anpi Chiusi, Juri Bettollini, Resistenza
Bell’articolo !!! La libertà non è una cosa per VECCHI ma una condizione di vita che appartiene a molti e chiunque viva in uno stato di LIBERTÀ dovrebbe essere a conoscenza del percorso fatto x ottenerla.