CHIUSI, LAVORI PUBBLICI NEL CENTRO STORICO. BENISSIMO, MA IL PROBLEMA E’ RIPORTARCI GENTE E VITA

lunedì 17th, febbraio 2020 / 19:56
CHIUSI, LAVORI PUBBLICI NEL CENTRO STORICO. BENISSIMO, MA IL PROBLEMA E’ RIPORTARCI GENTE E VITA
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CHIUSI – L’Amministrazione comunale dà il via ad una serie di appuntamenti pubblici per presentare il Bilancio. Il primo è a Chiusi Città, sala San Francesco, questa sera. Si parlerà in particolare del “nuovo centro storico”. Ovvero dei lavori in corso che dovrebbero cambiare il volto a tre comparti importanti di Chiusi città: il parco dei Forti, il Prato (Piazza Vittorio Veneto) e i vecchi lavatoi appena fuori Porta Lavinia. Si tratta di opere pubbliche attese da decenni: alcune per motivi di degrado e fatiscenza, altre per motivi di ripristino della circolazione  e della sicurezza dopo eventi calamitosi e altre per un necessario restyling.

I tre comparti citati sono tra i più significativi del centro storico, anche in funzione e in ottica turistica. Quindi le opere di rifacimento, costituiscono anche un investimento, non solo un doveroso intervento di manutenzione del patrimonio pubblico. Ben vengano dunque tali opere, anche se costeranno qualche doloroso sacrificio, come  le 68 piante adulte tagliate al parco dei Forti. I conti e i giudizi sarà bene darli alla fine. A lavori conclusi. Di sicuro il Centro Storico avrà tre aree importanti abbellite, ripulite, ripristinate alla fruizione di residenti e turisti. E non è poco. Non è ipotizzabile un rilancio turistico della città senza interventi di restyling e di manutenzione significativi, senza che l’immagine complessiva dell’abitato sia quella di una cittadina ordinata, ben tenuta, con le “emergenze” architettoniche o panoramiche valorizzate al meglio.

Ma Chiusi città, come anche Chiusi Scalo, ma se possibile ancora di più, ha bisogno di qualcosa cure più forti della semplice manutenzione. Non ce ne vogliano il sindaco Bettollini e l’assessore ai lavori pubblici Micheletti, sappiamo bene che non è colpa loro. Ma oggi Chiusi, come città è in assoluto disarmo. Questo è il problema. Sembra di essere tornati ai tempi di Dante, 700 anni fa esatti: “se tu riguardi Luni ed Orbisaglia come son ite e come di retro ad esse se ne vanno Chiusi e Sinigaglia, udir come le schiatte si disfanno non ti parrà nova cosa né forte, poscia che le cittadi termine hanno”. Divina Commedia, canto XVI del Paradiso. Ecco oggi Chiusi sembra una città finita. Di notte è spettrale e deserta. Di giorno quasi. Nel centro storico che non era il cuore commerciale del comune, fino agli anni ’90 c’erano decine di esercizi commerciali. Adesso si contano sula dita di una mano, poco più. A fine anno ha chiuso anche l’unico pub. I bar chiudono alle 20, qualcuno alle due del pomeriggio. Non c’è più nemmeno l’edicola. E fino a pochi anni fa ce ne erano due solo in via Porsenna.

Chiusi ha bisogno di ritrovare un suo appeal. Ha bisogno di ritrovare abitanti. Vita. Socialità. Quel senso di comunità che ha sempre avuto, anche molto forte, e che adesso sembra avere smarrito inesorabilmente. Chiusi adesso è una città dormitorio. Quasi un ospizio per anziani, sempre più soli, sempre più silenziosi e sempre più tristi. Eppure, pur non essendo dal punto di vista architettonico Montepulciano o Pienza o Città della Pieve, anche Chiusi ha una sua dignità, con palazzi cinquecenteschi, un museo nazionale tra i più importanti d’Italia, una cattedrale rilevantissima per importanza e storia e forse sovradimensionata rispetto alle dimensioni della città, con vestigia di grande rilievo e qualche “mistero” che ha riscontri solo in poche altre cattedrali al mondo (vedi il quadrato magico Sator…). Chiusi oggi soffre di solitudine e malinconia. Qualche anno fa scrivemmo che somigliava ad una di quelle mining town dismesse e abbandonate dopo l’esaurimento della vena mineraria che ne aveva alimentato e favorito lo sviluppo. Così Chiusi sembra aver esaurito la sua “vena mineraria”. Anche le scuole superiori che per decenni hanno costituito la linfa vitale del centro storico, sono ormai ridotte ai minimi termini. Dal 1994 non c’è più l’ospedale e quai nessuno ormai se lo ricorda.

Gli eventi estivi la stagione invernale del Mascagni, le iniziative della Biblioteca e dell’Università Popolare, della Chiesa, del Comune, di qualche associazione o compagnia teatrale,  sono spesso di qualità e non hanno niente da invidiare ai paesi limitrofi, nemmeno a città più grandi e richiamano pubblico, ma non riescono a lasciare sedimenti, a creare un clima, un humus, quel senso di comunità ritrovata di cui sopra.  Niente. Chiusi langue in una sorta di sonno che ormai dura da tempo. Non sembra però un animale in letargo, addormentato e quieto, ma famelico e rabbioso appena si sveglia…  Sembra un orso triste che vaga in una specie di limbo.

Dal 2018 c’è una scuola di formazione per addetti al settore moda, una quindicina di ragazzi e ragazze provenienti da tutta Italia. Ebbene  anche quella è rimasta un corpo estraneo. Una enclave che fa repubblica per conto suo, senza mischiarsi con i ragazzi del posto. Con la comunità, appunto. Ed è un peccato. E un segnale non buono. In altri tempi sarebbe andata diversamente. Oggi è così. Ognun per sé… Senza contaminazioni.

Il Comune fa bene, benissimo ad investire nella manutenzione e restyiling dei parchi o di comparti storici degradati come i Lavatoi… ma anche Bettolini e Micheletti (e i loro colleghi di maggioranza) dovranno fare mente locale su quello che è il problema principale della città e del centro storico in particolare. Che è quello di ritrovare e ricreare occasioni d socialità, di vita, di “movida”, se vogliamo. Un centro storico bello quanto si vuole, tenuto bene, curato, con importanti vestigia archeologiche e storiche, ma vuoto, deserto, senza attività, con i bar che chiusi non ha neanche presente, figuriamoci un futuro. C’è anche gente a cui Chiusi piace così: meno gente c’è e meglio si sta…

E anche dire che il mondo va così ovunque e che Chiusi non può fare eccezione, è una cazzata. Perché ci sono paesi, delle dimensioni di Chiusi, che fanno eccezione. Ci sono paesi vivaci, vivi. Chiusi invece sembra aver alzato bandiera bianca. Sembra una cittadina che ha deciso di andare in pensione prima del tempo. Ma anche questo è un segno dei tempi, perché non sempre è stato così: Chiusi nel ‘500 fu una delle ultime roccaforti della Repubblica di Siena a cadere e a cedere le armi al potere mediceo appoggiato dagli imperiali di Carlo V e dal Papa. Dimostrò coraggio e tigna, cosa che oggi non ha.

Allora amici e compagni amministratori, bene i lavori e avanti coi cantieri, ma sappiate che il problema è un altro: è la gente. Serve riportare gente a vivere, a lavorare, a passeggiare, a frescheggiare nel centro storico. Senza una iniezione di vita e di vitalità, anche i lavori per quanto urgenti, necessari e importanti, rischiano di essere solo mera manutenzione. Come quando si rifà il tetto ad una casa disabitata per evitare che faccia danni…

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