CHIUSI: I SOLD OUT DEL MASCAGNI, LA SCOMMESSA VINTA DA GIANNI POLIZIANI (E NON SOLO LUI)

mercoledì 08th, gennaio 2020 / 15:48
CHIUSI: I SOLD OUT DEL MASCAGNI, LA SCOMMESSA VINTA DA GIANNI POLIZIANI (E NON SOLO LUI)
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CHIUSI –  Il teatro Mascagni gremito in ogni ordine di posti, loggione compreso, è un gran bel vedere. La stagione autunno-inverno del teatro chiusino sta facendo sold out ad ogni appuntamento. E’ successo con Veronica Pivetti, con “Le signorine” Giuliana De Sio e Isa Danieli, con il pluripremiato, ma non semplicissimo Macbettu… ed è successo anche ieri sera con Alessandro Benvenuti e Stefano Fresi con il loro Donchisci@tte. Una piece liberamente tratta dal Donchisciotte di Cervantes in cui i due attori non sono esattamente e precisamente l’Hidalgo Donchisciotte della Mancia e il suo scudiero e coscienza critica Sancho Panza, ma in una qualche misura lo sono eccome, anche se sono alle prese con tematiche moderne, anzi contemporanee…

“Stasera due attori straordinari hanno intessuto un inno alla vita che ha travolto il pubblico del Teatro Mascagni. “Donchisci@tte” è uno spettacolo complesso ma estremamente efficace, corposo ma che cattura il pubblico. Alessandro Benvenuti e Stefano Fresi sono due fuoriclasse, confermano la loro sopraffina preparazione scenica (e musicale), in un flusso continuo che ferma tempo e spazio, e ci assorbe, e ci nutre”, così ha scritto il direttore artistico del Mascagni Gianni Poliziani. E, conoscendolo, pensiamo che gli brillassero gli occhi nel vedere il teatro pieno come una bomboniera… Nel vedere la sua stagione decollare con un tutto esaurito dopo l’altro.

Si dirà che è facile riempire il teatro con nomi famosi, con attori noti al pubblico del cinema e della Tv. E questo in un certo senso è vero, ma i pienoni non sono mai scontati. A Chiusi, al Mascagni, abbiamo assistito, non molto tempo fa, a spettacoli allestiti da veri e propri mostri sacri con 50 spettatori. A volte 60, ma a volte anche 13 o 14…

Evidentemente è cambiato il clima. E’ cambiato l’approccio. Tira un’altra aria. E i sold out degli spettacoli del cartellone invernale dimostrano che il Mascagni si può riempire anche con cose piacevoli, che alleggeriscono lo spirito, non solo quando c’è da urlare e schiumare rabbia contro qualcuno o qualcosa che non convince, come è successo nelle tre “audizioni” dell’Inchiesta Pubblica Regionale sul progetto Acea.

I sold out a ripetizione sono una vittoria di Gianni Poliziani, che sta dimostrando di essere non solo un bravo attore nato e cresciuto sul palco del Mascagni, ma anche un buon organizzatore. Un buon direttore artistico, capace di trovare artisti di grido, ma anche di valorizzare o quantomeno di non ignorare esperienze diverse, locali o non locali, meno celebrate. Andrea Cigni ad esempio portò a Chiusi cose straordinarie, cose mai viste e forse irripetibili, ma il più delle volte cose fuori contesto e lo fece con un approccio altezzoso, quasi di sfida verso il pubblico locale e soprattutto verso compagnie ed esperienze locali considerate troppo al di sotto delle sue vette e quindi improponibili, se non come mero riempiticcio… E queste cose le diciamo noi che Cigni lo abbiamo sempre difeso e apprezzato nei tre anni di gestione del festival Orizzonti.

Poliziani è di un’altra pasta. E’ partito piano, quasi in sordina. Con umiltà, si è messo ad attaccare poster nel foyer, a risistemare l’ambiente, ha ricreato, piano piano un “circuito”, ha dato fiducia ad eccellenze semisconosciute come Alessandro Manzini…

E per ora sta vincendo alla grande la sua scommessa. Ma sta vincendo anche chi ha scommesso su Poliziani, non solo per riportare gente in teatro, ma anche per riequilibrare e rimettere in carreggiata la Fondazione Orizzonti. Parliamo del presidente pro tempore della Fondazione (e sindaco) Bettollini, che forse, nominando Poliziani, sperava anche di trovare appoggio e comprensione da parte delle opposizioni, essendo Poliziani più vicino ai Podemos che a lui. L’appoggio e la comprensione non ci sono stati, i Podemos hanno tenuto con Poliziani lo stesso atteggiamento che hanno tenuto con Primapagina (che li appoggiò nella campagna elettorale del 2016, ma è sempre stato considerato giornale avverso), continuando a parlare dei buchi di bilancio pregressi senza accorgersi che il teatro mano a mano si riempiva e trovava una sua nuova vitalità ridiventando davvero la casa di tutti…

Scommettendo su Gianni Poliziani, Bettollini ha sparigliato le carte, ha dato l’impressione di voler tirare i remi in barca, in realtà ha calato un asso. 

Il Mascagni ha fatto buoni numeri non solo con gli spettacoli dei big del panorama nazionale, ma anche con quelli delle compagnie locali (da “Quando sognavamo la California” con i Rivelati, a “On The Road.Again” prodotto da primapagina, fino ai saggi dei corsi di Manzini…), tutta roba, peraltro di un certo “tenore” anche dal punto di vista politico, roba da… barra a sinistra, per intenderci.

Ma anche su questa roba è stata maggiore l’attenzione della Fondazione che non quella delle opposizioni. Che hanno preferito guardare il dito invece della luna.

Adesso, sotto la gestione della troika Bettollini-Poliziani-Benicchi (anche l’apporto dell’ex direttore generale della Bcc Valdichiana, che inizialmente poteva sembrare un ripescaggio non richiesto, ha dato e sta dando frutti sul piano strettamente gestionale-operativo), il Mascagni ha riconquistato stabilità,  visibilità e centralità. E’ tornato ad essere uno dei teatri trainanti della zona. Con un certo sollievo, crediamo, anche per i conti della Fondazione. E in ogni caso con un piccolo scatto d’orgoglio sul terreno della proposta culturale e della qualità della vita. Perché avere la possibilità di assistere a spettacoli musicali o teatrali di qualità aumenta la qualità della vita di una città. In tutto ciò il vicepresidente della Fondazione, Giannetto Marchettini, ha fatto da equilibratore rispetto al Lars Rock Fest e alle realtà giovanili che vi ruotano intorno.

In una Chiusi in cui l’economia ristagna, in cui la politica langue e non riesce a trovare nuove coordinate, in cui la popolazione è divisa e incattivita come mai lo era stata in passato, un teatro gremito anche in occasione di spettacoli non facili da digerire (come Donchisci@tte o Macbettu) è un segnale positivo, di speranza. Il 2020, da questo punto di vista, non poteva cominciare meglio.

Adesso c’è da mantenere il trend. C’è da confermare la posizione senza farsi prendere la mano dai facili entusiasmi. Ma anche gli incontri a tu per tu con gli attori, gli aperitivi in teatro, registrano un certo successo. E anche questo è buon segno. E’ segno che la gente vuol partecipare, vuole dialogare e ascoltare cose non banali o non astiose, apprezza le occasioni per stare insieme, per vedere cose belle…

E’ vero che per risalire la china anche Chiusi ha bisogno di lavoro, di imprese, di maggiori sicurezze… ma la cultura, la bellezza, possono aiutare. Non è vero che con la cultura non si mangia. E’ vero il contrario.  Se c’è un’ancora a cui aggrapparsi in questi tempi bui, quell’ancora è la cultura. La bellezza di una poesia, di una canzone, di un monologo su un palcoscenico… Inutile girarci intorno.

m.l.

 

 

 

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