IN NOME DEL POPOLO INQUINATO: I CASI ACEA A CHIUSI E SORGENIA IN VAL DI PAGLIA, RIFLETTORI ACCESI E ANALOGIE

venerdì 06th, dicembre 2019 / 12:36
IN NOME DEL POPOLO INQUINATO: I CASI ACEA A CHIUSI E SORGENIA IN VAL DI PAGLIA, RIFLETTORI ACCESI E ANALOGIE
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ABBADIA S.S. – La vicenda del progetto Sorgenia per realizzare una centrale geotermica grande quanto 11 campi di calcio, nella zona industriale di Val di Paglia, nel comune di Abbadia S. Salvatore, ma vicina al “confine” del Parco Artistico e Naturale della Valdorcia, considerato patrimonio dell’Umanità dall’Unesco continua a far discutere e sembra di assistere pari pari alla discussione che ha tenuto e sta tenendo banco a Chiusi sul progetto di un impianto per il trattamento dei fanghi di depurazione, presentato da Acea. Stesso clima, stesse argomentazioni…

A Chiusi la questione Acea sembra avviarsi verso un NO, perché anche Comune, Arpat e Regione Toscana dopo le verifiche in Conferenza dei Servizi e dopo due sedute dell’Inchiesta Pubblica che è ancora in corso hanno fatto intendere che “non ci sono i presupposti per procedere”, insomma il progetto Acea non ha superato l’esame tecnico, né tantomeno  ha trovato consenso nell’opinione pubblica, largamente contraria… Il no definitivo potrebbe arrivare già il 19 dicembre dalla Conferenza dei servizi, già convocata per quella data, e poco prima o poco dopo dal Consiglio Comunale di Chiusi.

La vicenda Sorgenia, invece è un po’ più indietro come iter, e il dibattito si sta scaldando adesso. I Comitati contrari, insieme ad alcune associazioni e sodalizi vari hanno già tenuto degli incontri; Legambiente, che sembrava fosse favorevole, ha smentito di esserlo e si è aggiunta al coro “La centrale non s’ha da fare”.

Domenica 1 dicembre della questione si è parlato anche a Radio Radicale, nella trasmissione “Fatto in Italia”, ospiti il sindaco di Abbadia Tondi, Michele Anzaldi, deputato di Italia Viva e il grande fotografo Oliviero Toscani.

Quando Anzaldi ha ricordato che la Valdorcia è la terra immortalata nel film “Il Gladiatore” con i campi di grano, i cipressi e le stradine che serpeggiano, che è un paesaggio celebrato e conosciuto in tutto il mondo come uno dei più belli e suggestivi ed è un errore inserirci attività industriali, il sindaco amiatino ha quasi perso le staffe e la pazienza, sbottando che la zona in cui sorgerebbe la centrale “non è Valdorcia”, che “la Valdorcia è a 30 chilometri”, che quella è una zona industriale, peraltro degradata e anche Radicofani, che confina, ne ha una dove c’è la Stosa una delle fabbriche di cucine più grandi d’Italia…  Ha detto poi il sindaco Tondi che l’impianto sarebbe “a emissioni zero” (anche questa una cosa già sentita) e che occuperebbe 70-80 lavoratori…

Il fotografo Toscani, riprendendo di fatto il regionamento di Anzaldi, ha accusato il sindaco di Abbadia di volersi votare al brutto invece che al bello, ha definito la Valdorcia un’opera d’arte e ha poi insistito sul fatto che “l’arte e il paesaggio sono le vere vocazioni di questi luoghi ed è su questo filone che si deve lavorare” e  qui ha citato esempi come quelli di Bilbao nei paesi baschi in Spagna e della Champagne in Francia. La conclusione di Toscani è stata tranchant: “Lei sindaco dice che quella zona non è Valdorcia ma è Val di Paglia? E allora rovini la sua Val di Paglia! La storia la condannerà!”

Le argomentazioni i Anzaldi e Toscani sono le stesse espresse da alcuni esponenti dei Comitati e anche da personaggi come Davide Croff rispetto al progetto Acea a Chiusi, anche se Chiusi Scalo per caratteristiche economiche e sociali e morfologiche non è… la Valdorcia.

Croff, Toscani… nomi importanti. A Chiusi, alle sedute dell’Inchiesta Pubblica al Mascagni si son visti anche Paolo Franchi del Corriere della Sera e Guido Gentili direttore del Sole 24 Ore, che tra l’altro hanno casa poco lontana, Gentili a poche centinaia di metri dall’area in cui dovrebbe sorgere l’impianto Acea, Franchi a Cetona, come Croff.

Sembra di essere tornati alla querelle delle famose villette di Monticchiello sollevata da questo giornale e poi portata alla ribalta nazionale da Alberto Asor Rosa su Repubblica. Dopo intervennero tutti: ecologisti, politici, giornalisti, scrittori. Ad un incontro a Monticchiello partecipò anche l’allora ministro Rutelli, il quale ammise che quelle villette erano “bruttarelle” in quel contesto e l’intervento doveva essere quantomeno mitigato…

Rispetto al progetto Acea a Chiusi si sono espressi anche quasi tutti i comuni limitrofi, sia sul versante toscano che su quello umbro, alcuni in modo nettamente contrario, altri in modo comunque problematico… Contro il progetto Sorgenia ad Abbadia San Salvatore si sono già schierati i sindaci di Radicofani, San Quirico d’Orcia, Castiglione d’Orcia… Insomma il territorio non ci sta a farsi colonizzare da colossi industriali anche se di matrice pubblica e attivi nel campo della gestione di servizi pubblici come energia, acqua, rifiuti ecc…

La Regione adesso, viste le carenze progettuali e le risposte non convicenti alle prescrizioni e osservazioni da parte del proponente, sul progetto Acea a Chiusi ci sta ripensando. Sulla geotermia in Val di Paglia invece sembra più indirizzata a procedere, del resto altre centrali sono già attive nel territorio di Piancastagnaio, e nel 2007 aveva autorizzato e rilasciato permessi ad una multinazionale per fare trivellazioni a Montalcino, nelle Crete senesi, sull’Amiata, per cercare petrolio e gas… L’allora governatore Martini fu costretto a smentire i suoi stessi uffici, dichiarando “mai e poi mai!”

Ne parlammo a lungo su Primapagina quando ancora era di carta.

Adesso, riguardo al progetto Sorgenia, c’è chi fa notare che la zona è altamente sismica, alcune scosse ci sono state proprio nella zona interessata, con epicentro nei pressi di Radicofani, domenica 1 dicembre (magnitudo 1,2). Si sa che la geotermia può indurre attività sismica, ma si sa anche che i terremoti (anche non indotti) possono causare danni alle strutture industriali, quindi perché rischiare con una centrale in zona sismica? Che è un po’ come dire “perché fare un “carbonizzatore” che usa acido nitrico in grande quantità, sotto alla sopraelevata della linea Alta Velocità che crea vibrazioni, scintille e campi elettromagnetici?”

Certo, nel NO generalizzato dell’opinione pubblica rispetto a qualunque progetto (che sia un impianto per i fanghi di depurazione come a Chiusi, una grande vetreria come a Piegaro, una centrale geotermica come ad Abbadia San Salvatore, una centrale a biomasse o un centro di compostaggio come successe a Città della Pieve e Castiglione del lago qualche anno fa) c’è sicuramente un po’ di “sindrome nimby” (not in my back yard, non nel mio giardino!) quindi anche un po’ di egoismo, di paura del nuovo… ma c’è anche la consapevolezza che in Italia il più delle volte certe storie finiscono male. Che le imprese che trattano materie pericolose o inquinanti, spesso lo fanno derogando alle regole; che l’errore, l’incidente o la malversazione sono sempre in agguato. La diffidenza e la paura nascono insomma dagli esempi negativi che sono sotto gli occhi di tutti. Non solo perché qualcuno soffia sul fuoco e le diffonde a piene mani, magari per fini politici.

Ci vorrebbe equilibrio, misura, oculatezza e serietà nel valutare le questioni. Caso per caso, situazione per situazione. Considerando tutto: i pro e i contro, le possibili opportunità e le possibili fregature, il contesto specifico e il quadro d’insieme… Invece, soprattutto in zone come queste, è più facile dividersi a priori, e a prescindere, come i Guelfi e i Ghibellini.

Sono zone belle, in cui il medioevo ancora si tocca con mano e parla attraverso le pietre delle case, delle mura, delle strade antiche, delle chiese e delle rocche fortificate, ma sono anche zone in cui il medioevo resiste negli atteggiamenti sia del potere che del contado. Sono zone, queste, affette da diffidenza a prescindere, diffidenza non solo sulle questioni, ma degli uni verso gli altri. E c’è sempre qualcuno che si sente più furbo, più bravo, più informato degli altri. Ovvero più guelfo o più ghibellino degli altri… 

Come giornale in 30 anni ci siamo trovati spesso a scrivere – molte volte sollevandoli per primi – di casi di inquinamento, di disastri ambientali, di ecomostri, di progetti dubbi o scellerati, di autorizzazioni a fare cose che ritenevamo sbagliate, così come adesso scriviamo del progetto Acea o del progetto Sorgenia. Sulla libreria della redazione abbiamo sempre tenuto, fin dal primo giorno, in bella vista e a portata di mano, un libricino del 1985 da usare come “manuale” e come stella polare, diciamo: “In nome del popolo inquinato” di Gianfranco Amendola, edizioni Franco Angeli (edizione aggiornata del 1987).

Dal 1987 sono cambiate tante cose. Anche le normative ambientali. E’ cambiata la politica, è cambiata l’economia, è cambiata la comunicazione. Come manuale forse quel libricino non è più molto attuale. Ma il titolo resta una stella polare luminosa. Mai perderla di vista.

m.l.

 

 

 

 

 

 

 

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