CHI VUOLE L’UOMO FORTE? GLI UOMINI DEBOLI. LO DICE IL CENSIS

mercoledì 11th, dicembre 2019 / 14:57
CHI VUOLE L’UOMO FORTE? GLI  UOMINI DEBOLI. LO DICE IL CENSIS
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C’è stata l’era “dell’ipertrofia dell’io” che si è manifestata in quel piccolo tratto di storia in cui le persone si specchiavano nella propria individualità, dimenticandosi ogni dimensione pubblica. Erano gli anni ancora dorati di fine millennio sulla scia degli Ottanta, quelli tutti da bere. L’egoismo individuale si manifestava dentro una società nella quale si mantenevano elementi di benessere o che permetteva ancora forme di ascesa sociale. Anche oggi le persone tendono a chiudersi in se stesse, ma è mutato il modo in cui lo fanno. E’ mutato lo scenario. C’è crisi. C’è grossa crisi, direbbe Quelo. Una crisi così lunga e dura da lasciare il segno, seminatrice d’incertezze, ansie e paure.

Una crisi che distribuisce, a grandi mani, non solo depressione negli stati d’animo, ma, soprattutto, continua ad alimentare disagi reali: crescono le disuguaglianze; si allarga la fascia di povertà reale; i giovani laureati continuano a lasciare l’Italia e la disoccupazione, oltre il dato semplificato e troppo in rosa, continua a espandersi.

L’ascensore sociale invece di permettere la salita o è bloccato o riconduce interi ceti ai piani inferiori. E nell’impossibilità di difendersi con le forme più conosciute – lo stato sociale, i sindacati e l’ombrello offerto da una struttura sociale più solida e solidale-, ognuno tenta di farcela da solo mettendo in atto “stratagemmi individuali” nella speranza di cavarsela.
Insomma gran parte delle persone non sa più che santo pregare: così, nell’incertezza che diventa come una seconda pelle degli italiani, spuntano vecchie credenze (l’uomo forte al comando) o nuove nemici (la matrigna Europa).

I dati dell’annuale Rapporto Censis sulla situazione sociale dicono che il 65 per cento dei cittadini vive in maniera consistente le paure che derivano dall’incertezza personale e dei propri cari e che il 48% degli italiani vorrebbe “un uomo forte al potere” che non debba preoccuparsi di Parlamento ed elezioni. La paura che morde gli uomini semplici li fa regredire a uno stato adolescenziale, scatenando il bisogno d’esser difesi e tutelati. Non sono uomini forti quelli che vogliono “l’uomo forte”, ma, al contrario, sono uomini insicuri e sofferenti che vanno alla ricerca di chiunque, o di qualunque idea, che possa ricondurli dentro i sicuri rapporti che avevano nella vita, prima della crisi. Che li rassicuri di fonte a un mondo che è diventato più pericoloso o che come tale è percepito.

Non sono solo i fatti che realmente accadono a generare paura. Alle difficoltà reali, provocate dalla crisi, va aggiunta un particolare tipo di paura, quella che è provocata ad arte dall’edicola del dolore: per qualche copia in più, per qualche punto di share in più, è stato dilatato oltre misura lo spazio che i giornali dedicano alla cronaca nera e alle vicende giudiziarie.

Il luna park dell’informazione-intrattenimento sforna delitti a gogò sui quali chiacchierare per ore e ore nei lunghi pomeriggi televisivi, frammentate con immagini di qualche sbarco d’immigrati o al racconto del dolore di chi sta vivendo in prima persona una delle tante crisi aziendali. Il mondo a colori delle tivvù berlusconiane si alimenta, da anni, di disgrazie e lamenti sulle disgrazie, in talkshow nei quali moderni santoni distribuiscono malessere a larghe mani.

Si sa che le persone tendono a includere o escludere dalla propria conoscenza ciò che i media includono o escludono alla propria trattazione. Lo stesso Rapporto dice che gli “arrabbiati” s’informano prevalentemente tramite i tg, i giornali radio e i quotidiani.

Tra gli utenti dei social, Facebook raggiunge l’apice dell’attenzione tra gli utenti “esibizionisti”, cioè tra chi pubblica spesso post, foto e video per esprimere le proprie idee e mostrare a tutti quello che fanno. Gran parte delle persone controlla il telefono come primo gesto il mattino o l’ultima attività della sera prima di andare a dormire. Nel 2018 il numero dei cellulari ha superato quello delle tv.
I media influenzano, dunque, gli umori degli italiani, come dimostra lo stesso Rapporto Censis. Due più due fa quattro: semini odio e raccogli odio, emani paure e raccogli paure ancora più estese. Per qualche voto in più.

Così cresce quella deriva verso l’odio, l’intolleranza e il razzismo nei confronti delle minoranze i cui tratti e le cui percentuali sono stati registrati dal Rapporto del Censis: il 69,8% degli italiani sono convinti che nell’ultimo anno siano aumentati gli episodi d’intolleranza e razzismo e che il 58% degli intervistati è aumentato anche l’antisemitismo. Per fortuna c’è almeno un mutamento di atteggiamenti per quanto riguarda la violenza sulle donne: il 73,2% degli italiani è convinto che sia un problema reale della nostra società, anche se rimangono forti disparità tra uomini e donne, in tutti i campi.

Un quadro nero, molto nero quello che ci offre il Censis. Qua e là affiorano isole di resistenza, si manifesta quella peculiare forza che porta gli italiani, anche nei momenti più difficili, ad avere un modo di difesa tutto particolare, magari attivando, appunto, momenti di difesa molecolari o di piccoli gruppi. O individuali.

Qualcuno l’ha definita come “l’economia degli stratagemmi”, in cui si trova il modo di sopravvivere o di mantenere aperta una finestra sul futuro. E’ qui, in questo preciso istante che la politica sarebbe chiamata a riscattarsi. I cittadini mostrano di crederle sempre di meno. O comunque di credere sempre meno a quella che vedono ogni giorno in televisione. Anche per questo i giovani riempiono le piazze.

Maurizio Boldrini*

*articolo pubblicato anche su strisciarossa.it

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