IN MORTE DI UN AMICO: CIAO BLENDO!
CHIUSI – In tutti i paesi c’è sempre il tipo strano, quello che al al bar spara battute da filosofo, ma nella vita fa il muratore o l’imbianchino. Ecco, Enzo Fabianelli, detto Blendo era un tipo così. Non il matto del paese. Ma, appunto, uno che aveva una filosofia di vita tutta sua e, al bar, in sezione, mentre lavorava, ovunque insomma, dispensava pillole di saggezza popolare miste a folgoranti punture di sarcasmo sulla politica, sul mondo a cui faticava a stare dietro, sulle donne, sulle automobili, sul circo del pallone che non lo appassionava affatto. Erano gli anni ’70 e anche Chiusi Scalo era un’altra storia. Basta questa foto, con la gente seduta al Bar Italia, per avere un’idea…
Blendo aveva lavorato da ragazzo in ferrovia, reparto manutenzioni. Al nord. Ma se ne scappò dopo aver visto un collega morire folgorato mentre aggiustava i cavi della linea elettrica. Gli cadde davanti ai piedi, aveva poco più di 20 anni, come lui… E lui, Blendo, disse basta. Si lavora per vivere non per morire. Tornò a Chiusi e lavorò in fabbrica, l’unica fabbrica vera che c’era a Chiusi: la Bianchi Confezioni (o successive derivazioni). Uno dei pochi uomini in mezzo a 200 donne. Dura, durissima restare concentrati. Perché, come è noto tira più un pelo di… che una coppia di buoi. Bendo in questo non faceva eccezioni. Anzi c’aveva una certa fissazione, diciamo…
Poi la fabbrica aveva orari precisi, stringenti e ritmi ossessivi. Blendo era un filosofo e anche un pescatore. Amava pescare con la “bilancia”, e con la bilancia ci sapeva fare, era un maestro. Aveva altri ritmi biologici. La catena di montaggio una gabbia troppo stretta. Quindi… adiòs Bianchi. E così prese secchio e pennello e si mise a fare l’imbianchino. Ci sapeva fare anche con il pennello. E poteva gestire meglio e come gli pareva le sue giornate di lavoro. Sempre dispensando, insieme a vigorose pennellate, anche le sue massime tranchant su un mondo in cui si riconosceva poco… E dal quale si teneva a suo modo alla larga… Forse troppo alla larga. Perché intorno ai 50 anni la testa di Blendo ha cominciato ad andare per conto suo, a prendere vie traverse… Quelli che prima erano timori o scelte consapevoli (si lavora per vivere, non per morire), diventano manìe di persecuzione, fobìe, fantasmi… E il Blendo filosofo si perde.
Da anni ricoverato in una casa di riposo a Fabro, ieri Enzo Fabianelli, detto Blendo, se n’è andato. Aveva solo 71 anni. Sì, “solo”, perché 71 anni oggi sono pochi per morire. Ma forse ha voluto liberarsi anche di quell’ultima gabbia troppo stretta.
L’ho conosciuto che ero un bambino. Ha frequentato casa mia a lungo, mio padre ha lavorato un paio di mesi con lui, mentre attendeva la pensione all’inizio degli anni ’80… Abitavamo entrambi nella case popolari. Edifici diversi in zone diverse, ma sempre case popolari. Ricordo la sua 500 celestina e ricordo bene le sue battute, le sue massime dissacranti e spesso amare, più del Fernet. Come quella volta che alle elezioni entrò nella cabina con un panino in tasca, mise una fetta di salame nella scheda e ci scrisse sopra “Uomini di facili costumi e di atavica fame, mangiatevi anche questa!”
Forse, noi amici di un tempo ce lo siamo dimenticati troppo in fretta il vecchio Blendo. Forse lo abbiamo dato per perso, senza nemmeno provare a capire. Il Blendo che conoscevamo noi se ne è andato molto tempo fa. Da anni era un’altra cosa.
La mente a volte fa scherzi cattivi, feroci, ti lascia solo in mezzo al deserto. Il deserto ti acceca, ti fa perdere la cognizione del tempo, dello spazio, ti fa perdere conoscenza lasciandoti in piedi, disorientato. Solo in mezzo ai fantasmi che ti ronzano intorno. E in quelle condizioni “aspetti sol lo schianto e poi che giunga il manto della grande consolatrice”.
La chiudo qui con una citazione di Guccini. E di una canzone che gli piaceva, perché mezzo anarchico era anche lui, Enzo Fabianelli, detto Blendo.
Riposa in pace amico. Ti sia lieve la terra.
M.L.
Nella foto: Chiusi Scalo, Bar Italia, anni ’70. (Archivio Sacco).
Ciao Blendo dacci un occhio da lassù e porta pazienza…. ci vediamo per un giro in 500 cantando a squarciagola con il Trombik.
Mio zio, un tipo alquanto singolare era anche un uomo pieno di dolcezza e forse troppo sensibile per questo mondo…. ho scoperto cose che non conoscevo di lui, attraverso queste sue parole. La ringrazio tanto Marco, per averlo ricordato a nome mio e dei miei genitori.
Anch ‘io ho conosciuto Blendo, non bene come te dal momento che ha frequentato casa tua, ma era di soli 3 anni più piccolo di me ed e’ verissimo che era un filosofo, spesso anarcoide, ed ancora più spesso imprevedibile con le sue battute.Poi vivendo fuori Chiusi l’ho perso di vista ma già da diversi anni quando mi incontrava mi parlava ansiosamente delle sue patologie con le quali doveva fare i conti tutti i giorni.Cercavo di confortarlo e di fargli capire che oltre ai medicinali che lui diceva che assumeva si doveva aiutare da solo, con la volontà, perché talvolta le medicine fanno più danno che altro e se da una parte risolvono i problemi dall’altra spesso servono a crearli.Non so’ davvero se tutto quanto mi diceva fosse corrispondente alla realtà e forse era lui stesso che tendeva ad esacerbare le situazioni raccontando storie che era difficile seguire e stabilire se fossero state vere o meno.Poi per parecchi annni l’ho perso di vista e ieri la sorpresa di leggere l’avviso mortuario della sua fine.Sono contento che Marco Lorenzoni abbia pensato di scrivere su di lui perché senza alcun dubbio ha fatto un ritratto di una persona buona,spesso incompresa come giustamente ha detto quando ha parlato delle figure tipiche che in quegli anni facevano pare di una comunità di paese, dove tutti si conoscono, dove tutti sanno di tutti.Anch’io ho conosciuto la sua famiglia, i suoi due fratelli più grandi quando abitavano al ”granocchiaio” con i quali ci scambiavamo i fumetti di Tex Willer….altre epoche,altre idee,ed anche altri valori, diversi da quelli con i quali “Blendo” non si riconosceva più, ed al di là del proprio personale carattere, torto credo che non ci sia stato da darglielo…..la sua disincantata pungente filosofia era propria di una persona che nulla sentiva che avesse potuto perdere nel momento in cui ti diceva in faccia la sua verità,anzi si sentiva che si cibava proprio di tale verità per fortificarsi e per segnare la diversità con coloro che lo criticavano e lo ritenevano fuori binario.Per quanto riguarda l’immagine che Marco Lorenzoni ha usato per la titolazione del Post diro’ che ha ben centrato i personaggi che vi appaiono e quindi anche l’aria che tirava in quegli anni.Forse molti lettori odierni non li conosceranno ed è per questo che li voglio nominare,proprio perché chi li ha conosciuti porta la memoria di ciò che correva in quegli anni.La foto è stata scattata da mio padre Benito Sacco ed e’ realizzata su lastra pancromatica negativa Ferrania 13×18. I personaggi che vi appaiono sono da sinistra verso destra:
Un tassista del quale non ricordo il nome,Emilio Cicaloni detto “Vespa” con il suo cane Pippo,Tiezzi Alfio,Cannoni Guerriero detto”Spadino”,Timitilli(tassista) detto Tille,Euro Simonti,Leandro Venditti,Sconosciuto,Ivana Mengoni Paolucci proprietaria del Bar Italia,GiancarloFabrizi detto Ali’( barista ),il Maresciallo della Polfer Venditti, Verrazzani( ferroviere) , Pacchieri, Sconosciuto, Pietro Santoni (detto Pietrino Babirri),Luigi Pacciani( Barista al Buffet della Stazione, Cupelli (autista Sita) 2 sconosciuti. Questo quanto mi ricordo per non cancellare la memoria storica di persone che hanno marcato un epoca a Chiusi Scalo negli anni ‘60 e ‘70.
Gli devo molto. Spesso ho utilizzato molte delle sue invenzioni retoriche come “teste di cazzo incommensurabili” oppure “sputtanamento in mondovisione” per citarne soltanto due di tante. Gli ultimi tempi era preso da una forma grave di paranoia. Cercavo di ragionarci senza però riuscire a convincerlo. Ogni volta era peggio. Poi il recovero, la sua morte intellettuale. Ciao Enzo riposa in pace.
E’ un giorno molto triste.
Blendo, l’avevamo perso molti anni fa, quando la difficoltà del vivere aveva superato i limiti del sopportabile ma ogni tanto risbucava nei nostri discorsi.
Un tipo di cui non ci si poteva dimenticare. Una persona buona.
Anch’io ricordo le lunghissime chiacchierate sul mondo e dintorni, dentro la 500 di Enzo, insieme anche ad Armando Morbidelli. C’erano serate, magari di pioggia, in cui la visione del mondo di Blendo faceva apparire il “pessimismo cosmico” di Leopardi come un esercizio per uomini speranzosi. Altre volte ti travolgeva invece con quella risata fragorosa che sembrava un inno scanzonato alla vita. Enzo, sei stato comunque una persona importante della mia gioventu’. Spero che finalmente tu abbia trovato un po’ di pace.