LA CRISI DEL COMMERCIO LOCALE: COME SE NE ESCE?
Dall’inizio degli anni 90 il commercio prese la strada degli ipermercati, dei centri commerciali integrati, tutti posti fuori dai centri abitati, in zone produttive anonime, agli svincolo stradali e autostradali. Conseguenza fu lo svuotamento di paesi e città, dei centri storici e di quelli meno storici, anche a forte vocazione commerciale, come – nella nostra zona – ad esempio Chiusi Scalo, Torrita o Sinalunga e la crescita di pari passo di aree cerniera tipo Po’ Bandino che è comune di Città della Pieve, ma a 500 metri da Chiusi Scalo o l’area tra il casello A1 di Bettolle e Foiano della Chiana o Collestrada nei pressi di Perugia.. Negli ultimi anni però anche i grandi centri commerciali sono andati in crisi e la piccola lieve ripresa del commercio di qualità e anche di quelli che venivano chiamati “negozi di vicinato” (cosa che negli Usa e in altri paesi d’Europa è in atto da anni con risultati migliori), non ha compensato le perdite. Le statistiche dicono che in Italia chiudono 14 negozi al giorno. Che dal 2011 sono “saltati” quasi 40 mila esercizi. Solo in Provincia di Siena, per rimanere nelle nostre vicinanze, dal 2011 al 2018 hanno chiuso i battenti oltre 400 imprese commerciali.
E se qua e là, soprattutto nelle realtà più turistiche, il numero delle imprese sale (cioè sono più quelle che aprono che quelle che chiudono) ciò sembra dovuto quasi esclusivamente all’apertura di imprese “non locali”, per lo più empori cinesi, negozi o esercizi etnici che fanno sì un servizio, ma lasciano poco come ricaduta sul territorio. Ma il problema e la concorrenza principale, sia per i supermercati e centri commerciali sia per i negozi di quartiere, più o meno di qualità, è quella del commercio on line. Ovvero degli acquisti su Amazon e su catene presenti sul web. Tempi di consegna rapidissimi, sconti che i negozi tradizionali non possono nemmeno sognare. E poco importa alla clientela se poi Amazon e altre catene sfruttano i lavoratori, propongono contratti capestro e paghe da fame. Nelle città è forte anche la concorrenza dell’e-commerce anche per le pizze o i surgelati a domicilio… figuriamoci per scarpe, cappotti, jeans, computers, elettrodomestici…
Dieci anni fa (era il 2009) sulle colonne di Primapagina cartaceo pubblicammo un servizio intitolato “Chiusi, voce del verbo chiudere” ed era un servizio sulla morìa dei negozi, sulle saracinesche abbassate, sulle decine e decine di cartelli “Vendesi” o “Affittasi” che si vedevano in giro. Un biglietto da visita peggiore della frana sulla 146…
All’epoca fummo accusati dagli stessi commercianti e loro associazioni di fare gli uccelli del malaugurio. Di “gufare” contro la città. Qualcuno ci affibbiò l’epiteto di “Nuvola Nera” (noi rispondemmo: “se mai, Nuvola Rossa”, ma lasciamo perdere)…
Adesso anche i commercianti sono allarmati quanto noi. I numeri prima citati li ha forniti nei giorni scorsi il responsabile senese della Confesercenti, Nannizzi, che chiede alla politica misure adeguate per salvaguardare il commercio tradizionale…
Qualcuno nel frattempo si è adeguato, modernizzato e attrezzato per vendere on line. Ma anche questa è una frontiera che non tutti sono in grado di traguardare. Vendere pere e susine o prosciutto su internet non è facile. Lo stesso vale per le officine meccaniche o le falegnamerie che non possono competere sul prezzo di un treno di gomme o di una libreria con le grandi catene che vendono su Amazon…
Certo, i cartelli vendesi e affittasi, rispetto a dieci anni fa sono aumentati e non diminuiti e ora sono numerosi anche dentro i centri commerciali. E nella “morìa” generale, spariscono anche servizi importanti se non essenziali, come le edicole (a Chiusi città per esempio l’ultima ha chiuso il 31 di maggio). Perché anche i giornali ormai la gente li legge su Internet…
I negozietti ad uso dei turisti (vinerie, souvenir, articoli di pelletteria, bistrot per merende veloci) fanno colore, laddove ci sono, ma non compensano le chiusure di negozi di alimentari, di frutta e verdura, delle edicole, delle librerie, dei negozi di elettrodomestici…). Spesso anche quelle sono attività in franchising, o “seconde e terze attività”, che servono più a scaricare tasse che a produrre reddito.
Una cosa inoltre forse sfugge: quando un negozio abbassa la saracinesca e chiude sono posti di lavoro che saltano (non solo quello del/la titolare ed eventuali dipendenti o collaboratori, ma anche quelli di di chi lo rifornisce), soldi che non vanno più in circolo, Pil che cala.. E’ vero che il Pil non misura tutto, come diceva Bob Kennedy. Ma che tutto ciò significhi più povertà e meno ricchezza dovrebbe essere evidente. Come se ne esce? c’è chi fa campagne per acquisti a km zero, per scegliere prodotti sani e biologici possibilmente da acquistare presso produttori conosciuti, chi invita a scegliere i negozi locali per una questione di fiducia tra cliente e negoziante… altri propongono iniziative di sostegno da parte degli enti locali, infrastrutture efficienti, incentivi, riduzione di tasse e balzelli…. E c’è anche chi propone di riportare i centri commerciali, le multisale cinematografiche e i fast food all’interno delle città, anche dei centri storici. E questa è una tendenza che da qualche parte è già cominciata. Forse varrebbe la pena discuterne, ma non solo tra sindaci e qualche referente di associazione di categoria.
di certo non è facendo carbonizzatori che si risolve
Quelli servono se mai a smaltire i fanghi di depurazione che produciamo… sempre che non creino problemi e non facciano male alla salute. In tal caso il carbonizzatore non va fatto. Ma i fanghi andranno smaltiti lo stesso, possibilmente non inviandoli in discarica o spargendoli nei campi.
Bisognerebbe che le associazioni di categoria, i sindacati e il partito di maggioranza, se esiste ancora, invece di fare il coro degli elogi a chi amministra, ci dicessero quale è la loro opinione su questa situazione, quale è la loro idea di futuro, se si può continuare a pensare che bastino quattro post sui social, due marciapiedi, o qualche opera pubblica per salvare un paese che ha problemi enormi, non solo economici.
D’accordo sul fatto che associazioni di categoria, sindacati e partito di maggioranza dicano quale è la loro opinione. Ma nell’attesa, potrebbero farlo anche le opposizioni, in particolare quella di sinistra che capeggi. Intanto per far sapere cosa pensa Possiamo, poi per aprire una discussione e magari fornire indicazioni utili per la campagna elettorale del 2021 come “alternativa” all’attuale sistema o, nel caso di un accordo, per orientare anche il Pd e il resto della sinistra … No?
La nostra opinione è ben nota ma nelle sedi opportune non è un problema ribadirla. Il primo passo da arte di chi amministra sarebbe quello di smetterla con la propaganda e le auto celebrazioni e finalmente ammettere che il paese delle meraviglie di cui parlano non esiste e visto che, in base a quanto loro stessi affermano, questa amministrazione è in continuità con la precedente, otto anni dal di governo del paese hanno prodotto quello che è sotto gli occhi di chi vuol vedere.
La crisi del commercio e delle attività produttive è cominciata prima di di queste ultime amministrazioni. Anche prima del fatidico 2008. E non dipende da scelte amministrative. E’ frutto di una crisi globale, profonda, strutturale. Si può discutere sulla “propaganda” e su alcune scelte amministrative, ma non mi pare francamente che abbiano fatto cose che incidono negativamente. Anzi, hanno forse cercato di ricreare condizioni per poter attivare degli investimenti privati e hanno anche fatto una discreta serie di opere pubbliche. Non inutili. Vedi la messa in sicurezza idraulica dell’area ex fornace, il palasport, la messa in vendita dell’area ex centro carni… un po’ di operazioni e investimenti sul turismo (legati al Fresciarossa e non solo).
Ma io credo, Luca, che il Comune possa fare poco sul piano economico. E bisognerebbe tutti interrogarci sui motivi della crisi e sulle possibili vie d’uscita. Chiusi, come altri paesi della zona, ha un problema demografico ad esempio. Ha perso appeal e centralità, ma da decenni… Per questo, due settimane fa avevo proposto su queste colonne che i Podemos aprissero un tavolo di confronto con il Pd e con Bettollini, per verificare i punti di convergenza e quelli di divergenza. E da lì poi impostare, in una direzione o nell’altra, la campagna in vista delle elezioni 2021. Per tempo. Cominciando ad affrontare i temi caldi come questo del commercio e dell’economia.
Nel commento affermi: “La crisi del commercio e delle attività produttive è cominciata prima di queste ultime amministrazioni. E non dipende da scelte amministrative. E’ frutto di una crisi profonda e globale”. Quindi a Chiusi di cosa dobbiamo discutere a livello globale abbiamo zero voce in capitolo. Secondo le tue affermazioni il dibattito finisce qui e anche per me.
Guarda caso però che c’è tutta una serie di paesi intorno a noi che sono sul pianeta terra come Chiusi e che quindi la crisi globale l’hanno vissuta come noi ma che negli ultimi anni hanno vissuto una crescita notevole.
Chi una crescita e chi una decrescita…Si discuta di ciò che si può fare, che secondo me è poco, ma non niente. E del poco si può e si deve parlare. Se una forza politica, per di più di sinistra, rifiuta anche solo l’idea di confrontarsi è la fine della politica. Dal confronto possono emergere le incongruenze, gli errori, le omissioni (se ci sono) e anche qualche idea per uscire dall’impasse. Se si continua a guardarsi in cagnesco non se ne esce. Ancor meno se si continua a dire che l’erba del vicino è sempre più verde. Montepulciano fino all’anno scorso volava e aveva problemi di abbondanza di turisti, ad esempio. Oggi stenta anche Montepulciano additata come una delle città turistiche più care d’Italia. Città della Pieve che ha volato per 10 anni, adesso è tornata alla situazione pre-carabinieri e non vola più, al massimo “razzola”… E non è colpa dell’amministrazione appena insediata, diversa da quelle del Pd… Cetona ha una bella piazza italiana, tipica, ma fa fatica a riempirla a fine luglio…Ragioniamo insieme degli eventi, delle strategie, dei punti di forza e dei punti di debolezza… Altro esempio: sulla situazione economica ha inciso di più l’attività/non attività del Comune ola crisi del Mps e il cambio di management e di assetto della Bcc Valdichiana? Di questo si può parlare? (e non dico con questo che io voglia partecipare al tavolo. Dico che al tavolo dovreste sedervi tu e i Podemos e Bettollini, il Pd e il Psi).
Ma te i paesi li giudichi solo in base a quanta gente c’è in piazza a prendere l’aperitivo? Montepulciano ha una situazione economica stabilissima, Città della Pieve ha il suo territorio pieno di aziende molte delle quali “scappate” da Chiusi, Cetona non credo che stenti a riempire la piazza o i ristoranti (tutti buoni tra l’altro), senza volerci spingere a Pienza o a Cortona. Non è invidia per l’erba verde del vicino è la realtà. Ci sono amministratori a Chiusi che al termine della legislatura avranno accumulato una presenza in comune dai 10 ai 13 anni, dobbiamo ancora essere ostaggio di queste persone e andare a trattare con loro il futuro di questo paese o è lecito chiedere novità. Per quanto mi riguarda in venticinque anni mi sono candidato tre volte alle elezioni comunali, nel 2016 sono stato eletto consigliere, l’ho fatto per pura passione, senso civico e amore per il paese dove vivo, tra due anni lascerò il posto a qualcun altro, la politica la vivo così, c’è qualcuno che si è già autoricandidato a una nuova elezione, se fosse rieletto al termine del mandato sarebbero 15 (QUINDICI) anni su quelle seggiole…
Guarda La che le aziende che hanno chiuso i battenti sono tante a Chiusi che alla Pieve o a Montepulciano.Nelle zone produttive di Po’ Bandino ci sono capannoni vuoti o chiusi come in quelle di Chiusi. Idem a Montepulciano. Le difficoltà di Bcc Valdichiana lo dimostrano. Non è solo questione di Chiusi. Che soffre forse più di altre realtà perché ha da sempre un’economia diversificata.Più terziaria e non ha un prodotto leader (cone il Vino a Montepulciano, per capirsi). Chiusi ha perso punti negli ultimi anni anche nel terziario (banche, scuole, assicurazioni, Fs…) , questo è un fatto, Ma per discutere delle cose che dici, anche della inamovibilità di certi politici e amministratori, cosa può esserci di meglio e di più appropriato di un confronto politico paritario tra le forze in campo? Se poi mi dici che Possiamo non ha alcuna intenzione si sedersi ad un tavolo con Bettolini e il Pd ne prenderemo atto. Ma questo non lo ha detto nessuno. E non basta un commentio personale su Primapagina per affermare una cosa del genere, Servirebbe un pronunciamento ufficiale del movimento. O del Pd. Credo che sarebbe interessa dei Podemos e anche del Pd e del Psi. Potrebbe essere l’occasione per dirsele fuori dai denti e trovare una soluzione condivisa, oppure per sancire l’incompatibilità tra le due parti… Tra due anni, con i numeri attuali (ultime politiche ed europee) il Comune di Chiusi sarà contendibile, il Pd non ha più una maggioranza ferrea. Potrebbe vincere la Lega se dovesse durare l’onda salviniana, sarebbe meglio? Non lo so, personalmente credo di no. E questo lo dico a prescindere da ogni altro ragionamento (che andrà fatto, sulla sinistra, sul Pd, sui podemos ecc..). L’eventualità che possa vincere un partito che non ha sedi, rappresentanti riconoscibili, presenza e storia sul territorio mi fa paura più delle posizioni che esprime e che mi sembrano aberranti.
Quello che sarà il futuro dei prossimi due anni non lo so ma qualunque decisione prenderà Possiamo sarà frutto di una riflessione autonoma dei suoi componenti, delle tue paure o delle tue proposte francamente mi interessa poco.