VI RICORDATE ON THE ROAD. AGAIN? SE ANCHE LANDINI CITA BRUCE SPRINGSTEEN…

domenica 23rd, giugno 2019 / 15:36
VI RICORDATE ON THE ROAD. AGAIN? SE ANCHE LANDINI CITA BRUCE SPRINGSTEEN…
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CHIUSI – Giusto due giorni fa su queste colonne mi lamentavo della scarsa attenzione riservata dalla sinistra chiusina (quella a sinistra del Pd) rispetto ad alcuni eventi delle ultime settimane. E tra questi citavo un paio di spettacoli teatrali: “7 minuti”  una piace sul lavoro, la fabbrica, il difficile rapporto tra maestranze e padrone e maestranze autoctone con maestranze immigrate, messa in scena da Fabrizio Nenci (uno della sinistra chiusina a sinistra del Pd) con una compagnia di 10 donne e solo donne e “On the road-Again” allestito da Primapagina in collaborazione con la Fondazione Orizzonti. Anche in questo caso un testo sui migranti, le migrazioni epocali, i muri al confine, la deindustrializzazione e alcune figure della sinistra locale a sinisra del Pd sul palco o dietro le quinte…  Dopo aver scritto quelle righe ho avuto il dubbio di aver ceduto all’autoreferenzialità. All’amarezza di vedere amici e compagni di una vita indifferenti, senza considerare il cambiare dei tempi. 

Ma quando ieri, alla manifestazione sindacale Cgil-Cisl-Uil a Reggio Calabria, una cosa che non si vedeva dal 22 ottobre del 1972, il segretario della Cgil Maurizio Landini, nel mezzo di uno dei suoi interventi più trascinanti, ha citato Bruce Springsteen, ho tirato un sospiro di sollievo.  E mi sono sentito nel giusto – anche per quelle amare considerazioni sulla sinistra chiusina – quando ho letto in rete altri commenti alla citazione di Landini.  Su “Fortebraccio” (Blog indipendente di informazione sindacale) Andrea Malpassi scrive:

“Quando abbiamo sentito Landini citare Bruce Springsteen., siamo saltati in aria, con le braccia al cielo, proprio come ad un concerto in una notte d’estate. Perché le nostre vite e il nostro impegno e le nostre lotte per il lavoro e per i lavoratori hanno anche una colonna sonora: ed il “Boss” non ha mai smesso di cantarla. Questo ragazzino di quasi settant’anni viene su nel New Jersey, un posto che avrà pure un nome suggestivo, ma che in realtà è la periferia povera ed operaia della sfavillante New York. Ed è operaio il padre, che alla fabbrica “ha dato il proprio udito e la propria vita”. E sono poveri, in casa Springsteen, così poveri che le sorelle rinunciano alle scarpe nuove per pagare qualche lezione di chitarra al piccolo Bruce: con i soldi dei primi concertini, comprerà proprio le scarpe alle sorelle. Quella periferia operaia è fatta tutta di immigrati: latinos e mangiaspaghetti e polacchi e neri e musi gialli. Un pugno di loro, all’inizio degli anni ’70, capisce che non vale la pena di sfogare tutta la propria frustrazione e rabbia per contendersi il “controllo” su un giardinetto pubblico. Meglio smetterla di azzannarsi tra chi è arrivato prima e chi dopo. Meglio mettere su un gruppo, meglio soffiare dentro un sassofono e scorticare una chitarra, meglio cercare le parole per raccontare quanto diavolo sia dura la vita ai margini del “sogno americano”, quanto quel sogno sia un inganno ai danni dei lavoratori e degli “ultimi”. E quanto però non bisogna mai smettere di credere e sudare perché ci sia davvero una “terra promessa”, qui in terra, per tutti; “perché io ho fatto del mio meglio per vivere nel modo giusto, mi alzo ogni mattina e vado a lavorare tutti i giorni”: quella terra promessa, qui in terra e per tutti, è un mio diritto. Per questo Bruce Springsteen è roba nostra: perché canta gli operai, da operaio. Gli emarginati, da emarginato. Canta le vittime delle crisi economiche e delle ristrutturazioni aziendali, le cittadine che falliscono perché la fabbrica chiude, le famiglie che si specchiano nei piatti vuoti, i ragazzi che sognano un contratto a tempo indeterminato per sposare la donna che amano. Canta quelli che si devono dare una mano tra loro, per farcela: e una mano se la daranno sempre”… 

Ecco, non credo che Malpassi abbia visto, il 24 maggio scorso,On The road. Again, al Mascagni di Chiusi. Ma quello che dice è esattamente ciò che abbiamo cercato di raccontare in quello spettacolo attraverso la vita e le canzoni del Boss e di altri due suoi maestri o compagni di avventura come Woody Guthrie e Bob Dylan.  Ecco, sentir citare Bruce e il suo “operaismo” da Landini in una delle manifestazioni più importanti degli ultimi 20 anni, mi (ci) risarcisce dell’amarezza per l’indifferenza o il silenzio di altri.

Evidentemente, quando ci siamo messi a pensare e a “provare”  On the road. Again con Martina Belvisi, Alessandro Manzini, Massimo Giulio Benicchi e Luca Morelli (che pure la pensa diversamente, ma fa l’operaio e alla fine ci stava benissimo in quella parte), con i Dudes e i dancers  della scuola In punta di piedi, eravamo, senza saperlo, in sintonia con la parte migliore di questo paese.  Quella che resiste, che si batte per il lavoro (vero) al sud e non solo al sud…

Sono cose che fanno bene al cuore e all’anima.

P.S. l’articolo sul blog Fortebraccio, me lo ha segnalato Andrea Micheletti, un amico e compagno del Pd. Un assessore della giunta comunale chiusina. Uno che ama Springsteen certo. Ma che molti nella sinistra chiusina a sinistra del Pd considerano un “rinnegato”. Lui c’era a vedere On The Road. Again. Non so quale sia il suo giudizio sullo spettacolo, ma il richiamo/citazione di Landini lo ha colto al volo, trovandoci un aggancio con quanto abbiamo messo in scena al Mascagni un mese fa.  Altri non si sono accorti di niente, né dello spettacolo, né del discorso di Landini. Sono piccolo cose, certo. Ma alla fine fanno la differenza.

Marco Lorenzoni

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