CHIUSI: IL PD ABBANDONA IL RENZISMO E SCEGLIE ZINGARETTI
CHIUSI- Dai fasti di Porsenna, alla strenua difesa della Repubblica di Siena, fino alla battaglia tra i paracadutisti della Herman Goering e i soldati sudafricani nel ’44, Chiusi è sempre stata una fortezza o un avamposto difficilmente espugnabile. E negli ultimi anni, dal 2012 in poi era diventata un “fortino” del renzismo, prima rampante e dilagante, poi costretto alla difensiva. Chiusi è rimasta una roccaforte del Pd anche a livello di voti, mentre altrove il d franava. E con Scaramelli e Bettollini, renzianissimi della prima ora, è rimasta fedele a Matteo da Rignano fin che ha potuto.
Ora però il vento che non si fermava con le mani è cambiato. Il renzismo si è sgonfiato come un palloncino bucato e non è più di moda. Così, anche Chiusi da roccaforte renziana è diventata una roccaforte del nuovo leader, l’unico possibile, l’unico in grado, in questo momento, di garantire una conduzione unitaria del partito. Ma lontana dal renzismo. Chiusi da oggi è un avamposto del Pd di Nicola Zingaretti. Non lo dicono le dichiarazioni (endorsement in inglese) di Bettollini e Micheletti che compiendo uno strappo, forse non indolore, con il loro pregresso si sono schierati a favore del Governatore del Lazio come segretario nazionale del partito. Lo dicono i numeri della “conta” all’interno dei circoli, avvenuta oggi, domenica 20 gennaio.
Nei 5 circoli chiusini hanno votato 152 persone. Non molte per dire la verità, anzi poche, ma si trattava di una consultazione interna, riservata agli iscritti. E il Pd di questo periodo non sembra scaldare i cuori della gente…
Zingaretti ha ottenuto 99 voti pari al 66,7%. Maurizio Martina ne ha presi 30 (20,3%), mentre la coppia Giachetti-Ascani, ovvero la rappresentanza più renziana del lotto si è fermata a 19 (12,8%). Gli altri candidati Boccia, Saladino e Corallo neanche una preferenza.
Nel dettaglio, a Chiusi città c’è stato un testa a testa tra i sostenitori di Zingaretti (11) e i sostenitori della coppia Giachetti-Ascani (9); allo Scalo invece il testa a testa si è avuto tra Zingaretti (31) e Martina (26), con Giachetti fermo a 5.
A Macciano, Montallese e Montevenere invece Zingaretti ha fatto praticamente “cappotto”, lasciando agli avversari solo 9 voti tra tutti su 57.
Quindi il Pd di Chiusi archivia la stagione di Renzi e Scaramelli e si incammina su una strada nuova, seguendo l’indicazione del sindaco Bettollini e dell’assessore Micheletti. Ovviamente a sostegno di Zingaretti e di una linea che mettesse in mora il renzismo c’erano e ci sono anche altri: alcuni ex bersaniani e figure come Paolo Scattoni, molto critico con l’amministrazione locale, ma fieramente e orgogliosamente iscritto al Pd dalla fondazione.
Non sarà semplicissimo adesso mettere insieme posizioni diverse a livello locale, ma questo è: il Pd chiusino sta con Zingaretti e nella maggioranza del partito ci stanno dentro il sindaco Bettollini, gli assessore Micheletti e Marchini, il consigliere Agostinelli e il resto del gruppo consiliare in quota Pd e pure chi si è trovato spesso in rotta di collisione con loro come Scattoni. Tutti insieme verso il nuovo sol dell’avvenir. La riprova vera e più probante si avrà il 3 marzo, con le primarie nazionali aperte tra i due candidati più votati nei circoli. Lì anche Scaramelli tornerà in campo (a sostegno di Martina se i due che si sfideranno saranno Zingaretti e l’attuale segretario) e lì si consumerà lo strappo vero tra il prode Scara e il suo delfino Bettollini.
Vedremo se la “ripartenza” sarà sulla linea dell’unità del partito indicata da Zingaretti, sulla valorizzazione delle esperienze e amministrative, o sarà invece segnata dall’ennesimo scontro su chi è più rappresentativo e chi meno, su chi debba fare autocritica e chi no. E soprattutto vedremo se la nuova linea porterà il Pd locale a riaprire i circoli, ad attrarre persone che si erano allontanate dal partito durante la stagione renziana e soprattutto ad attrarre figure della società civile cittadina che sperano in una ripresa della sinistra, dopo anni di “vacatio” e di latitanza, sia nel territorio che a livello nazionale.
Certo non è sufficiente per tutto ciò il fatto che il Pd chiusino si sia schierato a favore di Zingaretti che non è Lenin o Gramsci e nemmeno Berlinguer. Serviranno iniziative, prese di posizione conseguenti a tale scelta. Serviranno autocritiche e qualche cambio di cavallo. Segretari di circolo che fanno semplicemente i passacarte senza mai proferir parola, servono a poco o nulla. Non è quella la loro funzione. Il Pd, al momento, è un partito più assente che presente, i numeri stessi della “conta congressuale” lo dimostrano. Ora che la zavorra di una linea politica che si è dimostrata fallimentare è stata messa in soffitta, però può ripartire. E, quanto alle differenze interne, alla presenza nella componente Zingaretti di anime diverse, viene da pensare ad una vecchia canzone di Battisti: “Uno in più”. Per dirla con una massima alla Catalano: meglio uno in più che uno in meno.
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