I CIPRESSI DELLA VALDORCIA MUOIONO, SERVE INTERVENTO PER SALVARE IL PAESAGGIO
CHIUSI – Era il mese di dicembre del 1990. Primapagina era appena approdata in edicola. E per scimmiottare Repubblica, anche noi avevamo il nostro “magazine”. Si chiamava Belverde ed era dedicato alle bellezze e alle “emergenze” ambientali e artistiche del territorio. Ne uscirono solo 4 numeri. Costava troppo. Il primo numero aveva in copertina una di queste “emergenze”. La “malattia” dei cipressi della Valdorcia, che si stavano seccando uno ad uno… All’interno, un ampio servizio, anche fotografico, firmato da Augusto Mattioli, storico cronista senese, corrispondente, all’epoca, de l’Unità. Mattioli prendeva spunto da un progetto pilota dell’ETSAF (Ente Agricolo e Forestale della Regione Toscana) presentato nell’estate di quell’anno a Chianciano, proprio per contrastare la morìa dei cipressi e salvaguardare uno degli elementi più caratteristici del paesaggio toscano, di cui la Valdorcia era già allora una delle “cartoline” più vendute…Il progetto Etsaf prevedeva – si legge nell’articolo di Belverde – un intervento su circa 30 mila piante in tre comuni dell’area fiorentina (Firenze, Bagno a Ripoli e Fiesole) e 10 comuni del sud senese (Castiglion d’Orcia, Cetona, Chianciano, Chiusi, Montepulciano, Pienza, Radicofani, Sarteano, San Casciano Bagni e San Quirico d’Orcia, identificati come “polo termale” e area di alto pregio ambientale e paesaggistico). La situazione nel 1990 era preoccupante: “A Montepulciano, su 10 mila piante 1.412 sono quelle colpite dal cancro e 192 quelle morte Peggiore la situazione a Pienza dove su 7.700 piante sono malate 1.643 (380 morte); a Chianciano sono 783 su 5.000 gli alberi malati”. “Una ecatombe vera e propria” la definiva Augusto Mattioli che ricordava come anche un’azIenda importante come le Terme di Chianciano, con il presidente Saro Munafò, si adoperò per costituire un apposito comitato per la tutela dei cipressi.
Una scheda a corredo dell’articolo spiegava che il “cancro del cipresso era provocato da un fungo microscopico, il Seridium (Coryneum) Cardinale, i cui organi di riproduzione(conidi), quando le condizioni di temperatura (25°c.) e di umidità relativa (100%) lo consentono germinano e penetrano nella pianta attraverso ferite preesistenti… i periodi più favorevoli allo sviluppo del patogeno sono quelli primaverili e autunnali…”
Era il 1990, sono passati quasi 30 anni. E per 25 anni il fenomeno è stato monitorato e tenuto, sostanzialmente sotto controllo. “Negli ultimi 2-3 anni però non è stato fatto niente e adesso la situazione sta precipitando”. Così sostiene Nicoletta Innocenti sulla pagina Facebook “Opera Valdorcia” che è l’associazione Onlus che ha condotto battaglie sacrosante come quella per salvare la Quercia delle Cecche e quella per la riapertura al pubblico del borgo di Ripa d’Orcia.
Certo sostituire tutti i cipressi attaccati dal “cancro” e malati sembra essere un’opera immane. La Provincia, svuotata di competenze e di risorse dalla riforma voluta dal Governo Renzi, difficilmente potrà metterci mano in maniera definitiva, nelle condizioni attuali. Per una questione di costi, ma non solo. Del resto sostituire i cipressi malati con alberelli giovani alti 3 metri, come è stato fatto per esempio a Chiusi con i pini piantati nel dopoguerra, potrebbe essere una soluzione inadatta, il paesaggio cambierebbe inesorabilmente. Ma qualcosa andrà fatto e alla svelta. Il paesaggio della Valdorcia (e di tutte le colline toscane) con quei cipressi a punteggiarne le curve e l’orizzonte, è un elemento imprescindibile dell’immagine della Toscana, un valore aggiunto che non può venir meno… Ha ragione Nicoletta Innocenti a lanciare l’allarme e a fare appello ad una mobilitazione generale. Del resto è stato fatto per una quercia. Qui si tratta di centinaia di cipressi…
m.l.