IL PONTE MORANDI E L’ITALIA CHE SI SGRETOLA

giovedì 16th, agosto 2018 / 13:35
IL PONTE MORANDI E L’ITALIA CHE SI SGRETOLA
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Tra le considerazioni e le ipotesi  lette in questi giorni sul crollo del Ponte Morandi a Genova c’è anche quella che il problema fosse proprio nel progetto e nell’architettura di Riccardo Morandi, che ha disegnato e realizzato “opere caratterizzate da disequilibrio, precarietà, instabilità, artificio e disgrazia”, portando a sostegno di tale tesi il fatto che nel ’64 un ponte gemello di quello di Genova sempre di Morandi, crollò in Venezuela (Lago Maracaibo), per l’impatto di una nave cisterna che vi stava passando sotto…  In quel caso però ci fu appunto un impatto. A Genova no. A Genova sembra abbiano ceduto i “tiranti” in cemento armato precompresso. Ci sono testimoni che dicono di aver assistito al momento in cui si sono spezzati in due, facendo poi cadere la carreggiata… Ecco se davvero la causa del crollo fosse nelle scelte progettuali e tecniche di Morandi, nella tragedia immane che ciò ha comportato, sarebbe comunque l’ipotesi migliore. Perché basterebbe chiudere e mettere in sicurezza tutti i ponti realizzati da Morandi con quello stesso tipo di tecnica.

Ma forse non è così. O per meglio dire, forse, la tecnica-Morandi, ammesso che sia fallace, non spiega tutto. E’ vero che il Ponte di Genova era in manutenzione perenne, perché fin dall’inizio aveva mostrato delle criticità, come un certo ondulamento della carreggiata dovuto – pare – a calcoli non perfetti sull’assestamento e la dilatazione dei materiali e più d’uno, anche tra gli esperti ne aveva preconizzato il collasso e il crollo. Ma è altrettanto vero che negli ultimi anni sono crollati parecchi ponti e viadotti, da nord a sud, da est a ovest, in tutta la penisola. E non tutti erano stati progettati da Riccardo Morandi. I terremoti come quello dell’Irpinia nel 1980, quello del ’97 in Umbria e Marche, quello de l’Aquila del 2009, quelli del 2016 ancora nel centro Italia (Amatrice, Norcia, Accumoli ecc…) parecchi li hanno indeboliti, compromessi…

E c’è chi sostiene che molti viadotti, anche quelli delle autostrade, sono arrivati vicino alla scadenza del ciclo naturale di vita, perché le opere in cemento armato non sono eterne e si deteriorano e spesso crollano…  Tutti quelli esistenti nelle aree colpite dai terremoti sono ormai strutture a rischio. Il terremoto per i ponti è una tremenda prova da sforzo. Alcuni non ne reggerebbero un’altra. Lo dice gente come Carlo Malerba, docente al Politecnico di Milano, il quale fa notare che anche il tempo (gli anni), il maltempo (le frane, le alluvioni, le bombe d’acqua..), il mare e l’aria salmastra fanno anch’essi opera di corrosione, lenta ma inesorabile, del ferro e del cemento.

In Sicilia sono decine i viadotti che mostrano segni preoccupanti di decadimento, qualcuno è già venuto giù. In Lombardia, nel 2016 ne è crollato uno nei pressi di Lecco. Altri sono crollati o sono stati chiusi per precauzione nelle Marche, soprattutto nella zona franosa di Ancona. Altri ancora nel Basento tra Puglia e Lucania…  Nel nostro territorio c’è stato il crollo del ponte a nove luci sul fiume Orcia nel 2012, con gravi ripercussioni sul traffico per la zona di Radicofani e l’Amiata. Ad Orvieto il ponte dell’Adunata sul fiume Paglia è stato oggetto di interventi consistenti di manutenzione dopo la grande alluvione, sempre del 2012…

Il problema dunque non è solo Morandi. E anche la manutenzione spesso non basta, perché “il cemento nuovo su cemento vecchio e deteriorato è come la saliva sulle ferite, pulisce, ma non disinfetta. I piloni tarlati restano tarlati… ” (sempre Malerba che parla).

La riprova di ciò è proprio il crollo di Genova che era sotto osservazione e in manutenzione. C’erano lavori in corso quando il 14 agosto è venuto giù…

Ieri il premier Giuseppe Conte ha annunciato il via alla procedura per la revoca della concessione alla Società Autostrade per l’Italia, dicendo che lo Stato non può aspettare i tempi della giustizia per l’accertamento delle eventuali responsabilità (e detto da un primo ministro che di mestiere fa l’avvocato e il docente di Diritto fa un certo effetto), ma subito c’è stata la risposta di Autostrade e quella di molti giornali che fanno notare come in tal caso lo Stato dovrebbe risarcire comunque la società di gestione per la disdetta unilaterale del contratto prima della scadenza (2042) e l’indennizzo ammonterebbe a circa 20 miliardi di euro…  Una cifra colossale che lo Stato non ha a disposizione. Quindi quella della revoca sembra al momento più una esternazione propagandistica subito rilanciata anche da Di Maio e Salvini, che non una reale possibilità.

Tra l’altro la società Autostrade per l’Italia, nel momento in cui di discuteva sulla “Gronda” che avrebbe dovuto alleggerire il traffico sul ponte Morandi (e non solo) aveva assicurato che il Ponte sarebbe rimasto in piedi per altri 100 anni almeno e che le ipotesi di crollo erano una baggianata… Alla quale però avevano abboccato il genovese Beppe Grillo e i 5 Stelle, che la ripresero per la loro battaglia contro la Gronda, considerata opera costosa, inutile e troppo impattante dal punto di vista ambientale. In sostanza le rassicurazioni di Autostrade per l’Italia andavano bene quando servivano per la propria battaglia politica, che irrideva a quanti invece mettevano in guardia dai rischi, ma non vanno più bene adesso che il ponte è crollato. I 5 Stelle hanno una capacità non comune di cambiare posizione…

Ma al di là delle polemiche politiche, delle affermazioni perentorie smentite dai fatti, chiaro che il viadotto Morandi non è venuto giù per un evento straordinario e imprevedibile, o per pura fatalità. Delle responsabilità ci sono e andranno individuate. La manutenzione prevista o è stata tardiva o non è stata fatta come doveva esser fatta. E il dubbio che lo scadimento della politica si sia portato appresso anche un decadimento della scuola, delle università, quindi a caduta degli apparati tecnici utilizzati dallo Stato, dalle imprese private, dagli enti locali, affiora e si fa va via sempre più pressante.

Oltre al prezzo altissimo in vite umane l’Italia pagherà un prezzo altissimo anche in termini economici e di immagine. Genova è il porto più importante del Mediterraneo, è la sesta città italiana, è quel ponte spezzato taglia anche i collegamenti di Genova con la Francia, con il nord (Milano, Torino, la Svizzera) e quelli dalla Francia e dal nord verso Genova e anche verso la Toscana, l’Emilia Romagna e il resto d’Italia verso sud… Sarà dura, durissima trovare una alternativa in tempi rapidi a quel ponte e non sarà un problema solo genovese e dei genovesi.

Quello che però emerge da questa drammatica vicenda è che l’Italia è un paese sempre più fragile. Che si sta sbriciolando e sta perdendo pezzo per pezzo le certezze che l’avevano fatta diventare la sesta potenza industriale del mondo. I ponti che crollano, le strade colabrodo, le frane e le alluvioni rovinose ci dicono che molte di quelle certezze sono state costruite male, usando materiali scadenti o in misura minore rispetto ai protocolli e ai progetti e la manutenzione è stata il più delle volte una toppa irrisoria e uno spreco di risorse.  Perché è vero che il cemento armato non è eterno e dopo un certo periodo di tempo si deteriora e può anche crollare, ma se è armato male, se il ferro è più fino del previsto, se i calcoli dei pesi e della dilatazione non sono fatti come si deve, se chi deve controllare e prendere decisioni tergiversa sperando nella buona sorte, è facile che crolli prima del previsto. Se i ponti li fai sopra le case e i capannoni (o le case e i capannoni li fai sotto i ponti) è facile che i crolli siano ancora più rovinosi e devastanti. E’ una questione matematica, non solo politica.

m.l.

 

 

 

 

 

 

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