IL PONTE MORANDI E L’ITALIA CHE SI SGRETOLA
Tra le considerazioni e le ipotesi lette in questi giorni sul crollo del Ponte Morandi a Genova c’è anche quella che il problema fosse proprio nel progetto e nell’architettura di Riccardo Morandi, che ha disegnato e realizzato “opere caratterizzate da disequilibrio, precarietà, instabilità, artificio e disgrazia”, portando a sostegno di tale tesi il fatto che nel ’64 un ponte gemello di quello di Genova sempre di Morandi, crollò in Venezuela (Lago Maracaibo), per l’impatto di una nave cisterna che vi stava passando sotto… In quel caso però ci fu appunto un impatto. A Genova no. A Genova sembra abbiano ceduto i “tiranti” in cemento armato precompresso. Ci sono testimoni che dicono di aver assistito al momento in cui si sono spezzati in due, facendo poi cadere la carreggiata… Ecco se davvero la causa del crollo fosse nelle scelte progettuali e tecniche di Morandi, nella tragedia immane che ciò ha comportato, sarebbe comunque l’ipotesi migliore. Perché basterebbe chiudere e mettere in sicurezza tutti i ponti realizzati da Morandi con quello stesso tipo di tecnica.
Ma forse non è così. O per meglio dire, forse, la tecnica-Morandi, ammesso che sia fallace, non spiega tutto. E’ vero che il Ponte di Genova era in manutenzione perenne, perché fin dall’inizio aveva mostrato delle criticità, come un certo ondulamento della carreggiata dovuto – pare – a calcoli non perfetti sull’assestamento e la dilatazione dei materiali e più d’uno, anche tra gli esperti ne aveva preconizzato il collasso e il crollo. Ma è altrettanto vero che negli ultimi anni sono crollati parecchi ponti e viadotti, da nord a sud, da est a ovest, in tutta la penisola. E non tutti erano stati progettati da Riccardo Morandi. I terremoti come quello dell’Irpinia nel 1980, quello del ’97 in Umbria e Marche, quello de l’Aquila del 2009, quelli del 2016 ancora nel centro Italia (Amatrice, Norcia, Accumoli ecc…) parecchi li hanno indeboliti, compromessi…
E c’è chi sostiene che molti viadotti, anche quelli delle autostrade, sono arrivati vicino alla scadenza del ciclo naturale di vita, perché le opere in cemento armato non sono eterne e si deteriorano e spesso crollano… Tutti quelli esistenti nelle aree colpite dai terremoti sono ormai strutture a rischio. Il terremoto per i ponti è una tremenda prova da sforzo. Alcuni non ne reggerebbero un’altra. Lo dice gente come Carlo Malerba, docente al Politecnico di Milano, il quale fa notare che anche il tempo (gli anni), il maltempo (le frane, le alluvioni, le bombe d’acqua..), il mare e l’aria salmastra fanno anch’essi opera di corrosione, lenta ma inesorabile, del ferro e del cemento.
In Sicilia sono decine i viadotti che mostrano segni preoccupanti di decadimento, qualcuno è già venuto giù. In Lombardia, nel 2016 ne è crollato uno nei pressi di Lecco. Altri sono crollati o sono stati chiusi per precauzione nelle Marche, soprattutto nella zona franosa di Ancona. Altri ancora nel Basento tra Puglia e Lucania… Nel nostro territorio c’è stato il crollo del ponte a nove luci sul fiume Orcia nel 2012, con gravi ripercussioni sul traffico per la zona di Radicofani e l’Amiata. Ad Orvieto il ponte dell’Adunata sul fiume Paglia è stato oggetto di interventi consistenti di manutenzione dopo la grande alluvione, sempre del 2012…
Il problema dunque non è solo Morandi. E anche la manutenzione spesso non basta, perché “il cemento nuovo su cemento vecchio e deteriorato è come la saliva sulle ferite, pulisce, ma non disinfetta. I piloni tarlati restano tarlati… ” (sempre Malerba che parla).
La riprova di ciò è proprio il crollo di Genova che era sotto osservazione e in manutenzione. C’erano lavori in corso quando il 14 agosto è venuto giù…
Ieri il premier Giuseppe Conte ha annunciato il via alla procedura per la revoca della concessione alla Società Autostrade per l’Italia, dicendo che lo Stato non può aspettare i tempi della giustizia per l’accertamento delle eventuali responsabilità (e detto da un primo ministro che di mestiere fa l’avvocato e il docente di Diritto fa un certo effetto), ma subito c’è stata la risposta di Autostrade e quella di molti giornali che fanno notare come in tal caso lo Stato dovrebbe risarcire comunque la società di gestione per la disdetta unilaterale del contratto prima della scadenza (2042) e l’indennizzo ammonterebbe a circa 20 miliardi di euro… Una cifra colossale che lo Stato non ha a disposizione. Quindi quella della revoca sembra al momento più una esternazione propagandistica subito rilanciata anche da Di Maio e Salvini, che non una reale possibilità.
Tra l’altro la società Autostrade per l’Italia, nel momento in cui di discuteva sulla “Gronda” che avrebbe dovuto alleggerire il traffico sul ponte Morandi (e non solo) aveva assicurato che il Ponte sarebbe rimasto in piedi per altri 100 anni almeno e che le ipotesi di crollo erano una baggianata… Alla quale però avevano abboccato il genovese Beppe Grillo e i 5 Stelle, che la ripresero per la loro battaglia contro la Gronda, considerata opera costosa, inutile e troppo impattante dal punto di vista ambientale. In sostanza le rassicurazioni di Autostrade per l’Italia andavano bene quando servivano per la propria battaglia politica, che irrideva a quanti invece mettevano in guardia dai rischi, ma non vanno più bene adesso che il ponte è crollato. I 5 Stelle hanno una capacità non comune di cambiare posizione…
Ma al di là delle polemiche politiche, delle affermazioni perentorie smentite dai fatti, chiaro che il viadotto Morandi non è venuto giù per un evento straordinario e imprevedibile, o per pura fatalità. Delle responsabilità ci sono e andranno individuate. La manutenzione prevista o è stata tardiva o non è stata fatta come doveva esser fatta. E il dubbio che lo scadimento della politica si sia portato appresso anche un decadimento della scuola, delle università, quindi a caduta degli apparati tecnici utilizzati dallo Stato, dalle imprese private, dagli enti locali, affiora e si fa va via sempre più pressante.
Oltre al prezzo altissimo in vite umane l’Italia pagherà un prezzo altissimo anche in termini economici e di immagine. Genova è il porto più importante del Mediterraneo, è la sesta città italiana, è quel ponte spezzato taglia anche i collegamenti di Genova con la Francia, con il nord (Milano, Torino, la Svizzera) e quelli dalla Francia e dal nord verso Genova e anche verso la Toscana, l’Emilia Romagna e il resto d’Italia verso sud… Sarà dura, durissima trovare una alternativa in tempi rapidi a quel ponte e non sarà un problema solo genovese e dei genovesi.
Quello che però emerge da questa drammatica vicenda è che l’Italia è un paese sempre più fragile. Che si sta sbriciolando e sta perdendo pezzo per pezzo le certezze che l’avevano fatta diventare la sesta potenza industriale del mondo. I ponti che crollano, le strade colabrodo, le frane e le alluvioni rovinose ci dicono che molte di quelle certezze sono state costruite male, usando materiali scadenti o in misura minore rispetto ai protocolli e ai progetti e la manutenzione è stata il più delle volte una toppa irrisoria e uno spreco di risorse. Perché è vero che il cemento armato non è eterno e dopo un certo periodo di tempo si deteriora e può anche crollare, ma se è armato male, se il ferro è più fino del previsto, se i calcoli dei pesi e della dilatazione non sono fatti come si deve, se chi deve controllare e prendere decisioni tergiversa sperando nella buona sorte, è facile che crolli prima del previsto. Se i ponti li fai sopra le case e i capannoni (o le case e i capannoni li fai sotto i ponti) è facile che i crolli siano ancora più rovinosi e devastanti. E’ una questione matematica, non solo politica.
m.l.
Al di là delle responsabilità che spero siano presto accertate e che mi sembra che non possano riguardare le posizioni politiche dei 5 stelle dei quali anche se nei tempi presenti e come dalla totaità dei media piccoli e grandi per evindenziare la parte sposata da parte dell’establishment esista” la sagra della deiezione all’aperto contro di loro” e non ci si faccia specie per evidenziare quelle che si facciano passare per incongruenze,nominandoli e non perdendo occasione per dire che cambino posizione quando loro conviene, mi chiedo se il nostro percorso di sviluppo pensato e realizzato fin’ora, non possa prevedere nel suo dipanarsi che se venga esclusa anche una arteria importante come quella bretella di collegamento,il fatto possa ripercuotersi automaticamente ed economicamente su tutta l’italia. Chi interviene sul territorio decidendo sul perchè tale fatto lo possa prevedere o non prevedere come conseguenza? Ma sempre dopo i fatti bisogna leccarsi le ferite ed essere tacciati di sciacalli da un Renzi che rivoltosi a Di Maio lo ha accusato di strumentalizzazione politica quando ha lasciato trasparire il forse delle revoche alle concessioni ? Ciò che ne esce anche da questo caso e che resta in superficie più evidente è che la politica intenderebbe seguire sempre gli stessi schemi di sempre e che a nulla possa valere il fatto che il vento sia cambiato.Questo è quello che emerge alla fine di tutto e si capisce da questo chi sia chi difenda tale stato di cose, e chi l’ha difeso anche in passato recente durato anni. Personalmente non credo che fatto un governo automaticamente chi dia informazione cambi, anzi credo che usi il mezzo per resistere e portare l’acqua al proprio molino anche se ola gente si è espressa con chiarezza e con altrettanta chiarezza ha espresso la sua volontà e si aspetta un segno che il vento sia cambiato e si dica pane al pane e vino al vino.Al di fuori di questo non v’è alcun altra soluzione, se non quella di continuare a dare spazio a chi ha amministrato il caos di cui oggi vediamo i risultati.Dire questo è dire di essere sciacalli ? Si trovano comunque o ci si appresta a delineare le basi per intorbidire le acque, per renderle meno chiare, per far si che alla fine le responsabilità siano evanescenti, come avveniva nei decenni prima, ma essendo ben accorti col dire per dimostrare l’imparzialità dei giudizi e ripararsi dietro tali imparzialità,” che sia compito della Magistratura individuare le responsabilità affinchè tutti e tutto sia rispondente al solco della legalità e che non ci debba essere nessun scantonamento”.Questo è quello che ne esce ma si capisce bene. Tutti rigidi ad aspettarsi di poter dire bianco al bianco e nero al nero, mentre dall’altro lato è un susseguirsi di indicibili j’accuse, ma da parte di chi segna tale comportamento dobbiamo domandarci se fossero stati così rigidi ugualmente nell’osservare e pretendere i comportamenti di chi costruiva certe opere.Eccola la pochezza strutturale dell’italia e della sua polemica politica da quattro soldi. E’ certamente la Magistratura che debba accertare le responsabilità come viene fatto all’estero in nazioni civili che possono dar lezioni e che quando-teniamolo presente questo-le teste saltano per molto molto meno e senza che vi siano dei morti.E’ stato detto dalle colonne di questo giornale da amici che la pensano politicamente in maniera differente alla mia che adesso c’è un altro Governo e tocca al governo il fatto di governare e dare segni del cambiamento che la gente si aspetta.Bene è logico che sia così, e tali segni che stà dando il governo sono segni di un modo diverso di concepire le cose e di reagire, ed anche e soprattutto di uno Stato non assoggettato alle ragnatele della politica e che tenti di liberarsi da queste e che potrebbero chiamarsi anche in altro modo.E tali amici non facciano da gnorri quando alle loro parti politiche conviene,perchè nessuno è fesso.Come avviene sempre in ogni cronaca il cronista riporta, ma nel suo riportare dà messaggi fra le righe e da questi traspare a chi si vorrebbe allisciare il pelo,mentre si sà bene che esista sempre in politica il fatidico fatto della dirimenza degli interessi, soprattutto quelli politici in stretto collegamento con quelli economici per i quali emerga la considerazione di ” chi sia che difenda chi”. Questa credo è una pietra miliare che si debba tenere sempre presente, perchè se si perdesse di vista nel ragionamento,è la struttura politica di qualsiasi segno e colore a prendersene cura per consentire all’acqua di affluire al proprio molino anche sotto gli occhi di una maggioranza di qualsiasi genere sia e che non se ne cura.