LA STORIA AMARA DI PIETRO GUAZZINI, PARTIGIANO CHIUSINO GENEROSO E SFORTUNATO
CHIUSI – Nel monumento ai caduti della Resistenza opera dello scultore Vasco Nasorri, che si trova nel giardinetto di Largo Cacioli a Chiusi città, figura tra gli altri il nome di Pietro Guazzini. Ma la sua è una storia particolare. Diversa da quelle degli altri caduti.
Pietro Guazzini è un sottotente dell’esercito italiano di stanza nei Balcani. L’8 settembre del ’43 si trova in Montenegro dove è dislocato il XIV Corpo d’Armata, composto da 4 divisioni: l’Emilia, la Taurinense, la Venezia e la Ferrara. Di queste solo una, la Ferrara, decide di non non opporsi ai tedeschi, mentre le altre, dal giorno seguente l’armistizio, cominciano a combattere contro l’ex alleato, cercando contatti con le forze della resistenza locale. I tedeschi contro gli italiani “traditori” sono spietati e infliggono gravi perdite in numerosi scontri. Dal 10 ottobre, la Venezia, comandata dal generale Giovan Battista Oxilia, e i resti della Taurinense entrano a far parte dell’Eplj, l’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo, e per tre mesi partecipano alle operazioni belliche.
In quei giorni il sottotenente Guazzini, di Chiusi, insieme ad un gruppo di ufficiali e soldati italiani si trova presso la stazione di Mioce, vicino a Priboj. I militari si sono rifugiati nell’infermeria della “Venezia”, comandata dall’ufficiale medico Pasquale Scibeli, hanno già deciso di non seguire i tedeschi e i fascisti. Si stanno riorganizzando dopo lo sbandamento seguito all’armistizio, per combattere a fianco dei partigiani jugoslavi. Ma qualcosa va storto. Quando i partigiani di Tito arrivano a Priboj e incontrano i militari italiani, dicono di essere stati informati che tra loro c’è un “centurione” delle camicie nere, tale Mario Capurso. Che in effetti c’è. Gli ufficiali e i soldati della Venezia, mossi da umana pietà e da generosità, sapendo che per lui non ci sarebbe stato scampo se lo avessero consegnato, gli hanno fatto indossare una divisa delle loro, per nasconderlo e salvargli la vita… Ma qualcuno tra i civili e i partigiani riconosce Capurso. E così tutti gli ufficiali italiani (il capitano Roberto Carpi, il tenente Iginio Fiore, i sottotenenti Pierto Guazzini e Umberto Oltremonti, il tenente cappellano degli alpini Don Giacomo Mora di Fumeri e, secondo alcune fonti, anche il maresciallo dei Carabinieri Gaetano Cellie, il sergente Bernardino Leone e il carabiniere Dino Amadori) vengono accusati di slealtà, messi al muro e fucilati sul posto. Insieme al fascista Capurso. Unico a non essere passato per le armi il tenente medico Scibeli. E’ il 29 ottobre 1943.
Una storia amara. Che ci racconta ancora una volta come la guerra abbia regole disumane. E che in guerra c’è poco spazio per l’umanità, la generosità. Per la stessa pietà. Pietro Guazzini e gli altri morirono per aver tentato di salvare la vita ad un uomo che era ormai un loro nemico, e morirono sotto il piombo di un plotone di esecuzione di un esercito partigiano, insieme al quale avevano deciso di continuare a combattere. E che in quel frangente non fece sconti, si dimostrò inflessbile e spietato. Come l’esercito fascista italiano lo era stato con le popolazioni del Montenegro.
Guazzini e gli altri loro scelta l’avevano fatta. Ma non bastò a salvargli la vita. Non fecero in tempo ad entrare a far parte della “Divisione partigiana Garibaldi”, che riunì, a partire dal dicembre ’43 tutti i soldati italiani presenti in Montenegro e continuò a combattere i nazifascisti fino al 1945. Circa 16 mila uomini delle divisioni Venezia, Taurinense, Emilia che diedoro vita ad una vera e propria Resistenza Italiana in Montenegro. Alla fine della guerra più di un terzo risultò caduto o disperso.
Il presidente pro tempore della sezione ANPI di Chiusi ha inoltrato al Governo del Montenegro una richiesta per la ricerca della salma del sottotenente Pietro Guazzini, morto a 22 anni, da partigiano sotto il piombo dei partigiani, per un atto di generosità vicino ad una stazione ferroviaria…
In questo caso si può dire italiani brava gente…
m.l.
onore a Pietro Guazzini
Queste storie tragiche non fanno altro che aprire uno squarcio su quanto trascorso, uno squarcio che ha investito uomini e li ha posti al di qua ed al dilà degli schieramenti. Questa storia ci dovrebbe insegnare che la guerra la pagano soprattutto i poveri, mandati al fronte per difendere gli interessi di chi stà sopra di loro e che la maggior parte delle volte scatena le guerre di aggressione per allontanare il pericolo delle rivolte sociali all’interno.Bene ha fatto il Presidente dell’ANPI di Chiusi a richiedere la ricerca delle spoglie di questa persona,quasi senz’altro una persona onesta come tante, che si pose il problema in quei frangenti da quale parte pesare.Sarebbe bene però, che anche altre istituzioni oltre all’ANPI che mi sembra che sia sempre quella in prima linea per adempiere al proprio dovere storico ed alla difesa di ideali puliti , facessero luce sui fatti avvenuti in quelle terre dal momento che le polemiche annose non mancano, soprattutto oggi, e sono le polemiche riguardanti le foibe che videro anche italiani gettati dentro da parte dei partigiani titini.A tale proposito ci sarebbe da dire, soprattutto a coloro che tengono a sottolineare tali episodi avvenuti da parte dei partigiani delle formazioni comuniste yugoslave, che la loro terra era stata invasa dai fascisti,che non guardarono tanto per il sottile mettendo a ferro e fuoco i villaggi dove perirono più di 33.000 persone,fra vecchi, adulti, donne e bambini.La guerra è guerra e quando si tratta di vincerla,la sua legge purtroppo non guarda in faccia a nessuno.Il nostro ”valoroso” Mario Robotti , fu quello che pronunciò la famosa frase”si ammazza troppo poco” e rispondendogli il suo diretto superiore Gen.Mario Roatta pronunciò la celebre frase :”non dente per dente ma testa per dente”…..di fronte a tutto questo le 33.000 vittime dei villaggi della slovenia invasa dall’esercito fascista furono passati per le armi, perirono sotto le bombe d’aereo e sotto i lanciafiamme.Una volta finita la guerra qualcuno forse si aspettava la medaglia della clemenza? Ciononostante molti di quei comandanti del Regio esercito fascista morirono nel proprio letto.Grazie a chi ed a quale clima lo si può capire, e quegli interessi politici che si sono succeduti in Parlamento hanno dato il loro contributo al disastro che vediamo oggi intorno a noi,che prima di essere economico è culturale.
Decine di migliaia soldati italiani meno sfortunati di Guazzini e dei suoi compagni incappati in quell’espisodio complicato, dal ’43 al ’45 continuarono a combattere a fianco dei partigiani di tito, anche loro con fazzoletto rosso al collo. Forse lo fecero per riaparare al torto di aver invaso precedentemente quelle terre, compiendo anche massacri. Una scelta dii campo quella dei soldati che diedero vita alla Divisione Garibaldi che fa nore all’eservito italiano e segnala come furono tanti i militari che in un modo o nell’altro parteciparono alla Resistenza.
Storia meravigliosa, caro Direttore. Hai fatto benissimo a raccontarla.
Perchè ci sono principi che vanno oltre l’appartenenza politica, e questo sfortunato ragazzo è caduto per quelli.
La racconterei a scuola..
La guerra si porta sempre dietro momenti di estrema umanità e momenti di disumanità disarmanti… Nella storia di questo sfortunato chiusini e dei suoi compagni ci sono gli uni e gli altri…