ANCHE A VOLTERRA SALTA IL FESTIVAL DEL TEATRO… CHE SIA COLPA DEGLI ETRUSCHI?
Chiusi, Orvieto e ora anche Volterra. Nella città di Porsenna salta il festival versione Cigni esaltato fino a poche settimane prima come uno dei migliori 20 d’Italia e viene sostituito con un festival meno costoso e di taglio più tradizionale. Il tutto, ufficialmente, per mancanza di copertura finanziaria. Nella città della Rupe esplode la crisi dell’Associazione Te.Ma che negli ultimi anni ha gestito varie iniziative culturali e il teatro Mancinelli. Ora anche nella città dell’alabastro salta all’improvviso e al’ultimo minuto, il festival Volterrateatro, sempre per le stesse ragioni: mancanza di risorse. E’ di ieri la notizia delle dimissioni del direttore artistico Punzo, dopo 20 anni. Decisione dolorosa e irrevocabile, presa per l’impossibilità di andare avanti con un minimo di certezze e di qualità. Tutto il mondo è paese, verrebbe da dire.
Si tratta infatti di tre situazioni simili. Praticamente identiche. Due in Toscana e una in Umbria. Ad Orvieto alcune manifestazioni sono passate sotto diversa gestione. A Chiusi il festival è stato salvato, con lo stesso “marchio”, ma con un format diverso, ridimensionato. A Volterra la questione è delle ultime ore non si sa come evolverà… Per ora c’è solo la certezza che il fstival del teatro non si farà. Per quast’anno di scuro, poi si vedrà…
In tutte e tre le situazioni c’è di mezzo il Comune come “azionista” principale dei vari enti di gestione. E tutte e tre le città citate hanno in comune l’origine etrusca. Tutte e tre facevano parte della Dodecapoli… E ora sono tre esempi lampanti e conclamati della crisi degli enti culturali italiani. Che sia colpa degli Etruschi? Difficile. Tra l’altro a giudicare dalle pitture che adornano le tombe rinvenute nei pressi di Chiusi, Volterra e Orvieto, pare che loro, gli Etruschi, le attività culturali le sapessero fare e gestire bene… Si notano suonatori, danzatori e danzatrici, teatranti, atleti quasi a dirci che a quei tempi erano cose usuali…
Oggi è difficile, complicato, quasi impossibile portare avanti festival teatrali, musicali o multidisciplinari. Mancano i fondi pubblici e le sponsorizzazioni private sono sempre di meno… I comuni non ce la fanno più a coprire le falle e riducono gli investimenti nel settore… Poi, spesso succede che commettano errori di valutazione, che eccedano nella propaganda, che si affidino a manager dalle mani bucate e più attenti al proprio tornaconto che al bene pubblico… Ma i casi di Chiusi, Orvieto e Volterra sono nel loro piccolo lo specchio a tre facce, uguali, di un sistema che fa acqua da tutte le parti. Un sistema dove gli artisti vegono “stritolati” e costretti a lavorare gratis o quasi, magari con la speranza di farsi notare e guadagnare altrove, dove l’equazione sbagliata in partenza cultura-uguale turismo e promozione, crea aspettative il più delle volte frustrate. Dove la “libertà e autonomia dell’arte” e la laicità dello stato debbon lasciare spesso il passo a logiche oscurantiste e provincialotte; dove l’avanguardia è considerata sempre e comunque un “di più”, una cosa di nicchia che non serve e non fa audience e se non fa audience va abbandonata…
Certo, con il caso-Orizzonti prima cancellato al’improvviso e poi resuscitato in men che non si dica sotto diversa veste, Chiusi ha fatto una figura poco edificante (soprattutto agli occhi degli ambienti culturali nazionali), ma non è l’unico caso. Volterra e Orvieto sono nelle medesime condizioni. E sono anche due città più grandi, più famose e più “turistiche” di Chiusi. Il vecchio detto mal comune mezzo gaudio, in questo frangente non vale. Qui mal comune non è mezzo gaudio, è la certificazone che l’Italia ha imboccato una brutta china o ha sbagliato strada.
m.l.
chiusi, Orizzonti Festival, ORVIETO, Volterra, Volterrateatro
Che Bettollini abbia messo lo zampino anche a Volterra?
Tre disastri rimangono tre disastri mica diventano un disastro diviso tre.
E in ogni caso quello di Chiusi brilla per modi e tempismo, tanto che nell’ambiente, è salito agli onori della cronaca nazionale.
Se chiami uno e lo impegni per mesi in preparazione di uno spettacolo e a due mesi dal debutto gli dici che hai scherzato e non se ne fa più di nulla significa che hai un concetto della vita, dei rapporti umani, della serietà…che non sono i miei.
A casa mia la parola data ha ancora corso legale.
I debiti sono una scusa, perché c’erano già quando sono stati chiamati gli artisti per il Festival poi improvvisamente cancellato.
Così la vedo io, poi so perfettamente che ci sono mille modi di affrontare le questioni ma non tutti mi garbano.
Marco sei sicuro che salti il Festival VolterraTeatro? Non mi risulta. Semmai che Punzo non ne è più direttore artistico, ma questa è un’altra cosa. In ogni caso la Compagnia della Fortezza – riconosciuta sul campo da tutti – è una delle realtà teatrali italiani più importanti ed innovative.
Orvieto.
La situazione lì è molto complessa e non ha niente a che fare con quella di Chiusi. Ti consiglierei nuovamente un approfondimento con i protagonisti della vicenda: infatti ci sono deficit e deficit. Se tu spendi più soldi di quelli che hai è un conto, se non ti pagano quanto devono e vai sotto, è un altro; se ti caricano sul bilancio anche le riparazioni dei marciapiedi, è un altro ancora. Bisogna non avere fretta nell’omologare le situazioni.
Chiusi.
Questa storia del festival tra i primi venti in Italia, vorrei proprio che qualcuno me la spiegasse. Anche Alfano è uno dei politici di punta di questo paese; ma non è detto che sia tra i migliori. A me risulta che sei inserito in una lista di Festival innovativi riconosciuti dal Ministero, che è tutt’altra cosa da una qualità universalmente e diffusamente riconosciuta sul campo e da capacità attrattiva di pubblico con relativo riscontro sui media.
Resta poi il problema generale di sofferenza di tutto il settore, dovuto non ai direttori artistici ma ai committenti (che peraltro scelgono anche i direttori artistici) e sono quindi in prima o in seconda istanza, sempre e comunque i responsabili dello stato delle cose. A Chiusi si erano inebriati di poter rivaleggiare con Spoleto senza che ci fossero le condizioni per poterlo fare; condizioni sia materiali (gli spazi, le infrastrutture, le risorse) che culturali (un ambiente ricettivo a certi percorsi culturali).
A Chiusi si è quindi trattato solo di rientrare nei ranghi e di esercitare il senso del realismo.
Da quello che dice Punzo sembra proprio che il festival di Volterra non si possa fare. Se lo resusciteranno senza di lui, sarà esattamente la stessa cosa di ciò che è successo a Chiusi. Sembrano situazioni fotocopia (al di là della qualità dei de festival): http://www.teatroecritica.net/2017/06/amando-punzo-lascio-volterrateatro-stop-al-festival-della-fortezza/
http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/bando-a-risparmio-volterra-si-fa-scappare-gli-attori-detenuti/
In questo articolo (l’ho letto sul giornale cartaceo) si dice che il festival si farà dal 24 al 30 luglio e che il comune di Volterra (10.000 abitanti) ha stanziato 39.800 euro.
Noi che siamo in bolletta ne spendiamo 70.000, tanto per capirci.
Poi naturalmente bisogna vedere cosa si allestisce.
Punzo ha rinunciato perché ritiene la cifra irrisoria. Ma il comune continua a sostenere economicamente la compagnia della Fortezza di Punzo che lavora con i carcerati; esperienza unica, dicono.
Per dirla con Tolstoj, ogni posto infelice lo è a modo suo…e il “mercato della cultura” mi pare quello del vino: prezzi opinabili, molto opinabili.
Con 39.800 euro di budget ho l’impressione che gli artisti dovranno pagare loro per esibirsi, più che esibirsi gratis o per vitto e alloggio… E’ tutta l’Italia che fa acqua su questo terreno… Verrebbe da dire che a Chiusi tutto sommato è andata meno peggio.
A me le tre situazioni non sembrano per nulla fotocopia anche perchè hanno arcate storico-temporali ben diverse e, da quanto si legge, anche modalità diverse….comunque, se serve a giustificare i “nostri”, ci mancherebbe altro; diciamo alla craxiana: tutti colpevoli, nessun colpevole…
http://iltirreno.gelocal.it/pontedera/cronaca/2017/06/21/news/armando-punzo-lascia-la-direzione-di-volterrateatro-1.15516488
http://www.quinewsvolterra.it/volterra-stupore-per-le-dichiarazioni-di-punzo.htm
Non serve a giustificare niente. E’ per dire che la cultura è in braghe di tela ovunque. Purtroppo. E per dire che gli enti culturali spesso finiscono in rosso, chiunque ci sia al governo del comune. Le tre iniziative sono certamente diverse (ma non troppo), la situazione e l’epilogo invece sembrano molto simili. Tant’è che la fonte citata nel mio link precedente è Teatro & Critica, la stessa testata che si è occupata piuttosto criticamente di Orizzonti…
Molti parlano come se conoscessero bene le dinamiche di un settore estremamente complesso come quello delle performing arts sia nel campo gestionale che in quello creativo.
Mi permetto anch’io allora di dare qualche consiglio in un settore che non è il mio. Appena saputo di Orvieto e di Volterra ho chiamato direttamente alcuni dei protagonisti diretti per sentire da vicino come stavano davvero le cose. Credo che sia routine per un giornalista farlo, piuttosto che dipendere da brevi articoli di altri giornali ovvero da notizie di seconda mano.
Poi ricomincia il balletto delle cifre che, francamente, per me ha poco senso. Dipende che cosa vuoi fare: se è per una merenda all’asilo mille euro sono troppi, se è per una cena di gala con decine di invitati sono pochi. Io personalmente sono in grado di riempire 10 giorni di programmazione con 40.000 euro persino pagando tutti (poco ovviamente). Togliendo le spese di struttura, si tratta di avere a disposizione una media di 1.500 euro al giorno circa (magari una serata da 500 euro e una da 2.500). Sono in grado, come tante altre persone ovviamente, di trovare piccoli sponsor tecnici anche nel giro di un paio di settimane. Il livello? Beh certo non quello del Festival di Cigni ma dignitoso. Per capirsi non la cena di Gala ma nemmeno la merenda dell’asilo però. E qui la solita,ormai fottutissima e inevasa risposta alla domanda: CHIUSI DI COSA HA BISOGNO? Una volta risposto alla domanda il resto si chiarisce da solo.
p.s.
Il lavoro che Punzo fa con la Compagnia della Fortezza è assolutamente di livello internazionale ma i suoi orizzonti non coincidono con quelli di Volterra e, del resto, la sua compagnia non dipende solo dal contributo comunale.
anche a Chiusi c’è chi ha sostenuto e sostiene che gli Orizzonti di Cigni non corrispondevano a quelli di Chiusi. E alla tua domanda: di cosa ha bisogno Chiusi? la Fondazione (con l’avallo del Comune) ha risposto con il festival Orizzionti 3.0 #Umano. Cioè con un festival meno costoso, meno pretenzioso, più “popolare”, più circoscritto e limitato nelle location e nella durata… Fatte salve altre iniziative come il Lars Rock, il festival della fotografia, la stagione invernale ecc… Saranno i fatti a dire se si tratta della risposta giusta.
Prima di essere frainteso…Carloncelli sta spendendo bene le risorse a disposizione, portando gruppi nazionali di prestigio. Semmai si può discutere se devono proprio venire a Chiusi e non si possa andarli a vedere altrove facendo una gita in macchina…ma questo è un altro discorso…altrimenti si rischia che passi il principio che essendo la Scala a Milano ed essendo troppo lontano, dobbiamo per forza rifarla anche a Chiusi…
Siccome a Chiusi un festival estivo (di una certa qualità) c’è dagli anni ’80 io credo che i cittadini meritino di poter vedere in loco spettacoli e compagnie di livello, senza dover andare alla Scala o all’Arena di Verona. E senza che il Comune si indebiti fino al collo.U na via di mezzo ci sarà… Io per esempio, l’opera lirica prima di quelle presentate da Cigni a Chiusi l’avevo vista solo rarissime volte (e mai roba di grande qualità). Capisco che è roba che costa, ma mi dispiace che si perda questa opportunità, pur preferendo altri generi. Un recital con le arie più famose è già una via di mezzo… Sono contento che il Festival Orizzonti (Cigni o non Cigni) sia stato in qualche modo salvato. Credo anche che in futuro si possa migliorare e “avvicinare” ancora di più ai cittadini, senza spendere un euro in più (qualche proposta in tal senso l’ho pure avanzata). In un paese normale, tutta la cittadinanza e anche tutte le forze politiche dovrebbe essere contente di avere ancora un festival e tutti sarebbero impegnati per far sì che funzioni, al di là delle battaglie politiche sulla gestione e sulle responsabilità. Non so se siamo un paese normale.
A me sembra che sia un paese dove dialogare sia davvero difficile. Marco su! Se per vedere certi spettacoli bisogna andare a Firenze, Orvieto, Perugia, Montepulciano o Siena, non sarà mica un gran disagio no? Allora anche Città della Pieve o Castiglion del Lago dovrebbero fare i loro Festival “nazionali”. Se si continua così, a quando il Conservatorio anche a Chiusi? … E sopratutto, mi raccomando, non si parli con le altre realtà e non si faccia Sistema, che significherebbe miglior qualità culturale e miglior ottimizzazione dei costi. Perchè non fare semplicemente quello che si deve fare proporzionalmente a quello che si è?
Io ho fatto spesso le stesse domande di base che, da addetto ai lavori “anziano” (e non interessato direttamente alla gestione a Chiusi ) mi sento di potere e di dover fare.
Perchè solo Chiusi Città per il Festival Orizzonti e, prima ancora, quali sono gli Orizzonti di Orizzonti?
Tu quoque, quando faccio queste domande, rispondi parlando d’altro. Perchè? Qualcuno, lassù, ha un’idea da proporre oppure si deve procedere solo per formule collaudate e standard, spesso anacronistiche? Carloncelli non ha scelto una linea sua, ha scelto quello che veniva offerto in quel momento, cercando di prendere il meglio; è come quando al supermercato crei un pranzo con le offerte del giorno: volevi il pesce? Nemmeno per idea, oggi c’è il tacchino e ti mangi quello! Siamo sicuri che è questo di cui la Cultura e il Territorio hanno bisogno?
Paolo, a Chiusi c’era ancher il Conservatorio, se per questo. Ma non è questo il punto. Io credo che sia un bene che la città abbia un suio festival. E quando dico che si può migliorrare penso anche a sinergie con altre iniziative simili, e istituzioni del territrio come il Cantiere, o Siena Jazz, o la Chigiana… Ogni città ha cercato in questi ultimi anni (decenni) una sua specificità: nel Trasimeno e Città della Pieve, c’è Trasimeno Blues, a Torrita Torrita Blues, a Montepulciano il Cantiere ecc… A Chiusi dal 2003 c’era Orizzonti. Prima c’era qualcos’altro…
Guarda che nell’articolo sulla presentazione del nuovo festival io stesso ho proposto (e consigliato) di fare delle serate a Chiusi Scalo e nelle frazioni (e lo dico da anni)… E’ scritto qui, pertanto con me sfondi non una ma diverse porte aperte… https://www.primapaginachiusi.it/2017/06/chiusi-orizzonti-diversi-il-festival-riparte-con-roberto-carloncelli-2/
P.S. intanto tra una ventina di giorni ci sarà il Lars Rock fest, che è una buona cosa e quest’anno si annuncia particolarmente interessante come proposta musicale. Roba che in Italia non è facile trovare. Per di più a ingresso gratuito (e a basso costo complessivo). Forse da qui al 9 luglio converrà focalizzare l’attenzione su quello. A mio avviso (modestissimo) credo che meriti.
Arieccoci, ad una domanda precisa non c’è verso di avere una risposta nè su cosa pensi tu, nè su quella che è la linea guida di chi amministra (a me oscura se non che qualche mese fa era quello della vetrina internazionale).
La mia è una domanda che considero – da addetto ai lavori – di base e foriera di tutte le fondamentali conseguenze sia di target che di budget: “di che cosa ha bisogno Chiusi?”.
Tu mi rispondi che tutti hanno un Festival che li caratterizza, che Chiusi l’ha sempre avuto ecc ecc. ma questa non è una risposta, è la costatazione di una abitudine.
Ma che tipo di bisogno specifico ha la Città? Se il bisogno – faccio un esempio – è quello di ricompattare non solo in senso ludico i cittadini (come avviene invece con le molte manifestazioni dello Scalo) allora va pensato un Festival diffuso tra lo Scalo e la Città; magari che coinvolga i gruppi teatrali e artistici locali su un tema che ogni anno viene stabilito, magari coinvolgendo il Conservatorio e Siena Jazz in modo che docenti e allievi vengano a mostrarci “fisicamente” quanto è importante la disciplina di uno strumento e la bellezza della musica di tutte le epoche per coltivare un animo meno grettamente materialista….la musica etnica, che faccia da specchio e da cemento sociale…e così via.
Stabilito questo – una delle tante possibilità, ovviamente – il resto è conseguente, incluso l’impegno economico che, sempre nel caso specifico, si avvicinerebbe più al budget di Volterra che a quello attuale di Chiusi e senza aver bisogno di uno strumento ingombrante come è una Fondazione.
Si vuole invece che Chiusi diventi una stella del firmamento culturale e che Spoleto senta il fiato sul collo di una temibile rivale. Un Festival che faccia da volano ad una complessiva rivalutazione del territorio ecc ecc. Allora ecco la necessità di una Fondazione ed ecco budget importanti; insomma, tutta un’altra storia da raccontare.
Ma sto perdendo fiducia….io parlo di Mele e la risposta comincia sempre con: ” le Banane sono….”. A Roma tutto ciò si etichetta così: “ce fate o ce siete?”
Allora, io credo che serva un festival che avvicini i cittadini alla cultura, che li abitui a certe cose, che dia una opportunità FI crescita complessiva e magari anche per le esperienze culturali locali, le piu’ valide slmeno, che coinvolga tutto o gran parte del territorio comunale, ma allo stesso tempo possa essere anche richiamo e strumento di “promozione” della città. Per questo occorrerà qualche elemento di qualità riconosciuta e di una certa notorietà. Credo che il comune non dovrebbe aver paura di investire in tutto ciò (pur sapendo che non guadagnerà) e che non serva una fondazione. Pensò anche che il rapporto con esperienze e enti culturali presenti nel territorio potrebbe essere utilissimo e proficuo. Dico anche che siccome c’è già un festival rock valido, il festival estivo dovrebbe caratterizzarsi su altri generi. Ma tutto questo Paolo, io lo scrivo da anni. E l’ho scritto anche di recente. Però non sono io a decidere. E mi pare anche che ci sia gente che legge solo quiello che scrive. E non quello che scrivono gli altri…
Non so se ti riferivi a me, ma io ho letto la tua ultima risposta con la stessa attenzione di sempre; purtroppo credo però di avere dei problemi di comprensione. In cosa si dovrebbe tradurre, nel senso di una politica culturale complessiva? In cosa si differenzia dal modello Cigni e, prima ancora, da quello Rutelli?
L’unico elemento che mi è chiaro è quando dici; “Credo che il Comune non dovrebbe aver paura di investire in tutto ciò (pur sapendo che non guadagnerà) e che non serva una fondazione.”. Concordo sostanzialmente anche se mi pare che il Comune abbia già investito molto “a fondo perduto” e inoltre questo non deve significare che si debba pagare per degli spettacoli di cui si può fare a meno.
Il resto della tua risposta, lo ripeto, è un “ma anche” di cui faccio fatica a comprendere i contorni. E poi, lasciando stare il tuo pensiero, da giornalista editore dell’unico organo di stampa professionistico locale, dai tuoi resoconti non riesco a capire nemmeno quale sia la linea di politica culturale dell’Amministrazione.
Un’amministrazione che ha in giunta una professionista con le seguenti deleghe: cultura, turismo, commercio, attività produttive, sviluppo economico e comunicazione.
Questo significa che dovrebbe esistere – nascosta da qualche parte – una progettualità ampia e sinergica che coinvolge tutti questi settori e li finalizza ad una progettualità forte. Ti pare?
Quel l’Assessorato, pensato in quel modo è uno degli equivoci (o errori) di fondo alla base dei problemi che si sono verificati.
Marco Lorenzoni scrive: “…. a Chiusi c’era ancher il Conservatorio, se per questo. Ma non è questo il punto.” Direi proprio di no perché il “conservatorio di Chiusi” era un collegio femminile.
Si infatti. Conservatorio è storicamente una definizione dai molteplici significati. Io intendevo ovviamente Conservatorio come Istituto Superiore di Musica, oggi Istituto Universitario.
Tornando al tema dei bisogni di Chiusi, mi pare ci siano cinque elementi fondamentali di cui tenere conto:
1) il crollo degli stimoli culturali, soprattutto allo Scalo (dove ho assistito personalmente a reiterate manifestazioni di vera e propria sotto-cultura);
2) l’articolazione non compatta del territorio (in primis Chiusi Città e Chiusi Stazione);
3) la necessità di evitare l’equazione Cultura=Performing Arts, troppo limitante;
4) la composizione multi etnica e quindi multi culturale della popolazione (che va affrontata evitando l’indifferenza ma cercando, se non l’integrazione, almeno la conoscenza reciproca)
5) la necessità di dare una visibilità anche verso l’esterno con una proposta in grado di interessare il potenziale turista-culturale.
Se io governassi, sulla base di queste indicazioni penserei ad una risoluzione pratica, affidandola in parte anche a “direttori artistici” dei vari progetti che sposino convintamente queste linee guida. Ovviamente ipotizzerei un budget di riferimento realistico, estendibile solo se nel caso si trovino sponsor puri e/o sponsor tecnici o possibili finanziamenti pubblici o relativi a bandi europei oppure ancora, contributi provenienti dalle auspicabili sinergie istituzionali con gli altri soggetti culturali regionali (ed extra-regionali)
Leggo che il collegio femminile della Gilè eta situato nell’ex conservatorio s. Stefano. Magari prima era un conservatorio musicale. Ma quanto sposta, che lo fosse o no? Polemicucce oziose e pelosette. E comunque oggi sono state ricordate con la posa di una targa due bambine di quel collegio morte sotto le cannonate il 25 giugno 44. Caro Paolo, non ti ho visto. Peccato…
Sposta solo che quella del Conservatorio era una mia era ironia sul velleitarismo di chi vuole fare Spoleto e anzi…meglio ancora; e che tu hai rilanciato con orgoglio piccato. Per quello, se può essere utile, anche Siena ha un Conservatorio di Musica ma solo per volontà di potenza dell’MPS, altrimenti non se lo sarebbe certo potuto permettere. In passato Conservatorio era per lo più un educandato, spesso per orfani sia maschi che femmine, così anche a Chiusi.
Si, io non c’ero alla manifestazione perché come sai abito per lo più a Siena…poca cosa se lo compariamo al fatto che a Chiusi invece la Sinistra vera manca ormai da troppi lustri, rappresentata da etichette ormai contraffatte che speculano su valori che non gli appartengono, e i cui risultati li vediamo nella prassi politica quotidiana sia locale che nazionale
l’appunto circa la manifestazione era riferito all’altro Paolo, che vive a Chiusi. Quanto al Conservatorio. Io avevo fatto solo una battuta. Se poi era un collegio femminile, pazienza…
Così il dizionario Treccani sul termine “conservatorio”: “Istituto di istruzione per fanciulle, generalmente tenuto da monache; educandato”. Sul conservatorio di Chiusi la professoressa Macchietti, massima esperta dell’educazione femminile nell’800 in Toscana, ha curato un libro:
Il Conservatorio di Santo Stefano in Chiusi / S. S. Macchietti … [et. al.] ; a cura di S. S. Macchietti
[S.l.] : Associazione pedagogica italiana Sezione di Chiusi, [199.] (Citta di Castello : Tip. FA.RO)
Monografia – Testo a stampa [IT\ICCU\UMC\0057987]
così recensito “Dal 1785 fino alla metà del novecento, il Conservatorio è stata l’istituzione educativa più importante per quanto riguarda il mondo femminile di Chiusi e vicinanze: questo volumetto ne ripercorre le vicende storiche.
Se il Collegio deve essere la citazione per una tradizione di educazione musicale a Chiusi questa è del tutto inappropriata. Sul resto sorvolo per carità di patria.
Cerco di seguire con attenzione, ma purtroppo la discussione si fa battibecco e si perde in puntualizzazione inutile. Vediamo se ho capito i due punti di vista.
Paolo Micciché esorta a delineare un’idea complessiva di città che possa essere letta come una sorta di principio guida per iniziative culturali in senso lato,
dalle arti performative alla culinaria condivisa in piazza: tutto, se si legge dentro un quadro complessivo chiaramente finalizzato, diventa momento di valore e valorizzazione.
Dall’altro lato, Marco Lorenzoni che descrive una situazione di fatto e registra la (magra) soddisfazione che non si sia perduto proprio tutto di quanto è stato
fatto in questi anni. Purtroppo, hanno entrambi ragione. Giocando con qualche metafora, da un lato, si plaude al fatto che si salvano almeno i cavoli, – cioè, un risultato minimale a fronte di un discorso molto più ambizioso -.
Dall’altro lato si sottolinea come si percorra sempre la stessa strada di un errore di fondo. Sembra di assistere al film in cui il conte cambia l’ennesimo maggiordomo (perché costa di meno) e lo incarica di andare a far la spesa diminuendo il denaro disponibile.
Fuor di metafora: Paolo sottolinea l’errore di affidare a una terza parte una politica culturale purché sia, senza un quadro di riferimento complessivo né un progetto globale di cui l’aspetto culturale è solo un momento.
O, almeno, se il progetto generale esiste, non è dato saperlo né è mai stato esplicitato nemmeno in forma filigrana.
Poi, certo, abbiamo la fortuna di un esperto come Sambucari, ma questo rende il quadro ancora più complicato.
X Sorbera. Eppure il quadro non dovrebbe essere complicato,anche sul fatto di Sambucari qual’è la complicazione ? Date le circostanze mi sembrerebbe molto chiaro.Si critica-e giustamente- una politica culturale asfittica della nostra cittadina,che viene da lontano, non dall’insediamento di questa giunta,ma che quest’ultima nell’incapacità di indirizzo che ha manifestato, c’ha messo del suo per peggiorare ancora una situazione già degradata, sia oggettivamente a Chiusi come politica culturale sia nei raffronti con i paesi circonvicini. In tali critiche che si sono fatte,abbiammo assistito da ogni parte(poche parti per la verità)da coloro che sono intervenuti sul fatto che abbiano tentato di darne spiegazioni soprattutto politiche e tecniche.Possiamo, I 5 Stelle, la stessa maggioranza, Lorenzoni ed abbiamo assistito al fatto di come ogni cosa- che sappiamo bene per il fatto di essere adulti- che la stessa ”politica” porti o tenti di portare come ragioni e pesi diversificati sulla questione.Dei punti fermi oggettivi però permangono e soprattutto quello della interruzione del Festival che è impossibile non riconoscere come responsabilità politica, amministrativa e quindi ”concettuale” della stessa giunta. A questo punto sono entrate in scena le critiche pesanti -perchè l’aspetto gestionale è pesante- delle varie parti e chi le critiche ha cercato di glissare.In che modo? Bene, si vada a rileggere ogni cosa, tranne logicamente le schermaglie,che sono quasi diciamo da ”osteria”,ma una cosa si evidenzia ed è quella della risposta semplice e pacata di Miccichè al fatto del ”glissaggio” che detto tra noi è eticamente insopportabile, e che logicamente fatto nella maniera dovuta e quindi con ragioni addette realmente esistenti e non inventate,acquista una modalità di risposta che tenderebbe a porsi all’altezza diciamo e chiamiamole delle ”accuse” mosse dalle opposizioni.Il mestiere di giornalista è di una natura tale, che ciò che viene espresso credo debba andar letto anche ”dentro le righe” e non solo nelle risposte fornite. Per onor del vero debbo dire che procedendo in avanti ad esaminare lo sviluppo delle cose e della stessa diatriba,si parte sempre con affermazioni anche di Lorenzoni che condivido perchè chiaramente quell’oggettività non la si può negare, ma Miccichè- e non solo lui- alla fine guarda caso risponde in maniera sintetica contrariamente al mio prolisso modo di esprimermi,che ” alla domanda ”io parlo di mele” si risponda ”si ma le banane sono….”.Questo è fatto che anch’io a mio modo ho già da tempo fatto presente soprattutto allo stesso Lorenzoni commentando quanto diceva,ma le risposte fornite sono state in sostanza della stessa identica natura.Questo è il glissaggio fatto anche male secondo me. Ma mettiamoci dentro anche altro ed è quello che sostiene Fiorani, ogni cosa ed ogni aspetto che cita, di cui nota il cambiamento nell’effettività delle cose e nella loro oggettività questa a parer mio non smentibile ( mi sembra che Lorenzoni non abbia risposto se non ho letto male)-personalmente in quest caso condivido quello che è citato nel discorso dello stesso Fiorani, anche perchè ormai a questa età siamo avvezzi anche a prenderla per ”Santa Matia del Piano” ma alla fine per aprire la porta ci vuole la chiave e se la chiave si nasconde la porta non si apre ed occorre forzarla fino allo sfondamento.Ed allora,valutato tutto questo, la situazione che ne esce qual’è? Che il Festival è stato salvato,e del quale si riconoscono i limiti operativi ma guarda caso si tenda a sminuire i significati delle responsabilità che ha portato la decisione di Bettollini presa verso gli artisti che erano coinvolti, perchè si dice che il Comune ” mica aveva preso impegni diretti verso di loro”. Si arriva a dire questo, che è la realtà scritta,ma tale realtà è fuorviante perchè esula dalle funzioni di un comune come Eente Pubblico, o no ? E’ per tale aspetti che secondo il mio semplice pensiero QUESTI NON VANNO SALVATI IN NESSUN MODO, la loro incapacita’ storica travalica ogni aspetto.Io stesso inizialmente ho detto il mio parere positivo su tale decisione di assumersi in prima persona la gestione pubblica della cosa, ma certamente non immaginavo che le conseguenze si fossero spinte sino a questi punti.C’è una strutturazione effettiva e semplice di un fatto occorso, che non viene da adesso ma che porta con sè responsabilità politiche personali e ben individuate, di carattere grande, soprattutto nelle modalità di come negli anni si è affrontato il problema, ed il problema è esistito ed esiste proprio perchè ci sono state incapacità e modalità insufficienti delle persone addette a decidere.Punto. Di fronte a questo le opposizioni hanno chiesto fatti e conseguenze oggettive che una qualsiasi situazione avrebbe imposto,ma chiaramente la risposta su questo non è stata conseguenziale anche per quanto è stato rimestato nella pentola. Lo stesso Lorenzoni aveva fatto cenno che tale richiesta fosse motivata da parte delle opposizioni(quello era il momento che le dimissioni andassero chieste) dicendo che quello rappresentava un caso che le stesse non potevano permettersi di lasciar perdere, ma ben sapendo da navigato che la cosa non avrebbe avuto conseguenze- e di questo nessuno, nemmeno le stesse opposizioni credo si potessero illudere- che la cosa sarebbe finita in tal modo.In pratica cosa ne esce o cosa si tenta di fare uscire? Che Bettollini con un decisionismo da pragmatico politico abbia stoppato il progressivo indebitamento, salvato il festival, e rimesso in pista Chiusi che avrà i suoi momenti di gloria anche se ridotti,e pensando alle conseguenze politiche di tutto questo in fondo in fondo ed alla fine sia un rafforzamento delle prerogative e della forza politica della giunta.Nella realtà tutto il contrario.Questo alla fine si tenta di fare uscire dalla questione.In pratica un bel coperchio che tende a coprire che il pasto dentro la pentola sia ormai bruciato grazie a chi la pentola ha tenuto sul fuoco.Guarda caso ha citato le responsabilità politiche sia di Scaramelli che di Bettollini e di Lanari-non è che non le abbia dette-ma la considerazione finale che ne esce è quella che l’incapacità politica passa in secondo e terzo piano e le capacità di Bettollini abbiano fatto sì che Chiusi anche quest’anno abbia il suo Festival.Il ”ciullare nel manico” del quale parla Scattoni questo alla fine è, non altro.Una parola a parte dovrebbe essere espressa per gli artisti silenti su tale questione e che abbiano giuocato a nascondino per non inimicarsi la politica,ma mi astengo.Fatti loro.Se fustigati stanno zitti per paura si predispongono ad essere fustigati anche per il futuro.Tempi duri ma invece di prendersene carico in qualche modo o prendendo posizione stanno zitti.Ecco l’omertà di un paese che tante volte viene criticata, anche di quando talvolta loro stessi parlano nelle loro rappresentazioni. Quanto al fatto ” del conservatorio” mi sembrerebbe il caso di non gettare benzina su un caso tale poichè veramente appare una cosa di natura ”pelosetta” come Lorenzoni dice, ed è chiaramente e palesemente un errore di collocazione identificativa.Quello che ne esce quindi non mi sembra che sia un fatto tanto complicato. E’ semplice, e solo chi lo veda complicato tende a non vederne le ragioni.Siamo di fronte alle improvvisazioni ed a chi tenta di stendere veli su di esse.Questo è un caso di come neanche tanto sopraffinamente si tenti di far passare dalla parte del salvatore coloro che hanno affossato un modo di intervento in una politica culturale arretrata ed alla fine sminuirne le responsabilità.Molte volte anche da quello che esprimono gli stessi titoli i lettori inquadrano una questione ed un significato, e quello che si vuol far apparire da dentro le righe.L’escursus sintetico e ”storico” che esprime l’intervento di Fiorani docet.Quindi la questione non è complicata.Sarebbe tale se si affermasse il fatto che il volere la botte piena e la moglie ubriaca fosse prevalente,ma in genere è stato sempre un po’ difficile raggiungerlo,anche perchè a ”chi parli di mele gli si risponda con le banane” alla fine tale fatto la dice lunga.Ma anch’io a mio modo prolisso e sgangherato da tempo me ne ero accorto, e forse non sono insieme a ” quei 5 o 6 che sono sempre i soliti”.
Generalmente cerco di tenermi in equilibrio su un numero di caratteri leggibili: Carlo, chiedi uno sforzo notevole. Cmq, la “complicazione” Sambucari è una boutade: è chiaro che si tratta di un esperto che lavora senza problemi di visibilità personale (è qui la complicazione, ma per coloro che ci si devono misurare) e che ha un target ben focalizzato di cultori del genere di cui è esperto. In sostanza, il suo è il lavoro di un (ottimo) esperto che si rivolge a un pubblico di fruitori che, in parecchi casi, è anche un pubblico di autori ed esecutori. Quindi, come pubblico, ha caratteristiche speciali. Questo condiziona (in positivo) il lavoro altrui.
Quanto al problema politico, ho appoggiato pubblicamente l’intervento del Sindaco nella Fondazione e continuo a ritenere che sia stato un passaggio necessario. A questo punto, però, dovranno essere tirate somme: se l’Ente si ri-appropria dello strumento Fondazione, quest’ultima non ha più giustificazione d’esistenza. La Fondazione ha peso e forza in quanto “autonoma” – entro gli indirizzi dati – nelle proprie decisioni e per la velocità decisionale che consente. Il problema vero è che oggi, nel quadro generale di un deficit di politica, si è persa la visione d’insieme della città, la quale si presenta frantumata in minuscoli interessi (spesso in competizione) – i c.d. stakeholders -. A queste sollecitazioni deve essere data risposta ma nel quadro generale del bene comune. Ma qui occorrono strumenti ed elementi di sintesi che non possono essere offerti dai diretti interessati. Ma è un discorso un po’ lungo e, temo, fuori luogo qui. Ah, non è un tentativo di “glissando” (ch’è una magnifica soluzione musicale) 🙂
La Fondazione è di fatto “commissariata”, resa simile alla vecchia Istituzione Teatro Mascagni e ricondotta totalmente sotto il controllo diretto dal Comune (cosa quest’ultima auspicata anche da Possiamo nella campagna elettorale di un anno fa). Della Fondazione pensata da Scaramelli nel 2012 non c’è più nemmeno l’odore. Anche se lui non lo dice, Bettollini l’ha ridimensionata e forse ne sta delineando il superamento e la chiusura. Quanto a Sambucari, che è il direttore artistico del Lars Rock Fest, sta facendo “miracoli” con un budget assai limitato. In pochi anni, senza stare mai sotto i rifletori ha fatto crescere il festival chiusino rendendolo forse il più “originale” per proposta musicale. Il genere può piacere o meno, ma di sicuro sta portando a Chiusi delle “perle” che non è facile vedere in Italia. Soprattutto a ingresso gratuito… L’esempio del Lars forse meriterebbe di essere studiato, approfondito e anche copiato per altre situazioni, come il festival Orizzonti. A proposito di Orizzonti, spero che dopo l’edizione messa su in quattro e quattr’otto di quest’anno, ci sia la volontà e lo spazio per una riflessione ampia e partecipata, per fare meglio il prossimo anno. Perché se anche l’edizione 2017 avrà successo (e credo che lo avrà), non può essere quello il format definitivo. Ma già il fatto che quest’anno ci sia un festival, che non si sia creato un “anno di buco” e si possa parlare di futuro, senza interruzioni, è certamente una cosa positiva. Come è assai positivo e segnale di crescita del territorio, il fatto che alcune band locali (Ros, Greengrocers, Dudes, Big Blue House) siano quest’anno sul palco dei festival di Ponticelli, Chianciano, Torrita Blues e probabilmente anche Acquaviva… Significa che l’humus generato e alimentato da certi eventi comincia a dare frutti… La stessa cosa può avvenire con il teatro, con l’arte figurativa, con la musica classica… Occorre la volontà, certo. E un po’ di “coraggio, di altruismo, di fantasia… “, Non si inveta niente. Come nel calcio…
Il discorso, come sempre sarebbe complesso e spero davvero di non essere frainteso: per accompagnare la classica canzone di Battisti o De Gregori alla chitarra in una serata fra amici, basta un tempo di esercizio piuttosto breve; ad un violinista – in quello stesso periodo di training – non sarebbe permesso nemmeno di fare uscire un singolo suono dallo strumento. A livelli alti chitarra e flauto sono strumenti difficili da suonare, come tutti gli altri, ma a livelli di base ci sono differenze pari a quelle per cui io stesso potrei reggere ancora un tempo di gioco a calcetto mentre rimarrei fermo a guardare gli anelli della ginnastica artistica, senza riuscire nemmeno a issarmi per 10 secondi.
Lo stesso dicasi – con l’aggiunta dei parametri di “mercato” – per i generi delle performing arts. Prosa, Balletto, Opera, Musical classica, Rock, Jazz ecc hanno tutti dei costi oggettivi e di mercato che vanno considerati. Non a caso i Festival Rock e Jazz sono molto diffusi e spesso, anche in piccoli centri e con poche risorse, riescono bene. Certamente per richiesta da parte del pubblico e per il numero di promotori sul territorio ma anche per dei costi complessivi molto più contenuti. Ripeto: tutto ciò non c’entra col valore intrinseco ma si tratta di parametri oggettivi come delle ottime salsicce costano meno di una mediocre fiorentina. Se poi programmi opera lirica devi sapere che “brucerà” più risorse e così tutto il resto, soprattutto se non fai “La serva padrona” o la “Cenerentola” ma “Traviata” e “Butterfly”.
Comunque io vorrei tornare sul dato politico. Se io sbaglio nel mio mestiere di free lance pago di tasca mia e ricevo davvero poca comprensione per i miei errori; se investo male le mie risorse nessuno mi rimborsa delle perdite. Se invece Amministratori pubblici investono male le risorse pubbliche non succede nulla; si trovano mille giustificazioni e comincia la danza del distinguo bizantino che tutto avvolge in una foschia indeterminata. Insomma, a Chiusi c’erano già poche persone che questa “barra” politica l’avevano dritta, ora mi pare ce ne siano ancora meno.
Secondo te, quando proposi gli Stati Generali della cultura, termine forse sbagliato e improprio, che li proposi a fare? Era il 2012, c’era ancora il festival Orizzonti targato Rutelli, Cigni non era ancora sbarcato e non c’era il buco di bilancio di 300 mila euro. Ma c’era il problema di capire cosa fare e come farlo… Adesso, per fortuna, qualcosa si fa ancora. E non è roba da buttar via, sia nel campo delle performing art, che nel campo del rock e altro… Ma ancora c’è da discutere e fare valutazioni. Comunque, secondo me, al di là di tutti i discorsi sui costi diversi (che ci stanno), il concerto previsto ad Orizzonti di Giacomo Margheriti e Francesca Longari (piano e soprano) non è molto diverso dalla esibizione dei Bob, dei Ros o dei Dudes alla Festa della Musica di Chianciano… o di quella dei Bg Blue House a Torrita Blues. La logica mi sembra identica. E giusta. Non intendo tornare sugli stati generali, ma io un qualche pensiero da parte degli “operatori” (teatranti, musicisti, pittori ecc..) sull’argomento, così come stai facendo tu, lo gradirei. Tutto qui.
Marco, io non sono contro gli Stati Generali della Cultura per incompatibilità genetica o perché non mi piace la definizione. Semmai sono contrario alle strumentalizzazioni e alle prese in giro. Le Conferenze sulla Cultura sono state “un’occasione persa” solo perché non si chiamavano Stati Generali? Non credo.
In qualunque modo tu li voglia chiamare si possono fare solo in due modi – privato o pubblico – e a certe condizioni preliminari, tra cui quella di non cominciare da zero bensì da una base già pre-elaborata:
Privato: un partito o un giornale propongono una piattaforma con un’ipotesi di lavoro e la pongono a verifica, integrazione o falsificazione pubblica, per poi offrirla all’amministrazione e/o alla classe dirigente locale con il peso di una manifestazione largamente partecipata e “vidimata” dai cittadini.
Pubblico: l’Amministrazione produce un’idea complessiva e la pone a verifica, integrazione o falsificazione degli addetti ai lavori prima (tavoli tematici) e dei cittadini (sintesi pubblica). Si prende però l’impegno preventivo e solenne che quello che uscirà verrà poi messo in pratica. Altrimenti si perde solo tempo e si partecipa come comparse per giustificare la pseudo-partecipazione (dimostro di ascoltare ma poi, a parte e a porte chiuse, faccio quello che mi pare).
Le Minoranze credo non abbiamo partecipato a queste Conferenze proprio per questo motivo. La Credibilità è un elemento molto importante di tutto questo percorso.
Finora, al di là dei formalismi per cui la Fondazione sarebbe un soggetto privato (benché soldi e presidente siano pubblici) il modus operandi è stato quello di chi non intende assolutamente condividere le decisioni, rilasciate solo all’ultimo momento e a giochi fatti.
Paolo, io li avevo proposti “indipendenti” dal pubblico, inteso come Comune, regione e Fondazione. Come forma di confronto aperto tra operatori e figure a vario titolo interessate.
Le conferenze fatte dal Comune, pur proponendo qualche spunto di riflessione, sono state un’occasioone persa perché i nodi veri li hanno evitati. Facendo finta di niente anche su questioni già note (come il buco di bilancio della fondazione). Eppure ci fu chi come me e altri provò a entrare nel merito dei problemi. Le minoranze non parteciparono per gli stessi motivi per cui non patrecipano ad altre iniziative. Sbagliando. Se ci fossero state, magari quei timidi tentativi di mettere i piedi nel piatto non sarebbero andati perduti.
Per discutere seriamente caro Paolo bisogna essere almeno in due. Anche lontanissimi come idee, ma disponibili a ragionare. E a mettersi in gioco e in discussione. Cosa che qui è finora mancata del tutto. E se da un Pd sempre più autoreferenziale e assente su tutta la linea c’era da aspettarsi poco, io dalle opposizioni mi aspettavo qualcosina in più. Sopreattutto su questo terreno che almeno ai Podemos era e dovrebbe essere il più congeniale… Un anno fa circa scrissi che avevano l’egemonia culturale della città (perché nelle loro fila c’erano artisti, teatranti, musici, danzatori, scrittori, che gli altri non potevano annoverare), ma oggi mi sembra che tale egemonia sia totalmente evaporata in un nulla cosmico, che c’entra pochissimo con il nulla degli altri e con la scarsa credibilità (vera o presunta) di chi detiene le leve di comando e i cordoni della borsa. Il nulla è nulla da qualunque parti lo si guardi…
Marco, ti pregherei di rileggere quanto ho appena scritto, anche solo per dirmi dove non sono stato chiaro. L’ho scritto perché in vita mia ho partecipato più volte a degli Stati Generali, anche come tecnico invitato ad un tavolo di lavoro, senza che succedesse nulla di nulla; senza una premessa su cui discutere e una certezza operativa collegata a quello che è un vero e proprio sforzo collettivo, ognuno diceva la sua per ritrovarsi con decine di punti di vista diversi buttati alla rinfusa. Non conosco nessuno del mestiere che non faccia ironia riferendosi a queste inutili occasioni, in cui di solito vieni solo usato. Tu hai mai partecipato a quanto richiedi con questa insistenza da anni?
Con questo non dico che non dovrebbero essere fatti, dico che ci vogliono dei presupposti che vengano premessi agli incontri, altrimenti si butta solo via il tempo.
Quanto alla non partecipazione delle Minoranze e di molti addetti ai lavori io, al contrario tuo, concordo con chi non si è presentato a quelle Conferenze. Infatti la trasparenza di chi poi può realizzare le cose l’abbiamo vista abbondantemente anche in questi ultimi mesi (sempre che ce ne fosse stato bisogno). Oppure ti riferisci alla Partecipazione del passato, quella tanto cara a Stefano Scaramelli?
No, non ho partevipato perché da queste parti nessuno ha mai fatto una cosa del genere. Ho partecipato (per onore di firma) alle conferenze comunali (la prima soltanto a dire il vero). E ho già detto e scritto che son servite a poco. Concordo sul fatto che bsognerebbe dare delle “premesse” e degli “obiettivi” se no addio… Io credo che le minoranze dovrebbero partecipare sempre e comunque e dire la loro, anche platealmente, mai lasciare la platea e la ribalta solo alla maggioranza. Ma da quest’orecchio non ci sentono. Ti segnalo quest’altro intervento di Teatro & Critica, sui festival che saltano: http://www.teatroecritica.net/2017/06/teatro-festival-e-politiche-locali-lestate-sta-finendo/
Si ho letto. Inutile dirti che, almeno ad una rapida lettura, non sono granché d’accordo con quello che l’autore scrive, peraltro tutto concentrato sul Teatro e quindi assolutamente parziale rispetto ad una visione generale.
In ogni caso è la la politica culturale italiana ad essere gestita in modo per lo più disastroso e andrebbe seriamente ripensata, visto che ha la grande responsabilità di trasformarsi anche in un volano economico tra i più importanti per il nostro Paese. Intendo tutta la filiera partendo dalla formazione. Non abbiamo scelta, lo dobbiamo fare, pena una insostenibilità del nostro tenore di vita.
Sento discorsi vecchi e vedo proporre metodi vecchi (soprattutto dai giovani)…e me ne rammarico visto che sono 40 anni che faccio teatro e dovrei essere io, semmai, a rappresentare la conservazione. Bisognerebbe darsi una svegliata e allontanare finalmente lo sguardo dall’ombelico, se non si vuole scoprire, alzando il viso, che tutto nel frattempo è stato raso al suolo.
X Miccichè….ed allora come non dare calla fine ragione a coloro che dicono ”mai sedersi al tavolo con i bari”, questi che lo dicono hanno ragione o torto?Tutti lo capiscono e non è tanto complicato che per dialogare occorre essere in due e che nessuno dei due si guardi nell’ombelico proprio, ma proprio per questo come hai detto tu, prima il coinvolgimento viene usato nemmeno tanto furbescamente per spalmare una idea di democrazia, di larghezza di visione e di ricerca di confronto, poi quando si decide entra in giuoco l’autoreferenzialità e le verghe del binario già predisposte prima, che conducono il treno da una parte che poi è sempre quella, nei modi e nelle risultanze fanno sì che tale indirizzo si affermi, sia il solo, abbia un aspetto coinvolgente che però guarda caso non si chiede mai cosa resti nelle persone.Ed allora io mi sono sempre domandato: ma la gente che partecipa, i semplici cittadini in nome dei quali ci si piena la bocca di parole come utilità, cultura, instradamento, arricchimento culturale, ecc ecc, ma la gente che partecipa quello che gli si dà in pasto lo capisce oppure no a Chiusi ? La risposta è sicuramente questa : NULLA ! Prima perchè se restasse qualcosa questo dovrebbe attecchire in un sottofondo culturale latente che dovrebbe a rigor di logica a vari livelli essere presente nella capoccia delle persone, poi il tutto dovrebbe essere costruito antecedentemente in maniera partecipativa e più che altro formativa dei recettori. Avviene questo?Ed il risultato quale deve essere se non quello che ne esce attualmente? I segni di questo ”scollamento ”della cultura iniziano con quelli dello scollamento della politica e dalla politica, iniziano in maniera veloce a farsi vedere già con le percentuali di partecipazione che abbiamo avuto alle amministrative dove è ancora diminuita la partecipazione per esempio. Difatti oltre all’uso smodato delle parole e dei loro significati da parte dei media sembra che quello che si dà da parte di un ente pubblico sia un segnale credibile? E’ un uso vero e proprio delle persone e della loro professionalità, della loro arte, dei loro interessi culturali, ma non finalizzato all’accrescimento culturale della gente bensì finalizzato a farla concorrere e coinvolgerla al consenso..Ma poi di cosa parliamo di cultura in un paese come Chiusi ? Di come reagisce la gente di fronte alle svariate manifestazioni culturali ? Siamo nel 2017 e la gente -tranne pochi che lo fanno e lo sono- dovrebbe poggiare su un piedistallo culturale di tutto rispetto se non altro perchè Chiusi è al centro ” naturale” di una zona interessantissima non solo per l’archeologia e gli etruschi ma proprio perchè da qui è passata veramente la storia.Ed allora se i segnali di come venga intesa e progettata la cultura sono quelli che sono cosa vuol dire tutto questo ?
Sono decenni che sento la coniugazione al condizionale di verbi come fare, vedere,portare, coinvolgere, e siamo ancora a questi punti.Allora tutto questo quale considerazione produce per un Comune di 8500 persone? Semplice: la gente esprime il proprio pensiero nella scheda elettorale, i risultati del lavoro svolto dagli eletti sono questi, c’è qualche altra cosa da obiettare su tale lavoro e tali funzioni.? Ma cosa si pretende?
Carlo, mi pare che tu abbia una concezione piuttosto parziale e anche un po’ troppo tranchant circa “le gente di Chiusi”. Da ciò che scrivi sembra che i chiusini siano solo un popolo di pecoroni che non partecipa e non capisce nulla di ciò che gli viene proposto sotto il profilo culturale. Ora è vero che non tutti i cittadini partecipano, che non tutti apprrezzano l’opera lirica, il balletto o anche il rock del Lars, ma c’è anche una buona fetta (non proprio irrisoria) che partecipa, apprezza, crtitica, segue gli eventi e magari si dà anche da fare per farli riuscire: vedi i volontari che curano l’organizzazione del Lars Rock Fest, per dire una. Io credo che giudizi così feroci siano non solo ingenerosi, ma anche non rispondenti (anzi lontani) dalla realtà dei fatti. Si dice che il festival Orizzonti (sia nella versione Rutelli che nella versione Cigni) non è mai riuscito ad attrarre l’attenzione generale della città e questo è vero, ma non è vero che non fosse seguito, che è stato solo un flop. Perché di gente agli spettacoli (soprattutto alcuni anche quelli più ostici e di avanguardia) se ne è vista abbastanza. Quanta era la capienza degli spazi. Gli stessi spettacoli invernali del Mascagni hanno sempre registrato una buona presenza di pubblico… Che si possa e debba migliorare l’approccio, per avvicinare ancora di più la cittadinanza agli eventi è indubbio, magari con iniziative “di trascinamento” nelle frazioni, allo Scalo, nei quartieri; magari evitando spettacoli alle 8 di sera (orario improponibile in una realtà di 8.000 abitanti), o spettacoli incomprensibili ecc. ma io nei giudizi ci andrei più cauto. Anche perché caro Carlo, la gente che segue gli eventi culturali a Chiusi non è meno di quella che lo fa a Città della Piieve, a Montepulciano o a Sarteano o a Montalcino.. A Chiusi sono di meno i turisti, ma questo è un altro discorso.
Ultima considerazione: la gente che segue gli eventi culturali non è solo il “popolo bue” di Bettollini & C.anzi quella è la parte che più è mancata in questi anni… E le iniziative culturali non possono essere snobbate perché siccome le organizza il Comune o la Fondazione che è un ente di emanazione comunale, sono strumento di propaganda della giunta e della maggioranza. Questa mi pare una lettura francamente manichea e “non ricevibile” se si è persone di buon senso, minimante avvedute (anche politicamente). In un paese normale, se c’è un festival tutta la comunità dovrebbe sentire quell’evento come “cosa propria” e fare in modo, ognuno per quello che può, di farlo riuscire al meglio. Prima di tutto partecipando. Te lo assicuro: io non scriverò mai, se ti vedo ad uno spettacolo di Orizzonti a ad un concerto del Lars Rock Fest, che hai cambiato linea e sei passato anche te dalla parte di Bettollini. Al massimo tri chiedo come ti è sembrato lo spettacolo o il concerto…
Un’ultima cosa, visto che si è parlato di Stati Generali della Cultura. Sarebbe il caso prima di promuoverli, di separare concettualmente bene gli ambiti, per evitare di fare un gran minestrone: Cultura, Turismo culturale, Promozione, Performing Arts, Intrattenimento. Se è vero che molti di questi termini in parte si sovrappongono, non possono però essere trattati come sinonimi. Insomma non è che la Cultura si debba fare principalmente d’Estate…tanto per capirsi……
Certo. Io li avevo proposti proprio per uscite da codesta equazione sbagliata e fuorviante. Le conferenze del comune invece hanno insistito su quella e sono risultate pressoché inutili.
Si, ma separare bene gli ambiti significa anche essere sicuri di parlare della stessa cosa. Cultura ha un’eccezione molto ampia e se si usa tutti una parola sola, non è detto che poi discutendo in molti si intenda poi la stessa cosa….Cultura, Performing Arts e Intrattenimento di qualità spesso vengono omologati….
Ci si può provare… Volendo.
”Concezione parziale della gente di Chiusi ? ”Ti sembra una concezione parziale perchè contrapposta vi possa essere una realtà diversa ed imponentesi oggettivamente? E’ una concezione totale la mia perchè la presenza di 40/50 persone alle rappresentazioni estive in piazza mica mi vorresti dire che possano essere condizioni auspicanti affuinchè permanga qualcosa dentro le persone a festival terminato? Sennò si fanno forzature e si prendono in considerazione dati fuorvianti per dimostrare il contrario.Ed allora si ritorna alla domanda di cosa si intenda per cultura.ma dimmelo francamente. hai visto mai sorgere oltre all’interesse individuale di qualche chiusino gruppi od associazioni che lavorino per allargare la cultura della gente? Che ne esce? Tranne i soliti noti ed i soliti chiamiamoli ”intellettuali ricettivi” il resto, altro che pecoroni come dici tu. Quanto alla parificazione a Città della Pieve come presenza culturale diffusa io credo che vi sia una bella differenza.Non passa giorno e settimana di invernoe d’estate che sono presenti iniziative nel tessuto culturale di Città della Pieve che ne indicano a torto od a ragione un interesse ed una volontà di movimento, di produzione, di mettersi in evidenza. Personalmente a Città della Pieve respiro un altra aria, non solo per l’altezza sul livello del mare diversa da quella di Chiusi,pur tenendo conto che quando c’è stata occasione di criticare aspramente le iniziative che talvolta sono risultate asfittiche l’ho fatto senza indugio. Quindi il tuo discorso mi sembra abbastanza fuori dalla realtà oggettiva.Una cosa è in controtenza-anche se molto parziale-rispetto a tutto il resto e sono gli spettacoli al Mascagni che segnano una certa vitalità mi pare. Tutto il resto caro Marco è come la battuta di Gino Bartali…..Argomento a parte del quale non piace discuterne a nessuno è l’accodarsi dei giovani artisti alla ”voce del padrone”, perchè del ” padrone” se ne ha paura….Non sono cose od aspetti difendibili Marco, assolutamente, perchè alla gente non gli si insegna nulla, anzi, si ricreano le condizioni perchè il domani sia peggiore dell’oggi.
Carlo carlo, mi sa che ti sei perso qualcosa. A Chiusi non sono 40-50 persone quelle che partecipano agli eventi, ma decisamente di più. E a Chiusi c’è pure un “fermento” e un humos culturale difficilmente riscontrabile altrove, nei dintorni. Non vedo nemmeno tutta questa “assuefazione alla voce del padrone” da parte dei giovani artisti. Ce n’è di più tra chi organizza eventi.. Se mai c’è poca attenzione da parte del “potere” e della società civile (intesa anche come operatori commerciali per esempio) verso gli artisti locali… Si preferisce spesso spendere di più per ingaggiare comici, band musicali e compagnie teatrali non autoctone senza nemmeno conoscerle, magari solo perché hanno fatto qualche comparsata televisiva o appaiono più “commerciali”… Roba che spesso risulta non all’altezza e forse anche sotto al livello medio dei prodotti del territorio… Quando dico scarsa attenzione intendo dire mancanza di occasioni, di spazi ad hoc, difficoltà a trovare ingaggi nonostante i cachet più bassi nei locali, scarsa abitudine degli operatori a investrire in intrattenimento, orari spesso penalizzanti… Questo a mio avviso è un porblema vero e da risolvere alla svelta. Quanto al confronto con Città della Pieve, diciamo che negli ultimi anni è stato impietoso. Oggi è diverso. Città della Pieve vive un regresso, una crisi vera e tangibile: meno turisti, meno gente in giro, meno iniziative (anche meno di Chiusi) e non tutte di livello alto… Dicono che in parte ciò sia dovuto all’effetto terremoto che ha cancellato l’Umbria dalle mete più appetibili… ma a mio avviso il terremoto non spiega tutto. L’erba del vicino non sempre è più verde.
La cittadinanza poliziana per esempio, quanto partecipa ai concerti e agli eventi del Cantiere, dopo più di 40 anni dalla prima edizione? Poca, quanto quella di Chiusi ad Orizzonti. Forse anche meno, in proporzione… Ma non ho mai sentito nessuno che volesse chiudere il Cantiere o renderlo più “popolare”. Né ho sentito qualcuno di quelli che criticavano per esempio Orizzonti, denigrare il Cantiere… O i “Concerti in terra d Siena” ai quali partecipano poche decine di apppassionati. Forse perché ognuno tende a guardare soprattutto in casa propria. O perché al Cantiere non c’è mai stato… Tra una settimana esatta ci sarà a Chiusi il Lars Rock fest. Con una line up molto interessante dal punto di vista musicale e anche… politico. Si annuncia come un “grande evento” e non solo per i giovani visto che la prima sera suonerà una band inglese che era già sulla breccia nel 1979, quando la la musica punk era la colonna sonora dell’opposizione a Margareth Tatcher. Mi piacerebbe sentire o leggere un tuo commento in proposito. Sul festival rock chiusino nel suo complesso, non solo su quella band inglese…
Marco, gli “Incontri in Terra di Siena” mi risultano voluti e gestiti da privati, per volontà di una illustre famiglia di musicisti e quindi non può essere ammessa al confronto; è stata ed è una manifestazione volutamente elitaria. Il Cantiere di Montepulciano è ormai una manifestazione “sopravvissuta” (il Cantiere “era” Henze così come in fondo Spoleto “era” Menotti)) e così come in parte lo è anche la Chigiana, oggi in serio affanno.
Il nostro è un paese molto cauto e conservatore ma la realtà si evolve velocemente e si rimane subito indietro se non ci si adegua di conseguenza. E pochi lo fanno. Le risorse economiche sono, secondo me, solo in minima parte il problema da risolvere.
Vedo comunque che permane sempre questa confusione tra Eventi estivi, Intrattenimento pubblico, Intrattenimento privato, Cultura ecc.
Del resto mi rallegro perchè non molto tempo fa usavi spesso termini come “deserto” e il gioco di parole per cui “altrimenti si sarebbe chiamata Aperti”…vuol dire che c’è stato un colpo di coda con conseguente risveglio…bene!
No, Paolo, il deserto permane… nonostante varie iniziative e quel fermento che esiste, ma è costretto a stare sottotraccia perché poco valorizzato. Gli eventi culturali citati sono tutti “eventi estivi di intrattenimento” (magari d’elite o di alta qualità, ma quello sono) anche il Cantiere, gli incontri in terra di Siena o Umbria Jazz…. Chiusi non sta né meglio né peggio degli altri paesi. Sta peggio sul piano delle presenze turistiche, questo sì, e dell’abitudine o capacità di valorizzare i propri tesori e talenti… Altri sanno vendersi meglio. Indubbiamente. Ma se Atene piange, Sparta non ride di certo… Purtroppo. Io spero che le manifestazioni “sopravvisute” a se stesse continuino a sopravvivere… Per questo sono contento che sia “sopravvissuto” anche il festival Orizzonti… Finché c’è vita c’è anche la speranza di poter fare meglio e di rompere l’assedio del deserto. Se chiudi i battenti quella speranza svanisce. O no?
Va sempre in onda la distorsione nelle tue risposte ed aveva ragione Miccichè quando ti si domanda pere rispondi ”ah si ma con le banane….”. Io ho inteso dire 40/50 persone sugli spettacoli in piazza a numero chiuso, quelli fatti in Piazza Duomo per esempio,mi sembrava chiaro a cosa alludessi ma evidentemente come dici te mi sono perso qualcosa….qualcosa di che ? Ho infatti detto una verità approssimata nei confronti degli spettacoli a Teatro che ho riferito che forse sono quelli che si salvano poichè la partecipazione c’è stata in continuazione.Quanto al confronto di Città della Pieve in ribasso nei confronti di Chiusi io non penso tanto a differenza tua che il colpo alle presenze glielo abbia inferto il terremoto in Umbria e nelle Marche, quanto la crisi generale per cui è aumentato” il mordi e fuggi”.La gente non è più disposta a spendere soldi per fruire di aspetti culturali o storie in cui la tensione campanilistica fra quartieri si fa strada anche arrivando ad aspetti diseducativi come le scazzottate e le battaglie con la farina.Ciononostante ho detto e ribadisco che come ”humus culturale” nella gente a Città della Pieve vi sia un altra condizione oggettiva e permanente, su come possa rispondere, sulle strutture e su come le iniziative vengano prese e soprattutto sulla loro qualità. Parlo solo di un aspetto ma ce ne potrebbero essere altri dieci che si possono mettere nel campo del confronto con Chiusi.Uno di questi è per esempio la presentazione di libri e la presenza dei loro scrittori e la partecipazione del pubblico. Me lo sai dire se a tale proposito ti sei perso qualcosa te oppure io ?eppure anche a te arrivano le comunicazioni dell’ufficio Turistico o no ? Vogliamo fare il confronto sulla quantità su tale tema con Città della Pieve? Facciamolo. Vogliamo tirare in ballo le cene a tema ? Facciamolo. Vogliamo tirare in ballo la quantità dei visitatori di un minuscolo museodi storia naturale e mettere in raffronto i visitatori con quello ben più importante Museo Etrusco fra i primi in Italia e fare le debite proporzioni? Che segni sono questi?Vuol dire mescolare pere con mele forse? Sono forse segni che la ricchezza che abbiamo fra le mano che sicuramente è ben maggiore di quella che ha Città della Pieve è sfruttata al massimo grado possibile? La risposta a questo la possiamo ricevere dal fatto che siamo crescdiuti a Chiusi io e te e tanti altri della nostra età, ma Chiusi così l’abbiamo conosciuto e così in sostanza è rimasto.Se pensi che un festival rock sul quale sono anni e non mesi che insisti a dipingere come un evento della massima importanza possa portare a Chiusi cultura e farla rimanere nella gente forse ti sei perso quialcosa te.Se sarò a Chiusi per quelle date risponderò al tuo invito, cercherò di guardarlo con occhio critico anche se la musica o meglio quel genere di musica non è che mi esalti tu lo sai, cercherò di far cadere l’occhio sui personaggi presenti, dal momento che anche tu ci vedi la politica come messaggio e come storia in una quantità tale che forse non ci si accorge quale mischiume di cose contenga, ed anche un occhio alle persone presenti che accendono gli zippo per solidarietà.C’è un tilolo di un libro che possa dare idea di quanto siamo spettatori intorno a noi, ma solo il titolo poichè il contenuto è altra cosa e nulla c’incastra con quanto è il tema del mio discorso: ” La Giostra dei Criceti”. Hai visto mai i criceti in gabbia che pedalano incessantemente sull’altalena girevole e che impazziscono per essere rinchiusi in tale condizione? Bene, a me quell’umanità che risponde a tali sollecitazioni, che esalta quello che ascolta, che si dimena, che urla, che beve e che fuma,che lascia rifiuti dietro il suo passaggio, che da adito anche talvolta a fatti come sono successi a Torino,mi dà il segno del significato della giostra dei criceti,che poi è la cultura del padrone. E a te vedo che in fondo rimane gradita perchè pensi che sia cultura od almeno un aspetto di questa. Vai a domandare ad uno di quelli che si dimenano con addosso il tasso alcolico alle stelle cosa gliene fotta delle proteste sociali che sono ben altra cosa e di come il sistema con i suoi meccanismi riesca ad utilizzare nella gente quegli aspetti per farla sfogare poichè sennò potrebbe salire anche il grado del pericolo pubblico o della conflittualità sociale, e vediamo quale sia la loro risposta.Caro Marco, mi sembra che ad essere un po’ fuori strada lo sia tu, forse lo farai perchè la tua professione oggi dipende anche dall’apparato e lo capisco, e capisco anche che dopo decadi di ”uomini contro” ti sia venuta a noia tale situazione per tanti aspetti, ma mica l’ho scelto io di farti fare il giornalista, l’hai scelto tu e credo anche con convinzione e non per caso e perchè ti piaceva, ma capisco molto meno la tua tendenza a far pensare col tuo il cervello degli altri. Nell’era Ceccobao emergeva tutto un casino ed una insoddisfazione generale e particolare dai tuoi scritti, nell’era Bettollini mi dici cosa è cambiato e cosa la gente abbia respirato di diversità ? Purtuttavia vedi cosa mi dici ? Che ” sono io ad essermi perso qualcosa….” Cosa vuoi che ti dica, speriamo che la ritrovi dal momento che l’ho persa, ma pensavo che non mi mancasse…
Gli spettacoli in Piazza Duomo sono per 250-300 persone… No, Catrlo, la mia professione non dipende affatto dall’apparato. Perché non ho alcun beneficio dall’apparato… La pubblicità al festival Orizzonti, o al Lars Rock fest Primapagina l’ha sempre fatta, fin dall’epoca di Rutelli… E quella la paga la Fondazione. Non c’è nulla di diverso dal passato… Solo che io vedo delle cose (o vedo le cose in un certo modo), tu le vedi in un altro. E ti assicuro che in tutti questi ragionamenti sugli spettacoli, sulla cultura, sugli spettatori, Bettollini c’entra quanto il cavolo a merenda… Non a caso ti ho scrito prima che mi piacerebbe un tuo commmento sul lars Rock Fest, per esempio. Ma sul Lars Rock Fest, non su Bettollini… P.S. A proposito di musica e politica, oggi sul Venerdì di Repubblica c’è un servizio di 3 pagine sulla band inglese che sarà sul palco del Lars sabato 8 luglio… Te ne consiglio vivamente la lettura. https://www.primapaginachiusi.it/2017/06/il-venerdi-di-repubblica-dedica-3-pagine-alla-band-inglese-che-sabato-8-luglio-sara-sul-palco-del-lars-rock-fest-ma-chiusi-vive-levento/
Se poi mi dici: sì, ma quanto incide una band o un disco così sul pubblico di Chiusi? La mia risposta è: probabilmente zero o quasi. Come ascoltare Beethoven. O Charlie Parker. Ma nella vita è meglio aver ascoltato qualche volta Beethoven e anche Charlie Parker…
Marco, sulla necessità “relativa” di non lasciare un “buco” ricorderai che, pur non sapendo cosa si muoveva sottotraccia, fui io stesso a chiedermi se fosse saggio buttar via le priorità acquisite a livello ministeriale, imbastendo un “Orizzonti” semplificato ma pur sempre al suo posto.
Quest’anno vada così, ma spendere 70.000€ (se questa è la cifra) vale la pena solo se si tratterà di una manifestazione che si intreccia con le necessità del territorio e/o che porta un pubblico estivo che si fidelizzi a Chiusi e produca indotto. Altrimenti anche queste risorse pubbliche ridotte, si buttano via inutilmente. Kataklò o Gioele Dix si possono vedere anche altrove, soprattutto se da fuori venissero a Chiusi allo stesso modo in cui andrebbero da qualsiasi altra parte e non perchè attirati da una proposta culturale complessiva altamente caratterizzata. Insomma sono troppi se si fa della routine generica e forse potrebbero anche essere pochi se inquadrati come uno degli elementi di una proposta e promozione culturale e territoriale articolata. Spero che prima di tutto la Politica faccia il suo mestiere e amministri cercando di risolvere i problemi che ogni epoca presenta, tra cui abbiamo meno risorse economiche disponibili ma una forte accelerazione nelle mutazioni dei linguaggi e delle esigenze del pubblico.