IL FESTIVAL DIAFRAMMI CHIUSI SECONDO CARLO SACCO

giovedì 29th, maggio 2014 / 19:44
IL FESTIVAL DIAFRAMMI CHIUSI SECONDO CARLO SACCO
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Tra la fine di aprile e i primi di maggio a Chiusi si è tenuto il primo festival fotografico Diaframmi Chiusi, organizzato dal club “I flashati”. Abbiamo rivolto, qualche domanda in proposito ad uno dei partecipanti, anzi il decano dei partecipanti: Carlo Sacco, fotografo e detentore di un poderoso archivio di cui ha fornito un “assaggio”…
Allora Carlo, che giudizio dai del Festival Diaframmi Chiusi come “evento” e come qualità della proposta culturale?
Credo si stato un evento importante e significativo. Per le energie e le professionalità messe in campo e in mostra. Credo che il materiale esposto fosse di qualità e contrassegnato anche da un buon livello di inventiva.
Come giudichi la risposta del pubblico (soddisfacente, scarsa, straordinaria…)?
Direi soddisfacente. Era la prima edizione e il maltempo non ha aiutato. Ma di gente ne è venuta parecchia e ha mostrato apprezzamento e interesse… E non è venuta solo gente di Chiusi, ma anche dai paesi limitrofi e da altre parti d’Italia…
 E l’atteggiamento delle istituzioni locali, della politica, della società civile impegnata? (intendo Banche, associazioni, imprenditoria…)?
Al di là del patrocinio del Comune, della concessione, comunque importante di spazi e locali, non ho notato un grande interesse. Credo che sia importante che spazi e contenitori pubblici vengano messi a disposizione, o meglio “in produzione” e resi fruibili come avvenuto nel caso del festival Diaframmi Chiusi.  Ritengo fondamentale che ciò avvenga con pari opportunità per tutti e al minor costo possibile e che le strutture siano tenute al meglio. Non sempre è così e la gestione affidata a soggetti esterni non agevola e spesso pone limiti oggettivi. E poi non basta concedere gratuitamente le strutture, servono progetti, attenzioni, presenza… Quest’anno qualche problemino logistico e di gestione spicciola c’è stato… In futuro servirà un’organizzazione migliore…
Il festival ha trovato eco sui media nazionali e di settore?
Sì ha trovato spazio e attenzione da parte di alcune riviste specializzate e di alcuni club fotografici anche molto noti, toscani e non solo. Anche la rivista on line MPS ART, edita da Montepaschi e diffusa anche all’estero, ha dedicato all’evento due articoli e diverse pagine.
Esperimento da ripetere, dunque?
Certamente sì.
Cosa cambieresti e cosa invece manterresti in piedi di questa prima edizione? (cioè l’aspetto più negativo e quello più positivo, per intendersi)
Io lascerei l’articolazione nei vari luoghi, che mi sembra abbia funzionato ed è un elemento di valorizzazione dei luoghi stessi e quindi della città nel suo complesso. Per quanto riguarda invece la proposta culturale, sarà forse opportuno individuare di volta in volta uno o più temi, che facciano da filo conduttore, per evitare un’offerta un po’ troppo generica e accrescere il potenziale appeal dell’evento.
Cosa lascia un evento come questo nel tessuto connettivo della città?
Lascia la certezza che in loco c’è un discreto potenziale umano, che però non deve essere lasciato a se stesso, ma necessita di un supporto pubblico, anche di tipo economico… La volontà e le capacità da sole a volte non bastano.
Tu hai partecipato all’iniziativa con una parte del tuo archivio “The Face of Asia”, hai fornito cioè un assaggio delle potenzialità di un archivio del genere che spazia dalle foto di reportage a quelle “storiche” e d’epoca, dai documenti alla letteratura dedicata alla fotografia, ai viaggi, all’esplorazione…
Sì, ho fornito un assaggio e i visitatori hanno apprezzato la varietà del materiale esposto, in alcuni casi “mai visto prima” e molte persone sono tornate più volte, per poter metabolizzare meglio ciò ce si trovavano ad osservare. Devo dire che è stata una soddisfazione e anche un momento di “promozione” dell’archivio stesso. Che resta a disposizione per chiunque sia interessato (info http://www.thefaceofasia.org).
Archivio che è un patrimonio monumentale per quantità, varietà e qualità del materiale. Come mai nessun ente pubblico si è fatto avanti per trovare una sistemazione che non fosse “privata” come è adesso?
Lasciamo perdere. Avranno avuto altro a cui pensare…
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