REFERENDUM: NIENTE QUORUM, AFFLUENZA AL 30%. UNA SCONFITTA ANNUNCIATA E PREVEDIBILE

Niente quorum per i 5 referendum. Nessuno dei quesiti ha superato la soglia del 50%+1 degli aventi diritto al voto. L’affluenza complessiva tra domenica e lunedì si è attestata sul 30% dei votanti. Tutto resta come prima.
Per lo schieramento referendario si tratta di una sconfitta annunciata. Bastava fare due conti e c’era davvero da farsi poche illusioni: in Italia il 40% degli elettori non vota fisiologicamente, del restante 60% una buona metà, abbondante, aveva dichiarato che sarebbe andata al mare. Rimane, appunto il 30% che è il totale di persone che si sono recate alle urne. Nessuna sorpresa.
Le regioni in cui si è votato di più sono la Toscana (39%) e l’Emilia Romagna (35%), un po’ meno in Umbria dove l’affluenza si è fermata al 30% in linea con la media nazionale. A questo punto è del tutto ininfluente il conteggio dei Sì e dei NO.
Da tenere pesente che anche all’interno delle forze che sostenevamo i referendum c’erano sacche di resistenza, che forse più che votare NO hanno preferito andare sul sicuro puntando sul mancato raggiungimento del quorum. Vedi la corrente “riformista” del Pd capeggiata da Bonaccini e Del Rio entrambi emiliani; il M5S ha dato indicazioni per 4 Sì sui questiti riguardanti il lavoro, ma ha lasciato libertà di voto su quello relativo alla cittadinanza per gli stranieri.
E va detto – nelle iniziative di campagna elettorale è emerso molto chiaramente – che il Pd e la Cgil, forze principali del fronte referendario, scontavano il fatto di aver avallato a suo tempo il Jobs Act le altre riforme renziane, cosa che le ha rese non del tutto credibili adesso, nella battaglia per abrogarle. Apprezzabile l’autocritica fatta, anche nei comizi, da esponenti del Pd e del sindacato, ma evidentemente l’autocritica non è bastata o è stata ritenuta tardiva e parziale.
Anche la polemica con Giorgia Meloni, La Russa, Tajani e compagnia cantante per i loro inviti più o meno espliciti a disertare e urne per far saltare il quorum, non ha pagato. Certo è grave che esponenti del Governo e dello Stato invitino a non votare, che è un diritto-dovere civico, ma a giocare con il quorum in passato è stata anche la sinistra, sia quella ufficiale dei partiti, sia quella movimentista… Nei referendum le opzioni sono sempre 3: il Sì, il NO e il NON VOTO per non far raggiungere il quorum e redere vana la consultazione.
Elly Schlein, Landini, Conte, Fratoianni e Bonelli questo hanno fatto finta di dimenticarlo. Ma in politica la memoria corta fa vincere sempre la destra e la parte più conservatrice e reazionaria.
Anche questi Referendum certificano, ancora ua volta, la divisione del Paese e la scollatura profonda tra una parte di Paese (quella che sta peggio, che ha pagato più duramente le riforme liberiste, quella che avrebbe più bisogno di tutele e di uno stato sociale funzionante) e la politica in genere, ma soprattutto dalle compoenti politiche che dovrebbero e vorrebbe rappresentarla. Anche stavolta infatti l’impressione è che abbia votato quasi eclusivamente la componente militante, quella più partecipe e politicizzata, mentre operai, giovani precari, disoccupati, delocalizzati, siano rimasti a casa.
I 4 quesiti sul lavoro riguardavano soprattutto queste categorie, ma lo scatto, la risposta non ci sono stati.
Nella situazione data, con tutto il centro destra e parte del centro-centro, un sindacato intero (Cisl) schierati per il NON VOTO, il 30% di votanti non è neanche da disprezzare. Ma di certo non è un risultato su cui brindare. A dirla tutta anche come “prova generale” per il campo largo, non è andata benissimo, anche se qualche passo in tale direzione è stato fatto.
Che succederà adesso? Probabilmente niente, come sempre. Tutti diranno che hanno fatto il massimo, che la battaglia era impari. Nessuno dirà che ha sbagliato e dove ha sbagliato. Nessuno farà un passo indietro o di lato. In Italia finisce sempre così.
A brindare saranno Renzi e la destra per lo scampato pericolo, ma sopratutto saranno le imprese che potranno continuare a far leva sulla precarizzazione e sulle minori tutele del lavoro e sul lavoro.
m.l.
E’ vero che il quorum non è stato raggiunto. Verissimo anche quello che dici, però emergono dei dati politici che non possono essere ignorati. Intanto, la battaglia è stata fatta sul quorum e non sul NO ai quesiti, con alcune contorsioni decisamente comiche, ma indicative: non prendere la scheda è sintomo di un nervo scoperto, si tratta di questioni che nemmeno Meloni può far finta che non esistano nel suo campo: sa bene che opporsi alla regolazione dei licenziamenti o alla limitazione della precarietà è impopolare anche nel suo elettorato. Il punto politico è qui : l’assenza totale di una campagna per il No o per l’astensione – al di là dei diretti interessati ( Renzi & i suoi) – nel merito delle questioni segnala il consenso enorme che i temi sollevati dai referendum riscuotono nell’Italia del 2025. Ora si apre il problema del dopo: una battaglia di classe che apre alcuni interrogativi. Riuscirà il sindacato a dare corpo a un nuovo ciclo di lotte sul campo del sociale? Ma soprattutto, riuscirà la sinistra a iscrivere in agenda come propri obbiettivi le questioni sollevate dal referendum? Altro che campo largo: si tratta di questioni discriminanti che aprono anche al grande tema della crisi globale del neoliberismo e delle sue ricette.
X Enzo Sorbera. Condivido pienamente quanto dici ma il discorso guardando in prospettiva è quello che la sedicente sinistra navighi verso posizioni più riconoscibili ed invece mi sembra dall’aria che spira che si voglia instaurare un campo largo a cominciare dalla proposizione di Bonaccini che apra un campo che per adesso non sarà largo ma nemmeno negatore di tutte quelle contorsioni che mai sono passate nel dimenticatoio dalla mente del renzismo e che attraggono da una parte i meno dotati politicamnte e dall’altra i dotati più astuti che in quel partito incominciano ad essere molti con altri molti che non vedono l’ora che la segreteria attuale faccia come fece il Baglioni che fece finta di esserci e si levò dai coglioni. come se non bastassero le lezioni sono anche queste che la sinistra riesce ad intercettare e che è sensibile nel confronto esterno con gli altri partiti ad ammutolirsi quando gli viene ricordato che il Jobs Act lo propose e lo realizzò Renzi. Finchè non si chiariranno le posizioni su tale tema il PD sarà sempre perdente e sottoposto alle strumentalizzazioni di chi lo vorrebbe annientare salvo poi mettere alla guida un altra qualità di riformismo che si avvicina abbastanza a quello della fù Democrazia Cristiana, che per tanti versi sarebbe anche auspicabile almeno si chiarirebbero molte idee nelle teste di chi vota e parecchi di quei politici si ri-infurbirebbero come furbi mostravano essere i suoi politici.
Inutile girarci intorno, questa iniziativa proposta da (non tutte) le sinistra è fallita miseramente. Ha votato il 30%, ma al netto di quelli che hanno votato NO, il fronte del SI ha raccolto grossomodo un 26%, e assai di meno sul quesito relativo alla cittadinanza. E ancor più patetici e grotteschi sono i tentativi dei promotori di nascondere tale fallimento, in particolare Schlein e Landini, per quanto questo è stato evidente. In questi casi, da parte soprattutto del secondo, sarebbe auspicabile un passo indietro o quantomeno di lato..ma oggi non va più di moda (esempio classico Gravina, che dopo le innumerevoli figure di merda della nazionale, e il generale stato di sfacelo del calcio italiano, resta attaccato alla poltrona come se ci fosse il cemento a pronta presa).
Giusto delle osservazioni da condividere con voi: 1) non erano referendum trasversali, tutto il contrario 2) nell’ultima tornata elettorale, alle elezioni regionali in Umbria, l’affluenza é stata del 53% 3) i partiti della coalizione di sinistra presero il 27% dei voti totali; 4) questo fine settimana, in Umbria, ha votato per i referendum il 31% degli aventi diritto; 5) direi che è stato un risultato piú che prevedibile, contando anche la data e la situazione metereologica. 6) direi che il quorum per i referendum deve essere rivisto, e calcolato basandosi sulla media dell’affluenza delle ultime 3-4 tornate elettorali, perché oramai è chiaro a tutti, che quasi la metá degli aventi diritto non partecipa alla vita pubblica.
Approfitto di questo spazio, se non ha già letto un mio precedente commento ad un altro articolo,per notiziare il signor Giangiacomo che non sono da 40 anni a girarmi i pollici dietro una,scrivania ma un libero professionista che la sua piccola attività se l’è creata da zero e non l’ha trovata lì grazie a qualcun altro, quindi credo mi sarà permesso esprimere il mio parere senza essere offeso da uno che nemmeno sa chi sono. Premesso questo, cantando fuori dal coro, penso che la CGIL sapesse che questo sarebbe stato il risultato ma al tempo stesso abbia deciso,come chi usciva dalle trincee sapendo di morire, che la battaglia su questi temi andava cominciata in qualche modo. Ha perso chi è stato a casa e quando domani gli proporranno un lavoro con un contratto di 6 mesi a 900 euro al mese non potrà lamentarsi. L’unico errore della CGIL è stato farsi affiancare in questa campagna dal PD che ai tempi di Renzi ha messo in atto le misure che ora si volevano abrogare. Se le cose non fossero così gravi ci sarebbe stato da ridere a vedere in queste settimane solerti attivisti del PD impegnarsi per i referendum e vedere che erano gli stessi che pochi anni fa sostenevano Renzi e le sue riforme.
Sul PD concordo ed è scritto anche nell’articolo. Ma pure la CGIL all’epoca non fece certo le barricate. Comunque credo che PD, Avs e M5S abbiano portato a casa quanto potevano portare a casa. Se mai da notare che i no sul quesito sulla cittadinanza corrispondono ai voti dei 5s. Credo che questo una riflessione la meriti.