Abbiamo vissuto in tempi così lenti. Niente dispositivi di comunicazione, niente tv (per noi più poveri e abusivi), i bus impiegavano anni a arrivare, niente soldi, vivevamo in case occupate. Non potevamo telefonarci per organizzare le prove. Ma la cosa indispensabile è il rifiuto del capitalismo e del consumismo. Per poter dire di no a tutto questo. E essere un estraneo per i tuoi genitori, un fallito ai loro occhi. Eravamo soli. Punk, artisti, musicisti: tutti della classe operaia… Non è mai stata una scelta facile, o popolare. Penso però che fosse più facile far parte di una controcultura prima di Internet. Ora sono i figli delle classi medie che stanno conquistando le arti, almeno in Occidente. Non devono rischiare molto – i soldi dei loro genitori li sostengono. Ma come diceva Audre Lorde, gli attrezzi del padrone non smantelleranno mai la casa del padrone“. 

Claro, che tipetto questa Viv? E sentir raccontare queste cose da una musicista, oggi, nel 2023, fa un certo effetto, anche se la musicista ha quasi 70 anni. Già, non si dice l’età delle signore. Ma Viv Albertine anche a settant’anni resta una “ragazzaccia arrabbiata”, non una signora. Il punk, anche dal punto di vista musicale, non era roba per palati raffinati e signore eleganti. Né per contestatori da salotto e radical chic col maglioncino di cashmere i calzini a righe.

Al Jack, in via Leonardo da Vinci a Chiusi Scalo, qualche copia del libro ce l’hanno. E comunque in qualunque libreria si trova. Da leggere. Descrive l’Inghilterra thatcheriana meglio di  molti saggi, con il linguaggio graffiante di una chitarrista punk.

Quanto all’evento in sé, che dire? in una Chiusi desertificata una cosetta del genere è un’oasi di acqua fresca. Unico dubbio: non è che questi ragazzi del GEC stanno diventando un po’ nostalgici?

m.l.