CHIUSI, QUELLE LAPIDI SCOLORITE SUL PALAZZO COMUNALE… QUANDO LA MEMORIA HA BISOGNO DI UN RESTAURO

mercoledì 08th, febbraio 2023 / 12:59
CHIUSI, QUELLE LAPIDI SCOLORITE SUL PALAZZO COMUNALE… QUANDO LA MEMORIA HA BISOGNO DI UN RESTAURO
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CHIUSI – “Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro”. La frase è dello scrittore cileno e attivista politico Luis Sepulveda. E la memoria si tramanda in tanti modi. Anche con i monumenti, con le “pietre d’inciampo”, le targhe o lapidi commemorative. Sulla facciata del Municipio di Chiusi ce ne sono 5, più uno stemma araldico. E sono state poste lì a futura memoria. Cioè per ricordare fatti e persone cui la città ha voluto dedicare una menzione.

La più antica delle cinque lapidi poste sulla facciata del palazzo comunale di Chiusi ricorda un auditore granducale, tale Sebastiano Cellesi, ed è datata 1627, sopra all’epigrafe vi è pure lo stemma della famiglia Cellesi, entrambi i manufatti antecedenti al palazzo stesso, completamente riedificato tra la fine del ‘700 e la prima metà dell’800 o risalenti alla edificazione precedente, seicentesca.

Le altre invece ricordano, nell’ordine (da sinistra, guardando il palazzo): 1) Francisco Ferrer e Julian Garcia Grimau, esponenti della sinistra spagnola fucilati il primo nel 1909 e l’altro nel 1963; 2) Giacomo Matteotti, deputato socialista fatto assassinare da Mussolini nel 1924; 3) Giuseppe Garibaldi, lapide voluta dalla Società Operaia chiusina, citata nell’epigrafe; 4) le vittime civili della battaglia di Chiusi svoltasi tra il 20 e il 26 giugno del 1944.

A parte l’ultima che tramanda la memoria della tragedia della guerra e il tributo di sangue pagato dalla città, le altre sottolineano l’attenzione di Chiusi verso figure significative della storia nazionale e internazionale, tutte con un’occhio preciso sugli ideali di indipendenza, libertà e uguaglianza e contro la violenza del potere e delle dittature.

Sono, quelle 4 lapidi, ormai storiche – anche se tutte novecentesche – sul palazzo pubblico, una testimonianza perenne di come le amministrazioni della città di Chiusi fossero attente e partecipi anche della grande storia.

Peccato che oggi, tranne la più antica, quella del 1627,  nessuna delle altre 4 sia leggibile. Si tratta di lapidi in marmo, con le scritte incise, ma la vernice è scomparsa con il tempo e adesso è veramente difficile decifrare cosa ci sia scritto. Non è una bella immagine per la città. I turisti stessi si fermano, osservano, allargano le braccia e passano oltre.

Il Comune di Chiusi ha da anni anche un “assessore alla memoria”. Fino a due mesi fa la delega l’aveva il consigliere comunale di maggioranza più giovane, ovvero Lorenzo Magnoni, ma con l”uscita del gruppo Possiamo dalla maggioranza, Magnoni la delega l’ha rimessa nelle mani del sindaco, che l’ha poi affidata all’assessore alla cultura Mattia Bischeri. Anche lui molto giovane e, per mestiere, avvezzo a trattare con la “memoria”, facendo l’archeologo.

Comprendiamo che il problema delle lapidi illeggibili possa anche essere considerato non di stringente attualità e sappiamo che non è colpa di nessuno, solo del tempo. Ma – anche per l’immagine stessa del Comune – crediamo che dovrebbero essere al più presto ripristinate e rese fruibili. Perché la memoria, se lasciata nell’incuria svanisce.

Un paio d’anni fa l’Amministrazione Comunale, sindaco Bettollini, ha provveduto, su sollecitazione dell’Anpi, al ripristino delle scritte (i nomi) sul monumento ai caduti nel giardino del Prato (Piazza Vittorio Veneto), adesso l’amministrazione Sonnini provveda al restauro delle epigrafi sul Palazzo Comunale. Non sarà un lavoro immane e dal costo esorbitante. L’assessore Bischeri avrà pure le competenze scientifiche per dare indicazioni su come fare.

Se l’amministrazione provvederà, gliene saremo grati. E con noi anche Francisco Ferrer e Julian Garcia Grimau, Giacomo Matteotti, Giuseppe Garibaldi e la Società Operaia, e tutte le vittime ella battaglia di Chiusi del ’44, che non meritano di finire nel dimenticatoio, solo perché le lapidi a loro dedicate non si leggono più.

m.l.

 

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