IL 9 SETTEMBRE DEL ’43, L’INIZIO DELL’INCUBO, COME LO VISSE OTTIERO OTTIERI A CHIUSI. AD OTTOBRE IL COMUNE INTITOLERA’ LA BIBLIOTECA AL GRANDE SCRITTORE

venerdì 09th, settembre 2022 / 14:35
IL 9 SETTEMBRE DEL ’43, L’INIZIO DELL’INCUBO, COME LO VISSE OTTIERO OTTIERI A CHIUSI. AD OTTOBRE IL COMUNE INTITOLERA’ LA BIBLIOTECA AL GRANDE SCRITTORE
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“I soldati tedeschi comparvero lungo la strada d circonvallazione del paese su cui sporge l’Olivazzo. Uno di loro si mise a guardia dela gabina della luce, proprio sotti di noi. Si vide, in un momento, un gran brillare di fucili al sole. Sil terrazzo si ebbe un sommovimento, alcune donne fuggirono spaventate. I soldati tedeschi, in basso agivano sicuri, poi l’aria venne riempita da un fragore avanzante giù nella strada: un carro armato coperto di frasche procedeva lento nella polvere, Il cannone rivestito di una tela a macchie rossicce, verdi e marroni, si arrestò presso la gabina elettrica puntando l’arma verso la vallata… Il motore di una motocicletta che partì veloce verso la stazione scivolò giù per le curve, lungo la strada sbiancata dalla polvere, a stazione giù in basso era come morta. I tedeschi intanto avevano affisso un proclama con l’ordine ai civili di consegnare tutte le armi, fucili da caccia, rivoltelle… I curiosi commentavano ad alta voce, altri erano già in preparativi con le proprie armi, tutti passeggiavano fuori ma senza varcare l’orlo del paese. Nella campagna un pericolo nuovo ed estraneo poteva ancora piombare addosso”… Così lo scrittore Ottiero Ottieri racconta, nel suo libro Memorie dell’incoscienza, Einaudi 1954, come lui allora 19enne e altri giovani chiusini vissero la giornata del 9 settembre del ’43 a Chiusi. Il giorno dopo l’armistizio, verso cui quei ragazzi ebbero “pensieri di ribellione e sussulti di sdegno” perché quella firma consacrava una sconfitta, “palude melmosa e infida, non abisso salutare”, scrive Ottieri.

“Salì la voce che i tedeschi non abbandonassero Chiusi in una libertà inerme, ma che vi affluivano come il sangue al cuore e la sceglievano come roccaforte”. Era l’inizio dell’incubo, della guerra vera dentro casa…  Quel passaggio sul 9 settembre a Chiusi, visto da ventenni che forse avevano creduto nel fascismo, come tutti, è una fotografia di un paese ancora incredulo, stordito, sbalordito e sbandato da una scelta improvvisa. Per molti incomprensibile.

Quella stessa mattina del 9 settembre, vale la pena ricordarlo, c’era stato il precipitoso abbandono della Capitale da parte del Re Vittorio Emanuele III, di alcuni esponenti della Real Casa e dei vertici militari, alla volta di Pescara e poi Brindisi. Una fuga vergognosa, all’alba, che lasciò l’esercito italiano e gli apparati dello Stato senza alcuna disposizione. In balìa degli eventi. Anzi, facendo anche peggio. Il generale Mario Roatta, vice Capo di Stato Maggiore (anche lui in fuga), diede sommarie istruzioni sul da farsi al generale Giacomo Carboni, ordinandogli in particolare di disporre affinché due tra le più potenti formazioni militari italiane (la divisione corazzata Ariete e la divisione motorizzata Piave) poste a difesa della capitale abbandonassero la difesa di Roma e fossero invece disposte, di fatto, a difesa della via di fuga scelta dal Re, la via Tiburtina…

La mancata difesa di Roma rimane una pagina nera della storia dei Savoia (non la sola a dire il vero).

I tedeschi attaccarono subito a Roma e altrove i reparti italiani, prima loro alleati, adesso “traditori”. A causa dell’assenza di un piano organico per la difesa della città e di una conduzione coordinata della resistenza militare all’occupazione tedesca, nonché della contemporanea fuga del Re, della corte, del capo del governo e dei vertici militari, la capitale fu velocemente conquistata dalle truppe tedesche cui si opposero vanamente e in modo disorganizzato le truppe de Regio Esercito e i civili, privi com’erano di ordini coerenti e di collegamenti, lasciando sul campo circa 1.000 caduti. Quello che successe a Cefalonia e in tante atre situazioni è noto.

Oggi, 9 settembre 2022, ricordiamo così quella fuga indegna e lo smarrimento di tanti italiani che da quel giorno di 79 anni fa avrebbero dovuto fare i conti con una occupazione militare feroce, una guerra civile con i partigiani e i soldati italiani (la maggior parte scelse di continuare a combattere, ma dall’altra parte della barricata) a fianco degli Alleati e i fascisti della Repubblica di Salò a fianco dei nazisti, anche nei rastrellamenti, nella rappresaglie, nelle fucilazioni.

Abbiamo scelto questa pagina di Ottiero Ottieri per ricordare l’8 e il 9 settembre del ’43, anche perché tra qualche settimana, a metà ottobre, il Comune di Chiusi, dando corso e attuazione ad una proposta avanzata da Primapagina nel 2018 e anche negli anni successivi, intitolerà al grande scrittore chiusino, morto esattamente 2o anni fa e sepolto a Chiusi, la Biblioteca Comunale. Noi avevamo proposto la tensostruttura, adiacente alla Biblioteca, ma anche la Biblioteca va benissimo, forse anche meglio. Siamo felici che il Comune di Chiusi abbia accolto l’idea.

Ottiero Ottieri è uno degli scrittori che meglio hanno raccontato l’Italia del Boom economico insieme a Bianciardi a Volponi, a Calvino. Come molti suoi coetanei (era nato nel 1924)  dopo avere in gioventù apprezzato il nazionalismo fascista, poi divenne antifascista convinto e militante, scrisse per l’Avanti e per l’Unità. Chiusi renderà omaggio, un omaggio a nostro avviso doveroso, ad un suo figlio illustre, ad uno scrittore e giornalista importante del secondo ‘900.

La letteratura di Ottiero Ottieri è anche memoria. E’ cronaca in presa diretta, si pensi al suo romando “Donnarumma all’assalto”,  dove Donnarumma non è il portiere ex Milan e ora al Paris St. Germain, ma potrebbe essere un suo parente, perché il giocatore è nato a Castellammare di Stabia e il Donnarumma di Ottieri è un operaio che va a cercare lavoro alla Olivetti di Pozzuoli, hinterland napoletano, e non capisce bene tutte le trafile burocratiche cui deve sottostare e per questo ingaggia una sua personalissima resistenza…

Quel libro è un capolavoro che ci racconta come in Italia dopo a Resistenza eroica del ’43-45 c’è stata anche una resistenza quotidiana di persone comuni per affermare il diritto al lavoro e ad una vita dignitosa, che è sancito anche dalla Costituzione, ma del quale spesso ci dimentichiamo…

m.l.

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