CHIUSI: L’IMPIANTO ACEA NON SI FARA’, IL SINDACO LANCIA UNA POSSIBILE ALTERNATIVA

CHIUSI: L’IMPIANTO ACEA NON SI FARA’, IL SINDACO LANCIA UNA POSSIBILE ALTERNATIVA
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RISPOSTE POCO CONVINCENTI AI RILIEVI DEI COMITATI. REGIONE E COMUNE SEMPRE PIU’ CHIARAMENTE VERSO IL NO DEFINITIVO. PROPOSTO AD ACEA UN GRANDE PARCO FOTOVOLTAICO…

CHIUSI – Si è concluso anche il secondo round dell’Inchiesta Pubblica regionale sul progetto Acea. L’Inchiesta pubblica è un “supplemento di indagine, fatto in pubblico, rispetto alla Procedura di VIA (Valutazione Impatto Ambientale), quindi non è la sede decisionale e non poteva, né può prendere decisioni definitive. Ma a questo punto una cosa è certa: l’impianto per il trattamento e la trasformazione dei fanghi di depurazione o carbonizzatore che dir si voglia, non si farà. 

La seduta di ieri ha confermato che ciò che era già emerso nella sessione del 23 novembre. Non ci sono le condizioni per poter procedere. I tecnici di Acea hanno risposto alle domande e ai rilievi critici dei Comitati, ma le risposte non sono state convincenti, non hanno fugato i dubbi, anzi.  Non hanno confutato le accuse di approssimazione della progettazione stessa, nè tantomeno quella sulla non certificata validità della tecnologia Ingelia, che sarebbe alla base del progetto.

Ieri in un teatro Mascagni ancora gremito fino al loggione, si è continuato a discutere per 6 ore sugli aspetti tecnici, apportando nuovi elementi di valutazione, con i comitati che hanno puntigliosamente e puntualmente confutato alcuni aspetti illustrati da Acea e hanno posto sul tavolo, con alcuni avvocati, anche altri elementi non secondari, oltre quelli specifici già affrontati. Tra questi i possibili rischi connessi a malfunzionamenti, incidenti, fermo impianto, black out o a conferimento di materiali non conformi ai protocolli e magari pericolosi, per errore, fatalità o malversazione (tutte cose possibili e spesso accadute purtroppo in Italia; la presenza a tutt’oggi di inquinamento da nichel e antimonio della falda e delle acque superficiali nella zona di Fondovalle (cosa emersa nel 2013 e oggetto di procedimento giudiziari);  la vicinanza dell’impianto proposto alla linea ferroviaria dell’alta velocità, che vi passa sopra in sopraelevata, e che con vibrazioni e scintille potrebbe causare situazioni di rischio… 

Tutte cose pertinenti e rilevanti, così come pertinenti e rilevanti sono stati i rilievi sulle emissioni in atmosfera, sulle acque di processo, sulla qualità e caratteristiche del prodotto finale (il byochar e la frazione liquida), sul traffico dei camion in entrata e in uscita, sull’uso di sostanze chimiche e di acido nitrico in quantità industriale ecc.

Ma tutte cose di fatto superate da alcuni atti precedenti. Da passaggi già agli atti…

In sostanza per 4 ore si è discusso di cose importanti, ma intorno al… nulla.

Perché gran parte delle puntualizzazioni dei comitati tendevano a dimostrare che si trattasse di un impianto chimico e nella fattispecie di un carbonizzatore. E così è. Ma a Chiusi i carbonizzatori, così come i termovalorizzatori, gli inceneritori, le discariche e le industrie che producano emissioni nocive, sono VIETATI da un “atto di governo” deliberato nel giugno del 2018 e recepito nelle norme di piano regolatore nel dicembre 2018. Si è discusso molto in questi mesi anche sulla parola “carbonizzatore”.

Quell’atto, votato dalla maggioranza e dai 5 Stelle (i podemos non parteciparono alla votazione uscendo dall’aula) di fatto ha messo in sicurezza il territorio di Chiusi, dopo la vendita del terreno dell’ex centro carni ad Acea. Tant’è che Acea, capendo di non poter realizzare il progetto proposto, ha chiesto una variante al Prg, in modo da poter trovare una scappatoia, magari nella clausola che consente l’insediamento a quelle aziende che pur essendo insalubri dimostrino di utilizzare la migliore tecnologia possibile per l’abbattimento delle emissioni finanche alla loro totale eliminazione”.

Dalla illustrazione del progetto e dalle risposte fornite alle domande dei comitati, Acea questa certezza non l’ha data. Tutt’altro.

Quindi la Variante non sarà approvata. Il sindaco Bettollini lo ha ribadito, chiaramente, rivendicando quell’atto, e lasciando intendere che, anche volendo, la Variante sarebbe difficilmente approvabile perché la normativa non lo consente in quanto prevede che non si possano approvare varianti il cui oggetto presenta punti controversi e crea forti contrasti sociali nella cittadinanza e nel territorio. Due condizioni che in questo caso ricorrono entrambe.

Abbiamo detto che l’inchiesta pubblica non è sede decisionale e che è solo un “approfondimento” utile a dare alla Regione il massimo degli elementi di valutazione, sia sugli aspetti tecnico-scientifici, che sul clima sociale e politico che la questione ha determinato; che la decisione finale arriverà al termine dell’inchiesta pubblica e dopo che la Conferenza dei Servizi, già convocata per il 19 dicembre, avrà valutato le “integrazioni” al progetto apportate da Acea. Poi ci sarà anche la discussione della variante nel consiglio comunale di Chiusi e il parere del Comune.

Ma come abbiamo scritto in un articolo precedente di venerdì 29 novembre, il giudizio espresso dalla referente della Regione presso la Conferenza dei Servizi, arch. Chiodini suonava già come un de profundis.

Non a caso ieri, alcuni intervenuti a nome dei comitati, ma non solo (Santucci. Lazzeri Contini, Tenti, Marrocchi…) hanno citato quel verbale per dire che il NO è già scritto, di fatto, in un verbale del 31 ottobre.

Lo ripubblichiamo così sarà più chiaro:  “L’Arch. Chiodini (tecnico della Regione, ndr) infine, rileva che alla luce dei pareri e contributi pervenuti e della discussione odierna è emerso che il progetto depositato presenta numerose carenze. Sembra profilarsi un problema di livello minimo di progettazione per il rilascio delle autorizzazioni richieste; mancano una serie di elementi di approfondimento che generalmente rappresentano il presupposto per l’apertura di una Conferenza di Servizi, nel corso della quale devono essere svolte valutazioni e al massimo richiesti chiarimenti di dettaglio. Dà atto che ormai la Conferenza è stata aperta e che la discussione si è incentrata sulla formulazione di richieste di integrazioni. Ritiene che il Proponente debba provvedere a fornire gli approfondimenti richiesti in tempo breve, non più di 20 giorni. In tal caso i lavori della conferenza potrebbero essere aggiornati a una nuova seduta. Tuttavia, qualora nella prossima seduta emergesse ancora la necessità di richiedere ulteriori integrazioni, ritiene che non si potrà dare ulteriore corso al procedimento, mancando i presupposti per l’ammissibilità dell’istanza, a partire dalla qualifica stessa del prodotto. Rileva che si pone anche la questione di non sottrarre nuova documentazione alla consultazione del pubblico; sul punto rileva lo svolgimento dell’inchiesta pubblica nell’ambito della quale potrà essere garantita la partecipazione del pubblico su tutta la documentazione e fissa al 19.12 2019 la nuova seduta della conferenza dei servizi”

Se le integrazioni apportate da Acea non saranno convincenti o sufficienti, la Conferenza dei Servizi non procederà oltre e dichiarerà il progetto inammissibile.

E la stessa cosa ha detto, di nuovo, ieri, il sindaco di Chiusi Bettolini, che si è scusato per alcuni errori di comunicazione e per i toni talvolta sopra le righe, ma ha tenuto il punto rivendicando il fatto che il Comune di Chiusi è l’unico comune del comprensorio ad aver adottato una norma così restrittiva nel proprio strumento urbanistico riguardo agli impianti a rischio. 

Ha dichiarato l’inesistenza di patti o vincoli con Acea relativi alla cessione del terreno, ha ricordato di aver respinto alcune forzature che Acea aveva inserito nella relazione accompagnatoria dell’acquisto e ha anche annunciato che in data 27 novembre l’Amministrazione Comunale di Chiusi ha inviato una lettera ad Acea Ambiente Srl nella quale si invita la società romana a soprassedere al progetto in questione e a utilizzare l’area dell’ex centro carni acquistata per realizzare, in alternativa al carbonizzatore, un impianto più green, ovvero un grande parco fotovoltaico.

A noi di primapagina questo cambio di indirizzo proposto da Bettollini fa piacere, perché quella del Parco Fotovoltaico è una proposta che facemmo proprio noi, su queste colonne nel 2016, all’inizio della campagna elettorale per le amministrative. L’idea aveva come scopo quello di recuperare e rimettere in produzione l’area dismessa dell’ex centro carni, creare un polo energetico che potesse fornire corrente elettrica alla zona industriale e non solo, evitare consumo ulteriore di suolo agricolo…

Certo, oggi, rispetto al 2016 non ci sono più i contributi pubblici per il fotovoltaico, quindi le condizioni e la remuneratività sono diverse, ma una cosa del genere potrebbe essere una soluzione anche per Acea (che non lascerebbe inutilizzato l’investimento fatto sul terreno) e potrebbe trovare così una via d’uscita onorevole da una vicenda sicuramente l’ha messa in difficoltà dal punto di vista del’immagine se non altro.  Potrebbe essere inoltre una battaglia da fare tutti insieme, Comuni limitrofi e comitati compresi, se l’obiettivo è davvero quello di fare cose ‘green’ che non deturpino il territorio e non creino situazioni di rischio o di penalizzazione delle attività esistenti e delle vocazioni del territorio. Chiaro che la proposta alternativa, inviata in via ufficiale, chiude di fatto ad ogni possibilità di ripensamento sul carbonizzatore.

Vedremo se Acea valuterà la proposta e se su questo Bettollini troverà alleati tra i sindaci, le imprese, gli esteti del paesaggio ecc…

Da notare che la PEC inviata dal Comune ad Acea con questa proposta sia precedente alla stessa sortita del consigliere regionale Scaramelli, che dal salotto di casa si era anche lui appellato ad Acea perché facesse un passo indietro ritirando il progetto… Quantomeno Scaramelli è arrivato secondo.

Quanto ad Acea, non sappiamo se le convenga tiare la corda fino in fondo e farsi bocciare il progetto da Regione e Comune. Perché questo sarà ciò che avverrà. Sono cose che fanno curriculum, come si dice… Ma in negativo.

Già la situazione ambientale per la società romana non è favorevole. Intervenendo ieri, a nome dei Comitati Romano Romanini ha gridato, senza giri di parole che i Comitati sarebbero contrari anche ud un impianto più piccolo o medio, come sono contrari a quello proposto, perché si tratta di un impianto chimico e perché  – ha detto rivolto ad Acea – “non ci fidiamo di voi!”

La questione insomma a questo punto non è solo quella delle emissioni, cioè se l’impianto proposto inquina o non inquina e se inquina quanto inquina, ma della percezione di essere di fronte ad una tecnologia dubbia brevettata da una società (Ingelia) con gambe molto fragili, ad un’altra società piuttosto approssimativa (Acea Ambiente)  e ad un progetto (quello presentato da Acea Ambiente)  “fallace”, cioè pieno di falle, di buchi neri, di quesiti irrisolti, molti dei quali rimarcati e sottolineati non solo dai Comitati, ma anche e soprattutto da Arpat e dai 16 enti preposti ai pareri istruttori…

Non a caso anche le osservazioni di Arpat (pubblicate anche quelle nel nostro articolo di venerdì 29) sono state più volte citate ieri dagli esponenti dei comitati come metro di “misura” delle  falle e carenze progettuali.

Qualcuno nel corso dell’audizione ha espresso giudizi pesanti sull’Amministrazione chiusina, il capogruppo cetonese di minoranza Niccolucci (facendo un po’ di campagna elettorale) ha invitato il sindaco Bettollini a dimettersi; il sindaco di Cetona Cottini, invece ha espresso disappunto per il fatto che il Comune di Cetona non è stato formalmente coinvolto nel procedimento dalla Regione Toscana, ma non ha puntato il dito contro Bettollini e l’amministrazione di Chiusi, e non per spirito di corpo o di partito, perché in altre occasioni lo ha fatto. Anche altri amministratori presenti in sala, nei commenti a latere, fuori onda diciamo, hanno dato l’impressione di apprezzare gli atti messi in campo dal Comune di Chiusi a tutela del territorio.

Perché sebbene Bettollini & C. fossero tendenzialmente favorevoli al progetto Acea in quanto sembrava potesse risolvere più problemi (quello generale dello smaltimento fanghi, quello della sistemazione dell’area ex centro carni e dell’adeguamento del depuratore esistente), si sono tenuti aperte delle vie di fuga (“se c’è il minimo dubbio non si approva”), non hanno fatto sconti nelle osservazioni e prescrizioni e si sono tutelati, tutelando anche il territorio con una norma di salvaguardia come quella che vieta impianti a rischio.

Questo è avvenuto.  E se l’impianto proposto da Acea non si farà sarà anche grazie a quelle norme inserite nel piano urbanistico di Chiusi. Non solo per la sollevazione popolare. Poi che per l’amministrazione questa vicenda sia stata e sia tutt’ora uno scoglio non facile da lasciarsi alle spalle è indubbio.

A proposito della Variante al Prg che potrebbe mettere la parola fine e la pietra tombale su questa storia, Romanini ha ricordato che il Comitato Aria ha presentato una osservazione alla stessa nella quale si chiede di vietare tutte le attività insalubri di prima e seconda classe, in modo da non trovarsi più di fronte a casi come questo di Acea. Tale osservazione, come le altre, non è ancora stata discussa. Ma ci viene un dubbio: come può un comune vietare tutte le attività insalubri? Essendo classificate attività insalubri anche le lavanderie, la carrozzerie, le officine meccaniche, le falegnamerie, le stalle, le scuderie, le friggitorie, i depuratori… Servirà forse una formulazione più circostanziata e precisa. Magari attraverso un confronto sul tema. E in ogni caso il confronto non potrà terminare con la chiusura della questione carbonizzatore. Perché alcuni nodi restano sul tappeto: il depuratore attuale, la bonifica dell’area, il problema di come smaltire i fanghi di depurazione, le politiche industriali rispetto al territorio…

I Comitati, che hanno fatto un grande lavoro e hanno vinto il confronto con Acea, hanno di fronte una grande occasione. 

Alla fine comunque nel paese di mezzo, in mezzo alle terre di mezzo, l’ambasciatore venuto da Roma a proporre un sistema per  trasformare la merda in un prodotti da vendere dovrà accontentarsi di aver comprato un terreno. I cittadini, riuniti in comitati e confraternite contrarie a quella soluzione fanno festa, hanno vinto la loro battaglia; il Capitano del Popolo ha parlato a lungo con l’ambasciatore, ma alla fine ha detto che non ci sono le condizioni per procedere e che lo statuto del Paese di Mezzo non consente certe operazioni e lo Statuto non si cambia; il Consiglio della Contea prima ha posto una serie infinita di eccezioni, poi ha detto che la proposta dell’ambasciatore è addirittura inammissibile. Si è discusso molto nel Paese di Mezzo e in tutte le terre di mezzo, si sono alzate barricate contro quell’aggeggio con 4 camini per trasformare la merda, che l’ambasciatore arrivato da Roma voleva piazzare alle porte del Paese di Mezzo;  il popolo ha riscoperto la voglia di parlare e partecipare alle decisioni come si usava tanto tempo fa (le terre di mezzo erano famose pr questo), salvo accorgersi, alla fine delle discussioni, che certi aggeggi nel Paese di Mezzo il consiglio del Capitano del popolo li aveva già vietati per statuto.

Il 6 dicembre, si terrà una nuova udienza generale alla presenza dell’ambasciatore romano, del capitano del Popolo, dei comitati e delle confraternite dei cittadini, dei capitani del popolo dei castelli viciniori, ognuno coi suoi scribani, architetti, geografi, e ingegneri. Ma sarà solo per gli auguri di Natale.

m.l.

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