INCHIESTA PUBBLICA: ACEA FA AUTOGOL E PERDE IL PRIMO ROUND. BETTOLLINI ANNUNCIA DI FATTO LO STOP E IL DIETROFRONT

sabato 23rd, novembre 2019 / 23:09
INCHIESTA PUBBLICA:  ACEA FA AUTOGOL E PERDE IL PRIMO ROUND. BETTOLLINI ANNUNCIA DI FATTO LO STOP E IL DIETROFRONT
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A QUESTO PUNTO E’ MOLTO DIFFICILE CHE L’IMPIANTO POSSA OTTENERE L’OK: TUTTI GLI ENTI PREPOSTI AI PARERI HANNO EVIDENZIATO CARENZE E LACUNE PROGETTUALI

CHIUSI – Si è tenuto oggi pomeriggio in un teatro Mascagni gremito fino al loggione il primo round vero dell’Inchiesta Pubblica promossa della Regione Toscana sul progetto Acea.

E lo hanno vinto i comitati. O meglio lo ha perso Acea, che era partita pure bene facendo un ragionamento sulla green economy, sulla sostenibilità, l’economia circolare, sul fatto che i rifiuti e anche i fanghi esistono e in qualche modo vanno trattati e smaltiti, sul fatto che in Toscana i fanghi non si possono più smaltire spargendoli nei campi e altre cose del genere, ma anche sulla mission aziendale di Acea… Poi però ha fatto un autogol, clamoroso. Di quelli alla Niccolai.

Nell’illustrare il progetto con delle diapositive, ha mostrato un rendering dell’impianto che vuole realizzare a Chiusi in cui non compaiono camini. E invece secondo l’analisi fatta da uno degli esperti del Comitato, di camini ce ne sarebbero 4, cosa peraltro detta anche da uno del tecnici di Acea (ing. Martino) nella sua relazione. Senza però indicarli nei disegni.

Anche se quei camini non si riferiscono ai “reattori”,  cioè agli 8 “pentoloni” nei quali avviene il processo di trattamento dei fanghi, ma alla caldaia e a un cogeneratore che servono per portare a temperatura aria e acqua usati nel processo produttivo e all’area di pellettizzazione (essiccazione) del prodotto in uscita, solo il fatto di averli “occultati” dai disegni, ha dato l’impressione che Acea volesse nascondere qualcosa. E che finora ha detto cose non vere.

Dalle relazioni dei tecnici di Acea e anche dalle controrelazioni del Comitato affidate all’ing Augusto Bazzocchi e all’ing. Luca Marrocchi, oltre che ad una “premessa” di Romano Romanini, non si è ancora capito bene se l’impianto proposto inquina oppure no. Se produrrebbe emissioni nocive oppure no. Neanche se finirebbe lì, con il cosiddetto carbonizzatore, dato che la  multiutility romana ha acquistato un’area di 8 ettari, ben più vasta di quella che utilizzerà per l’impianto in questione.

Ma tutti gli aspetti tecnici a questo punto passano in secondo piano rispetto ad una presentazione oggettivamente lacunosa da parte della ditta proponente. E già prima dell’autogol della mancata indicazione dei camini, messo in evidenza dall’ing. Marrocchi, che l’impianto proposto da Acea fosse una cosa non del tutto chiara e che presentasse molti punti controversi e che in sostanza il progetto fosse lacunoso si era capito da un passaggio cui la platea ha forse prestato poca attenzione. Cioè dalla lettura da parte del presidente dell’inchiesta Alessandro Franchi, dei pareri dei vari enti chiamati a rilasciarli, dalla Regione al Comune, dall’Arpat alla Provincia, dalla Soprintendenza ai Vigili del Fuoco, dalla Asl ai ministeri delle politiche agricole e dei beni culturali…

Non c’è stato un ente uno che non abbia rilevato delle carenze progettuali, o abbia indicato prescrizioni, in alcuni casi corpose e stringenti. Chi nelle settimane scorse non ha perso occasione per dire che della Regione e del Comune, ma anche di Arpat, Asl ecc, non ci si può fidare, è stato smentito. Le istituzioni preposte ai pareri in questo caso si sono dimostrate per nulla accondiscendenti o accomodanti. Dimostrando anche che la tutela dei cittadini e dell’ambiente avviene nelle sedi deputate, non solo nelle assemblee dei comitati.

L’esposizione di tali pareri fatta dal presidente Franchi è risultata per forza di cose un po’ burocratica (“soporifera” l’ha definita Romanini, che nel suo intervento a nome dei comitati ha ripreso il parere dell’Arpat, Agenzia regionale per la Protezione Ambientale della Toscana, ne quale si definisce l’impianto proposto “sperimentale”), ma quella sfilza infinita di rilievi e prescrizioni suonava più forte di un semplice campanello d’allarme. Nessun ente ha detto “va bene così”.

Come ha spiegato il presidente Franchi, i pareri risalgono ai mesi passati, gli ultimi a circa 2 mesi fa, è possibile che Acea nel frattempo abbia apportato delle modifiche e integrazioni e abbia risposto ad alcune prescrizioni, ma resta il fatto che il progetto così come è stato presentato nessun ente preposto lo ha “validato”.  Così come nessun ente qualificato (Università italiane o straniere) avrebbe validato la tecnologia Ingelia, che sarebbe quella utilizzata da Acea nell’impianto da realizzare a Chiusi.

Il sindaco Bettollini, fatto oggetto di critiche palesi dalla platea per aver sostenuto anche in tv che l’impianto non presentava camini e per non aver coinvolto la popolazione e gli esperti prima di cedere il terreno ad Acea, alla fine è intervenuto e forse quelli che urlavano non se ne sono accorti, ma ha di fatto dichiarato e innestato in diretta la retromarcia. Non solo si è detto senza mezzi termini deluso dall’esposizione lacunosa di Acea. ma ha gettato sul tavolo quella che sembra essere una vera e propria exit strategy.

Bettollini ha infatti ricordato che per essere approvato e per andare avanti il progetto Acea necessita di una variante al Piano Regolatore (richiesta da Acea) e una variante al Prg l’approva il consiglio comunale, non il sindaco da solo, ma non si può approvare se il progetto per cui si richiede la variante scatena forti contrasti sociali e presenta aspetti controversi…  Insomma ha fatto capire ad una platea che ha cominciato ad alzarsi mentre parlava (cosa poco elegante) che quella variante potrebbe non essere approvata.  E probabilmente non sarà approvata. Per carenze e dubbi sul progetto, perché Acea ha dimostrato una certa approssimazione, ma anche per scelta politica: perché il progetto crea tensioni sociali e contro la volontà della popolazione non si governa.

Sabato prossimo, 30 novembre, ci sarà il secondo round, e qualcuno ha chiesto che ci sia anche un terzo, per dar modo a tutti di intervenire, ma l’impressione a caldo, alla fine della seduta  di oggi, è che – come dicono a Miss Italia – la vicenda Acea, a Chiusi finisce qui. Non ci sarà bisogno di un referendum come ventilava qualcuno, né di alzare le barricate dopo le lenzuolate.

L’inchiesta pubblica andrà avanti fino alla fine, Acea avrà modo, come è giusto che sia di fare le proprie controdeduzioni e di spiegare sia l’autogol di cui sopra che altri aspetti poco chiari, i Comitati stessi potranno ulteriormente girare il coltello nella piaga, cercando falle e buchi neri… ma quella di oggi ha tutta l’aria di essere se non una pietra tombale, qualcosa che le somiglia molto. 

E quell’accenno alla delusione per l’esposizione dei tecnci Acea da parte del sindaco è l’epitaffio, vergato con amarezza e rabbia.

Bettollini e l’amministrazione comunale rimarranno probabilmente con il dubbio che il progetto in questione potesse essere una cosa buona, una opportunità per sistemare e bonificare l’area dell’ex centro carni e per mettere mano, finalmente,  al “convitato di pietra” di questa questione che è il depuratore esistente offrendo al contempo una soluzione avanzata al problema di come smaltire i fanghi di depurazione,  ma più che le pressioni dei comitati e dei cittadini e il “linciaggio mediatico” sui social, che certo hanno messo il Comune a dura prova, sono stati la relazione carente (o reticente) da parte di Acea di questo pomeriggio e quella serie di pareri dubbiosi da parte di altri 15 enti a far gettare sul piatto l’ipotesi di uno stop e di un dietrofront. Che alla luce del confronto di oggi appare pressoché inevitabile.

A questo punto, che il progetto possa andare avanti è veramente difficile. Acea è una multiutility, una grande azienda che fa molte cose, non si sa però se sia attrezzata anche per i miracoli.

Marco Lorenzoni

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