MAFIA A CHIANCIANO? TORNA L’ALLARME. NOI NE PARLIAMO DA 30 ANNI…

lunedì 14th, ottobre 2019 / 18:26
MAFIA A CHIANCIANO? TORNA L’ALLARME. NOI NE PARLIAMO DA 30 ANNI…
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CHIUSI – Ieri, domenica 13 ottobre, la “civetta” de La Nazione riportava una notizia inquietante: “Mafia,  Chianciano territorio a rischio riciclaggio” e quella del  Corriere di Siena spiegava che a dare l’allarme era il Questore: “qui la mafia ricicla i soldi”. Insomma la stessa notizia.

Una cosa serissima. Ma… verrebbe da dire: “buongiorno, ben svegliati!” ai colleghi de la Nazione e del Corriere.

Noi della “mafia in Toscana” e in particolare in Valdichiana e più precisamente a Chianciano, su Primapagina ne parliamo dal 1992. Allora c’era ancora il giornale di carta, in bianco e nero. Titolo “la piovra in Toscana”. L’articolo riferiva ciò che il Procuratore generale antimafia Piero Luigi Vigna aveva scritto in una relazione al Parlamento. E cioè che la Toscana, come altre zone dell’Italia, non a  tradizionale insediamento mafioso, stavano diventando terra di conquista. E che le zone più “appetite” dalle cosche erano quelle della costa e le cittadine a più alto tasso di movimento turistico. Come le cittadine termali: Chianciano e Montecatini su tutte. Nel mirino delle cosche alberghi, pensioni e anche aziende agricole, cantine, addirittura interi borghi da trasformare in residence e resort di lusso…

Nella relazione Vigna si parlava di investimenti miliardari (c’era ancora la lira) e di soldi di dubbia provenienza. La responsabile dell’epoca dell’Ufficio Imposte, non ancora Agenzia delle Entrate spiegava che molto spesso  gli alberghi e le attività acquisite da organizzazioni malavitose attraverso aziende di comodo subivano più passaggi di proprietà e per la burocrazia statale era complicato stare dietro e ai continui cambi di gestione… Un modo per far perdere certe tracce e rendere i controlli più faticosi e improbi. Il questore di Siena che adesso rilancia l’allarme, certo non è lo stesso che c’era nel 1992. Non conoscerà le cronache del tempo…

Noi però negli anni, su queste colonne abbiamo continuato a scriverne. Più recentemente, sempre sulla base di dichiarazioni di esponenti delle Forze dell’ordine e magistrati abbiamo parlato dei metodi con cui avviene  l’infiltrazione malavitosa nel territorio (tra l’altro certificata anche da inchieste e arresti) e di un “cambio di strategia”: non più acquisizione di grandi aziende agricole o alberghi, ma attività tipo lavanderie, pizzerie, snack bar. Piccole attività, ma in grado di poter garantire l’emissione di un alto numero di scontrini, anche fasulli. Un sistema per “lavare” denaro sporco e re-immetterlo, lavato e stirato sul mercato. Pagandoci le imposte, piccolo dazio, rispetto alla possibilità di ripulire i proventi da attività malavitose. Sistema usato anche da altre mafie, come quella cinese,a d esempio.  Questo non vuol dire che i negozi cinesi sputati come funghi (ce ne sono 4 o 5 per paese) siano tutti in odore di mafia, ma il sistema sopra descritto, secondo quanto affermato da magistrati e poliziotti, è piuttosto diffuso. Tra l’altro e piccole attività urbane danno meno nell’occhio di un grande albergo o di una grande cantina…

Quando ne parlammo noi, nel 1992, però il mondo politico e istituzionale locale, si inalberò. Più d’uno a cominciare dall’ex sindaco di Chianciano Mario Paccagnini accusò Primapagina di alzare polveroni, di denigrare il territorio, di descrivere la situazione come più cupa di quanto non lo fosse in realtà. Più tardi, su un giornalino di Montepulciano sempre allineato e coperto,  un commentatore ci chiamò “Nuvola nera”, sempre per questo nostro vizio di parlare di cose scomode, di cui era meglio non parlare.  Paccagnini ce lo ritrovammo contro anche quando, sempre negli anni ’90 sollevammo dubbi sull’operazione “Artigianato d’Italia” una mega struttura per mostre e fiere mercato nata e morta a Fabro Scalo. Sull’argomento abbiamo tenuto e organizzato convegni e incontri tematici anche nell’ambito della rassegna Cronache Italiane che si è svolta dal 2007 al 2011 a Città della Pieve.

Adesso, rispetto agli anni ’90 la situazione economica di questo territorio è fortemente mutata. Chianciano non è più…  Chianciano. Gran parte di quelle insegne luminose che d’estate la facevano somigliare a Las Vegas sono spente. Gli alberghi sono più che dimezzati. Le aziende agricole invece sono aumentate e cresciute, il vino è diventato un bel business. Le piccole attività urbane nascono e muoiono a ritmi vertiginosi e questo potrebbe essere anche un indizio su cosa in qualche caso potrebbe esserci dietro. Comunque, ad occhio e croce, Chianciano e la Valdichiana sembrano un territorio meno appetibile di allora, anche per le cosche. Ma se l’allarme torna alla ribalta, evidentemente qualche segnale inquietante c’è.

E adesso  a distanza di quasi 30 anni dal primo articolo e di svariati anni dagli altri successivi anche i quotidiani della provincia tornano sull’argomento scoprendo, con grande enfasi, l’acqua calda. Meglio tardi che mai, sempre. Ma dov’erano la Nazione e il Corriere di Siena  trent’annni fa?

m.l.

 

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