CHIUSI, I LUOGHI PER LA MUSICA E LA CULTURA: CI VORREBBE UNO “SPELUZZICO” TUTTO L’ANNO…
CHIUSI – Diciamolo: a Chiusi Scalo manca, in estate un posto come “Lo Speluzzico”. Ovvero un posto in cui si possa mangiare qualche cosa sfiziosa (che può essere anche un panino col salame se il salame è buono), bere una birra in compagnia e ascoltare un po’ di musica. Che sia il pop da pianista di piano bar del mattatore Stefano Giannotti, capace di spaziare dai Pink Floyd a.. O sole mio, passando per Celentano, De André e Renato Zero, oppure indie rock come quello dei Dudes, o revival come le canzoni anni ’60 dei Rivelati... Tutta roba piacevole da ascoltare. Per lo più made in Chiusi. Ma andrebbero bene anche band e artisti di altre latitudini. Compreso qualche pianista più avvezzo a Chopin o a Listz, magari con violoncellista d’accompagnamento…
Insomma manca un posto in cui potersi ritrovare e passare le serate. A Chiusi città, una funzione del genere potrebbe svolgerla (e in parte già la svolge) il baretto Akuna Matata, davanti al Teatro. Potrebbe farlo anche il Bar Venezia, volendo. O il bar Centrale. A Chiusi Scalo i bar hanno meno spazio a disposizione e quando capita che organizzino serate musicali, l’ambiente è sempre un po’ angusto…
Abbiamo parlato di musica e di band musicali, ma il discorso potrebbe allargarsi a presentazioni di libri, a conversazioni a tema, a letture (reading, le chiamano quelli bravi), anche con sottofondo di musica live…
Sarebbe un modo per vivacizzare le serate, per far uscire la gente di casa, per attrarre qualche visitatore dai paesi limitrofi, ma anche per dare visibilità e occasioni per farsi ascoltare ad artisti della città e del territorio. Cioè per valorizzare il patrimonio culturale locale che non è fatto solo di canopi, tegole, urne cinerarie e arredi sacri…
Certo, si dirà, ma le serate musicali hanno un costo. Per bar, ristoranti, pub e per lo stesso Comune non è semplice coprire quel costo e rendere le serate remunerative. Ma questo discorso è il classico serpente che si morde la coda. La gente è poca, quindi investire anche 300 euro per una serata, può diventare un rischio. Ma la gente è poca perché non ci sono eventi, perché non c’è l’abitudine agli eventi… Ma se le serate musicali o i reading o le presentazioni di libri fossero abituali, se fossero normalità, la gente saprebbe già in partenza che a Chiusi qualcosa trova, che c’è sempre qualcosa di piacevole da ascoltare. E allora sarebbe di più. … Un po’ come succedeva a Liverpool, ma anche a Roma o a Milano negli anni ’60 e ’70.
Anche gli operatori dovrebbero, a nostro parere, considerare l’ingaggio di una band locale non come una semplice spesa, a rischio di essere senza ritorno, ma come un investimento, una opportunità di crescita generale, come possibile moltiplicatore, alla lunga, di presenze. Ma serve tempo, abitudine e consuetudine. Un investimento a medio termine, non a resa immediata.
Il “pubblico” inteso come Comune, Pro Loco o Fondazione Orizzonti potrebbero, tanto per cominciare, allargare il “giro” dei luoghi di spettacolo, utilizzando magari per iniziative minimal, piazzette, angoli suggestivi, ma anche quartieri periferici, ex luoghi di lavoro. Portando cioè la cultura dove meno te l’aspetti, proprio per creare consuetudine..
Chiusi, lo abbiamo scritto tante volte, ha un patrimonio, sotto questo profilo,che non trova riscontri i altri paesi della zona. Ha un “giacimento” che sforna pepite interessanti: teatranti, musicisti, scrittori, giornalisti, fotografi, pittori e scultori…
Quello che servirebbe, dicevamo all’inizio, è un posto in cui ci si possa ritrovare a prescindere da quello che c’è, sapendo che qualcosa c’è… Come è appunto Lo Speluzzico, in queste due settimane di Ruzzi della Conca.
Ma in assenza di un posto del genere la funzione potrebbe essere svolta dai locali privati. Questo per l’estate. E a maggior ragione per l’inverno, che è lungo e grigio.
Una delle cose che rende una comunità più viva, più sveglia, ma anche più coesa, più sensibile è senza dubbio la possibilità e la capacità di ritrovarsi, di parlare vis à vis, occhi negli occhi, e non solo sui social da parte dei cittadini.
Nel caso di Chiusi è la capacità e l’abitudine a mettersi a discutere, anche in pubblico, di una performance di Stefano Giannotti o di Gianni Poliziani, di un disco dei Dudes o dei Bangcock, dell’artista famoso che è venuto al Mascagni o al Lars Rock festival…
Questo luogo però oggi non esiste. Si è parlato tante volte di una sala polivalente, in cui poter fare incontri e conferenze, teatro off, letture, mostre e musica live e prove. Una sorta di centro sociale/culturale. Ma al di là di qualche progetto ventilato e qualche abboccamento, un contenitore del genere a Chiusi non esiste. Non esiste soprattutto allo Scalo, dove molta gente fa fatica anche a frequentare il Teatro Mascagni o la Sala San Francesco nel centro storico…
La risposta del pubblico alle serate proposte dai Ruzzi o in occasione di altri eventi dimostra che il terreno non è del tutto arido come il deserto. Che c’è spazio di manovra.
Ma si può anche andare oltre il semplice ascolto. Si potrebbe disquisire sulla qualità di certe proposte artistiche o del perché, ad esempio, un musicista eclettico, bravo e superprofessionale come Giannotti non abbia finora sentito la necessità, anche personale, di proporre brani suoi e non solo cover… O del perché i giovani preferiscano il Trap e l’Hip Hop al rock e al blues. Se è giusto o no – per dire – che una band votata all’indie rock come i Dudes si “sporchi le mani” con brani di Woody Guthrie, Bob Dylan e Bruce Springsteen come sta facendo nello spettacolo On The Road. Again, che, dopo la “prima” al Mascagni del 24 maggio, il 12 ottobre tornerà in scena a Città della Pieve e poi anche in altri teatri della zona…
Noi pensiamo che Giannotti dovrebbe proporre qualche brano di produzione propria e che i Dudes (o altri) facciano bene a uscire ogni tanto dal recinto che si sono ritagliati per cimentarsi con situazioni diverse. A contaminarsi… Ma è una opinione nostra.
Solo che lo scriviamo qui. Ci piacerebbe parlarne a voce, davanti a una birra o ad un buon bicchiere di vino, sentire altre opinioni, comprese quelle degli interessati…
Pensateci, non sarebbe una città migliore?
m.l.
Analisi e proposte assolutamente condivisibili, spazi che potrebbero esserci, costi limitati, tutto sembrerebbe (e lo sarebbe) molto bello e non difficilissimo, allora perché non avviene? Per arrivare al risultato finale, secondo me bisognerebbe interrogarsi su questo, perché una proposta così viene da una persona, detto con rispetto, che non ha più vent’anni da un pezzo e non da adolescenti o ventenni? Perché non viene da chi amministra il nostro comune, dall’assessorato alla cultura per esempio? Perché a Chiusi l’associazionismo è solo quello istituzionale di contrade, terzieri ecc., che ben vengano, ma perché non si riesce ad andare oltre quei tre o quattro appuntamenti istituzionali di festeggiamenti che hanno successo e muovono tante persone? Ecco, se non si riesce prima a rispondere a questi interrogativi le proposte che fai nell’articolo rimarranno eternamente belle proposte.
Sì, Luca, rimarranno solo belle proposte. Però se non ricordo male quella della sala polivalente per conferenze, mostre, musica e teatro allo Scalo e quella di utilizare altri spazi per eventi di Orizzonti e non solo, erano nel programma prima della Primavera e poi anche dei Podemos. Nel 2012, con Scaramelli da poco insediato lanciammo su primapagina la proposta di tenere “gli stati generali della Cultura” proprio per discutere e approfondire certi temi (compresi quelli contenuti in questo articolo), e nessuno, neanche dalle opposizioni sostenne quella proposta, anzi qualcuno la denigrò pure… Ci vogliamo riprovare? Il problema non è sempre e solo nell’atteggiamento dell’amministrazione e delle associazioni. E’ anche altrove.
Il mio commento non voleva accusare nessuno, non si può continuare eternamente e su tutto a fare la lotta tra maggioranza e opposizioni passate e presenti, le mie considerazioni tendevano a fare una foto di quella che è, a mio avviso, la realtà. Se l’esigenza di quel tipo di spazi ce l’hanno quelli dell’età nostra, e parlo non solo di età anagrafica ma di anzianità di militanza qualche problema di “socialità” c’è. In sostanza se chi governa non sente questo tipo di esigenza, se chi dovrebbe usufruire maggiormente di quegli spazi non ne sente la necessità credo ci sia bisogno di farsi delle domande.
Infatti, le proposte e le considerazioni contenute nel’articolo partono proprio da delle domande che io mi sto facendo da anni. Anche altri se le fanno, Luca, qualcuno cerca anche di trovare delle risposte. Ma il problema è riuscire a fare un ragionamento organico, che tenga conto delle esigenze e al tempo stesso delle risorse, umane e materiali, degli spazi esistenti o “possibili”… Già parlarne però, credo sia utile. E male non fa.