CHIUSI, UN’ALTRA SUPERBAND POST PUNK AL LARS ROCK FEST: DA DETROIT ARRIVANO I PROTOMARTYR
NOTE GRAFFIANTI, VOLUME A PALLA E TESTI POETICI CON TRUMP NEL MIRINO….
CHIUSI – Se a Chiusi uno parla di protomartiri il pensiero non può che andare alla patrona Santa Mustiola e ai suoi compagni di sventura trucidati dai Romani all’alba del Cristianesimo. Ci sono ancora le catacacombe a testimoniare quella lontanissima stagione che durò, per la verità qualche secolo… Ma a luglio, precisamente il 7, al Lars Rock Fest, a Chiusi arriveranno altri “protomartiri”. Siccome arriveranno dall’America saranno Protomartyr… Di mistico hanno poco. Ma in qualche modo sono “profeti” di una rivoluzione pure loro. La rivoluzione musicale del punk. Anzi del post-punk. Che è musica, ma anche rivolta, è suono graffiante e volume a palla, ma anche critica politica e sociale. E teatro d’avanguardia. Sì perché i concerti dei Protomartyr sono sempre qualcosa di più della semplice esecuzione di brani musicali. Il leader, voce e front man del gruppo che viene da Detroit, si chiama Joe Casey ed è un tipo strano. La rivista Internazionale (che tratta di geopolitica, ma non solo) lo descrive così: “Con quella faccia un po’ sconvolta, la giacca da impiegato, la sigaretta in bocca. Sembra uno di quei personaggi che entrano nei bar della provincia statunitense, in posti simili a quelli descritti da Jim Jarmusch in Paterson, e ordinano due o tre birre di seguito, prima di mettersi a inveire contro il governo. L’apparenza inganna, perché in realtà Joe Casey è una rockstar, un poeta e un performer con il gusto dell’assurdo, che mette la sua voce al servizio della musica dei Protomartyr”.
Il nuovo album della band statunitense “Relatives in descent”, è a suo modo un disco politico. “Donald Trump non viene mai citato esplicitamente – scrive Internazionale – ma la sua presenza aleggia fin dal brano d’apertura A private understanding, nel quale Casey canta: I don’t want to hear those vile trumpets anymore (non voglio sentire più quelle trombe schifose). Riferimento biblico a parte, l’assonanza con il cognome del presidente non è un caso”.
Ancora dalla recensione di Internazionale: “Relatives in descent è un disco pieno di pezzi ottimi, arricchiti dai colti riferimenti letterari dei testi di Casey e dalla furia sonora del gruppo: l’ironica e macabra Caitriona, che racconta le riflessioni di una donna dentro la sua tomba, e l’amara e meravigliosa The chuckler, un’ode al quotidiano che si chiude con cupi presagi sul futuro (“Lord i wish there was a better ending for this joke”). La musica dei Protomartyr ricorda il post punk dei Pere Ubu e dei Wire, ma anche il cantautorato di Nick Cave. La band non ha paura di affrontare le grandi questioni: cosa vuol dire essere umani? Cos’è la verità? Cos’è il bene e cos’è il male? La musica buona non è quella che dà le risposte, ma quella che fa le domande giuste”. Questo ha fatto il punk e il post punk a partire dalla metà degli anni ’70. I Protomartyr saranno sul palco del Lars Rock Fest, come dicevamo, il 7 luglio. Segnatevi la data.
E dopo i Wire e The Gang of Four che hanno calcato il palco del Lars Rock Fest nel 2016 e 2017 ecco un’altra superband di un genere in cui la kermesse chiusina si sta specializzando e che evidentemente deve piacere molto al direttore artistico Alessandro Sambucari, all’assessore Micheletti e alla cerchia degli organizzatori che fa capo all’associazione GEC. Del resto di festival di rock tradizionale e blues è pieno il mondo, anche nei dintorni di Chiusi, quindi la scelta del punk e post punk ha senza dubbio una sua originalità. E considerato che si tratta del genere meno politically correct, più dissacrante e antagonista rispetto all’establishment – che sia quello inglese della Tatcher del ’79-80 o l’America di Trump di oggi, poco cambia – è anche un bel segnale, quasi un messaggio politico. Subliminale, magari. Ma non troppo.
m.l.
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