CHIUSI SCALO IERI E OGGI: UN ‘CONCEPT STORE’ AL POSTO DEL VECCHIO CINEMA ANNI ’50

venerdì 10th, novembre 2017 / 18:19
CHIUSI SCALO IERI E OGGI: UN ‘CONCEPT STORE’ AL POSTO DEL VECCHIO CINEMA ANNI ’50
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CHIUSI SCALO – C’è un filmato che circola su facebook e ritrae la vita quotidiana in una normale giornata d’estate a Chiusi. E’ girato in ‘superotto’ negli anni ’60. Direi 1964-65, perché si vedono le scuole medie in costruzione (furono inaugurate nel ’66). Il piazzale della stazione alle 10 e 40 di mattina brulica di persone, sembra Santa Maria Novella o la Stazione Termini. Signore e signorine con l’abitino alla Haudrey Hepburn, suore con la tonaca, anziani corpulenti che cercano un taxi e decine di tassisti, autisti dei pullman, noleggiatori e “conduttori” degli alberghi di Chianciano in fila, ognuno con il cappello con la scritta, pronti a sfidarsi come all’ok corral per accaparrarsi i clienti appena scesi dai treni, che all’epoca erano parecchi. Poi si vedono artigiani a montare insegne in via Leonardo da Vinci, a caricare camioncini o sulla porta del negozio…

Si riconoscono tutti… Alcuni sono ancora al pezzo. Altri no, se ne sono andati, in certi casi anche anzitempo, purtroppo. Poi si vedono via Cassia Aurelia, il campo sportivo realizzato da poco, via Oslavia coi ragazzi che giocano a pallone in strada (uno ero io), il bar Italia pieno di gente (anche di mattina) e la guardia comunale che fa le multe alle auto in sosta vietata davanti al Monte dei Paschi… Ecco, quel filmato realizzato credo dai fotografi Fabre & Giangio, racconta precisamente e meglio di tante parole come era Chiusi e in particolare lo Scalo negli anni del boom. Quando Chiusi era una cittadina pulsante, in crescita tumultuosa e non un dormitorio. Quando il centro era pieno di negozi e botteghe artigiane. Quando cioè non c’erano ancora i supermercati… In Piazza Dante al n.14 oggi c’è per esempio un bel negozio. Sull’insegna c’è scritto “Concept  Store”. Che, secondo wikipedia è “un punto vendita caratterizzato dalla sua completa eterogeneità rispetto all’esperienza tradizionale del negozio, un luogo che invita ad una esperienza di esplorazione e di scoperta da parte del cliente attraverso una pluralità di suggestioni, provenienti sia dalla varietà di prodotti esposti, sia dall’architettura stessa dell’ambiente”. Il negozio vende di tutto, da oggetti e complementi di arredo (mobiletti, orologi, poster, specchi, lampade, tappeti…) ad accessori di abbigliamento, idee regalo, soprammobili, bigiotteria e oggettistica varia. Il tutto in una location un po’ vintage, stile industry.

Per la verità lì, in quel medesimo spazio, negli anni del suddetto filmato non c’era un laboratorio industriale o artigianale, un luogo di produzione. C’era un cinema. Che era collegato e interno ad un bar. Il bar c’è ancora ed attualmente è gestito da dei giovani cinesi. All’epoca era forse il bar più frequentato di Chiusi Scalo. Qualcuno lo definiva il “bar dei compagni” perché lo frequentavano parecchi dei dirigenti e militanti del Pci, che tifavano per l’Urss di Yashin e Cislenko anche contro l’Italia… Nel ’66 io in quel bar ci vidi la finale Inghilterra-Germania dei mondiali, quella del gol non gol di Hurst. Per dire.

Il cinema già non c’era più. Si era trasferito, l’anno prima,  a 200 metri di distanza, in una nuova costruzione, più grande. Ma sempre con lo stesso nome “Cavallino Bianco” (che derivava da un’operetta). Aveva quasi 1.000 posti. Da una trentina d’anni non è più cinema neanche quello. E’ diventato prima cinema-locale a luci rosse, poi “american bar”, con le luci dello stesso colore.

Quello precedente, in piazza Dante, era un cinema angusto, fumoso, ricavato in una specie di garage, proprio dietro al bar. Si entrava dal bar. Quindi la consumazione era praticamente obbligatoria… Come il Bar Italia nel filmato, anche il Cavallino Bianco brulicava di gente, dalla mattina alla sera. Situati a poche decine di metri l’uno dall’altro, i due bar avevano anche un’insegna luminosa verticale identica: una rossa (il Cavallino Bianco) e una gialla (il bar Italia). E quelle due insegne sono ancora al loro posto, retaggio e testimonianza autentica di quei tempi e dei fasti che oggi sono solo un ricordo.

Il bel negozio di Piazza Dante 14 è gestito da una signora che è tornata a Chiusi dopo aver vissuto fuori per un bel po’ di tempo. Ma anche per lei si tratta di un ritorno alle origini, perché è la figlia di due gestori del bar Cavallino Bianco, negli anni ’70 e ’80.  Prima ce ne erano stati altri, dopo di loro altri ancora. Si chiama Patrizia Camilloni e diciamo che ha voluto riannodare un filo. Di memoria familiare, ma anche di memoria collettiva. Perché quel luogo è un luogo delle memoria collettiva di Chiusi Scalo che è tornato a nuova vita. Con altre spoglie, ma è tornato in qualche modo a pulsare. A produrre sensazioni, oltre che reddito.

Nel tempo quel locale ha ospitato anche una sala giochi che ha visto il passaggio epocale dal flipper alle slot machines, ai giochi elettronici…  Durante la guerra e negli anni immediatamente successivi era una rimessa per auto a noleggio.

Il concept store attuale si chiama proprio “Piazza Dante 14”, che è esattamente l’indirizzo e non è solo un bel negozio. Bello a vedersi e bello da visitare, con bella roba da acquistare. Per la titolare probabilmente è una scommessa. Per Chiusi Scalo è un’idea. Magari da replicare. Come idea, non necessariamente come categoria merceologica.

E uno sguardo a come eravamo, a quegli anni tumultuosi del boom, non è solo uno sguardo rivolto al passato, un sussulto di nostalgia. Può essere una chiave di lettura per fare un passo avanti. Ripensare a come era Chiusi Scalo nel ’65, a quella vitalità, all’inventiva che ebbero allora molti commercianti e artigiani può aiutare a ripensare, a ridisegnare Chiusi Scalo da qui ai prossimi 10-15 anni… La situazione economica generale non è tale da far sognare chissà quali decolli. Ma iniziative e scommesse come quelle del ‘concept store Piazza Dante 14’, andrebbero incorniciate.

Marco Lorenzoni

 

 

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