FABRO: “RIDATECI QUEL CIPPO!”

giovedì 22nd, dicembre 2016 / 11:32
FABRO: “RIDATECI QUEL CIPPO!”
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FABRO –  C’è un cippo di epoca romana nell’atrio del Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto. Ma non c’è neanche un cartello, una didascalia, che spieghi cosa sia. Leggendo l’iscrizione in latino ci si può arrivare. Ma non proprio facilmente. E’ un cippo stradale e risale al 108 d.C. Segna il 17esimo miglio della via Traiana Nova. Una strada fatta costruire all’epoca dall’imperatore Traiano per collegare Volsinii Novi, l’odierna Bolsena, ai confini della città di Clusium (Chiusi). Praticamente finiva a Fabro, dove il cippo in questione è stato rinvenuto nel 1925.

La strada voluta da Traiano era una breve arteria di soli 17 miglia e serviva per alleggerire il traffico sulla Via Cassia, che in quel tratto era già particolarmente deteriorata, accorciandone il percorso e bypassando la rupe di Orvieto. La sua realizzazione fu affidata a Platorio Nepote.

La Traiana Nova, nascendo a Bolsena, si dirigeva verso Nord attraversando i territori di Castel Giorgio, Castel Viscardo, Allerona e Fabro, la Cassia, invece, dirigendosi verso Orvieto, transitava a mezza costa nel territorio di Ficulle.

Il tracciato è noto grazie ai rinvenimenti di tratti di basolato nel territorio di Bolsena e nella piana di Castel Giorgio e da tre cippi miliari rinvenuti tra Allerona e Fabro. I due cippi del territorio alleronese rinvenuti nel 1912 e nel 1961, hanno la numerazione XIII, mentre quello rivenuto in località  Polvento, tra i comuni di Fabro e Ficulle, porta il numero XVII. cippo-fabroL’iscrizione recita:

“IMP.CAES./DIVI NERVAE F./ NERVA TRAIANUS/ AUG. GERM. DACIC./ PONT.MAX. TRIB. P. XII/ IMP. VI CO.S. V P P/ VIAM NOVAM TRAIAN. A VOLSINI AD FINES/ CLUSINORUM FECIT/ XVII”

“A VOLSINI AD FINES CLUSINORUM”, cioè da Bolsena ai confini di Chiusi… La strada, infatti non conduceva a Chiusi città, ma ai suoi confini.

Con un battage sui social media, alcuni cittadini fabresi tra cui l’ex consigliere comunale Walter Moretti, hanno lanciato una campagna affinché il cippo venga restituito a Fabro, per essere esposto inizialmente nell’atrio del Comune, con apposito cartello di spiegazione, poi magari trovandogli una sistemazione migliore. Per esempio un museo dell’alto Orvietano, in cui raccogliere i reperti custoditi ad Orvieto (e non solo ad Orvieto), ma spesso in modo poco valorizzato.

Insomma il cippo della Traina Nova come primo passo per “ricostruire e valorizzare”  la storia e l’identità di un territorio. Se i reperti fossero in bella vista e in luoghi frequentati da visitatori e turisti, quindi ben valorizzati, la richiesta e la battaglia dei cittadini fabresi avrebbe poco senso (come se Chiusi richiedesse la restituzione del  Vaso Francois, che a Firenze viene ammirato mille volte di più…), ma siccome spesso, come dicevamo, la sistemazione di tali reperti è solo conservativa, in luoghi che non li valorizzano, perché magari ce ne sono molti altri più importanti, la battaglia un senso ce l’ha. Per Fabro e dintorni anche solo quel cippo potrebbe essere una testimonianza del passato da tenere come un “tesoro”.

g.l.

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