IL FESTIVAL DIAFRAMMI CHIUSI: QUANDO LA FOTOGRAFIA RACCONTA UN SACCO DI COSE
CHIUSI – Si è concluso ieri il primo dei due week end del Photography Festival “Diaframmi Chiusi“. Il secondo sarà dal 1° al 4 maggio… Certo il tempo incerto e la pioggia non hanno aiutato l’evento, che in ogni caso un qualche interesse lo ha destato. Chiusi si è scoperta, per esempio, patria di fotografi bravi. Magari non lo sospettava nemmeno. E poi è sempre un fatto positivo e interessante quando a dare il via a nuove iniziative, che si prefiggono l’obiettivo di ripetersi e durare nel tempo, sono dei giovani. Vuol dire che c’è vitalità. Che non tutto è appiattito, annacquato, cancellato dalla “mano di bianco” che ha coperto la politica come la scena culturale in questi ultimi 20 anni…
Per chi ama la fotografia, come mezzo di divulgazione e conoscenza, e pure di denuncia se vogliamo, ma anche come strumento espressivo e artistico, il festival chiusino organizzato dal fotoclub “I flashati” in collaborazione con il Comune e la Pro Loco, offre un bel po’ di materiale da vedere e su cui riflettere. Piacere per gli occhi, stimolo per la mente e il pensiero.
Non c’è un tema, un filo conduttore e questo può apparire un limite: la mancanza di un “richiamo specifico”. Ma sono gli stessi organizzatori a spiegarne il motivo: “Il tema generale della prima edizione è volutamente libero, ciò per offrire ai visitatori una più ampia panoramica di contenuti, stili e tematiche, descritte attraverso ‘la fotografia’ che incarna, come ‘mezzo’, il vero tema del Festival e si afferma potente strumento di conoscenza e di approfondimento”. Così c’è scritto nei manifesti e depliant di presentazione della rassegna. Si può essere d’accordo o meno. Ma il concetto è chiaro. E allora spazio ai soggetti più disparati…
Nella saletta del teatro, si può visitare la monumentale mostra dell’archivio “The Face of Asia” di Carlo Sacco che propone oltre a macchine fotografiche antiche e moderne e oggetti vari attinenti l’attività del fotogarfo, una mole impressionante di scatti dello stesso Sacco (reportage da India, Cambogia, Vietnam, Mozambico, ma anche foto realizzate durante manifestazioni politiche, concerti rock, gare di Formula 1 negli anni ’60 e ’70, insieme a materiale, appunto d’archivio… comprese foto storiche e di viaggio dei primi del ‘900, libri, carte militari, lastre…
Nel locale che funge da quartier generale della manifestazione, in via Porsenna, Iuri Camilloni espone foto del “popolo della Savana”
Nei locali ex Despar, in via Lavinia il gruppo Flashati propone un esperimento: decine di chiusini messi a nudo e fotografati mentre ascoltano qualcosa in cuffia (rumori, musica, discorsi…). Un tentativo ben riuscito di fotografare le emozioni, non solo i volti.
A pochi metri di distanza, nella Taverna del Terziere Sant’Angelo, tre proposte diverse: gli scatti intimisti di Claudia Morganti, i volti rubati al passato di Mascia Massarelli e i giochi d’acqua di Piero Scaccini… Nessun nesso tra l’una e l’altra, ma la “mano” c’è in tutti e tre i casi.
Tra Chiostro di San Francesco e Casa della Cultura (ex scuole elementari) le proposte sono molteplici. Ci sono gli scatti coraggiosi e duri di Marco Burchielli in uno slum di Los Angeles, quelli di Carlo Pellegrini su Buda e Pest, gli American dreamers di Emiliano Migliorucci… Ci sono la cupezza del’ex manicomio di Volterra (foto di Marco Salvadori), l’intreccio tra foto e la poesia di Cristian Angeli, la Valdorcia e la Valdichiana di Loriano Masini…
A Chiusi Scalo, Tiziana Marinelli, combattendo con le bizze del meteo, ha proposto in via Leonardo da Vinci, all’aperto, una bella rassegna dei “Scatti d’epoca” (locali e non locali) con la possibilità di farsi fotografare in versione belle epoque…
Insomma un’offerta ampia. Una panoramica sulle potenzialità e sulle professionalità presenti nel territorio, il tutto accompagnato anche da workshop, lezioni, conferenze, racconti, degustazioni, aperitivi, compresa la presentazione di un libro che è esso stesso una “fotografia raccontata” (così si legge nella locandina) degli anni di piombo a Chiusi e dintorni…
Il tutto andrà avanti dal 1° al 4 maggio, sperando in un Giove Pluvio più clemente. Questa in corso è la prima edizione e come tutte le prime edizioni si può considerare una sorta di numero zero. Per le edizioni future, i Flashati & C. dovranno forse pensare a un tema specifico, intorno al quale far ruotare tutto il resto. Magari a qualche presenza di richiamo nazionale… E dovranno coinvolgere di più, nelle location delle mostre, anche Chiusi Scalo, altrimenti il rischio è che , come spesso accade, la gran parte della cittadinanza resti esclusa, assente, indifferente.
I giovani organizzatori hanno fatto – e dimostrato che si può fare – un buon lavoro. La partenza è buona, la stoffa c’è, la fantasia pure. Il festival può crescere e crescerà. Non basterà però mettere in mostra le qualità tecniche degli autori… Servirà qualcosa in più. Servirà tirar fuori l’anima dalle cose. E quello solo i poeti, i grandi scrittori e i fotografi lo possono fare. E allora se dovessimo dare un consiglio diremmo: ragazzi, guardatevi intorno, puntate gli obiettivi e scatenate l’inferno…
m.l.
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Sicuramente l’iniziativa è migliorabile ma per essere la prima prevalgono senz’altro gli aspetti positivi. Anch’io penso che sia necessario un “filo conduttore” e un maggior coinvolgimento dello scalo e, perchè no?, anche delle altre frazioni.
Complimenti ai giovani organizzatori.
I festival della fotografia a Foiano ed a Cortona sono nati perchè vi sono assessori sensibili a queste manifestazioni.Sono le persone che fanno la differenza.C’è sempre un inizio a tutto ma la cosa si deve incanalare con un sostegno pubblico.Senza di quello i privati ed i singoli appassionati possono fare ben poco anche se sono bravi e questi ragazzi e ragazze bravi lo sono.Mi hanno meravigliato per la loro dedizione e per la loro volontà.Non facciamoci ad ogni piè sospinto circuire da strutture che poi andrebbero a vantaggio della politica e dei partiti poichè come sempre loro sono pronti a metterci il loro ”bollino”, e questo non va bene. Lo sforzo deve essere fra le persone, concertato, realizzato con lavoro continuo. Il compito dell’apparato pubblico per iniziative del genere è quello di mettere a disposizione gratuita le risorse esistenti, senza intermezzo di nessuno, e si chiede che il minimo ”ragionevole”
in tema di fruizione degli spazi-che debbono essere decenti-venga assicurato.Spesso i luoghi belli e prestigiosi non sono altrettanto belli e prestigiosi per quanto riguarda il mantenimento delle strutture come intonaci, scale,muri.Proprio perchè uno spazio è pubblico andrebbe per questo a maggior ragione salvaguardato e curata maggiormente la funzionalità e si dovrebbe essere attenti a scongiurarne il degrado.
Al festival di Chiusi mi pare che tutto ciò sia stato assicurato: uso di spazi e locali pubblici più che “decenti” e ben tenuti, come la Casa della Cultura, il Chiostro e la saletta del Teatro; sostegno e patrocinio del Comune che, immagino voglia dire “gratuità” della fruizione e contributo alle spese… Se mai, come scritto nell’articolo e come ha anche rilevato Luciano, sarà necessario un maggior coinvolgimento di tutta la città, anche lo Scalo quindi e le altre frazioni (la fotografia si presta più di altre cose ad allargare le location…), così come servirà dare al festival un “filo conduttore”, un tema che di volta in volta possa da solo fare da richiamo per gli autori e per i visitatori. Servirà forse anche un po’ di coraggio in più nella proposta. Faccio un esempio: nel 2010 al Forum Cronache Italiane organizzato da Primapagina proponemmo due mostre fotografiche, una sui “graffiti” (le scritte sui muri) e una intitolata “Pezzi d’Italia, Italia a pezzi” sulle bellezze del territorio e gli scempi e le ferite inferte ad esso dal cemento, dall’incuria, dal degrado. Furono ritenute interessanti, da chi le vide. Ma erano realizzate con materiale d’archivio e foto da giornale (perché trattandosi di Festival giornalistico, l’intento era solo quello di “documentare”), se avessimo avuto la “qualità” dei Flashati e degli altri autori del festival Diaframmi Chiusi, quelle due mostre avrebbero avuto altro valore tecnico e probabilmente un impatto maggiore.
E’ vero Marco e per questo posso solo ringraziare per quanto mi riguarda chi ha concesso la fruizione gratuita dei locali della saletta del teatro che credo sia la Fondazione Orizzonti alla quale si sono rivolti i flashati per averne la disponibilità.Questo però non esime da notare che spesso le strutture siano tenute e condotte in modo penoso ed il chè non vuol dire che uno sputi sul piatto dove mangi poichè l’hanno concessa a me in questo caso, ma la stessa regola vale per tutti, da chi la usa per le riunioni, a chi la usa per altre destinazioni..Dal momento che una imbiancatura del locale non credo possa costare molto insieme ad una rintonacatura del chiostro
di San Francesco comparata a quelli che possano essere i costi destinati ai campi sportivi ed ad altro.Non si chiede la luna ma una ”decenza funzionale”.Parlavo di abbandono prima.Un piccolo esempio: durante questi giorni di pioggia è rimasto aperto il lucernaio sul pianerottolo per esempio ed è piovuto dentro le scale bagnando le sedie accatastate ed i contenitori che avevo portato per careggiare le foto. Niente di che, ma un piccolo esempio della disavvedutaggine. Chi amministra, di questo si deve rendere conto e prendersene la responsabilità perchè comunque le energie economiche che ricevono sono fondi pubblici quindi soldi di tutti. Non è per fare una polemica su tutto e personalmente sarei stufo di dover apparire e rimbrottare ad ogni occasione.Io dico solo una cosa e la dico senza ombra di dover apparire critico perchè oggi una delle prime cose è la ”decenza degli ambienti”. Siamo a Chiusi che non è nè Firenze nè Roma o Bologna e perciò questi piccoli gioielli locali andrebbero curati meglio.Se non lo sono lo si deve alle persone poichè il ”primo impatto” all’occhio del fruitore e del visitatore è quello che conta.A casa mia se piove io chiudo la finestra perchè il pavimento sò che si bagna e lo spazio pubblico deve essere curato ancor con più attenzione proprio perchè impiega soldi di tutti..Talvolta basterebbe poco per far diventare ”normale”una situazione, ed essere critico sulle cose che uno vede che non vanno porta solo a far meglio.
Non conoscevo l’episodio del lucernario aperto.. E non voglio certo ergermi a difensore d’ufficio del Comune, figuriamoci. Però, mi pare, che a Chiusi le strutture pubbliche per manifestazioni, rassegne ecc. siano nel complesso tenute bene e curate. Tra l’altro, alcune sono affidate alla gestione di appositi soggetti. Il teatro, la saletta, il Chiostro, la sala San Francesco, la Casa della Cultura, la taverna Sant’Angelo… non mi sembrano in “stato di degrado” (salvo singoli episodi particolari come quello del lucernario). Se mai una riflessione, credo debba essere aperta sulle possibilità di fruizione di tali spazi, tutti, compreso il Teatro, e sulla necessità di strutture del genere anche a Chiusi Scalo dove non esiste nemmeno una sala pubblica, se non quella piuttosto fuori mano e “nascosta” presso la Palestra delle Elementari. E si può anche discutere su come tali strutture vengono utilizzate, sulle proposte cuturali che il Comune e gli enti preposti (la Fondazione Orizzonti per esempio) portano avanti, ma questo è un altro discorso.Un episodio increscioso, come quello del lucernario lasciato aperto, può denotare un senso di disattenzione, e fai bene a segnalarlo, ma non può generare un giudizio complessivamente negativo. Non credo che sia la manutenzione dei contenitori culturali (che a mio avviso è sufficiente) il problema principale. Se mai è la quantità e la qualità dei contenuti, la promozione, l’uso che se ne fa. Ma anche questo è un altro discorso. Da farsi in altra sede. Non a caso nel 2012 proprio come Primapagina lanciammo l’idea di convocare gli “Stati generali della cultura” per fare il punto sulle risorse umane e materiali e su come renderle produttive… Credo che quella proposta sia ancora valida. Se qualcuno ne vuol riparlare…