IL PD SI STA DISSOLVENDO. E IL M5S VUOL PRENDERSI LE SPOGLIE… CHI RAPPRESENTERA’ IL CAMPO PROGRESSISTA ALLE ELEZIONI D’AUTUNNO?
E COSA FARA’ BETTOLLINI A CHIUSI, SE IL PD DOVESSE SPARIRE?
CHIUSI – Le dimissioni di Zingaretti da segretario nazionale del Pd hanno scoperchiato la pentola che già perdeva acqua da tutte le parti… E più che in mezzo al guado, adesso il Pd sembra avviato alla dissoluzione. Sono in tanti a dire che così com’è non è un partito presentabile. Anzi non è neanche un partito, ma un’accozzaglia di correnti in guerra tra loro, ostaggio addirittura di una corrente che fa capo al leader di un altro partito. Roba da manicomio.
C’è chi sostiene che Zingaretti abbia fatto un passo indietro, per poi essere richiamato a furor di popolo, come salvatore della patria e come unico segretario possibile e più forte, cioè che la crisi sia “pilotata” e che si risolverà nel’assemblea nazionale già convocata per il 13 e 14 marzo e chi invece sostiene, come Massimo Cacciari, che le dimissioni sono un fatto “di una gravità incredibile e guai se Zingaretti tornasse sui sui suoi passi, non sarebbe più credibile
“Il PD non è venuto su come si sperava. Non ha identità, vitalità, carattere, presenza. Bisogna avere l’umiltà di ammetterlo. Di tracciare un punto e dire: ricominciamo daccapo. C’è bisogno di trovare nella società nuove idee e nuove persone, raccogliere la spinta che ora sembra mancare. Io non ho rinnovato la tessera, non lo sento più mio”. Così commenta Rosy Bindi, già presidente del Pd e figura storica del partito, uno dei soci fondatori.
“Le alleanze sono importanti, non ho mai creduto a un partito a vocazione maggioritaria”, dice ancora Rosy Bindi per la quale “è evidente che l’Alleanza con il M5s è importante, ma bisogna andarci con un progetto, altrimenti su cosa si fa l’alleanza?”
Questo è il nodo. Il Pd che litiga sulle poltrone (parole del segretario dimissionario) ma non ha una linea, un progetto politico, una strategia di fondo, come si diceva un tempo. Anche i 5 Stelle stanno messi maluccio. L’appoggio al governo Draghi ha creato defezioni e malumori, ma adesso alcuni giornali parlano di un’opa Grillo-Conte per svuotare il Pd e accaparrarsi l’elettorato, puntando ad un nuovo M5S, in versione post M5S, attraverso una alleanza strutturale con il Pd e Leu, cercando di spostare i voti seccando definitivamente i due partiti della sinistra per fare un nuoco campo ambientalista-progressista, ma con riferimenti ideologici blandi e Conte come figura unificante. Solo pochi giorni fa in un incontro “carbonaro” con Beppe Grillo e una cerchia ristrettissima di parlamentari (sarebbero stati presenti pochi fedelissimi, tra cui Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro), a Bibbona in Toscana, Conte avrebbe ha sciolto le riserve e accettato di guidare i Cinque stelle in una sorta di rifondazione del Movimento, per la creazione, appunto di un nuovo fronte riformista, opposto ai sovranisti, ma a guida M5s e non a guida Pd.
Se abbiamo capito bene, l’iniziativa delle Sardine che hanno “occupato” pacificamente la sede del Pd al Nazareno, tendeva proprio a mettere in guardia il Pd da questo rischio e a richiamarlo al dovere di stare da una certa parte, ma non a rimorchio e a non farsi fagocitare da abbracci impropri o ibridi.
“Ciò che vorremmo ‘occupare’ è il vostro spazio intellettuale e politico e riprenderci quello che sentiamo anche nostro, quello di cui siamo orfani. Nostro è l’ampio campo del progressismo verde e di sinistra. È la politica che deve distillare, rendere lotta e rotta quello che la base esprime. L’era (tutta vostra) dei burattinai che muovono i fili è finita, la fiducia delle persone -che ancora, ostinatamente credono in voi- non può più passare tra le mediocri scorribande di vassalli, valvassori e valvassini. Parlate di poltrone quando non ci sono più posti a sedere, perché tra un po’ non ci saranno poltrone da occupare, discutete di correnti quando i fiumi sono in secca, state in una torre opaca mentre le fondamenta si sfilano e siete cinti d’assedio dai vostri stessi figli. Avete dimenticato che quella non è solo casa vostra e siete ospiti di quelli che voi vi ostinate a considerare numeri da trasformare, alla giusta occasione, in preferenze…” . Così scrivono le Sardine. Che poi invitano il Pd a uscire dal bosco: “La politica di centro sinistra ha bisogno di altro, ha bisogno che chi non parla più la lingua delle masse torni a studiare oppure si faccia da parte perché l’ascolto è terreno granitico che sostiene palazzi; non siamo in una babele, conosciamo quella storia e non c’è più né tempo né spazio per privilegi nobiliari. Non abbiamo occupato il Nazareno, abbiamo cercato di occupare lo spazio politico e intellettuale dove state facendo crescere le erbacce al posto di un giardino. Uscite da quelle stanze e girate per piazze, strade, periferie, scuole, università, fabbriche, uffici, tra i rider, i disoccupati, i contadini. Parlate non con voi stessi, ma con gli altri”.
Possono anche sembrare dei ragazzini viziatelli (ma lo dicevano anche dei sessantottini che occupavano e scuole e le università), possono sembrare anche contraddittori quando dicono cose di questo genere e poi vanno ad incontrare Benetton… Ma il monito delle sardine al Pd suona come una campana a morto. In sostanza come una sorta di ultima chiamata. Sono gli unici giovani che in qualche modo possono considerarsi vicini, contigui o attenti al Pd e se anche loro suonano a morto e cantano il de profundis il segnale è inequivocabile. C’è poco da girarci intorno.
Ma non è l’unico. La giornalista Concita De Gregorio, due sere fa in Tv metteva il dito in un’altra piaga del Pd. La distanza ormai abissale tra il gruppo dirigente del partito avviluppato su se stesso e prigioniero delle diatribe correntizie, soprattutto romane, e il “partito dei sindaci” cioè di coloro che si fanno il mazzo nei territori. Sindaci e amministratori che sulla pandemia e altre questioni ci mettono la faccia tutti i giorni e hanno il polso della situazione, ma che il partito ha spesso lasciato soli, quando non li ha osteggiati…
Tema questo posto dalla Concita nazionale che sembra calzare a pennello alla situazione di Chiusi, per dirne una. Dove il Pd, con il suo gruppo dirigente, ha di fatto delegittimato e defenestrato il sindaco uscente, senza però aver preparato una alternativa e vorrebbe provare a fare una coalizione con M5S e area di sinistra, senza però dire per fare che cosa, senza avere un progetto, un disegno strategico e senza avere nemmeno la certezza che gli altri accettino.
L’implosione romana del Pd, con la mazzata delle dimissioni del segretario e i venti di dissoluzione che soffiano forte, porterà conseguenze anche in periferia. Soprattutto laddove si voterà tra settembre-ottobre per le amministrative. Come abbiamo già scritto in altri articoli, questo Pd potrebbe non arrivarci alle elezioni d’autunno. A quella data potrebbe già esserci un quadro diverso e magari un soggetto politico diverso a livello nazionale nel campo progressista, E se questo accadrà, probabile che anche le strutture locali (quel poco che rimane) saltino come birilli o cadano una dopo l’altra come le tessere del domino.
Zingaretti ha messo i piedi nel piatto, segnalando un disagio suo e del partito, ha aperto ufficialmente la crisi, che era latente e adesso è conclamata. Un po’ come ha fatto a Chiusi Juri Bettollini, che al momento è fuori dai giochi, per sua scelta (ha deciso e annunciato che non si ricandiderà), ma ha ancora sei mesi di tempo per finire il mandato da sindaco e con un quadro diverso e un partito diverso, chissà…
Ha detto che non si ricandiderà e conoscendolo sembra difficile che possa cambiare idea. Senza questo Pd, però sarebbe tutta un’altra storia. Potrebbe pure rientrare in campo. Un campo che per adesso è deserto, altri giocatori non se ne vedono. Tutti negli spogliatoi. C’è vento fuori…
m.l.
“Ho creduto nell’Ulivo, ma non nel Pd che aveva basi teoriche e culturali debolissime. Mi sono fermato prima: ho detto addio nel 2007, non li ho seguiti. Oggi non credo al gioco dell’oca: tornare al passato è fantasioso e improbabile. Ma il progetto del Pd è al capolinea.
In 14 anni il Pd ha cambiato più segretari dei governi italiani. Nicola Zingaretti è persona rispettabile e amabile. Ma se dice che si vergogna del suo partito è game over. Giù il sipario. Anche se avrei preferito un documento classico al post su Facebook, resta comunque un fatto senza precedenti”. Fabio Mussi, già capogruppo Ds alla Camera, prima della nascita del Pd…
Lungo articolo per dire “Per favore Juri ripensaci che faccio senza te”.
Questo giornale ha visto passare sotto i ponti a Chiusi 5 sindaci e tre vicesindaci reggenti, si figuri se ci fasciamo la testa per chi verrà dopo Bettollini. Chiunque sia continueremo a divertirci, come sempre… Forse anche un po’ di più.
le origini politiche del PD sono la cartina di tornasole dei trascorsi dei partiti che vi confluirono, sono anche l’indiscussa verità delle ignorate difficoltà iniziali, proseguite fino a questi giorni che hanno realizzato la più negativa assenza di una identità mai definita.